I BENI CAPITOLO VI
7. Tutela ed effetti del possesso. Nell'individuare i limiti
del possesso giuridicamente rilevante, Sez. 2, n. 10482/2015, Picaroni, Rv. 635424, chiarisce che l'attività corrispondente all'esercizio della proprietà ovvero altro diritto reale può concernere anche un bene in fieri, quale un fabbricato in costruzione.
E, poiché si tratta di tutelare un potere di fatto, estrinsecantesi in un'attività concreta sul bene attratto nell'ambito del potere di uno solo dei contendenti, Sez. 2, n. 03026/2015, Manna, Rv. 634780, evidenzia che, allorché la controversia sul possesso riguardi zone prediali non recintate - per ciò stesso soggette al potere promiscuo dei confinanti - l'esercizio del possesso sul piano quantitativo non può desumersi, in via astratta, dalle mappe catastali identificative delle proprietà limitrofe, occorrendo, piuttosto, dati circostanziati di carattere storico che dimostrino l'esclusività del potere esercitato da ciascuno dei contendenti sulla zona interessata.
Il medesimo principio è alla base di Sez. 2, n. 01584/2015, Falachi, Rv. 634374, che, in tema di pluralità di attività possessorie esercitate, con diverso contenuto, da parte di soggetti diversi sul medesimo bene, osserva come sia ben possibile la coesistenza simultanea di poteri di fatto corrispondenti all'esercizio di diritti reali differenti, occorrendo tuttavia, in tal caso, la prova del tipo di potere esercitato dal singolo: così, ad esempio, si è ritenuto che l'esistenza di un possesso conforme all'esercizio di una servitù di passaggio non esclude l'esercizio, sul medesimo bene e da parte di altri, di un possesso corrispondente alla proprietà, ancorché gravata dalla detta servitù.
In tema di possesso utile ai fini dell'usucapione, va menzionata Sez. 2, n. 19501/2015, Manna, Rv. 636567, la quale, delineando i confini applicativi dell'art. 1143 c.c., chiarisce che la presunzione ivi contemplata, fondata sulla considerazione per cui, normalmente, l'acquisto della proprietà o di un diritto reale in base ad un titolo comporta anche l'acquisto del possesso, non trova applicazione in relazione all'usucapione ventennale, giacché, ove il
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possessore fosse munito di titolo concretamente idoneo, lo stesso non avrebbe alcuna necessità d'invocare l'usucapione per provare la proprietà ovvero altro diritto reale.
Analoga delimitazione applicativa viene condotta da Sez. 2, n. 18255/2015, Falaschi, Rv. 636874, in relazione all'art. 1164 c.c., precisando la Corte che, poiché la richiamata disposizione disciplina l'ipotesi in cui taluno abbia inizialmente esercitato un possesso corrispondente ad un diritto reale su cosa altrui, essa non può trovare applicazione nel caso in cui l'originario possesso si sia estrinsecato in attività corrispondenti al diritto di proprietà o di comproprietà.
Ulteriore limite alla possessio ad usucapionem è rappresentato dall’altrui tolleranza, esaminata da Sez. 2, n. 11277/2015, Abete, Rv. 635430, per cui la lunga durata dell'attività corrispondente all'esercizio della proprietà o di altro diritto reale esclude la tolleranza - e, dunque, integra un elemento presuntivo del possesso - a condizione, tuttavia, che non si tratti di rapporti di parentela, ma di di mera amicizia o buon vicinato, che, proprio per la loro mutevolezza e labilità, ostano al mantenimento della tolleranza per un lungo arco di tempo.
Non è in grado di interrompere il possesso utile ai fini dell'ucuapione la proposizione innanzi al giudice amministrativo di un ricorso contro la concessione edilizia rilasciata al possessore per l'opera da cui deriva l'occupazione dell'immobile in quanto - osserva Sez. 2, n. 20815/2015, D'Ascola, Rv. 636665 - l'eventuale annullamento dell'atto amministrativo in ogni caso non implica il recupero del possesso del bene oggetto dell'intervento edilizio in capo al ricorrente.
La medesima considerazione - e, cioè, l'inidoneità dell'atto a determinare la sottrazione del bene all'attuale possessore - è alla base della decisione assunta da Sez. 2, 17605/2015, Bursese, Rv. 636403, che ha escluso la possibilità di individuare un atto interruttivo del possesso del fallito sui beni facenti parte della massa nella redazione dell'inventario da parte del curatore fallimentare.
