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Art 7: caso Scoppola e giurisprudenza costituzionale

1. Sistema Cedu

1.2 Art 7: caso Scoppola e giurisprudenza costituzionale

Un altro principio rilevante in materia di prescrizione del reato è stabilito dall’art. 7 § 1 Cedu, che esprime – in modo pressocché analogo all’art. 25 co. 2 Cost. – il brocardo

nullum crimen, nulla poena sine lege: «nessuno può essere condannato per una azione o

una omissione che, al momento in cui è stata commessa, non costituiva reato secondo il diritto interno o internazionale. Parimenti, non può essere inflitta una pena più grave di 440 BALSAMO A., La prescrizione del reato: principi europei e anomalie italiane, in Riv. La Magistratura, nn. 1-2, Anno LXIII, 2016, p. 134.

441 Sent. Corte europea del 6 marzo 2012 (ricorso n. 23563/07), Gagliano Giorgi c. Italia. Il 5 settembre 1988 il ricorrente veniva informato dell’avvio di un procedimento penale nei suoi confronti, che termina nel 1999 con sentenza di condanna per il reato di corruzione. Tuttavia, il ricorrente viene condannato per falso, essendo già decorso il termine della prescrizione del reato durante il giudizio. Il 16 ottobre 2001 adisce la Corte d’appello di Brescia un risarcimento per il danno morale e materiale – che riteneva di aver subito per la durata del procedimento penale – in virtù della l. Pinto. La Corte d’appello non accordò alcun indennizzo, poiché il ricorrente non aveva dimostrato il danno materiale o morale. Allora il ricorrente si è rivolto alla Corte, lamentando l’eccessiva durata (in violazione dell’art. 6 § 1 Cedu) e il mancato riconoscimento di un indennizzo, quale rimedio alla predetta violazione.

442 Che – come modificato dal Prot. 14 – dispone l’irricevibilità di qualunque ricorso individuale in cui il ricorrente non abbia «subito alcun pregiudizio importante, salvo che il rispetto dei diritti dell’uomo garantiti dalla Convenzione e dai suoi Protocolli esiga un esame del ricorso nel merito e a condizione di non rigettare per questo motivo alcun caso che non sia stato debitamente esaminato da un tribunale interno» (art. 13 Cedu).

443 Sent. Corte europea del 6 marzo 2012 cit.§ 57; cfr. LAVARINI B., Il diritto alla ragionevole durata del processo, cit., p. 12.

quella applicabile al momento in cui il reato è stato commesso»445. Sulla base di questo

gli ordinamenti statali devono garantire la prevedibilità e l’accessibilità del diritto446.

Anche qui, la portata della legalità del diritto penale assume rilevanza specialmente per ciò che riguarda il corollario dell’irretroattività della legge più sfavorevole. Il principio espressamente delineato dalla Convenzione è quello della irretroattività della legge penale, e non anche della retroattività della legge più favorevole; tuttavia, sul punto è intervenuta la Corte europea in molteplici occasioni, affrontando altresì il rapporto tra l’art. 7 § 1 Cedu e la disciplina della prescrizione del reato.

Un caso cruciale concernente l’Italia è sicuramente l’affare Scoppola (n. 2)447, il quale

verte sull’applicazione retroattiva della lex mitior. Enunciamo brevemente i fatti: a seguito di una lite familiare, nel 1999 il ricorrente Franco Scoppola uccide la moglie e ferisce uno dei figli; successivamente egli viene rinviato a giudizio per omicidio, tentato omicidio, maltrattamenti in famiglia e detenzione abusiva di arma da fuoco; chiede e ottiene di essere giudicato secondo il rito abbreviato; viene condannato il 24 novembre 2000 per i suddetti reati alla pena di reclusione di trent’anni – anziché all’ergastolo stabilito in via generale – grazie alla riduzione dettata per il presente rito speciale dall’art. 442 c.p.p. allora vigente. Il giorno stesso della condanna entra in vigore il d.l. 341/2000, che modifica l’art. 442 c.p.p. disponendo la pena di reclusione di trent’anni nel solo caso di ergastolo semplice, mentre nel caso di ergastolo con isolamento diurno la pena viene sostituita con l’ergastolo semplice nelle ipotesi di concorso di reati (come nella vicenda Scoppola) o di reato continuato. In seguito all’impugnazione della sentenza, il 10 gennaio 2002 la Corte d’assise d’appello condanna Scoppola alla pena dell’ergastolo, ritenendo – in ossequio al principio tempus regit actum – che la nuova disciplina del rito abbreviato, in quanto norma di natura processuale, debba applicarsi anche ai procedimenti pendenti. Scoppola ricorre in Cassazione per ottenere la pronuncia di nullità della sentenza di appello sia per non aver potuto partecipare all’udienza, sia per la pena applicata

