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Considerazioni finali sull’evoluzione delle politiche abitative

Nel documento Il diritto alla casa (pagine 107-112)

I L DIRITTO A OTTENERE UN ’ ABITAZIONE : DALL ’ EDILIZIA ECONOMICA E POPOLARE ALL ’ HOUSING SOCIALE NEI “ PIAN

6. Considerazioni finali sull’evoluzione delle politiche abitative

Il panorama normativo concernente la materia dell’edilizia residenziale pubblica non si incentra su una vera e propria definizione normativa della stessa. La terminologia utilizzata dal legislatore nell’adozione delle politiche abitative che si sono susseguite ha subìto un’evoluzione dal concetto di “edilizia economica e popolare”, sin dalla Legge Luzzatti del 1903, a quello di “edilizia residenziale pubblica”, che compare per la prima volta solo nel titolo della Legge n. 865 del 1971. Si è poi giunti alle nozioni di “edilizia residenziale sociale” o social housing negli anni Duemila, senza che a ciò si sia accompagnato un cambiamento sostanziale delle politiche intraprese, se non in riferimento ad alcuni aspetti che hanno caratterizzato i più recenti provvedimenti.

La dismissione del patrimonio residenziale pubblico245 e il

coinvolgimento di capitali privati ai fini dell’incremento delle abitazioni

di verificare a quale titolo lo Stato detti tale norma. Questa indagine non è però possibile, né conferente ai fini del presente giudizio, stante l’inserimento extrasistematico della parola di cui sopra in un complesso di norme, tutte orientate alla finalità generale dell’incremento dell’offerta abitativa per i ceti economicamente deboli». Corte cost. n. 121 del 2010. Per un approfondimento sulla sentenza in esame si rinvia a A.VENTURI,Dalla

legge Obiettivo al Piano nazionale di edilizia abitativa: il (ri)accentramento (non sempre opportuno) di settori strategici per l’economia nazionale, su www.forumcostituzionale.it, ora in «Le Regioni»,

2010.

244 In tal senso P.URBANI, op. cit., p. 266-267.

245 In tal senso dispone, ad esempio, l’art. 3 della Legge n. 80 del 2014, recante

Misure per la alienazione del patrimonio residenziale pubblico, il quale prevede che «in attuazione

degli articoli 47 e 117, commi secondo, lettera m), e terzo della Costituzione, al fine di assicurare il coordinamento della finanza pubblica, i livelli essenziali delle prestazioni e favorire l’accesso alla proprietà dell’abitazione, entro il 30 giugno 2014, il Ministro delle

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disponibili da destinare a prima casa per categorie di persone svantaggiate; i programmi di recupero di immobili già esistenti ma inidonei perché fatiscenti o comunque necessitanti opere di manutenzione o ristrutturazione246; il costante