7.1. Profili processuali relativi all'esercizio delle azioni possessorie e quasi-possessorie. Va segnalata Sez. U, n.
15155/2015, Ragonesi, Rv. 636070, che, in tema di regolamento preventivo di giurisdizione proposto nel corso del procedimento possessorio, ne afferma l'ammissibilità, ancorché nella fase sommaria o in sede di reclamo sia stata risolta, in senso affermativo o negativo, una questione attinente alla giurisdizione, considerato
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che, da un lato, la fase interdittale è destinata a chiudersi con un provvedimento che mantiene il proprio carattere di provvisorietà e, dall'altro, è possibile richiedere la prosecuzione del giudizio, ai sensi dell'art 703, comma 4, c.p.c., per la rivalutazione della medesima questione. Sennonché, proprio tale ultima osservazione porta la Corte a concludere nel senso per cui, in difetto di istanza di parte per la fissazione del giudizio di merito, il ricorso ex art. 41 c.p.c. diviene invece improponibile, postulando l'interesse a promuovere l'accertamento sulla giurisdizione necessariamente la pendenza di un processo.
L'integrità del contraddittorio è oggetto di Sez. U, n. 01238/2015, Frasca, Rv. 634086, per cui, qualora la reintegrazione o la manutenzione del possesso richieda, per il ripristino dello stato dei luoghi, la demolizione di un'opera in proprietà o possesso di più persone, il comproprietario o compossessore non autore dello spoglio è litisconsorte necessario, in quanto destinatario anch'egli del provvedimento di carattere ripristinatorio dello stato dei luoghi, sia quando egli, nella disponibilità materiale o solo in iure del bene, abbia manifestato adesione alla condotta già tenuta dall'autore dello spoglio o abbia rifiutato di adoperarsi per l'eliminazione degli effetti dell'illecito, ovvero, al contrario, abbia dichiarato la disponibilità all'attività di ripristino, sia allorché colui che agisca a tutela del suo possesso ignori la situazione di compossesso o di comproprietà.
Diversa da quella del compossessore è, invece, la posizione di chi ha semplicemente collaborato con l'autore morale dello spoglio, il quale, per Sez. 2, n. 08811/2015, Abete, Rv. 635184, è passivamente legittimato rispetto all'azione di reintegrazione soltanto se ha stabilito con la cosa un rapporto materiale che ne comporti il potere di disposizione, in difetto del quale non avrebbe nulla da restituire al ricorrente.
Sez. 3, n. 07365/2015, Barreca, Rv. 635196, chiarisce che, nel caso di successione a titolo particolare nel possesso avvenuta dopo la proposizione di una delle azioni ex artt. 1168 e 1170 c.c., la sentenza pronunziata contro il dante causa ha effetto ex art. 111, comma 4, c.p.c. anche nei confronti dell'avente causa, senza che operi la clausola di salvezza degli effetti della trascrizione ivi prevista, non essendo la domanda di reintegrazione o di manutenzione soggetta a trascrizione ex art. 2653, n. 1, c.c.
Sez. 6-2, n. 19114/2015, D'Ascola, Rv. 636727, riconosce legittimazione attiva all'azione di spoglio in favore del conduttore di un immobile nei confronti del locatore, precisando che il ricorrente deve provare l'estensione della cosa locata, se oggetto di
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contestazione, poiché la detenzione qualificata dipende dal rapporto obbligatorio che ne concreta e delimita il fondamento.
Sez. 1, n. 17971/2015, Acierno, Rv. 637179, riconosce in capo al genitore collocatario dei figli minori nati da una relazione di convivenza more uxorio la qualità di detentore qualificato rispetto all'immobile adibito a casa familiare, anche ove non ne sia il proprietario o conduttore in virtù di rapporto di locazione o comunque autonomo titolare di una situazione giuridica qualificata rispetto all'imobile medesimo, attesa la pregressa affectio familiaris che costituisce il nucleo costituzionalmente protetto (ex art. 2 Cost.) della relazione di convivenza.
In materia di sospensione necessaria del processo ex art. 295 c.p.c., vanno menzionati diversi interventi della Corte, la quale ha anzitutto escluso qualsiasi nesso nesso di pregiudizialità-dipendenza tra causa petitoria e causa possessoria, poiché - osserva Sez. 6-2, n. 14979/2015, Manna, Rv. 636086 - l'una è volta alla tutela della proprietà o di altro diritto reale, mentre l'altra soltanto al ripristino dello stato di fatto mediante un'azione che culmina in un provvedimento suscettibile di giudicato sostanziale indipendentemente dall'esistenza o meno del diritto al quale il possesso corrisponde e il cui eventuale contrasto col giudicato petitorio va risolto attraverso le opportune restitutiones in integrum.
Analogamente, Sez. 6-2, n. 05804/2015, Giusti, Rv. 634899, non ha ravvisato pregiudizialità tra il giudizio penale per il reato di invasione di terreni o edifici a carico di chi abbia occupato un immobile e quello civile promosso con azione di reintegrazione nel possesso dell'immobile medesimo, ancorché i due giudizi vertano sui medesimi fatti, non essendo l'effetto giuridico dedotto nel giudizio civile volto all'immediato rilascio del bene normativamente collegato alla commissione del reato oggetto di imputazione in quello penale.
