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Finalità rieducativa della pena e presunzione di innocenza

2. Principi costituzionali coinvolti nello studio della prescrizione del reato

2.2 Finalità rieducativa della pena e presunzione di innocenza

Altro valore fondamentale espresso nella Costituzione è il fine rieducativo della pena (art. 27 co. 3): «le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato»329.

Il principio in esame è stato un focale punto di riferimento nella ricerca del fondamento della prescrizione penale alla luce della funzione della sanzione. Infatti, i sostenitori della finalità special-preventiva della pena fanno leva sulla personalità del reo mutevole nel tempo, tale da non giustificare più un intervento punitivo dopo che sia trascorso un lungo lasso temporale dalla commissione del fatto antigiuridico: se la pena ha come fine la rieducazione330 del singolo, onde permetterne il reinserimento nella società, essa deve

essere irrogata prontamente, quanto più nell’immediato possibile331. Da qui la necessità

di un meccanismo estintivo, che impedisca che l’intervento giudiziale sia diretto verso un soggetto che non è più lo stesso di anni addietro: pertanto la prescrizione mira a scongiurare la perdita di utilità nell’inflizione della sanzione.

Sulla base del principio di rieducazione della pena, si è detto che «una condanna tardiva rischierebbe di essere costituzionalmente disarmonica»332; problema questo che si pone

328 La violazione del principio di riserva di legge è stata oggetto di discussione nella nota saga Taricco, cfr. sezione II del presente capitolo, par. 2.2.

329 Negli anni la giurisprudenza costituzionale ha variamente interpretato e valorizzato detto canone, traendone numerose altre garanzie in materia penale: così, per esempio, il principio di colpevolezza, di offensività, di proporzione della pena (cfr. MANES V., Principi costituzionali in materia penale (diritto penale e sostanziale), cit., p. 59).

330 Sul significato di rieducazione, la Consulta si è pronunciata con locuzioni distinte, ma uguali nella sostanza: ex plurimis, «riadattamento alla vita sociale», sent. 168/1972; «reinserimento nel corpo sociale», sent. 274/1983; In dottrina: MOCCIA S., Sistema penale e principi costituzionali: un binomio inscindibile per lo stato sociale di diritto. Relazione di sintesi, in Riv. it. dir. proc. pen., n. 3, 2018, p. 1751: «La presenza di principi costituzionali da stato di diritto, artt. 2, 3 co. 1, 19, 21, che garantiscono l'autonomia e la dignità dell'individuo, unitamente a quelli di stato sociale, artt. 3 co. 2, 4, 30, 32, 34, che garantiscono lo sviluppo della personalità in una prospettiva di solidarietà, inducono a ritenere che il concetto di rieducazione di cui all'art. 27 co. 3 debba intendersi nel significato di recupero sociale».

331 Diceva Beccaria: «quanto la pena sarà più pronta e più vicina al delitto commesso, ella sarà tanto più giusta e tanto più utile», Dei delitti e delle pene, cit., p. 54; PALAZZO F., Corso di diritto penale (parte generale), Giappichelli Editore, Torino, 2016, p. 626: la distanza temporale dal fatto attenua il rapporto di «appartenenza personale» che lega il reato al reo.

332 ROMANO B., in Prescrizione del reato e ragionevole durata del processo: principi da difendere o ostacoli da abbattere?, in Riv. trim. Dir. pen. cont., n. 1, 2016, p. 84.

con i reati imprescrittibili (per legge333 o di fatto334), nel qual caso la sanzione potrebbe

essere irrogata dopo diversi decenni, nei confronti di un individuo potenzialmente molto diverso dall’autore del fatto criminoso.

Infatti, perché la pena assolva alla sua funzione rieducativa ex art. 27 co. 3 Cost. – e, dunque, perché si riveli “utile” la sua irrogazione – la condanna non può intervenire a eccessiva distanza dalla commissione del fatto, a prescindere dalla causa (lentezza del processo per mal funzionamento della giustizia o per difficoltà fisiologiche dell’iter procedurale). Inoltre, in assenza del fenomeno estintivo in esame la persistente incertezza circa la propria posizione davanti alla legge finirebbe per gravare sulla vita del reo, rischiando di rivelarsi un “trattamento contrario al senso di umanità” poiché questi si troverebbe impossibilitato di programmare la propria esistenza, alla pari degli altri consociati, nonché di coltivare i propri affetti e organizzare liberamente la propria attività lavorativa335.

