2. Principi costituzionali coinvolti nello studio della prescrizione del reato
2.1 Principio di irretroattività in malam partem e riserva di legge
Anzitutto – e sulla scia delle precedenti osservazioni – tra i principi costituzionali espressi menzioniamo quello di legalità del diritto penale (nullum crimen, nulla poena sine lege)
ex art. 25 co. 2 Cost., il quale statuisce che «nessuno può essere punito se non in forza di
una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso»309. Dallo stesso si ricavano
una serie di corollari: la riserva di legge, la tassatività e determinatezza, il divieto di analogia e l’irretroattività della legge penale310.
307 MANES V., Principi costituzionali in materia penale (diritto penale e sostanziale). Quaderno predisposto in occasione dell’incontro trilaterale delle Corti costituzionali italiana, spagnola e portoghese, Madrid, 13 - 15 ottobre 2011, www.cortecostituzionale.it, p. 3. L’autore individua i seguenti principi: legalità (e suoi corollari), ragionevolezza, offensività e materialità, colpevolezza, finalità rieducativa della pena.
308 Nell’esame dei principi costituzionali coinvolti nello studio della prescrizione del reato vi è chi ha sostenuto la rilevanza dell’art. 112 Cost., che sancisce l’obbligatorietà dell’esercizio dell’azione penale. In senso contrario si è pronunciato PULITANÒ D., Tempi del processo e diritto penale sostanziale, cit., che ha evidenziato che «proprio perché la prescrizione del reato è un istituto di diritto sostanziale, che ha a che fare con l’alternativa fra il punire e il non punire e con le ragioni della eventuale non punibilità, il dubbio di un contrasto col principio di obbligatorietà dell’azione penale non ha ragione di sorgere. Il principio di obbligatorietà dell’azione penale, come ovviamente non tocca (bensì presuppone) le valutazioni dell’ordinamento giuridico sull’antigiuridicità o meno di certi fatti in certe situazioni, così non dà alcuna indicazione sugli istituti del diritto penale sostanziale, la cui applicazione passa attraverso l’esercizio dell’azione penale. La prescrizione è un possibile sbocco dell’azione penale, non già un’alternativa all’azione» (p. 523).
309 E si pone così come garanzia della libertà dei cittadini e dei diritti individuali.
310 Da ciò si desume che le disposizioni in materia penale devono essere di elaborazione legislativa (ferme le implicazioni sul fronte governativo e sovranazionale, su cui si sofferma MANES V. in Principi
Tra questi valori di fondamentale importanza311, in materia di prescrizione del reato
un’attenta considerazione merita il principio di irretroattività della legge penale312,
sancito a livello codicistico nell’art. 2 co. 1 c.p.313, nonché alle sue particolari declinazioni
precisate sia dal codice che dalla giurisprudenza costituzionale.
In primo luogo, a temperare la portata del suddetto canone vi è l’art. 2 co. 4 c.p. che esprime il principio di retroattività della legge più favorevole, secondo cui «se la legge del tempo in cui fu commesso il reato e le posteriori sono diverse, si applica quella le cui disposizioni sono più favorevoli al reo»314. Sulla portata delle “norme più favorevoli” si
è espressa la Corte costituzionale nella nota sentenza n. 394 del 2006, inquadrandole come norme che stabiliscono «per determinati soggetti o ipotesi, un trattamento penalistico più favorevole di quello che risulterebbe dall’applicazione di norme generali o comuni»315.