445 Tuttavia, il secondo paragrafo precisa che «Il presente articolo non ostacolerà il giudizio e la condanna di una persona colpevole di una azione o di una omissione che, al momento in cui è stata commessa, era un crimine secondo i principi generale di diritto riconosciuti dalle nazioni civili»: è questo il caso dei crimini internazionali.

L’art. 7 rientra nel catalogo dei principi assolutamente inderogabili ex art. 15 § 2 Cedu.

446 RANDAZZO B., I principi del diritto e del processo penale nella giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo. Quaderno predisposto in occasione dell’incontro trilaterale delle Corti costituzionali italiana, spagnola e portoghese, Madrid, 13 - 15 ottobre 2011, www.ordineavvocatitorino.it, p. 14. 447 Sent. Corte europea del 17 settembre 2009 (ricorso n. 10249/03), Scoppola c. Italia.

eccessivamente gravosa; a fronte del rigetto del Giudice di legittimità, ricorre una seconda volta in via straordinaria per errore di fatto, adducendo, ex plurimis, che la sua assenza all’udienza d’appello in qualità di imputato integrava la violazione dell’art. 6 Cedu e che la sua condanna all’ergastolo – in virtù dell’applicazione retroattiva delle nuove disposizioni introdotte con il d.l. 341/2000 – costituiva una violazione dell’articolo 7 Cedu, ma la Corte respinge anche questo ricorso. Allora egli si rivolge alla Corte europea il 24 marzo 2003, lamentando la violazione degli artt. 6 e 7 della Convenzione.

Venendo alle valutazioni in diritto della Corte, in linea con l’argomento di nostro interesse è l’analisi che la stessa fa dell’art. 7 § 1 Cedu: la regola ivi contenuta «non si limita a vietare l’applicazione retroattiva del diritto penale a svantaggio dell’imputato», ma «impone inoltre di non applicare la legge penale in maniera estensiva a svantaggio dell’imputato, ad esempio per analogia»448.

Nella presente decisione, il Giudice di Strasburgo si discosta – compiendo un autentico

overruling – dalla massima giurisprudenziale elaborata nella causa X c. Germania del

1978449, secondo cui l'art. 7 Cedu non sanciva il diritto di beneficiare dell’applicazione di

una pena meno severa prevista da una legge posteriore al reato. Oltre a essere trascorso molto tempo dalla predetta pronuncia e alla necessità di interpretare la normativa Cedu in modo da rendere le garanzie ivi contenute concrete e effettive, la Corte tiene conto dell’introduzione nei trattati internazionali di disposizioni sancenti la retroattività della legge più favorevole450, nonché la sua previsione a livello nazionale451: per tali motivi, i

giudici concludono che «l’articolo 7 § 1 della Convenzione non sancisce solo il principio della irretroattività delle leggi penali più severe, ma anche, e implicitamente, il principio

448 Sent. Corte europea 17 settembre 2009 cit., § 93.

449 Decisione della Commissione europea dei diritti dell’uomo del 6 marzo 1978 (ricorso n. 7900/77), X c. Germania, più volte richiamata (cfr.: sent. del 5 dicembre 2000, Le Petit c. Regno Unito, ricorso n. 35574/97; e sent. del 6 marzo 2003, Zaprianov c. Bulgaria, ricorso n. 41171/98). Nel caso di specie, il ricorrente era stato condannato per violazione del codice delle imposte al pagamento di una multa, la quale fu confermata nonostante l’avvenuta abrogazione della disposizione interessata. Dunque, il ricorrente sosteneva – nel ricorso davanti alla Commissione – che avrebbe dovuto beneficiare della legge successiva più favorevole (cfr. POLI F., Il principio di retroattività della legge penale più favorevole nella giurisprudenza costituzionale ed europea, in Riv. Ass. it. cost., n. 3, 2012, p. 11).

