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L’evoluzione della giurisprudenza costituzionale sull’inviolabilità del diritto all’abitazione

Nel documento Il diritto alla casa (pagine 35-41)

L’ ABITAZIONE COME DIRITTO SOCIALE

3. L’evoluzione della giurisprudenza costituzionale sull’inviolabilità del diritto all’abitazione

Quanto alla giurisprudenza costituzionale, si nota una certa ritrosia iniziale nel considerare quello all’abitazione come un diritto inviolabile della persona, appartenente alla categoria dei diritti sociali e scaturente direttamente dal principio solidaristico e di democrazia sostanziale, nonostante le prime aperture della dottrina70.

In particolare, di fronte all’invocazione dell’art. 2 Cost. quale parametro per valutare la legittimità costituzionale della c.d. Legge sull’equo canone71 nella

parte in cui disciplina il contratto di locazione come a tempo determinato, sulla considerazione per cui una stabilità della situazione abitativa costituisce il

68 U.BRECCIA,op. cit., p. 32. 69 Ibidem, pp. 29 ss.

70 A questo filone giurisprudenziale di iniziale ritrosia possono essere ricondotte Corte cost. 15 gennaio 1976, n. 4; 18 gennaio 1977, n. 29; 25 marzo 1980, n. 33; 22 aprile 1980, n. 58; 28 luglio 1983, n. 252.

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presupposto per l’esercizio di diritti inviolabili, la Corte rigetta la questione. Il giudice costituzionale, in tale occasione, rileva in proposito che «indubbiamente l’abitazione costituisce, per la sua fondamentale importanza nella vita dell’individuo, un bene primario il quale deve essere adeguatamente e concretamente tutelato dalla legge»72.

Tuttavia la Corte ritiene «una costruzione giuridica del tutto estranea al nostro ordinamento positivo» quella che considera «l’abitazione come l’indispensabile presupposto dei diritti inviolabili» previsti dall’art. 2 Cost. Se, invero, i diritti inviolabili sono, per giurisprudenza costante, «quei diritti che formano il patrimonio irretrattabile della personalità umana», non è logicamente possibile ammettere «altre figure giuridiche, le quali sarebbero dirette a funzionare da “presupposti” e dovrebbero avere un’imprecisata, maggiore tutela»73.

Uno dei primi segnali di un’evoluzione giurisprudenziale nel senso di un riconoscimento del diritto sociale all’abitazione si può intravedere in una sentenza concernente la legittimità di eccezionali misure di varia natura, tra cui finanziamenti straordinari, per il reperimento di abitazioni da assegnare ai conduttori economicamente non in grado di provvedervi autonomamente. La Corte giunge a dichiarare la non illegittimità di un intervento statale in materia di edilizia sovvenzionata, riservata alla competenza regionale, in nome dell’esigenza di fronteggiare efficacemente e compiutamente le gravi e preoccupanti conseguenze dei provvedimenti di rilascio delle abitazioni. Questa esigenza, infatti, si ricollega «alle fondamentali regole della civile convivenza, essendo indubbiamente doveroso da parte della collettività intera impedire che

delle persone possano rimanere prive di abitazione»74.

72 Si veda Corte cost. 20 marzo 1980 n. 33 73 Corte cost. n. 252 del 1983.

74 Corte cost. n. 49 del 1978. In particolare, il contesto era quello della grave situazione in cui si erano venuti a trovare i locatari di immobili a uso di abitazione, nelle Province autonome di Trento e di Bolzano, nei confronti dei quali era stato giudizialmente disposto il rilascio degli immobili stessi. Le Province autonome avevano impugnato alcuni provvedimenti governativi ritenuti lesivi delle proprie attribuzioni in materia di edilizia sovvenzionata, adottati sulla base della Legge 5 aprile 1985 n. 118, sollevando contestualmente conflitto di attribuzione.