Tuttavia, occorre precisare che la Consulta rinviene la copertura costituzionale di detto principio non nell’art. 25 co. 2 Cost., quanto nel principio di eguaglianza ex art. 3 co. 1 Cost., che impone di «equiparare il trattamento sanzionatorio dei medesimi fatti, a prescindere dalla circostanza che essi siano stati commessi prima o dopo l’entrata in vigore della norma che ha disposto l’abolitio criminis o la modifica mitigatrice»316. Tale
diverso fondamento nella Carta fondamentale è conseguenza del fatto che il principio della retroattività della lex mitior «non ha alcun collegamento con la libertà di autodeterminazione individuale, per l’ovvia ragione che, nel caso considerato, la lex mitior sopravviene alla commissione del fatto, al quale l’autore si era liberamente autodeterminato sulla base del pregresso […] panorama normativo» e ciò ne segna anche il limite, poiché a differenza del principio di irretroattività ex art. 25.2 Cost, «assolutamente inderogabile»317, quest’ultimo è suscettibile di deroghe legittime sul
costituzionali in materia penale cit.), esaustive e precise nella descrizione e applicate ai solo fatti in esse previsti, senza che sia possibile un’interpretazione estensiva e analogica, e commessi dopo la loro entrata in vigore.
311 Tale da essere riconosciuta anche da trattati internazionali, ex plurimis la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e la Convenzione europea dei diritti dell’uomo, ma sul punto torneremo più avanti. 312 La Consulta lo ha definito una «garanzia del cittadino», in quanto «espressivo delle conseguenze giuridico-penali della propria condotta, quale condizione necessaria per la libera autodeterminazione individuale», e dunque inderogabile, cfr. sent. cost. n. 394 del 2006.
313 Art. 2 co. 1 c.p.: «nessuno può essere punito per un fatto che, secondo la legge del tempo in cui fu commesso, non costituiva reato».
314 Salva l’eccezione di sentenza irrevocabile.
315 Sent. cost. n. 394 del 2006 cit., considerato in diritto § 6.1. 316 Sent. cost. n. 394 cit., considerato in diritto § 6.4.
317 Sent. cost. n. 394 cit., considerato in diritto § 6.4; MANES V., Principi costituzionali in materia penale (diritto penale e sostanziale), cit., p. 34.
piano costituzionale, ove sorrette da giustificazioni oggettivamente ragionevoli (come indicato nella sentenza n. 393 del 2006)318.
Concorde con la Consulta è anche l’ala maggioritaria della dottrina che reputa «che sia
discriminatorio punire in maniera differenziata soggetti responsabili della medesima
violazione, soltanto in ragione della diversa data di commissione del reato; e che a fortiori risulti discriminatorio che uno di tali soggetti continui ad essere punito e l’altro si sottragga a qualsiasi sanzione penale, ancora in ragione soltanto del diverso tempus
commissi delicti»319.
In materia di prescrizione penale, il principio di retroattività della legge più favorevole e quello di ragionevolezza sono stati spesso invocati dalla dottrina – nonché, naturalmente, dalla giurisprudenza – a sostegno dell’illegittimità di talune disposizioni legislative, come per esempio in relazione all’art. 10 co. 2 e 3 della legge ex-Cirielli320. In una prima
sentenza, la citata n. 393 del 2006, la Corte ha sancito l’incostituzionalità dell’art. 10 co. 3 della legge nella parte in cui escludeva l’operatività del termine prescrizionale più breve per i fatti pregressi per i quali fosse avvenuta l’apertura della fase dibattimentale, rinvenendo in tale regola una deroga non giustificata (rectius irragionevole) al principio di retroattività della lex mitior.
Nella successiva sentenza n. 72 del 2008 la Consulta giunge a un esito opposto per ciò che concerne la medesima norma, ma nella parte in cui non estende i nuovi termini di prescrizione più favorevoli ai procedimenti già pendenti in secondo grado o in cassazione: in questo caso, vi è l’esigenza di «evitare la dispersione delle attività processuali già compiute all’entrata in vigore della legge n. 251 del 2005», a tutela di «interessi di rilievo costituzionale sottesi al processo (come la sua efficienza e la salvaguardia dei diritti dei destinatari della funzione giurisdizionale)»321, e dunque vi è il superamento del vaglio
positivo di ragionevolezza.