Non diversamente si è pronunciata la Corte a proposito del rapporto tra la causa possessoria promossa da colui che, in qualità di erede legittimo, sia subentrato nel possesso dell'intero compendio, nei confronti dell'unico erede testamentario, che rifiuti di restituire i beni ereditari, e la causa, pendente tra le stesse parti, volta a fare valere la falsità del predetto titolo testamentario, avendo Sez. 6-2, n. 05808/2015, Giusti, Rv. 634737, escluso un rapporto di pregiudizialità tra le dette azioni, essendo l'oggetto della tutela possessoria rappresentato dall'esercizio, di fatto, di un diritto e non dalla titolarità di esso.
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Sotto altro profilo, esclude confusione fra giudizio possessorio e petitorio, nell'ipotesi in cui il convenuto con azione possessoria per violazione dei limiti imposti dalle norme in materia di distanze voglia dimostrare l'insussistenza dell'altrui diritto, onde negare lo stato di possesso vantato dall'attore, Sez. 2, n. 06792/2015, Picaroni, Rv. 634762, evidenziando come detto accertamento rilevi unicamente per stabilire se esista un possesso tutelabile.
Quanto alla struttura del procedimento delle azioni di nunciazione (o quasi-possessorie), esclude la ricorribilità per cassazione dell'ordinanza emessa in sede di reclamo ex art. 669 terdecies c.p.c. Sez. 6-2, n. 04904/2015, Falaschi, Rv. 634728, trattandosi di provvedimento inidoneo ad acquisire efficacia di giudicato, sia dal punto di vista formale, che sostanziale, condividendo con l'ordinanza reclamata i caratteri di provvisorietà e non decisorietà. Ciò sulla base della considerazione, fatta propria anche da Sez. 2, n. 07260/2015, Manna, Rv. 634830, per cui il procedimento delinato dal combinato disposto degli artt. 1171 e 1172 c.c. e 669 bis ss. c.p.c. si svolge in duplice fase, la prima delle quali di natura cautelare e la seconda - destinata ad assorbire la prima - di merito a cognizione piena, la quale si svolge a seguito di un atto propulsivo ad istanza di parte, la cui mancanza, conseguente all'erronea fissazione giudiziale di un'udienza posteriore all'ordinanza cautelare, determina la nullità assoluta del processo per violazione del principio della domanda, rilevabile d'ufficio dal giudice e non sanata dall'instaurarsi del contraddittorio tra le parti.
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CAPITOLO VII
COMUNIONE E CONDOMINIO
(di Cesare Trapuzzano)
SOMMARIO: 1. Premessa. – 2. Il godimento della cosa comune. – 3. I profili processuali. – 4. Il condominio quale ente di gestione. – 5. Le parti comuni nel condominio di edifici. – 6. Le innovazioni. – 7. La ripartizione delle spese condominiali. – 8. L’amministratore. – 9. L’assemblea. – 10. L’impugnazione delle deliberazioni assembleari. – 11. Il regolamento di condominio.
1. Premessa. La materia della comunione e del condominio negli edifici, oggetto di numerose pronunce della S.C. anche nel 2015, rivela all’attualità particolare interesse alla luce dell’entrata in vigore, a decorrere dal 18 giugno dell’anno 2013, della l. 11 dicembre 2012, n. 220, la quale ha introdotto Modifiche alla disciplina del condominio negli edifici, intervenendo, in particolare, sugli artt. 1117, 1118, 1119, 1120, 1122, 1124, 1129, 1130, 1131, 1134, 1136, 1137, 1138 e 2659 c.c., nonché sugli artt. 63, 64, 66, 67, 68, 69 e 70 disp. att. c.c., sull’art. 2, comma 1, della l. 9 gennaio 1989, n. 13, sull’art. 26, comma 2, della l. 9 gennaio 1991, n. 10, sull’art. 2 bis, comma 13, del d.l. 23 gennaio 2001, n. 5 (convertito in l. 20 marzo 2001, n. 66) e sull’art. 23, comma 1, c.p.c.; risultano, inoltre, inseriti gli artt. 1117 bis, 1117 ter, 1117 quater, 1122 bis, 1122 ter, 1130 bis c.c., gli artt. 71 bis, 71 ter, 71 quater e 165 bis disp. att. c.c., e l’art. 30 della l. n. 220 del 2012, il quale rimane a sé stante.
Fermo il regime transitorio, dettato dall’art. 32 della l. n. 220 del 2012, potrà essere utile confrontare gli approdi giurisprudenziali degli ultimi mesi con le prospettive interpretative determinate dalla vigenza della disciplina novellata.