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Aspetti processuali. Con riferimento al sindacato del

IL DIRITTO DELLE PERSONE, DELLA FAMIGLIA E DELLE SUCCESSIONI

4. Aspetti processuali. Con riferimento al sindacato del

giudice ordinario sulla legittimità dell’atto amministrativo emesso dal questore, quale presupposto del decreto di espulsione, la Suprema Corte, con Sez. 6-1, n. 14610/2015, De Chiara, Rv. 635964, ha affermato che al giudice non è consentita alcuna valutazione sulla legittimità del provvedimento del questore che abbia rifiutato, revocato o annullato il permesso di soggiorno, ovvero abbia negato il rinnovo, poiché tale sindacato spetta unicamente al giudice amministrativo, la cui decisione non costituisce in alcun modo un antecedente logico della decisione sul decreto di espulsione. Ne consegue che la pendenza di tale ultimo giudizio non giustifica la sospensione del processo instaurato dinanzi al giudice ordinario con l’impugnazione del decreto di espulsione del prefetto, attesa la carenza di pregiudizialità giuridica necessaria tra i due procedimenti.

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Proprio con riferimento a questo aspetto, la Sez. 6-1, n. 24415/2015, De Chiara, in corso di massimazione, ha affermato che l’art. 19, comma 4, del d.lgs. 1 settembre 2011, n. 150 dispone che la semplice proposizione del ricorso del richiedente asilo avverso il provvedimento negativo della commissione per la protezione internazionale sospende l’efficacia esecutiva di tale provvedimento, con la conseguenza che il richiedente non è tenuto a lasciare il territorio nazionale, permanendo una situazione inespellibilità fino alla decisione della commisione territoriale. Nello stesso ambito, merita menzione la pronuncia, Sez. 6-1, n. 17408/2015, Ragonesi, Rv. 636696, secondo cui il giudice di pace, investito dell’impugnazione del decreto di espulsione emesso dal prefetto, può sindacare solo la legittimità del provvedimento e, se non conforme a legge, disporne l’annullamento, ma non anche sostituire od integrare la motivazione dell’atto, trattandosi di una attività preclusa alla giurisdizione ordinaria. Mentre, il controllo giurisdizionale avverso il provvedimento di espulsione, ai sensi dell’art. 13, comma 2, lett. c), del d.lgs. n. 286 del 1998, diventa più accurato laddove occorra riscontrare l’esistenza dei presupposti di appartenenza dello straniero ad una delle categorie di persone pericolose indicate dall’art. 1 della l. 27 dicembre 1956, n. 1423, e succ. modif. Tale riscontro va condotto, secondo Sez. 6-1, n. 24084/2015, De Chiara, in corso di massimazione, sulla base dei seguenti criteri: a) necessità di accertamento oggettivo e non meramente soggettivo degli elementi che giustificano sospetti e presunzioni; b) attualità della pericolosità; c) necessità di esaminare globalmente l’intera personalità del soggetto quale risulta da tutte le manifestazioni sociali della sua vita. La Corte precisa che nella verifica della concreta sussistenza dei presupposti della pericolosità sociale il giudice di pace ha poteri di accertamento pieni, anche se circoscritti all’ambito fattuale dedotto dalle parti, e non limitati da una insussistente discrezionalità dell’Amministrazione.

Con riferimento all’impugnazione dei provvedimenti in materia di protezione internazionale, la Sez. 6-1, n. 18704/2015, Bisogni, Rv. 636868, ha puntualizzato che, a seguito dell’abrogazione dell’art. 35, comma 14, del d.lgs. n. 25 del 2008, in materia di ricorso per cassazione, deve applicarsi il termine ordinario di cui all’art. 327 c.p.c. e non già il termine di trenta giorni di cui all’art. 702-quater c.p.c., relativo al rito sommario di cognizione, applicabile ai giudizi di merito in virtù dell’art. 19 del d.lgs. 1 settembre 2011, n. 150. Secondo la Corte, tale interpretazione scaturisce dalla necessità di attribuire priorità nella

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trattazione delle controversie in materia di protezione internazionale, non anche nel senso di rendere applicabili al giudizio di legittimità disposizioni abrogate o riguardanti i giudizi di merito, posto che ciò sarebbe in contrasto con il diritto delle parti al giusto processo e con la necessità di assicurare l’effettività del diritto di difesa. Con Sez. 6-1, n. 23171/2015, in corso di massimazione, è stata dichiarata l’invalidità del provvedimento di espulsione non sottoscritto dal prefetto, ovvero mancante dell’attestazione di conformità all’originale accertata da altro pubblico ufficiale. Tale provvedimento, se non inesistente, è illegittimo, ed insuscettibile di sanatoria.