318 Sul punto si veda CAP I, par. 4.3.1 lett. h) e par. 4.3.2 lett. d). Ricordiamo che fra gli interessi di analogo rilievo, la Corte indica, a titolo esemplificativo: «quelli dell’efficienza del processo, della salvaguardia dei diritti dei soggetti che, in vario modo, sono destinatari della funzione giurisdizionale, e quelli che coinvolgono interessi o esigenze dell’intera collettività nazionale connessi a valori costituzionali di primario rilievo», sent. cost. n. 393 del 2006.
319 VIGANÒ F., Sullo statuto costituzionale della retroattività della legge penale più favorevole. Un nuovo tassello nella complicata trama dei rapporti tra Corte costituzionale e Corte EDU: riflessioni in margine alla sentenza n. 236/2011, in Riv. dir. pen. cont., 2011, p. 4.
320 CAP I, par 4.3.1 lett. h).
Un’ulteriore disposizione che in astratto sembra contrastare con la regola della retroattività della legge più favorevole è il quindicesimo comma dell’(unico) articolo della riforma Orlando (l. 103/2017), poiché fissa l’applicabilità della presente legge ai soli fatti compiuti successivamente alla sua entrata in vigore, senza indicare alcun interesse superiore da tutelare322. Ciononostante, si sottolinea la ridotta rilevanza di tale
incongruenza, avendo la riforma del 2017 apportato modifiche alla disciplina della prescrizione essenzialmente in peius, salva l’estensione degli effetti delle cause sospensive ai soli imputati nei cui confronti si sta procedendo (art. 161 co. 1 c.p.)323.
Proseguendo con l’analisi dell’art. 25 co. 2 Cost., esso viene in rilievo anche per ciò che concerne il principio di riserva di legge, in virtù del quale è il legislatore statale ad avere il monopolio in materia penale – ferme le norme sancite a livello sovranazionale, il cui ingresso nel nostro ordinamento è ammesso grazie agli artt. 11 e 117 co. 1 Cost.324 –
poiché questi è «rappresentativo della società tutta», così garantendosi che l’esercizio di tale potere «non avvenga arbitrariamente, bensì per il suo bene [della società] e nel suo interesse»325.
Un diretto collegamento tra prescrizione e riserva di legge si coglione nell’ordinanza costituzionale n. 34 del 2009: «in più occasioni, [la Corte] ha ribadito che la prescrizione, inerendo al complessivo trattamento riservato al reo, è istituto di natura sostanziale e la relativa disciplina è soggetta al principio della riserva di legge sancito dall’art. 25, secondo comma, Cost.»326.
Da questo principio segue l’inammissibilità per la Corte costituzionale di emettere «pronunce il cui effetto possa essere quello di introdurre nuove fattispecie criminose, di estendere quelle esistenti a casi non previsti, o, comunque, “di incidere in peius sulla risposta punitiva o su aspetti inerenti alla punibilità, aspetti fra i quali, indubbiamente, rientrano quelli inerenti la disciplina della prescrizione e dei relativi atti interruttivi o sospensivi”»327, essendo questa, per l’appunto, una prerogativa propria del legislatore.
322 Cfr. CAP I, par. 4.3.2 lett. d); In questo senso, ZIRULIA S., Riforma orlando: la "nuova" prescrizione e le altre modifiche al codice penale, cit., p. 247.
323 ZIRULIA S., Riforma orlando: la "nuova" prescrizione e le altre modifiche al codice penale, cit., p. 247.
324 È il caso della normativa europea (UE e CEDU), su cui torneremo nella Sezione II del presente capitolo. 325 Sent. cost. n. 487 del 1989, considerato in diritto § 3, cfr. MANES V., Principi costituzionali in materia penale (diritto penale e sostanziale), cit., p. 19.
326 Ord. cost. n. 34 del 2009.
327 Sent. cost. n. 324 del 2008 cit., considerato in diritto § 5, richiamando la sent. cost. n. 394 del 2006 cit. e l’ordinanza n. 65 del 2008.
Inoltre, come vedremo, quest’ultimo limite influisce anche sull’esercizio del sindacato di ragionevolezza operato dalla Consulta328.