Nel caso X c. Germania la Commissione europea rigettava il ricorso di un ricorrente imputato di aver commesso una serie di reati, alcuni dei quali, dopo la loro perpetrazione, erano stati oggetto di una depenalizzazione.

450 Ex plurimis, l’art. 49 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea. 451 Art. 2 c.p.

della retroattività della legge penale meno severa»452. Inoltre, qui, per la prima volta, la

Corte si spinge sino a riconoscerlo un principio fondamentale del diritto penale453.

Nel caso di specie, la Corte ricollega l’art. 442 c.p.p. alla sfera del diritto sostanziale, contrariamente al giudice italiano che aveva attribuito natura processuale alle norme disciplinanti il giudizio abbreviato, anche in virtù del loro inserimento nel codice di procedura penale454.

Nella sentenza Scoppola, il Giudice di Strasburgo ricorda che le norme in materia di retroattività contenute nell’art. 7 Cedu si applicano al solo diritto sostanziale, e non anche processuale, che invece segue il principio tempus regit actum; e ricollega espressamente al diritto penale processuale le norme in materia di prescrizione del reato, sulla base del precedente Coëme e altri c. Belgio455, in cui aveva addirittura ritenuto che l’allungamento

dei termini prescrizionali di reati per i quali il processo era ancora in corso e i cui fatti contestati non erano ancora stati prescritti non configurasse alcuna violazione convenzionale456, dal momento che la qualificazione giuridica del reato e la pena prevista

dalla legge erano rimasti immutati457.

452 Sent. Corte europea 17 settembre 2009 cit., § 109.

453 RANDAZZO B., I principi del diritto e del processo penale nella giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, cit., p. 16.

454 Sottolinea la Corte che nel caso di specie le sanzioni «sono state imposte a seguito di una condanna per un “reato” […], erano definite “penali” nel diritto interno ed avevano uno scopo al tempo stesso repressivo e dissuasivo», non costituendo delle misure riguardanti l’«esecuzione» o l'«applicazione» della pena (§ 112); POLI F., Il principio di retroattività della legge penale più favorevole nella giurisprudenza costituzionale ed europea, cit., p. 20.

455 Sent. Corte europea del 22 giugno 2000 (ricorsi nn. 32492/96, 32547/96, 32548/96, 33209/96 e 33210/96), Coëme e altri c. Belgio. In quell’occasione, tuttavia, la decisione era dipesa anche dalla qualificazione della prescrizione come istituto processuale da parte della legge belga. La Corte di Strasburgo avvalla il dictum della Corte di cassazione belga, richiamandolo nel § 57 del consideré en droit: «Attendu que la prescription de l'action publique, étant l'extinction par l'écoulement d'un certain temps du pouvoir de poursuivre un prévenu, dictée par l'intérêt de la société, les lois de prescription ne touchent pas au fond du droit; que lorsqu'elles allongent le délai de prescription, elles n'ont pas pour effet d'aggraver la peine applicable au moment où l'infraction a été perpétrée ni de réprimer une action ou une omission qui, au moment où elle a été commise, n'était pas punissable; que les articles 7 de la Convention de Sauvegarde des Droits de l'Homme et des Libertés Fondamentales et 15 du Pacte International relatif aux droits civils et politiques ne leur sont pas applicables».

456 Sent. Coëme e altri c. Belgio cit.; VELANI L. G., Prospettive di riforma in tema di prescrizione del reato, cit., nota p. 15.

457 VIGANÒ F., Sullo statuto costituzionale della retroattività della legge penale più favorevole, cit. p. 8. La natura processuale della prescrizione è riaffermata dal Giudice di Strasburgo nella sentenza del 12 febbraio 2013, Previti c. Italia: qui la Corte europea ha ritenuto manifestamente infondata la doglianza del ricorrente circa la mancata applicazione retroattiva del regime prescrizionale più favorevole introdotto dalla l. 251/2005 a un giudizio già pendente in cassazione, proprio in virtù dell’estraneità della disciplina della prescrizione — istituto di diritto processuale e non sostanziale — alle garanzie sottese al principio di legalità delle pene; cfr. VIGANÒ F., Legalità ‘nazionale' e legalità ‘europea' in materia penale: i difficili equilibrismi della Corte di giustizia nella sentenza M.A.S. (“Taricco II”), in Riv. it. dir. proc. pen., n. 4, 2017, p. 1290.