infrastrutture e dei trasporti, il Ministro dell’economia e delle finanze e il Ministro per gli affari regionali e le autonomie, previa intesa della Conferenza unificata, di cui all’articolo 8 del Decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, approvano con decreto le procedure di alienazione degli immobili di proprietà dei comuni, degli enti pubblici anche territoriali, nonché degli Istituti autonomi per le case popolari, comunque denominati, anche in deroga alle disposizioni procedurali previste». La norma stabilisce, inoltre, che «le risorse derivanti dalle alienazioni devono essere destinate esclusivamente a un programma straordinario di realizzazione o di acquisto di nuovi alloggi di edilizia residenziale pubblica e di manutenzione straordinaria del patrimonio esistente», evidenziando in tal modo l’intento legislativo di incremento degli alloggi disponibili. Il Decreto ministeriale 24 febbraio 2015 ha disciplinato tali modalità di alienazione, stabilendo che «le risorse derivanti dalle alienazioni previste dai programmi, approvati a far tempo dalla data di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale del presente decreto, restano nella disponibilità degli enti proprietari e sono destinate, ai sensi dell’art. 3, comma 1, lettera a) del Decreto legge 28 marzo 2014, n. 47, convertito con modificazioni dalla Legge 23 maggio 2014, n. 80, all’attuazione di un programma straordinario di recupero e razionalizzazione del patrimonio esistente, predisposto sulla base dei criteri stabiliti ai sensi dell’art. 4 del Decreto legge n. 47 del 2014, convertito con modificazioni dalla Legge n. 80 del 2014, di acquisto e, solo in mancanza di adeguata offerta di mercato, di realizzazione di nuovi alloggi». È stato tuttavia osservato come questo sistema non garantirà l’ottenimento del risultato sperato in quanto, anche se gli introiti della vendita degli alloggi devono essere reinvestiti nel campo dell’edilizia residenziale pubblica, la partita potrebbe mantenere un risultato netto sempre a perdere con impoverimento del patrimonio complessivo perché gli standard per le nuove costruzioni sono sempre molto più costosi del vecchio. Inoltre, nonostante sia previsto un dritto di prelazione a favore dell’attuale inquilino (previsto dall’art. 2 del Decreto ministeriale 24 febbraio 2015), la possibilità di acquisto anche da parte di terzi aprirebbe la strada a possibili speculazioni che poco avrebbero a che fare con l’intento “sociale” del piano. Su queste posizioni critiche si veda, per esempio, l’articolo

Analisi critica del “Piano Casa” del governo Renzi, dalla “Rete Diritti in Casa” di Parma, 14 marzo

2014, su www.abitarenellacrisi.org.

246 L’art. 4 della Legge n. 80 del 2014 prevede un Programma di recupero di immobili e

alloggi di edilizia residenziale pubblica, stabilendo che i Ministeri coinvolti, entro quattro mesi

dalla data di entrata in vigore del piano, «approvano con decreto i criteri per la formulazione di un Programma di recupero e razionalizzazione degli immobili e degli alloggi di edilizia residenziale pubblica di proprietà dei comuni e degli Istituti autonomi per le case popolari, comunque denominati, costituiti anche in forma societaria, e degli enti di edilizia residenziale pubblica aventi le stesse finalità degli I.a.c.p., sia attraverso il ripristino di alloggi di risulta sia per il tramite della manutenzione straordinaria degli alloggi anche ai fini dell’adeguamento energetico, impiantistico statico e del miglioramento sismico degli immobili». Si tratta di una disposizione di pregio del piano, accolta in generale con interesse da chi si cimenta in un esame critico di queste norme, in quanto il recupero degli alloggi esistenti permette di fronteggiare quello che è un vero e proprio spreco, costituito da case popolari che restano sfitte per diversi mesi o anni a causa della mancanza dei fondi necessari per metterle a norma, sistemare gli infissi, fare lavori di recupero. Gli obiettivi del piano, infatti, riguardano, ai sensi dell’art. 1 del Decreto attuativo del 16 marzo 2015, la rapida assegnazione degli alloggi non utilizzati per assenza di interventi di manutenzione; la riduzione dei costi di conduzione degli alloggi da parte degli assegnatari e dei costi di

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finanziamento pubblico consistente per lo più in agevolazioni fiscali per le imprese costruttrici247, compensativo del mancato profitto in relazione alle aree

da destinare a edilizia sociale; l’allargamento del novero dei soggetti destinatari delle politiche abitative, sono tutti elementi caratterizzanti i nuovi piani casa degli anni Duemila.

Certo, si tratta di un programma a lungo termine, i cui risultati, forse, si apprezzeranno nel tempo e non si rivelerà risolutivo, nel complesso, dell’emergenza abitativa vissuta abitualmente dalle migliaia di famiglie che non hanno a disposizione un alloggio né si trovano in posizione utile nelle graduatorie da sperare in una prossima assegnazione248.