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Poco più tardi, in altra sentenza, la Corte ribadisce l’orientamento precedente, ma alle sue considerazioni aggiunge che «il diritto all’abitazione rientra […] fra i requisiti essenziali caratterizzanti la socialità cui si conforma lo Stato democratico voluto dalla Costituzione». Secondo la Corte, inoltre, «l’art. 47, secondo comma, Cost., nel disporre che la Repubblica “favorisce l’accesso del risparmio popolare alla proprietà dell’abitazione”, individua nelle misure vòlte ad agevolare e, quindi, a render effettivo il diritto delle persone più bisognose ad avere un alloggio in proprietà una forma di garanzia privilegiata dell’interesse primario ad avere un’abitazione». E, inoltre, nell’attribuire il compito di predisporre tale garanzia alla Repubblica, precisa che «la soddisfazione di un interesse così imperativo come quello in questione non può adeguatamente realizzarsi senza un concorrente impegno del complesso dei poteri pubblici (stato, regioni o province autonome, enti locali) facenti parte della Repubblica»75.

I giudici costituzionali pervengono pertanto alla definizione di un vero e proprio diritto all’abitazione, ricavandolo dal favor espresso dall’art. 47 Cost. per la proprietà della prima casa. La lettura di questa norma, questa volta, risulta non più isolata, ma operata alla luce della “missione” sociale della Costituzione. Secondo l’interpretazione della Corte, favorendo l’accesso del risparmio popolare alla proprietà dell’abitazione, la Repubblica individuerebbe una forma di garanzia privilegiata dell’interesse primario ad avere un’abitazione nelle misure volte ad agevolare e, quindi, a render effettivo il diritto delle persone più bisognose ad avere un alloggio in proprietà.

La legge impugnata76, stabilendo agevolazioni per l’acquisto della prima

casa per i lavoratori meno abbienti, costituisce secondo la Corte una traduzione

75 Corte cost. n. 217 del 1988.

76 Con la Sentenza n. 217 del 1988 la Consulta risolve un giudizio di legittimità costituzionale in via principale avente a oggetto una legge statale che dispone finanziamenti di favore per l’acquisto della prima casa da parte dei lavoratori meno abbienti. Trattasi della Legge 18 dicembre 1986, n. 891 (Disposizioni per l’acquisto da parte dei

lavoratori dipendenti della prima casa di abitazione nelle aree ad alta tensione abitativa). Il

procedimento di legittimità costituzionale è promosso, anche in questo caso, dalla Province autonome di Bolzano e Trento. In particolare, le ricorrenti prospettano un

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dell’imperativo costituzionale contenuto nell’art. 47, secondo comma, Cost. per il quale la Repubblica, nel suo insieme, è tenuta a predisporre agevolazioni affinché il risparmio delle categorie svantaggiate acceda alla proprietà dell’abitazione. Un simile intervento statale, in materia già regolata a livello regionale, non è da ritenersi dunque illegittimo innanzitutto perché si pone a tutela di un diritto sociale fondamentale del cittadino specificamente garantito77. In secondo luogo, la legge impugnata non è illegittima perché,

assicurando un livello di prestazioni tale da rappresentare la garanzia di un

minimum nel godimento del diritto all’abitazione da parte dei lavoratori

dipendenti di qualsiasi regione, nello stesso momento adempie all’inderogabile compito costituzionale di ridurre al minimo la distanza o la sproporzione nel godimento dei beni giuridici primari, contribuendo a conferire il massimo di effettività a un diritto sociale fondamentale, in base al dettato di cui all’art. 3, secondo comma, Cost.78.

Secondo i giudici costituzionali, in breve, «creare le condizioni minime di uno Stato sociale, concorrere a garantire al maggior numero di cittadini possibile un

fondamentale diritto sociale, quale quello all’abitazione, contribuire a che la vita di ogni

persona rifletta ogni giorno e sotto ogni aspetto l’immagine universale della dignità umana, sono compiti cui lo Stato non può abdicare in nessun caso»79.

Nonostante che il fondamento costituzionale del diritto all’abitazione sia ancora ricavato dal mero favor costituzionale espresso dall’art. 47, secondo comma, per la proprietà della prima casa di abitazione, e quindi affrontato

dubbio di legittimità costituzionale della legge in quanto ritenuta lesiva delle competenze provinciali in materia di edilizia comunque sovvenzionata.

77 E questo obiettivo persegue «attraverso un impegno concorrente del complesso dei poteri pubblici rientranti nel concetto di Repubblica, e quindi anche dello Stato: impegno che non può certo esaurirsi nella mera attribuzione di una potestà legislativa alle regioni, addirittura preclusiva di un intervento legislativo statale, ancorché minimale». Corte cost. n. 217 del 1988.

