• Non ci sono risultati.

I diritti della famiglia e la possibilità di condurre un’esistenza libera e dignitosa

Nel documento Il diritto alla casa (pagine 46-51)

L’ ABITAZIONE COME DIRITTO SOCIALE

4. I diritti sociali rispetto ai quali la garanzia del diritto all’abitazione è funzionale

4.2. I diritti della famiglia e la possibilità di condurre un’esistenza libera e dignitosa

Tra le norme costituzionali che presuppongono la disponibilità di un’abitazione si ascrivono quelle in materia di diritto di formare una famiglia (art. 29 Cost.), a cui corrispondono doveri a favore di altri soggetti; da un lato, quello in capo ai genitori di mantenere, istruire ed educare i figli (art. 30 Cost.)95; dall’altro lato, quello in capo allo Stato di fornire misure economiche e

altre provvidenze al fine di favorire la formazione delle famiglie e l’adempimento dei relativi compiti, con particolare riferimento a quelle numerose96 (art. 31, comma 1, Cost.). Assume inoltre rilevanza, in quanto il

diritto all’abitazione è anche a esso funzionale, il sistema di protezione della maternità, dell’infanzia e della gioventù delineato dalla Costituzione, che richiede la predisposizione degli istituti necessari a questo scopo (art. 31, comma 2, Cost.).

Queste norme, peraltro, devono essere lette insieme all’art. 36 Cost. in base al quale la famiglia di cui la Repubblica agevola la formazione deve essere

95 Il primo comma dell’art. 30 Cost. dispone che «è dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio». Dai lavori dell’Assemblea costituente emerge come l’espressione “mantenere”, sostituita alla precedente formula “alimentare”, vuole fare riferimento a un obbligo più ampio e comprensivo possibile degli obblighi dei genitori verso i figli, riferendosi meramente al rapporto privato all’interno della famiglia. La posizione dello Stato viene invece in considerazione nei commi successivi dell’articolo 30 Cost., ma soprattutto, per quanto qui interessa, nell’art. 31. Così V.FALZONE,F.PALERMO,F.COSENTINO, La Costituzione della

Repubblica italiana illustrata con i lavori preparatori, su www.documenti.cameradeideputati.it, p.

69.

96 Viene in particolar modo in considerazione il primo comma dell’art. 31 Cost. in base al quale «la Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l’adempimento dei compiti relativi, con particolare riguardo alle famiglie numerose». Si tratta di un indirizzo di politica legislativa, volto a incoraggiare e aiutare economicamente i cittadini affinché si possano formare una famiglia e siano in condizione di adempiere ai compiti che ne derivano, in armonia con le altre norme che la Costituzione dedica a coloro che vivono del proprio lavoro. Così V. FALZONE, F.

45

posta nella possibilità di condurre un’esistenza libera e dignitosa, in primo luogo grazie alla retribuzione di chi, all’interno della famiglia, lavora.

Le norme costituzionali sulla famiglia arricchiscono la rilevanza costituzionale dell’interesse alla casa, in quanto questa rappresenta la sede naturale in cui la comunità familiare svolge la propria attività. In tale sede, la formazione sociale “famiglia” adempie ai suoi compiti affidategli dalla Costituzione in forma collettiva e individuale. Non si può negare, infatti, lo stretto collegamento sussistente tra l’educazione, l’istruzione e il mantenimento dei figli con la disponibilità di un’abitazione che assicuri un ambiente idoneo97

all’esercizio di questi diritti e l’adempimento dei relativi doveri, necessariamente influenzati dalle condizioni abitative98.

