2. Unione europea
2.1 Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea: principi pertinenti in
Le disposizioni della Carta che interessano la disciplina della prescrizione del reato sono dettate nel Capo VI “Giustizia”, artt. 47 e 49. Esse riproducono in modo pressocché identico il contenuto degli artt. 6 e 7 della Convenzione europea, perciò, in virtù dell’art. 52 della Carta di Nizza – che dispone che «laddove la presente Carta contenga diritti corrispondenti a quelli garantiti dalla convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, il significato e la portata degli stessi sono uguali a quelli conferiti dalla suddetta convenzione481» – dovranno essere interpretate e applicate
come avviene nel sistema Cedu.
Procedendo con ordine, analizziamo l’art. 47 § 1, che nel secondo paragrafo stabilisce che «ogni individuo ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole da un giudice indipendente e imparziale, precostituito per legge». La Carta di Nizza ha così «definitivamente suggellato la più ampia tutela del
europeo e il Consiglio, deliberando secondo la procedura legislativa ordinaria, previa consultazione della Corte dei conti, adottano le misure necessarie nei settori della prevenzione e lotta contro la frode che lede gli interessi finanziari dell'Unione, al fine di pervenire a una protezione efficace ed equivalente in tutti gli Stati membri e nelle istituzioni, organi e organismi dell'Unione».
Nella seconda categoria di competenze possiamo trovare, ex multis, norme a tutela di beni giuridici definiti a livello europeo, che hanno portato all’introduzione di nuove fattispecie criminose a livello statale (es.: alcune ipotesi di reati ambientali in Italia).
479 Che ha appunto introdotto la competenza espressa dell’Unione in materia penale; in particolare, pensiamo alle nuove disposizioni relative al diritto penale processuale (art. 82 TFUE) e sostanziale (art. 83 TFUE).
480 BARLETTA A., La legalità penale tra diritto dell’Unione europea e Costituzione, cit., p. 82. 481 Proseguendo, però, ammette che «il diritto dell'Unione conceda una protezione più estesa».
diritto a un equo processo entro un termine ragionevole nell’ordinamento dell’UE»482.
Analogamente alla Corte europea, la Corte di Giustizia ha contribuito a definire la portata del suddetto canone, precisando che «in assenza di indizi attestanti che l’irragionevole durata del processo dinanzi al Tribunale abbia avuto un’incidenza sulla soluzione della controversia, la violazione, da parte di quest’ultimo, dell’obbligo di decidere le controversie entro un termine ragionevole non può comportare l’annullamento della sent. impugnata»; nonché riconoscendo il diritto al risarcimento dei danni in seguito a tale violazione483.
Il principio ex art. 47 CDFUE – al pari degli artt. 111 Cost. e 6 Cedu – vincola l’attività del legislatore nazionale in materia di prescrizione del reato perché impedisce la fissazione di termini (o l’adozione di un sistema) che consentano al procedimento penale di durare eccessivamente a lungo, o addirittura sine limite.
L’art. 49 § 1 enuncia invece il principio di legalità penale, integrando quanto disposto nell’art. 7 Cedu. Nel primo capoverso stabilisce che «nessuno può essere condannato per un’azione o un’omissione che, al momento in cui è stata commessa, non costituiva reato secondo il diritto interno o il diritto internazionale. Parimenti, non può essere inflitta una pena più grave di quella applicabile al momento in cui il reato è stato commesso»484.
Anche in questo caso, analogamente a quanto avviene per la Cedu, la norma incriminatrice deve soddisfare i criteri qualitativi di accessibilità e prevedibilità485.
Come per l’art. 25 co. 2, dal suddetto principio (art. 49 § 1 CDFUE) si ricavano i corollari della tassatività e determinatezza, divieto di analogia e irretroattività della legge penale. Più pertinente alla nostra materia di studio è sicuramente quest’ultimo, che nella Carta di Nizza è ulteriormente precisato – contrariamente all’art. 7 Cedu – nel secondo capoverso
482 DOMENICUCCI D.P. e FILPO F., (voce) La tutela giurisdizionale effettiva nel diritto dell’Unione europea, in Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, (a cura di) MASTROIANNI R., POLLICINO O., ALLEGREZZA S., PAPPALARDO F., RAZZOLINI O., Giuffrè Editore, 2017, p. 877. 483 La Corte si è allineata alle conclusioni espresse dall’Avv. Gen. WATHELET, nel caso Guardian Industries e Guardian Europe c. Comm., C-580/2012, 29 aprile 2014; cfr. DOMENICUCCI D.P. e FILPO F., (voce) La tutela giurisdizionale effettiva nel diritto dell’Unione europea, cit., p. 877.
484 L’art. 49 § 2 introduce una deroga secondo cui «il presente articolo non osta al giudizio e alla condanna di una persona colpevole di un’azione o di un’omissione che, al momento in cui è stata commessa, costituiva un crimine secondo i principi generali riconosciuti da tutte le nazioni». È questo il caso, per esempio, dei crimini internazionali, disciplinati ex multis dallo Statuto della Corte penale internazionale, artt. 5 e ss. La disposizione richiama fedelmente il secondo paragrafo dell’art. 7 Cedu, discostandosi per il semplice – e irrilevante – fatto di aver soppresso l’aggettivo “civili” accanto a “nazioni”.
