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C ASI DI DISAGIO ABITATIVO : L ’ ABUSIVISMO “ PER NECESSITÀ ”

Nel documento Il diritto alla casa (pagine 196-200)

SOMMARIO: 1. Premessa – 2. La giurisprudenza di legittimità dinanzi al fenomeno dell’abusivismo abitativo “per necessità” – 3. La legislazione ordinaria nel dubbio bilanciamento tra principio di legalità e diritto all’abitazione nella lotta contro le occupazioni abusive - 3.1. Le singole misure di contrasto al fenomeno: l’impossibilità di richiedere la residenza - 3.2. Il divieto di allacciamento ai pubblici servizi - 3.3. L’esclusione quinquennale dalle procedure di assegnazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica - 3.4. L’ambito di applicazione del provvedimento - 3.5. Considerazioni finali: il perseguimento della legalità nell’attuazione del diritto all’abitazione pone in pericolo la democraticità dell’ordinamento?

1. Premessa

Un’ulteriore riflessione, stimolata dalle precedenti conclusioni parziali, porta a interrogarsi su come si atteggino i pubblici poteri dinanzi a taluni casi di disagio abitativo particolarmente intensi e degradanti nei confronti della persona umana. In altre parole, come l’Autorità adempie, in concreto, le proprie obbligazioni rispetto al dovere di garantire a tutti il diritto all’abitazione? E, ancora, come reagisce la giurisprudenza, ordinaria e amministrativa, innanzi alle richieste di tutela immediata del diritto all’abitazione da parte di famiglie e individui che ne sono privi?

Si sceglie di condurre il suddetto ragionamento attraverso l’esame solo di alcuni casi, che si ergono ad esempio di come legge e giurisprudenza affrontano, e cercano di risolvere, situazioni tipiche di disagio abitativo, che sembrano rivelare come, nei fatti, la piena attuazione del diritto all’abitazione sia in verità poco più di un miraggio.

195 2. La giurisprudenza di legittimità dinanzi al fenomeno dell’abusivismo abitativo “per necessità”

L’emergenza abitativa, soprattutto negli ultimi anni, conduce sempre più nuclei familiari a ricorrere allo strumento estremo dell’occupazione illegittima di immobili per procurarsi un’abitazione. A questo fenomeno è conseguita l’instaurazione di una grande quantità di processi, specie in sede penale, a causa dell’integrazione del reato di cui all’art. 633 c.p., rubricato “Invasione di terreni o

edifici”. Questa norma, contenuta nel Libro II, Titolo XIII, del Codice penale

vigente rientra tra i “Delitti contro il patrimonio”, e sanziona chiunque invada arbitrariamente terreni o edifici altrui, pubblici o privati, al fine di occuparli o di trarne profitto.

Si è prodotta, negli anni, una consistente mole di argomentazioni nella giurisprudenza di legittimità circa la possibilità di applicare alla fattispecie in esame la causa di giustificazione dello “stato di necessità”. In base al primo comma dell’articolo 54 c.p., infatti, «non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare sé o altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato, né altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo».

In base a un orientamento più risalente, l’espressione “danno grave alla

persona” di cui all’art. 54 c.p. dovrebbe essere interpretata in senso restrittivo,

intendendosi con essa la mera lesione dei beni della vita e dell’integrità fisica444.

Pertanto, la Cassazione categoricamente sosteneva come la necessità di ottenere un alloggio non potesse rientrare nella causa di giustificazione prevista dall’art. 54 c.p., il cui presupposto è la concreta imminenza di un grave pericolo alla “persona”, non altrimenti evitabile.

444 In tal senso Cass. Pen. n. 123367 del 1972. La Cassazione in questa Sentenza include nel concetto di “danno grave alla persona” il diritto alla salute. Dunque, la Cassazione applica l’esimente di cui all’art. 54 c.p. al reato di invasione di terreni o edifici tutte le volte in cui alle condizioni di indigenza economica dell’imputato, di per sé inidonee a giustificare la violazione della legge penale, si affianchi la necessità di procurare un alloggio per tutelare la salute propria e quella dei familiari. Sul punto, in dottrina, si veda T. PADOVANI,op. cit, pp. 3-15.