Per quanto riguarda, invece, l’aspetto relativo all’impegno dello Stato a sostenere la famiglia con misure economiche e altre provvidenze, si rileva come esso rientri nel più ampio progetto di costruzione, nell’Italia del secondo dopoguerra, del moderno stato sociale designato dal secondo comma dell’art. 3 Cost. La rimozione degli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della persona nell’ambito dei rapporti economici e sociali è compresa in questa promessa costituzionale, consistente nel volgere i pubblici poteri alla difesa e promozione della famiglia, intesa come un elemento essenziale dell’organizzazione sociale99. In particolare, l’intervento pubblico a sostegno

della famiglia, nell’intenzione dei costituenti, si traduce in un obbligo per lo Stato di attivarsi attraverso la predisposizione di un sistema di misure e agevolazioni di vario tipo100. Tra queste rientra naturalmente anche la creazione

97 Nell’ordinamento italiano, il requisito dell’abitabilità è disciplinato da varie disposizione che fissano i requisiti minimi che devono possedere i locali destinati a uso abitativo. La competenza a deliberare sui requisiti di abitabilità spetta ai comuni (tramite un provvedimento denominato “certificato di agibilità”), i quali sono chiamati a individuare la sussistenza delle condizioni di sicurezza, igiene, salubrità, risparmio energetico, e degli impianti, in base a una valutazione da effettuarsi sulla base del D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (Testo Unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia).

98 Così T.MARTINES, op. cit., p. 14.

99 In tal senso P. BARILE,Diritti dell’uomo e libertà fondamentali, Bologna, Il Mulino, 1984, p. 352, che sostiene come l’art. 31 Cost. enunci direttive fondamentali che tentano di prefigurare un sistema di assistenza nuovo e degno di uno stato di tipo democratico.

100 La costituzionalizzazione dell’impegno dello Stato nel sostegno della famiglia trovò peraltro un diffuso dissenso da parte di coloro che vedevano un simile intervento

46

delle condizioni perché la famiglia possa nascere e crescere all’interno di un ambiente idoneo a tale scopo: un’abitazione che soddisfi i requisiti minimi di vivibilità, nella quale i genitori possano assolvere ai propri compiti in modo pieno e completo101.

A conferma della funzionalizzazione dell’abitazione alle necessità di educazione, mantenimento e istruzione della prole, nell’ordinamento italiano si pongono, ad esempio, gli istituti civilistici che disciplinano l’assegnazione della casa familiare in caso di separazione dei coniugi102. Dopo le recenti riforme del

2006 e del 2013103 e in virtù della normativa comunitaria CEDU, l’assegnazione

statale, così come prefigurato, sproporzionato e addirittura pericoloso, in vista di un timore che quelle provvidenze si potessero tradurre in qualche forma di ingerenza paternalistica dei pubblici poteri nella formazione e organizzazione della famiglia, volta a una intollerabile politica di incentivazione demografica, specialmente nel favor espresso per le famiglie numerose. Su questo tema si veda l’intervento dell’On. Corsanego e le perplessità dell’On. Cevolotto, in Prima Sottocommissione, in particolare nella seduta del 6 novembre 1946. L’On. Corsanego, sintetizzando l’orientamento che infine prevalse, evidenziava significativamente che «l’articolo 2 […] illustra le provvidenze che dovrebbero essere stabilite dallo Stato allo scopo di garantire la prosperità e la saldezza economica della famiglia. Con esso i relatori hanno voluto affermare tre concetti che rispondono, a loro avviso, proprio alle aspettative del popolo italiano in questo momento. Una delle difficoltà della vita contemporanea è quella di poter costituire una famiglia. Bisogna affermare che lo Stato dovrà cercare di venire incontro a questa difficoltà con norme opportune, che saranno fissate dalla legge, ma è bene che in sede costituzionale se ne fissi per il legislatore l’obbligo. Un altro motivo di grande preoccupazione è costituito dagli oneri familiari che in questo momento sono eccessivamente gravosi. Si vuole che lo Stato venga incontro a questa preoccupazione in modo positivo ed in modo negativo: in modo positivo, con un sistema di salari e di stipendi adeguati alle necessità familiari; in modo negativo con sgravi economici e fiscali, con la facilitazione all’accesso alle scuole e con altre provvidenze del genere. Un terzo motivo di notevole preoccupazione è costituito poi dalle famiglie numerose di cui attualmente la legislazione non tiene conto. La ricchezza mobile che deve pagare il capo di famiglia con 12 figli è identica a quella che deve pagare lo scapolo o il capo famiglia con un solo figlio. Occorre invece orientare lo Stato verso una nuova giustizia sociale».