Infine, la pronuncia della Grande Camera del 2009 assume fondamentale importanza nell’ordinamento nazionale poiché costituisce un faro conduttore nella sentenza della Corte costituzionale n. 236 del 2011. In detta occasione, la Corte viene adita dalla Cassazione per presunta violazione dell’art. 117 co. 1 Cost. (in relazione all’art. 7 della Convenzione) da parte dell’art. 10 co. 3 della legge 251/2005, nella parte in cui escludeva l’applicazione dei nuovi termini di prescrizione, se più brevi – e dunque più favorevoli – ai «processi già pendenti in grado di appello o avanti alla Corte di cassazione». La questione riguarda il potenziale contrasto tra la disposizione transitoria censurata con l’art. 7 § 1 Cedu – come interpretato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo – che, per l’appunto, «sancisce non solo il principio dell’irretroattività della legge penale più severa, ma anche, implicitamente, il principio della retroattività della legge penale più favorevole al reo»458.

Nella citata decisione, la Consulta sottolinea che il principio di retroattività in mitius è ora dotato di una “propria autonomia” grazie all’art. 117 co. 1 Cost. in virtù dell’interposizione dell’art. 7 Cedu, senza che ciò tuttavia escluda la «possibilità che, in presenza di particolari situazioni, il principio di retroattività in mitius subisca deroghe o limitazioni»459. Difatti, la Corte europea stabilisce semplicemente che «infliggere una

pena più severa solo perché essa era prevista al momento della commissione del reato si tradurrebbe in una applicazione a svantaggio dell’imputato delle norme che regolano la successione delle leggi penali nel tempo», perciò a giudizio della Consulta è «legittimo concludere che la soluzione può essere diversa quando le ragioni per escluderla siano altre e consistenti»460. Dunque, il principio di retroattività della lex mitior – a differenza del

principio di irretroattività della norma penale sfavorevole, costituzionalizzato nell’art. 25 co. 2 Cost. – è suscettibile di eccezioni461.

Inoltre, con riferimento al tema della prescrizione del reato, il Giudice delle Leggi sottolinea che «dalla stessa giurisprudenza della Corte europea emerge che l’istituto della 458 Sent. cost. n. 236 del 2011, considerato in diritto § 2.

459 Sent. cost. n. 236 cit., considerato in diritto § 13. L’unico limite previsto dalla Corte europea all’operatività di detto principio è il giudicato. Già solo questo riconoscimento, comunque, permette di escludere che il principio della retroattività della lex mitior sia assoluto.

460 Sent. cost. n. 236 cit., considerato in diritto § 13. Una deroga giustificata è per esempio quella introdotta dal quinto comma dell’art. 2 c.p. «se si tratta di leggi eccezionali o temporanee, non si applicano le disposizioni dei capoversi precedenti».

461 POLI F., Il principio di retroattività della legge penale più favorevole nella giurisprudenza costituzionale ed europea, cit., p. 28. La Corte si era pronunciata in questo senso già nella menzionata sent. cost. 393/2006.

prescrizione, indipendentemente dalla natura sostanziale o processuale che gli attribuiscono i diversi ordinamenti nazionali, non forma oggetto della tutela apprestata dall’art. 7 della Convenzione»462; pertanto il corollario della retroattività della norma

penale più favorevole affermato in Scoppola non si estende anche alle norme in materia di prescrizione, trovando applicazione solo verso quelle disposizioni sostanziali, che definiscono i reati e le pene463.

Nel caso di specie, la Corte costituzionale rammenta che la norma censurata (art. 10 co. 3 della l. 251/2005) fa riferimento a due contesti processuali diversi: da una parte i processi pendenti in primo grado (e sul punto aveva già dichiarato l’illegittimità dell’esclusione dell’estensione dei termini prescrizionali più brevi a detti casi464);

dall’altra, i processi in Appello o Cassazione, che sono a uno stadio più avanzato, per cui i nuovi termini potrebbero “annullare” l’attività giudiziale già compiuta, e perciò qui vi è l’esigenza di tutelare altri «interessi di rilievo costituzionale sottesi al processo»465.