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L’orientamento ormai maggioritario in dottrina e giurisprudenza opera invece una lettura costituzionalmente orientata, ritenendo che con l’espressione “danno grave alla persona” debba intendersi quello che investe ogni situazione che attenti, anche solo indirettamente, all’integrità fisica, perché suscettibile di minacciare ogni bene attinente alla personalità del soggetto; tra questi è compreso il diritto all’abitazione, sulla scorta del suo graduale riconoscimento come fondamentale diritto sociale445. Quanto detto vale a condizione che

ricorrano per tutto il tempo dell’occupazione illecita gli altri elementi costituitivi della scriminante. Occorre, infatti, che il pericolo sia “attuale”. Tale ultimo requisito presuppone che, nel momento in cui l’agente agisce contra ius al fine di evitare “un danno grave alla persona” il pericolo sia imminente e, quindi, individuato e circoscritto nel tempo e nello spazio.

Pertanto lo stato di necessità, nella specifica ipotesi dell’occupazione di beni altrui, «può essere invocato solo per un pericolo attuale e transitorio, non certo per sopperire alla necessità di trovare un alloggio al fine di risolvere, in via definitiva, la propria, esigenza abitativa»; tanto più che gli alloggi di edilizia residenziale pubblica «sono proprio destinati a risolvere esigenze abitative di non abbienti, attraverso procedure pubbliche e regolamentate». La Corte ha quindi chiarito che «non basta un mero stato di disagio abitativo ai fini della ricorrenza della scriminante, potendo essere questo ovviato mediante la richiesta di ausilio ai servizi sociali»446.

445 Tra le più recenti si vedano Cass. pen. n. 22432 del 2013; Cass. pen. n. 19147 del 2013; Cass. pen. n. 28115 del 2012, Cass. pen. n. 35580 del 2007.

446 Si veda in tal senso Cass. pen. 9 marzo 2012, n. 9265. Il fatto, in questa sentenza, riguarda l’occupazione stabile, da parte di una neomamma, di un immobile di proprietà pubblica. Dopo la condanna in primo grado e in appello, anche la Cassazione si esprime rigettando l’impugnazione proposta dalla donna invocante lo stato di necessità (avendo un figlio a carico ed essendo sprovvista di reddito) ex art. 54 c.p. La Cassazione specifica come «la doglianza della donna sia infondata in quanto una precaria e ipotetica condizione di salute non può legittimare ai sensi dell’art. 54 c.p. un’occupazione “permanente’’ di un immobile per risolvere, in realtà, in modo surrettizio, un’esigenza abitativa». Anche in una recente Sentenza la Corte di Cassazione esclude la presenza dello stato di necessità in caso di occupazione di un alloggio popolare da parte di una madre di quattro figli con situazione lavorativa precaria, incapace di continuare a pagare i canoni di locazione del precedente appartamento. In questo caso la scriminante viene esclusa in quanto «non può parlarsi di attualità del pericolo in tutte quelle situazioni non contingenti, caratterizzate da una sorta di cronicità essendo destinate a protrarsi nel tempo, quale appunto l’esigenza di

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All’allargamento in senso costituzionalmente orientato dell’area degli interessi rientranti nella nozione di “danno grave alla persona” corrisponde, riassuntivamente, la richiesta di un’indagine particolarmente penetrante e rigorosa nell’accertamento degli ulteriori requisiti dell’attualità del pericolo e dell’impossibilità di evitare lo stesso attraverso altre soluzioni considerate lecite dall’ordinamento447.

Attualmente molte persone e nuclei familiari vivono stabilmente in alloggi di edilizia residenziale pubblica oppure di proprietà provata altrui, senza averne titolo. La situazione di fatto che si viene in questi casi a creare risulta senza dubbio lesiva di diritti di proprietà, ma anche del principio di legalità448.

Eppure, agli occhi di coloro che vivono quotidianamente in queste condizioni, l’occupazione è parsa l’unica opzione disponibile per procurare a sé e alla propria famiglia un’abitazione, per cause direttamente o indirettamente riconducibili a un inadempimento dello Stato del proprio dovere di garantire a tutti il diritto all’abitazione.

La giurisprudenza penale mostra quindi di reagire, dinanzi a questi casi, in modo garantista verso il reo per quanto riguarda l’interpretazione del concetto di “danno grave alla persona”, nel quale si fa rientrare il pericolo di lesione del diritto all’abitazione.