78 Inoltre, secondo la Corte, la stessa legge, non si pone in un rapporto di incompatibilità o di interferenza con gli indirizzi attuati dalle corrispondenti leggi provinciali, ma mira semplicemente a rafforzare, con una legislazione di sostegno, la risposta complessiva dei poteri pubblici a fronte di una acuta tensione tra il riconoscimento di un diritto sociale fondamentale, quello all’abitazione, e la situazione reale, che è invece caratterizzata da una preoccupante carenza di effettività dello stesso diritto.

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nell’ottica di un diritto o interesse dell’individuo a ottenere dallo Stato agevolazioni di varia natura per accedere alla proprietà del bene casa, si intravede una prima apertura della Corte alla definizione di un vero e proprio diritto sociale all’abitazione. La Corte afferma, in questa fondamentale pronuncia, l’obbligo dello Stato di dare una risposta a questo diritto, predisponendo ogni forma di garanzia utile a perseguire la possibilità per i soggetti più bisognosi di acquistare una casa in proprietà.

Lo sviluppo giurisprudenziale successivo, accanto alla ormai stabile definizione del diritto all’abitazione come diritto sociale, si spinge alla dichiarazione della sua inviolabilità, ricollegandolo all’art. 2 Cost. e iniziando a estendere la garanzia del diritto all’abitazione anche ai rapporti tra privati.

L’occasione è data dal giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 6 della c.d. Legge sull’equo canone, nella parte in cui esclude il convivente more uxorio del conduttore defunto dal diritto a succedergli nel contratto di locazione. Secondo la Corte, il fatto che l’art. 6, primo comma, disponga che «in caso di morte del conduttore, gli succedono nel contratto il coniuge, gli eredi ed i parenti e affini con lui abitualmente conviventi», significherebbe una precisa scelta con cui il legislatore del 1978 avrebbe inteso tutelare la convivenza stabile di un aggregato familiare. La Corte ritiene evidente, in tale scelta, la volontà legislativa di farsi interprete di un dovere di solidarietà sociale, che ha per contenuto l’impedire che taluno resti privo di abitazione. Tale dovere, in questo caso, si specificherebbe in un regime di successione nel contratto di locazione, destinato a non privare del tetto, immediatamente dopo la morte del conduttore, il più esteso numero di figure soggettive, purché con egli abitualmente conviventi.

Sulla scia dell’evoluzione giurisprudenziale che conduce al riconoscimento dei diritti delle persone sposate anche ai conviventi in condizioni ragionevolmente parificabili, la Corte costituzionale riconosce che la norma di cui all’art. 6 della Legge sull’equo canone, nella parte in cui esclude il convivente more uxorio del conduttore defunto dal diritto a succedergli nel contratto di locazione, viola l’art. 2 Cost quanto al diritto fondamentale

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all’abitazione. Questo risulta infatti leso dalla privazione di un tetto a colui che stabilmente viveva con il conduttore dell’alloggio80.

Questa evoluzione giurisprudenziale riveste particolare interesse anche in quanto può essere letta come un’estensione del riconoscimento del diritto all’abitazione anche ai rapporti tra privati81: la Corte, infatti, estende la sfera di

80 L’evoluzione giurisprudenziale, che non riguarda solo il concetto di “abitazione” ma anche quello di “convivenza”, si percepisce sol che si consideri che all’inizio degli anni Ottanta la Corte costituzionale non aveva considerato la stabilità della situazione abitativa come un autonomo e indefettibile presupposto per l’esercizio dei diritti inviolabili di cui all’art. 2 Cost. Più limitatamente, la Corte aveva affermato che «l’abitazione costituisce, per la sua fondamentale importanza nella vita dell’individuo, un bene primario il quale deve essere adeguatamente e concretamente tutelato dalla legge». Corte cost. n. 252 del 1983. Si noti che la giurisprudenza ancora più risalente non aveva nemmeno dato rilievo all’abitazione come bene primario, dando peso all’estraneità del convivente more uxorio dagli elenchi tassativi degli aventi diritto alla proroga dei contratti di locazione di immobili adibiti a uso di abitazione in caso di morte del conduttore, sia in base all’art. 2-bis, comma primo, parte prima, della Legge 12 agosto 1974, n. 351, sia in base all’art. 1, comma quarto, parte prima, della Legge 23 maggio 1950, n. 253. In tal senso Corte cost. 14 aprile 1980 n. 45; Corte cost. 23 luglio 1980, Ord. n. 128.

