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La ripartizione delle spese condominiali. Il vincolo di

I BENI CAPITOLO VI

7. La ripartizione delle spese condominiali. Il vincolo di

destinazione innanzi evocato, quanto alla regolamentazione delle innovazioni, governa inoltre i criteri di ripartizione delle spese di manutenzione. Infatti, con riferimento alle spese necessarie per la conservazione e per il godimento delle parti comuni dell’edificio, per la prestazione dei servizi nell’interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza, l’art. 1123, comma 1, c.c. prevede che esse sono sostenute dai condomini in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno, salvo diversa convenzione.

In applicazione di tale principio, Sez. 2, n. 14697/2015, Picaroni, Rv. 635900, ha specificato che tutti i condomini devono partecipare alle deliberazioni che concernono l’ascensore (nella specie, si trattava di deliberazione volta alla sostituzione dell’impianto), trattandosi di bene di cui si presume, agli effetti dell’art. 1117, n. 3, c.c., la proprietà comune in assenza di una diversa previsione contrattuale idonea a superare tale presunzione. Pertanto, si è ritenuto che la clausola del regolamento condominiale, che esonerava integralmente alcuni partecipanti dall’onere di contribuire alle relative spese, non costituisse previsione idonea a vincere tale presunzione.

Ancora, sempre in tema di ripartizione delle spese condominiali, secondo Sez. 2, n. 06282/2015, Parziale, Rv. 634732, allorché sia assunta nei confronti di un terzo un’obbligazione nell’interesse comune con espressa ripartizione pattizia della spesa in base alle singole unità immobiliari e non alle rispettive quote millesimali, resta validamente derogato il principio dell’attuazione parziaria dei debiti dei condomini, di cui all’art. 1123 c.c., poiché, in ogni caso, la deduzione del carattere non solidale dell’obbligazione integra un’eccezione in senso proprio, sicché è inammissibile la sua proposizione per la prima volta in appello.

8. L’amministratore. All’amministratore compete l’esecuzione delle deliberazioni dell’assemblea nonché tutta l’attività di ordinaria amministrazione. La S.C. si è occupata specificamente dei temi relativi alla nomina e revoca dell’amministratore, all’individuazione dei suoi poteri ed attribuzioni nonché alla determinazione della sua rappresentanza.

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Così, Sez. 2, n. 00217/2015, Picaroni, Rv. 634066, ha affermato che la legittimazione dell’amministratore, derivante dall’art. 1130, comma 1, n. 4, c.c., a compiere gli atti conservativi dei diritti inerenti alle parti comuni dell’edificio gli consente di promuovere azione di responsabilità, ai sensi dell’art. 1669 c.c., nei confronti del costruttore a tutela dell’edificio nella sua unitarietà, ma non di proporre, in difetto di mandato rappresentativo dei singoli condomini, le azioni risarcitorie per i danni subiti nelle unità immobiliari di loro proprietà esclusiva.

Secondo Sez. 2, n. 00040/2015, Giusti, Rv. 633804, le azioni reali da esperirsi contro i singoli condomini o contro terzi e dirette ad ottenere statuizioni relative alla titolarità, al contenuto o alla tutela dei diritti reali dei condomini su cose o parti dell’edificio condominiale, che esulino dal novero degli atti meramente conservativi (al cui compimento l’amministratore è autonomamente legittimato ex art. 1130, n. 4, c.c.), possono essere esperite dall’amministratore solo previa autorizzazione dell’assemblea ex art. 1131, comma 1, c.c., adottata con la maggioranza qualificata di cui all’art. 1136 c.c.

9. L’assemblea. L’assemblea dei condomini è l’organo

deliberativo del condominio. L’art. 1135 c.c. ne regola le attribuzioni, oltre a quelle stabilite dalle disposizioni precedenti. In particolare, l’assemblea provvede all’approvazione del preventivo delle spese occorrenti durante l’anno e alla relativa ripartizione tra i condomini nonché all’approvazione del rendiconto annuale dell’amministratore e all’impiego del residuo attivo della gestione.

L’art. 1136 c.c. disciplina la costituzione dell’assemblea e la validità delle sue deliberazioni.

Per l’effetto, Sez. 2, n. 08824/2015, Scalisi, Rv. 635185, ha osservato che nelle assemblee condominiali deve essere convocato il condomino, cioè il vero proprietario, e non chi si comporta come tale senza esserlo, non potendo invocare il principio dell’apparenza il condominio che abbia trascurato di accertare la realtà sui pubblici registri.