Al di là dei punti critici di questo tipo di politiche, consistenti, in generale, nell’esiguità dei fondi e nella lentezza delle procedure di liquidazione

gestione da parte degli enti gestori mediante l’adeguamento e il miglioramento impiantistico e tecnologico degli immobili e degli alloggi, con particolare riferimento alla prestazione energetica; la trasformazione tipologica degli alloggi per tenere conto delle nuove articolazioni della domanda abitativa conseguente alla trasformazione delle strutture familiari, ai fenomeni migratori, alla povertà e marginalità urbana; l’adeguamento statico e il miglioramento della risposta sismica. Il problema applicativo, in questo caso è, come spesso accade, nell’esiguità dei fondi disponibili, nonché della generale lentezza che costantemente caratterizza il materiale trasferimento di risorse in questo tipo di politiche. In tal senso R. LUNGARELLA, Poche risorse e tempi lunghi per le case popolari, in

www.lavoce.info, 10 aprile 2015, il quale evidenzia che a dicembre 2014, la Conferenza unificata Stato-Regioni ha dato il via libera a un decreto del Ministro delle infrastrutture che definisce i criteri per la formulazione del programma di ripristino e ristrutturazione delle case popolari, previsto dall’articolo 4 del piano, la cui copertura finanziaria è stata assicurata dalla Legge di stabilità (comma 235 della Legge n. 190 del 2014). I lavori finanziati, tuttavia, inizieranno con grande ritardo, cioè almeno quindici mesi dopo l’entrata in vigore del Decreto legge. Un tempo giudicato smisurato considerando che la finalità del programma è quello di «dare prime e immediate risposte al disagio abitativo nelle diffuse forme riscontrabili nel paese».

247 Così, ad esempio, l’art. 6 della Legge n. 80 del 2014 disciplina sgravi in riferimento all’imposizione sui redditi dell’investitore, stabilendo che «fino all’eventuale riscatto dell’unità immobiliare da parte del conduttore e, comunque, per un periodo non superiore a dieci anni dalla data di ultimazione dei lavori di nuova costruzione o di realizzazione mediante interventi di manutenzione straordinaria o di recupero su un fabbricato preesistente di un alloggio sociale […], i redditi derivanti dalla locazione dei medesimi alloggi sociali non concorrono alla formazione del reddito d’impresa ai fini delle imposte sui redditi e alla formazione del valore della produzione netta ai fini dell’imposta regionale sulle attività produttive, nella misura del 40 per cento».

248 In relazione a questo tipo di situazioni, le legislazioni degli ultimi anni predispongono diversi tipi di soluzione, quali i fondi di garanzia per gli inquilini morosi incolpevoli, il blocco degli sfratti, le misure in generale a sostegno della locazione e così via, che saranno oggetto di specifica trattazione nel capitolo riguardante il diritto all’abitazione nel rapporto tra soggetti privati (proprietario e conduttore).

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delle risorse249, oltre al pericolo di speculazione privata, sembra potersi invece

accogliere positivamente soprattutto l’ampliamento dei soggetti destinatari delle politiche. Probabilmente risiede proprio nel novero dei soggetti interessati dai provvedimenti che si può intravedere una delle principali innovazioni degli ultimi anni, rispetto alle politiche di più risalente data.

Basti operare un confronto rispetto a quando, nelle prime leggi sulla casa, erano previste soluzioni abitative economico-popolari solo per i lavoratori e si trattava di prestazioni di tipo previdenziale, o comunque associate a un’assicurazione sociale250.

Anche se la categoria dei “lavoratori”, unica beneficiaria delle prime politiche abitative, è da intendersi nella sua portata non escludente, e nell’ambito dell’obiettivo costituente della piena occupazione, ciò che risulta evidente è la circostanza che nuove categorie sociali richiedono attenzione251 a causa del