81 Anche la giurisprudenza comune via via recepisce l’orientamento della Corte costituzionale. Spesso, infatti, il diritto all’abitazione viene impiegato quale scriminante rispetto ad alcuni reati commessi per necessità, ossia per l’impellente bisogno di soddisfare bisogni abitativi. Così avviene, ad esempio, in materia di occupazione illecita di immobili a uso abitativo scriminata in sede penale dal riconoscimento dello stato di necessità ai sensi dell’art. 54 c.p. In tal senso, per tutte, si vedano Cass. pen. 26 settembre 2007, n. 35580; 5 luglio 2012, n. 28115; 16 aprile 2013, n. 19147; 10 maggio 2013, n. 22432. Altre volte il diritto all’abitazione viene richiamato in riferimento ad altre situazioni. In materia di responsabilità amministrativa conseguente a danni erariali derivanti da scelte finalizzate ad assicurare il godimento del bene casa agli amministrati, ad esempio, si veda Corte dei Conti, sez. giurisdizionale per la Regione siciliana, Sentenza n. 223 del 2009. La vicenda riguarda la sistemazione alloggiativa provvisoria di alcuni nuclei famigliari fatti sgomberare coattivamente dalle case popolari e portati in un complesso edilizio monumentale nel Comune di Palermo dal valore pregiato. Questa sistemazione, tuttavia, comporta una serie di ingenti danneggiamenti alle strutture e sottrazione di manufatti. Il Sindaco, pertanto, dispone lo sgombero con il contestuale ricovero degli individui interessati presso altre unità abitative adeguatamente attrezzate. Per i danneggiamenti verificatisi la Procura regionale contabile cita in giudizio per responsabilità erariale il Sindaco del Comune di Palermo e l’Assessore comunale alla protezione civile, accusati di aver posto in essere un comportamento gravemente colposo, per aver negligentemente indirizzato la scelta amministrativa dell’assegnazione del complesso monumentale pregiato, omettendo di adottare provvedimenti necessari per evitare i danni irreversibili causati all’edificio. La Corte dei Conti, nella decisione richiamata, dichiara esenti da responsabilità gli amministratori valutando positivamente lo sgombero del complesso storico monumentale e l’individuazione di una diversa sistemazione alloggiativa. Si osserva, infatti, che l’amministrazione comunale avrebbe in questo modo bilanciato correttamente la salvaguardia del bene della salute pubblica con il diritto di ogni individuo a un alloggio adeguato a una vita dignitosa. Per un approfondimento sulla decisione in esame si veda M. MEZZANOTTE,Quando la casa è un diritto, su www.forumcostituzionale.it, 9 giugno 2009.

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applicazione del diritto in oggetto ai soggetti che convivono con il titolare del contratto di locazione, agganciando tale operazione all’attinenza del bisogno abitativo rispetto alle condizioni minime di dignità dell’uomo e a quella socialità cui si ispira la Costituzione82.

L’occasione per tornare a riflettere sul diritto all’abitazione è poi data alla Corte costituzionale dalla riforma del Titolo V della Costituzione, che determina l’emersione del tema del riparto di competenza legislativa tra Stato e regioni. La riconduzione alla competenza esclusiva dello Stato della determinazione dell’offerta minima di alloggi di edilizia sociale e dei criteri di assegnazione, ai sensi dell’art. 117, comma 2, lett. m) Cost., viene infatti giustificata da esigenze di tutela unitaria di un diritto fondamentale di natura sociale. La determinazione dei livelli minimali di fabbisogno abitativo sono, secondo la Corte, strettamente inerenti al nucleo irrinunciabile della dignità della persona umana83.

4. I diritti sociali rispetto ai quali la garanzia del diritto all’abitazione è

Nel documento Il diritto alla casa (pagine 35-41)

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