101 Alle speciali necessità dei bambini, «in particolare per quel che riguarda la nutrizione, il vestiario e l’alloggio», si riferisce peraltro la Convenzione sui diritti del fanciullo, cit., art. 27, comma 3.

102 Sul tema dell’assegnazione della casa familiare si vedano M. G.CUBEDDU, La

casa familiare, Milano, Giuffrè, 2005; G.FREZZA, Casa familiare, in P. ZATTI (a cura di),

Trattato di diritto di famiglia, vol. I, Milano, Giuffrè, 2011, pp. 1753 ss; più recentemente G.

CONTIERO,L’assegnazione della casa familiare, Milano, Giuffrè, 2014.

103 La Legge 8 febbraio 2006, n. 54 ha modificato, tra l’altro, l’art. 155 quater c.c.

(Assegnazione della casa familiare e prescrizioni in tema di residenza). Con la successiva

approvazione del Decreto legislativo 28 dicembre 2013, n. 154, la materia è ora regolata in senso analogo dall’art. 337 sexsies c.c. (Assegnazione della casa familiare e prescrizioni in tema di

residenza), in base al quale «il godimento della casa familiare è attribuito tenendo

47

della casa familiare prevede la compressione del diritto di proprietà in presenza di figli, siano essi nati dentro o fuori dal matrimonio. Principio fondamentale è che, se vi è una convivenza, vi è necessariamente una casa, e se un figlio abbia vissuto o viva nella casa, quella è da considerarsi “casa familiare”. Nessuna convivenza, infatti, può formarsi senza una casa, tenuto conto che senza di essa non esisterebbe una famiglia, neanche di fatto. La casa, quindi, deve essere assegnata al genitore affidatario della prole, tanto che solo in assenza di prole il giudice non provvede all’assegnazione della casa104.

La casa familiare è attribuita tenendo conto unicamente dell’interesse del minore e le previsioni dell’art. 337 sexsies c.c. corrispondono all’esigenza di conservare ai figli di coniugi separati l’habitat domestico, in modo tale da garantire il loro sviluppo psichico e fisico riducendo al minimo il trauma della

regolazione dei rapporti economici tra i genitori, considerato l’eventuale titolo di proprietà. Il diritto al godimento della casa familiare viene meno nel caso che l’assegnatario non abiti o cessi di abitare stabilmente nella casa familiare, conviva more uxorio o contragga nuovo matrimonio. Il provvedimento di assegnazione e quello di revoca sono trascrivibili e opponibili a terzi ai sensi dell’articolo 2643. In presenza di figli minori, ciascuno dei genitori è obbligato a comunicare all’altro, entro il termine perentorio di trenta giorni, l’avvenuto cambiamento di residenza o di domicilio. La mancata comunicazione obbliga al risarcimento del danno eventualmente verificatosi a carico del coniuge o dei figli per la difficoltà di reperire il soggetto».

104 A ben vedere vi sono alcune isolate pronunce di Corti che interpretano il previgente art. 155 quater c.c. in modo diverso. Si legge così in una Corte d’Appello del 25 Gennaio – 6 Marzo 2013 n. 25, che «il significato letterale dell’art. 155 quater c.c. consente tranquillamente di ritenere che il giudice, pur tenendo, innanzi tutto, conto dell’interesse del minore a restare nella casa coniugale non possa trascurare di prendere in considerazione anche altri interessi e in particolare quelli del coniuge non affidatario e da ciò desumere se via sia un interesse prevalente rispetto a quello del minore». Trattasi tuttavia di un caso particolare, in cui il coniuge estromesso era un invalido, tanto che «in tale situazione di invalidità (del coniuge non affidatario) appare estremamente ingiusto estrometterlo dalla casa coniugale» posto che ciò gli creerebbe indiscutibili problemi di gestione della sua vita quotidiana richiedendosi un ragionevole periodo di ambientamento in una nuova casa ma soprattutto gli impedirebbe per un lunghissimo periodo di recarsi al lavoro autonomamente posto che il cane accompagnatore ha ormai appreso e memorizzato i percorsi da compiere per consentire al padrone di portarsi al luogo di lavoro e, quindi, non sarebbe in grado di effettuare altri e non meglio prevedibili percorsi se non con un adeguato addestramento notoriamente di non breve durata. In sostanza, a fronte di un interesse del minore a restare nella sua casa coniugale, apprezzabile e degno di tutela, l’interesse di un invalido di non vedere totalmente stravolta la sua vita e di continuare soprattutto a prestare la propria attività lavorativa che gli consente di contribuire al mantenimento della minore, la Corte ritiene di dare prevalenza a quest’ultimo.