CAP. IV – LA FAMIGLIA E LA TUTELA DEGLI INCAPACI

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CAPITOLO IV

LA FAMIGLIA E LA TUTELA DEGLI INCAPACI

(di Paolo Di Marzio)

SOMMARIO: 1. Il regime patrimoniale della famiglia. La comunione legale dei coniugi. – 2. La crisi del matrimonio e l’addebito. – 3. La separazione consensuale dei coniugi: contenuti necessari ed eventuali. – 4. Il collocamento dei figli minori. Il riparto degli oneri. – 5. L’assegno di mantenimento per il coniuge. – 6. I figli nati fuori dal matrimonio – 7. L’accertamento della paternità. Il falso riconoscimento della paternità, poi disconosciuto, e la riparazione del pregiudizio arrecato. – 8. La casa familiare. – 9. La rettificazione dell’attribuzione del sesso, presupposti e conseguenze. – 10. Sottrazione internazionale di minori ed effettività dell’affidamento della prole. – 11. Il mantenimento dei figli maggiorenni. – 12. Lo stato di abbandono e l’adottabilità. – 13. Matrimonio ed unioni omoaffettive. – 14. Il riconoscimento della sentenza ecclesiastica dichiarativa della nullità del matrimonio.

1. Il regime patrimoniale della famiglia. La comunione legale dei coniugi. La Suprema Corte ha avuto occasione di

precisare, in materia di esecuzione forzata, che, qualora uno dei coniugi in comunione legale abbia acquistato da solo un immobile, il coniuge rimasto estraneo all’aggiudicazione, sebbene litisconsorte necessario in tutte le controversie aventi ad oggetto diretto e immediato il diritto dominicale, non riveste tale qualità nell’opposizione agli atti esecutivi con cui si denuncia l’illegittimità del decreto di trasferimento, poiché l’acquisto della comproprietà del bene ope legis non attribuisce a tale soggetto la veste di parte del negozio acquisitivo, Sez. 3, n. 06091/2015, Rubino, Rv. 634775.

In tema di rapporti patrimoniali tra coniugi, il giudice di legittimità ha specificato che non sussiste vincolo di solidarietà per le obbligazioni assunte da uno di essi per soddisfare i bisogni familiari, pur in presenza di un regime di comunione legale, fatto salvo il principio di affidamento del creditore che abbia ragionevolmente confidato nell’apparente realtà giuridica, desumibile dallo stato di fatto, che il coniuge contraente agisse anche in nome e per conto dell’altro. Ne consegue che il credito vantato dalla collaboratrice domestica per le obbligazioni assunte dalla moglie, da cui promanavano le quotidiane direttive del servizio, rende coobbligato anche il marito, datore della provvista in danaro ordinariamente utilizzata per la corresponsione della retribuzione, sì da ingenerare l’affidamento di essere l’effettivo datore di lavoro, Sez. L, n. 10116/2015, Macioce, Rv. 635634.

L’art. 184, comma 2, c.c., il quale prevede, senza deroga alcuna, la prescrizione annuale dell’azione di annullamento degli atti

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di disposizione di beni immobili o mobili registrati compiuti da un coniuge senza il necessario consenso dell’altro, ha chiarito la Suprema Corte, costituisce una norma speciale rispetto alla regola generale di cui all’art. 1442 c.c., riguardante la prescrizione quinquennale dell’azione di annullamento del contratto e la corrispondente imprescrittibilità della relativa eccezione, con la conseguenza che il principio quae temporalia ad agendum perpetua ad excipiendum non è applicabile, neppure in via analogica, in materia di amministrazione dei beni della comunione legale tra coniugi, Sez. 2, n. 10653/2015, Magliucci, Rv. 635408.

Ancora in tema di beni in comunione legale tra i coniugi, il giudice di legittimità ha precisato che l’art. 168 c.c. disciplina la particolare condizione dei beni acquistati dal coniuge per essere destinati all’impresa da lui gestita e costituita dopo il matrimonio, i quali sono soggetti al regime della comunione legale de residuo, ossia ristretta ai soli beni sussistenti al momento dello scioglimento della comunione. In relazione a tali acquisti, pertanto, non opera il meccanismo previsto dall’art. 179, comma 2, c.c., rimanendo essi esclusi automaticamente, seppur temporaneamente, dal patrimonio coniugale, senza necessità di specifica indicazione o di partecipazione di entrambi i coniugi all’atto di acquisto, atteso che, mentre la prima norma prende in considerazione beni qualificati da un’oggettiva destinazione all’attività imprenditoriale del singolo coniuge, la seconda si occupa di beni soggettivamente qualificati dall’essere strumento di formazione ed espressione della personalità dell’individuo, Sez. 6-2, n. 19204/2015, Falaschi, Rv. 637086.