485 SICURELLA R., (voce) Legalità e proporzionalità nel diritto penale sostanziale, in Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, (a cura di) MASTROIANNI R., POLLICINO O., ALLEGREZZA S., PAPPALARDO F., RAZZOLINI O., Giuffrè Editore, 2017, pp. 978-979.
dell’art. 49 § 1, che esplicita il principio di retroattività della lex mitior: «se, successivamente alla commissione del reato, la legge prevede l'applicazione di una pena più lieve, occorre applicare quest’ultima».
Questo era stato già affermato in via giurisprudenziale nella nota sentenza Berlusconi e altri486: secondo il Giudice di Lussemburgo, detto principio «fa parte delle tradizioni
costituzionali comuni degli Stati membri» e, pertanto, «deve essere considerato come parte integrante dei principi generali del diritto comunitario che il giudice nazionale deve osservare quando applica il diritto nazionale adottato per attuare l’ordinamento comunitario»487.
Inoltre, con il Trattato di Lisbona – che ha equiparato il valore giuridico della CDFUE al TFUE e al TUE – il principio di retroattività favorevole diviene parte integrante dei trattati e pertanto trova immediata applicazione negli ordinamenti degli Stati parti, con conseguente disapplicazione delle norme ad esso contrarie488.
Il disposto dell’art. 49 riflette un “approccio sostanzialista” del principio di legalità, orientato a garantire la tutela della libertà dell’individuo contro condotte statali arbitrarie. Di conseguenza, l’ambito applicativo del nullum crimen stabilito a livello comunitario rimane circoscritto alle norme (sostanziali) fondanti l’accertamento della responsabilità individuale e le conseguenze direttamente afflittive per il singolo (pene principali e accessorie), escludendo così le disposizioni di carattere procedurale e processuale489, tra
486 Sent. CGUE 3 maggio 2005, procedimenti riuniti C-387/02, C-391/02 e C-403/02. Per un’analisi approfondita, cfr. CONTI R., Il giudice penale italiano e il diritto dell'unione europea: un approccio non più differibile, in Riv. Dir. pen. cont., 2012, p. 36 e ss. (dice l’autore: «la Corte ha fatto così emergere un ulteriore diritto umano fondamentale all’interno dell’ordinamento comunitario- principio dell’applicazione retroattiva della legge penale più favorevole consacrato negli ordinamenti giuridici nazionali di quasi tutti i Paesi membri», pp. 39-40). Nella presente decisione, la Corte GUE statuisce che «nel contesto specifico di una situazione in cui una direttiva [prima direttiva del Consiglio, 9 marzo 1968, 68/151/CEE] viene invocata nei confronti di un soggetto dalle autorità di uno Stato membro nell’ambito di procedimenti penali», essa «non può avere come effetto, di per sé e indipendentemente da una legge interna di uno Stato membro adottata per la sua attuazione, di determinare o aggravare la responsabilità penale di coloro che agiscono in violazione delle dette disposizioni» (§ 74).
487 La Corte ha ribadito la propria posizione nelle successive sentenze Jager, 11 marzo 2008, C-420\06, e El Dridi, 28 aprile 2011, in C-61\11. Una questione delicata è se tale principio possa essere considerato vincolante l’Italia (anche) sulla base dell’art. 117 co. 1 Cost., che ne consentirebbe l’ingresso e la tutela alle condizioni dettate a livello comunitario, «svincolate rispetto all’inquadramento elaborato a partire del principio di ragionevolezza ex art. 3 Cost.»; questione che è stata oggetto del dibattito tra il Giudice delle Leggi e la Corte di Giustizia nel caso Taricco (cfr. SICURELLA R., (voce) Legalità e proporzionalità nel diritto penale sostanziale, cit., p. 998).
488 Tra cui ritroviamo il limite del giudicato penale ex art. 2 co. 4 c.p., cfr. SALERNO A., Il principio di retroattività delle norme penali di favore e la relativa evoluzione giurisprudenziale nazionale e internazionale, in forumcostituzionale.it, 2012, p. 4.
489 Bisogna precisare che il principio di legalità esiste a livello comunitario anche nel diritto processuale, ma ha un valore distinto da quello sostanziale: il fine della legalità rimane quello di evitare casi di
cui la Corte di Giustizia ha collocato quelle sulla disciplina della prescrizione490. Sulla
base di questa considerazione deve escludersi l’estensione dell’art. 49 CDFUE alla sfera processuale penale; anzi, ciò sarà possibile solo laddove la legge processuale incida sui diritti fondamentali, in maniera tale da configurare situazioni paragonabili a “sanzioni penali” (nel senso fatto proprio dalla CGUE). Tuttavia, il confine tra diritto penale sostanziale e processuale non è sempre netto, essendo le interazioni tra i due rami del diritto molteplici, come nel caso della prescrizione de reato491.
Le difficoltà nel tracciare una frontiera tra diritto penale sostanziale e processuale – nonché l’autonomia di giudizio che caratterizza i giudici nazionali e la Corte di Giustizia – si colgono pienamente nella vicenda Taricco, di seguito esaminata.
2.2 Giurisprudenza della Corte di Giustizia sulla prescrizione del reato: saga