48

separazione e favorendo la continuità nell’opera di mantenimento, educazione e istruzione105.

Anche la Corte costituzionale conferma, nella sua lettura costituzionalmente orientata dell’istituto dell’assegnazione della casa familiare, che vi è un nesso imprescindibile tra l’adempimento dei doveri genitoriali e la disponibilità di un ambiente idoneo alla vita familiare. Infatti «l’assegnazione della casa coniugale è strettamente legata all’affidamento della prole […]. Detta assegnazione è strettamente funzionale all’interesse dei figli, e […] gli obblighi di mantenimento ed educazione della prole, derivanti dalla qualità di genitore, trovano fondamento nell’art. 30 Cost., che si richiama alla responsabilità genitoriale». La Corte, pertanto, ricomprende nel concetto di mantenimento, in via primaria, «il soddisfacimento delle esigenze materiali, connesse inscindibilmente alla prestazione dei mezzi necessari per garantire un corretto sviluppo psicologico e fisico del figlio, tra le quali assume profonda rilevanza quella relativa alla predisposizione e conservazione dell’ambiente domestico, considerato quale centro di affetti, interessi e consuetudini di vita», che contribuisce in modo rilevante alla formazione armonica della personalità della prole. Sotto tale profilo, conclude la Corte, l’obbligo di mantenimento si

105 In tal senso Cass. civ. 4 luglio 2011, n. 14553. Infatti lo stesso previgente art. 155

quater c.c. prevedeva espressamente che: «il diritto al godimento della casa familiare viene

meno nel caso che l’assegnatario non abiti o cessi di abitare stabilmente nella casa familiare». In queste ipotesi, venendo meno la funzione primaria dell’istituto dell’assegnazione (la conservazione dell’ambiente domestico a tutela della prole), cade il vincolo di destinazione funzionale e la casa, perdendo il requisito di “familiare”, può tornare nella disponibilità del proprietario (coniuge estromesso). Deve essere valutato, comunque, sempre e in ogni caso, l’interesse del minore. Così, ad esempio, la Corte di Cassazione, con sentenza 16 maggio 2013, n.11981, affronta la tematica dell’assegnazione della casa familiare al genitore affidatario, in stretta correlazione con l’interesse dei figli minori, e delle ipotesi in cui tale assegnazione può essere revocata dal giudice, non sussistendone più i presupposti di legge. Nel caso di specie la madre, genitore collocatario, successivamente alla separazione, si era trasferita di fatto presso la residenza dei genitori, portando con sé il figlio minore. La Corte, ritenendo provato lo stabile abbandono della casa da parte dell’assegnataria, su istanza dell’ex marito, aveva revocato l’assegnazione, ritenendo che la lunga permanenza della donna presso i propri genitori aveva fatto venir meno quella continuità ambientale che è decisiva ai fini del preminente interesse del minore alla permanenza nella casa familiare.

49

sostanzia nell’«assicurare ai figli la idoneità della dimora, intesa quale luogo di formazione e sviluppo della personalità psico-fisica degli stessi»106.

Nel documento Il diritto alla casa (pagine 46-51)

Outline

Documenti correlati