249 Il Decreto che stabilisce i criteri per la formulazione di un programma di recupero e

razionalizzazione degli immobili e degli alloggi di edilizia residenziale pubblica è stato approvato solo

il 16 marzo 2015. Questo fornisce, per ciascuna regione, il numero totale di alloggi di proprietà pubblica e il numero di quelli classificati “di risulta”, ossia liberati dai precedenti inquilini, volontariamente o per decadenza dal diritto a occuparli, e in attesa di essere riassegnati. Secondo i dati che le regioni hanno trasmesso al ministero, gli alloggi di proprietà pubblica sono circa 950 mila, mentre quelli di risulta sarebbero 16.500, e questo dato, insieme a quello indicante il numero degli sfratti, costituisce il criterio in base al quale viene ripartita una parte dei finanziamenti per le regioni, in ogni caso giudicati insufficienti per il rapido ripristino dei locali interessati. All’esiguità delle somme si aggiunge inoltre la loro diluizione nel tempo: per le piccole opere, il finanziamento viene suddiviso in quattro anni; per le più rilevanti è invece distribuito su addirittura undici anni, tanto che gli ultimi 25 milioni di euro dovrebbero essere disponibili nel 2024. Una simile «dispersione nel tempo degli interventi fa sì che l’impatto del programma sull’acuta situazione di disagio abitativo sia molto più attenuato di quanto non risulti dal numero complessivo di interventi finanziabili. Se tutti i fondi previsti per il triennio 2015-2017 saranno spesi per ripristinare alloggi popolari sfitti, ne saranno pronti per essere riassegnati solo duemila ogni anno: una goccia nel mare del fabbisogno». R.LUNGARELLA,Poche risorse e tempi lunghi

per le case popolari, cit.

250 Si veda il § 2, sul Decreto luogotenenziale n. 1857 del 1919.

251 Significativo a questo proposito è il Decreto del ministero dell’economia e delle finanze che reca la Disciplina del Fondo di garanzia «prima casa» di cui all’articolo 1, comma 48,

lett. c) della legge 27 dicembre 2013, n. 147, ponendo alcune definizioni. Ai sensi dell’art. 1,

comma 1, ai fini del Decreto si intende: «c) per “giovane coppia”: nucleo familiare costituito da coniugi o da conviventi more uxorio che abbiano costituito nucleo da almeno due anni, in cui almeno uno dei due componenti non abbia superato i trentacinque anni alla data di presentazione della domanda di finanziamento; d) per “nucleo familiare monogenitoriale con figli minori”: 1) persona singola non coniugata, né convivente con l’altro genitore di nessuno dei propri figli minori con sé conviventi; 2) persona separata o divorziata ovvero vedova, convivente con almeno un proprio figlio minore; […] f) per

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fallimento di questa ideale aspirazione252. È nei loro confronti che si esplica

attraverso le più recenti politiche abitative, una più alta aspirazione alla piena attuazione del diritto all’abitazione, anche dietro la spinta delle proclamazioni internazionali e di una maggiore sensibilità rispetto al passato verso i diritti sociali.

Questo mutamento di rotta del legislatore degli anni Duemila può essere interpretato come il segnale di una maggiore ambizione, rispetto al passato, di veder attuato pienamente, e nei confronti di tutti, il diritto all’abitazione? O risponde semplicemente al diverso volto della povertà, generato da una crisi economica dalla portata enorme e da un tasso di disoccupazione tra i più alti mai registrati? Anche quest’ultimo, peraltro, è indice del fatto che l’appartenere stesso alla categoria del lavoratore costituisce un privilegio, e non la condizione per il riconoscimento del fondamentale diritto all’abitazione, che invece deve (o dovrebbe) essere riconosciuto a favore di chiunque.

“lavoro atipico”: le fattispecie di cui all’art. 1 della Legge 28 giugno 2006, n. 92, così come modificato dall’art. 7 del Decreto legge del 28 giugno 2013, n. 76, convertito, con modificazioni, dalla Legge 9 agosto 2013, n. 99 e successive modificazioni e integrazioni».

252 Si veda C. TRIPODINA, Il diritto a un’esistenza libera e dignitosa. Sui fondamenti

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L DIRITTO ALL

ABITAZIONE A LIVELLO REGIONALE E

Nel documento Il diritto alla casa (pagine 107-112)

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