Tuttavia, i Giudici si atteggiano in modo molto più restrittivo quanto ai requisiti di attualità e inevitabilità del pericolo, in forza del vincolo al dato normativo e del bilanciamento con altri interessi costituzionalmente rilevanti.

una soluzione abitativa». Il pericolo, in altre parole, «deve essere imminente, cioè circoscritto nel tempo e nello spazio»; tali non sono, secondo la Cassazione, tutte «le situazioni caratterizzate da una sorta di cronicità essendo destinate a protrarsi nel tempo, quale appunto l’esigenza di una soluzione abitativa». In tal senso Cass. pen., Sez. II, 6 febbraio 2015, n. 8603. Per un approfondimento sul punto, in dottrina, si vedano F. BURASCHI, op. cit., p. 874 e A.GENTILE, op. cit., pp. 776-778.

447 In tal senso Cass. Pen. Sez. II, 27 giugno 2007, n.35580. Per un approfondimento sul punto si rinvia a A.MEREU, La configurabilità dello stato di necessità nelle

ipotesi problematiche di necessità economica e abitativa, in «Cassazione Penale», n. 3, 2008, pp.

1024 ss.

448 Sempre nella Sentenza n. 8603 del 2015 la Corte, con riferimento ai casi di occupazione abusiva protratta nel tempo, aggiunge che, oltre al diritto all’abitazione, è necessario tutelare il diritto alla proprietà che «non può essere compresso in permanenza perché, in caso contrario, si verificherebbe, di fatto, un’alterazione della destinazione della proprietà al di fuori di ogni procedura legale o convenzionale».

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Sotto questo profilo risulta differente il bilanciamento che talvolta è stato operato in Francia, dove la giurisprudenza ha fatto ampio uso dell’esimente dello stato di necessità quale causa di giustificazione delle occupazioni abusive di immobili liberi. Rispetto al tema dell’impunità degli squatters, ossia gli occupanti abusivi, ad esempio, una sentenza della Corte d’Appello di Angers del 16 aprile 1958, riconoscendo il diritto all’esistenza come superiore a qualsiasi altra istanza, compreso il diritto di proprietà, ha affermato che «il fatto, commesso dal proprietario, di lasciare un immobile disabitato nel corso di molti anni, in una città dove migliaia di abitanti sono ridotti a occupare delle abitazioni insalubri, costituisce una provocazione che assolve, in larga parte, gli atti di occupazione illecita di cui si chiede la riparazione»449.

3. La legislazione ordinaria nel dubbio bilanciamento tra principio di legalità e diritto all’abitazione nella lotta contro le occupazioni abusive

Alla drammaticità della situazione descritta si aggiunge peraltro il dato per cui negli ultimi anni anche la legislazione tende a inasprire la lotta contro le occupazioni abusive.

449 Le condizioni che rendono legittima l’occupazione sono le seguenti secondo la Corte: «a) l’occupazione deve avvenire in virtù di una necessità reale e non per una comodità, residuando le uniche ipotesi dell’occupazione o dell’avveramento del pericolo; b) lo stato di necessità non deve essere imputabile alla colpa dell’occupante; c) il bene sacrificato deve essere di valore inferiore a quello del bene o dell’interesse protetto, come nel caso del confronto tra il diritto alla vita, o alla salute, dell’occupante e l’interesse del proprietario sull’immobile occupato». L’interesse degli occupanti prevale, quindi nel caso di

crisi acuta delle abitazioni, se concorrono le seguenti condizioni: «1. la famiglia occupante deve versare in una situazione drammatica; 2. si è in presenza di una vacanza prolungata ed ingiustificata di un’abitazione; 3. vi è una perdurante inerzia dei poteri pubblici.”, e di conseguenza l’unica

soluzione giuridica plausibile sarebbe l’assoluzione degli squatters». In tal senso P.J.HESSE,

Un droit fondamental vieux de 3000 ans: l’état de nécessité, in «Droits fondamentaux», n. 2, gennaio-

dicembre, 2002, cui si rinvia per un approfondimento della questione. Inoltre, in Francia, a metà degli anni Cinquanta si è addirittura proposto di requisire gli alloggi disabitati per fronteggiare periodi di crisi, giungendo sino a proporre la creazione di una fattispecie penale di “vacanza abusiva di immobile con destinazione abitativa” che prevedeva una pena da tre mesi a cinque anni di reclusione nel caso in cui un proprietario avesse lasciato sfitto il proprio immobile, situato in uno dei comuni dove era applicabile la tassa di compensazione sui locali insufficientemente occupati, per un periodo superiore a sei mesi e senza un giustificato motivo. In tal senso G.SCOTTI, Il diritto alla casa tra la Costituzione e le

Nel documento Il diritto alla casa (pagine 196-200)

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