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Codice Rocco e successive variazioni nel XX secolo

4. La prescrizione penale nei codici della Penisola

4.2 Codice Rocco e successive variazioni nel XX secolo

La disciplina sopra delineata viene superata e riformata dal Codice Rocco del 1930, che inquadra la prescrizione quale causa di “estinzione del reato e della pena”, non più dell’azione, né della condanna. Le motivazioni sono precisate nella Relazione al Re presentata da Alfredo Rocco per l’approvazione del testo definitivo del codice: «se

113 Ministero di Grazia e Giustizia, Relazione ministeriale sul progetto di codice penale per il Regno d’Italia presentato alla camera dei Deputati da S.E. il Ministro di Grazie e Giustizia e dei culti Zanardelli nel 22 novembre 1887, Unione Tipografico-Editrice, Torino, 1888, pp. 232-233.

114 Artt. 91 e ss. del Codice penale per il Regno d’Italia, 1889: vent’anni per eventuale condanna all’ergastolo; quindici anni per reclusione non inferiore a vent’anni; dieci anni per reclusione tra i cinque e i vent’anni, o la detenzione per oltre cinque anni, o l’interdizione perpetua dai pubblici uffici; cinque anni per reclusione o detenzione non superiore a cinque anni, o multa, o interdizione temporanea dai pubblici uffici, o pena del confino; due anni per arresto oltre un mese, o per ammenda di oltre trecento lire; sei mesi per ogni altra pena inferiore o diversa;

interviene una causa che estingue l’efficienza giuridica penale del fatto, questo cessa di essere “reato”», quindi l’estinzione del reato si produce quando cessa la possibilità di realizzare la pretesa punitiva statale115. A fondamento di questa decisione, Rocco pone il

venir meno dell’interesse punitivo a seguito dell’azione “corroditrice” del tempo, come “limite” alla concezione retributiva della pena.

Un’importante novità è data dalla correlazione dei termini prescrizionali alla pena massima edittale – e non a quella determinata in concreto – stabilita avendo riguardo alla gravità dei fatti criminosi. Si distinguono così sei classi di gravità (e, specularmente, sei categorie di termini prescrizionali)116; inoltre, dal silenzio del codice si desume

l’imprescrittibilità dei reati puniti con ergastolo o pena di morte, viste la atrocità che li caratterizzano. Lo scopo di garantire maggiore obiettività rispetto al passato viene però attenuato dalla considerazione, ai fini del calcolo dei termini, della diminuzione minima di pena stabilita per le circostanze attenuanti e dell'aumento massimo per le circostanze aggravanti; nonché del giudizio di bilanciamento (ex art. 69 c.p.) in caso di compresenza delle due117.

Ancora, alle due preesistenti ipotesi di sospensione (autorizzazione a procedere e questione deferita ad altro giudizio) ne viene aggiunta una terza, generica, per cui essa ha luogo in ogni caso in cui sia prevista da una particolare disposizione di legge (art. 159 c.p.).

Viene poi delimitata l’efficacia interruttiva a una serie di atti procedimentali tassativamente indicati nell’art. 160 c.p.: la sentenza o il decreto penale di condanna, il decreto di citazione a giudizio, l’interrogatorio reso davanti l’autorità giudiziaria, l’ordine o il mandato di cattura o di arresto, di comparizione, di accompagnamento, con la precisazione che i termini legali non potranno mai essere estesi oltre la metà. La regola 115 Ministero della giustizia e degli affari di culto, Lavori preparatori del codice, penale e del codice di procedura penale, Vol. VII, Testo del nuovo Codice penale con la Relazione a Sua Maestà il Re del Guardasigilli (Rocco), Roma, 1930, p. 75 ss.; citato da PECCIOLI A., La prescrizione del reato tra presente e futuro cit., p. 12.

116 Art. 157 del codice penale, 1930. La prescrizione matura: in venti anni, se punito con la reclusione non inferiore a ventiquattro anni; in quindici anni, se sanzionato con la reclusione non inferiore a dieci anni; in dieci anni, se la pena è la reclusione non inferiore a cinque anni; in cinque anni, se punito con reclusione inferiore a cinque anni, o la pena della multa; in tre anni, se punito con l’arresto; in diciotto mesi, se si tratta di contravvenzione sanzionata con ammenda.

117 Art. 157 co. 2 e 3 c.p. Rocco: «Per determinare il tempo necessario a prescrivere si ha riguardo al massimo della pena stabilita dalla legge per il reato, consumato o tentato, tenuto conto dell'aumento massimo di pena stabilito per le circostanze aggravanti e della diminuzione minima stabilita per le circostanze attenuanti. Nel caso di concorso di circostanze aggravanti e di circostanze attenuanti si applicano anche a tale effetto le disposizioni dell'articolo 69».

che estendeva gli effetti dell’interruzione a tutti coloro che hanno commesso il reato viene ora dettata anche per la sospensione.

Invece, il nuovo codice conferma la disciplina del dies a quo contenuta nel Codice Zanardelli, introducendo come unica novità la decorrenza del termine dal verificarsi di una particolare condizione di punibilità, laddove sia richiesta dalla legge118.

La materia così regolata dal codice Rocco è rimasta sostanzialmente immutata sino alla riforma ex-Cirielli del 2005, salve alcune esigue innovazioni, per via legislativa e giurisprudenziale. Nella prima categoria rientra la legge n. 689 del 1981, con cui si innalza il termine prescrizionale per le contravvenzioni punite con ammenda da diciotto mesi a due anni. Successivamente, con l’art. 239 del d. lgs. 271/1989 (Norme di attuazione, di coordinamento e transitorie del codice di procedura penale) si aggiorna l’elenco tassativo delle cause interruttive (art. 160 c.p.): la sentenza o il decreto penale di condanna, il decreto di citazione a giudizio, l’interrogatorio reso davanti al giudice o al pubblico ministero, nonché l’ordinanza che applica le misure cautelari personali, l’ordinanza di convalida del fermo o dell’arresto, l’invito a presentarsi al pubblico ministero per rendere l’interrogatorio, il provvedimento del giudice di fissazione dell’udienza in camera di consiglio per decidere sulla richiesta di archiviazione, la richiesta di rinvio a giudizio, il decreto di fissazione dell’udienza preliminare o l’udienza per la decisione sulla richiesta di applicazione della pena, l’ordinanza che dispone il giudizio abbreviato, la presentazione o citazione per il giudizio direttissimo, il decreto che dispone il giudizio o che dispone il giudizio immediato.

Un intervento di natura giurisprudenziale si ha con la sentenza 275/1990 della Corte costituzionale, che dichiara illegittimo l’art. 157 c.p. nella parte in cui non prevedeva che l’imputato potesse rinunciare alla prescrizione del reato, così affermando il principio della disponibilità degli effetti estintivi del tempo119, che si fonda sul diritto dell’imputato a

provare la propria innocenza e ottenere una sentenza di assoluzione (dunque, una decisione di merito)120.