Per ciò che concerne l’art. 27 co. 3 Cost., la recentissima riforma c.d. Spazzacorrotti ha suscitato forti critiche336 a causa del nuovo art. 159 co. 2 c.p., che detta la “sospensione”

del termine prescrizionale a seguito del decreto penale di condanna o della sentenza di primo grado sino alla data di irrevocabilità del decreto penale o alla data di esecutività della sentenza definitiva. La disciplina così delineata rischia di porsi in contrasto con il principio rieducativo della pena poiché, di fatto, avrebbe luogo un “blocco” sine die della prescrizione, consentendo l’irrogazione della pena a distanza di un lungo (e indefinito) arco temporale, nei confronti di un reo la cui personalità potrebbe risultare profondamente mutata.

L’art. 27 Cost. rileva – per ciò che in questa sede interessa – anche per il disposto del secondo comma, secondo cui «l'imputato non è considerato colpevole sino alla condanna definitiva». Da questo si desume il generale principio di innocenza (o non colpevolezza), che può operare come regola probatoria e regola di trattamento: in virtù della prima, 333 I crimini internazionali e quei reati puniti con l’ergastolo o che in presenza di un’aggravante sono puniti con ergastolo (art. 157 co. 8 c.p.).

334 Ci riferiamo a quelle fattispecie criminose per cui il legislatore ha dettato massimi edittali elevati o termini prescrizionali estremamente elevati (cfr. art. 157 co. 6 c.p.), oppure per cui l’aumento del tempo a prescrivere a fronte di una causa interruttiva sia molto elevato (es: delinquenti abituali o professionali, cfr. art. 161 co. 2 c.p.), o ancora per cui non vi è un limite massimo legalmente stabilito (i reati di cui all'art. 51, co. 3bis e 3quater c.p.p).

335 GIUNTA F., MICHELETTI D., Tempori cedere, cit., pp. 45-47.

336 MANES V., audizioni cit.; DAINELLI R., La nuova legge anticorruzione: alcune riflessioni a riguardo, in www.diritto.it, 24 gennaio 2019, p. 8.

l’onere della prova è in capo a chi sostiene la reità dell’imputato; in virtù della seconda, il presunto reo non può essere considerato colpevole se non a seguito della condanna definitiva, con conseguente divieto di anticipare la pena337.

Nello studio del presente istituto, il suddetto principio funge da linea guida per il legislatore in quanto regola di trattamento, per cui la disciplina della prescrizione deve assicurare che il diretto interessato sia appunto trattato come innocente, sino all’eventuale pronuncia di condanna. In considerazione di ciò, la presunzione di non colpevolezza è stata esaminata congiuntamente al canone della ragionevole durata ex art. 111 Cost., evidenziandosi la necessità che il processo sia «il meno lesivo possibile» per colui che lo subisce, potendo «l’eccessiva lunghezza dello stesso» comportare «per ciò una prassi elusiva del precetto costituzionale»338: pertanto, i termini prescrizionali devono impedire

che le lungaggini processuali si traducano, di fatto, in una pena per l’imputato339.

L’art. 27 co. 2 Cost. è stato ritenuto violato dalle nuove ipotesi sospensive introdotte con la legge 103/2017 nell’art. 159 co. 2 c.p.: la sospensione dei termini prescrizionali per un massimo di tre anni totali non solo riduce per l’imputato, condannato in via non definitiva, le prospettive di estinzione del reato (a meno che all’impugnazione non segua una sentenza di proscioglimento o di annullamento della precedente condanna ex art. 159 co. 3 c.p.)340, ma rende il processo inevitabilmente più lungo, e nella sostanza assimilabile a

una pena.

Infine, l’art. 27 co. 2 Cost. è stato invocato tra i profili di illegittimità costituzionale della legge n. 3 del 2019, a causa del nuovo art. 159 co. 2 c.p. Poiché il provvedimento penale di primo grado potrebbe divenire irrevocabile anche a distanza di svariati anni, in assenza un termine massimo da rispettare, il presente novum legislativo porta, a fortiori, a uno stravolgimento della regola generale di presunzione di innocenza, giacché l’imputato

337 TONINI P., Manuale di procedura penale, Giuffrè Editore, 16° edizione, 2015, p. 248.

338 Così MARZADURI E., Commento all’art.1 l. cost. 23/11/1999, in Riv. Leg. Pen., n. 2, 2000, pp. 771- 772, citato da CAVALIERE A., Le nuove disposizioni “emergenziali” in tema di prescrizione del reato, in Riv. Leg. Pen., 2017, nota 17, p. 7.

339 Va tuttavia sottolineato un rischio pregiudizievole per l’imputato: qualora egli sia innocente, la sentenza dichiarante l’estinzione del reato e non l’assoluzione nel merito costituisce un esito negativo «dal punto di vista penalistico, e della stigmatizzazione sociale», cfr. ROMANO B., in Prescrizione del reato e ragionevole durata del processo: principi da difendere o ostacoli da abbattere?, cit. p. 85.

rischia di rimanere assoggettato al perpetuo iter processuale – che è di per sé una pena – come se fosse “presunto colpevole”341.