In base all’arresto di Sez. 6-2, n. 16774/2015, Giusti, Rv. 636401, il verbale dell’assemblea condominiale offre una prova presuntiva dei fatti che afferma essersi in essa verificati, per modo che spetta al condomino che impugna la deliberazione assembleare, contestando la rispondenza a verità di quanto riferito nel relativo verbale, provare il suo assunto.

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Ancora, Sez. 2, n. 06552/2015, Petitti, Rv. 634746, ha evidenziato che il verbale dell’assemblea di condominio, ai fini della verifica dei quorum prescritti dall’art. 1136 c.c., deve contenere l’elenco dei condomini intervenuti di persona o per delega, indicando i nomi di quelli assenzienti o dissenzienti, con i rispettivi valori millesimali, rimanendo comunque valido ove, pur riportando l’indicazione nominativa dei soli partecipanti astenuti o che abbiano votato contro, consenta di stabilire per differenza coloro che hanno votato a favore, e senza che neppur infici l’adottata delibera la correzione del verbale, effettuata dopo la conclusione dell’assemblea, allo scopo di eliminare gli errori relativi al computo dei millesimi ed ai condomini effettivamente presenti all’adunanza.

Secondo Sez. 2, n. 19131/2015, Petitti, Rv. 636473, le maggioranze necessarie per approvare le delibere sono inderogabilmente quelle previste dalla legge in rapporto a tutti i partecipanti ed al valore dell’intero edificio, sia ai fini del quorum costitutivo sia di quello deliberativo, compresi i condomini in potenziale conflitto di interesse con il condominio, i quali possono (e non debbono) astenersi dall’esercitare il diritto di voto, ferma la possibilità per ciascun partecipante di ricorrere all’autorità giudiziaria in caso di mancato raggiungimento della maggioranza necessaria per impossibilità di funzionamento del collegio.

Sez. 2, n. 07459/2015, San Giorgio, Rv. 635191, ha sostenuto che, nell’ambito di un condominio, la trasformazione, in tutto o in parte, di un bene comune in bene esclusivo di una sola parte dei condomini, mediante esclusione di alcuni di essi dalla percezione dei frutti, può essere validamente deliberata soltanto all’unanimità, ossia mediante una decisione che abbia valore contrattuale, dovendosi, in difetto, dichiarare la nullità della deliberazione assunta a maggioranza. Nella specie, l’assemblea aveva deliberato, a maggioranza, che il canone relativo all’alloggio ex portineria, bene di proprietà comune pro indiviso di tutti i condomini, fosse accreditato al solo gruppo di condomini cui era originariamente destinato il servizio di portineria.

In base alla pronuncia di Sez. 2, n. 05657/2015, Falaschi, Rv. 634637, non rientra nei poteri dell’assemblea la deliberazione che determini a maggioranza l’ambito dei beni comuni e delle proprietà esclusive, potendo ciascun condomino interessato far valere la conseguente nullità senza essere tenuto all’osservanza del termine di decadenza di cui all’art. 1137 c.c.

Sez. 2, n. 00862/2015, San Giorgio, Rv. 634146, ha puntualizzato che la delibera condominiale di trasformazione

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dell’impianto centralizzato di riscaldamento in impianti unifamiliari, ai sensi dell’art. 26, comma 2, della l. 9 gennaio 1991, n. 10, in relazione all’art. 8, lett. g), assunta a maggioranza delle quote millesimali, è valida anche se non accompagnata dal progetto delle opere corredato dalla relazione tecnica di conformità di cui al successivo art. 28, comma 1, attenendo tale progetto alla fase di esecuzione della delibera. Le suddette norme, nell’ambito delle operazioni di trasformazione degli impianti di riscaldamento destinate al risparmio di energia, distinguono infatti una fase deliberativa “interna” (attinente ai rapporti tra i condomini, disciplinati in deroga al disposto dell’art. 1120 c.c.) da una fase esecutiva “esterna” (relativa ai successivi provvedimenti di competenza della pubblica amministrazione), e solo per quest’ultima impongono gli adempimenti in argomento.

Sez. 2, n. 06573/2015, Picaroni, Rv. 634794, ha ancora rilevato che la delibera assembleare che adibisce l’area cortilizia a parcheggio e assegna i singoli posti auto non determina la divisione del bene comune, limitandosi a renderne più ordinato e razionale l’uso paritario, sicché essa non richiede il consenso di tutti i condomini, né attribuisce agli assegnatari il possesso esclusivo della porzione loro assegnata.