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Aspetti sintattici

Nel documento La lingua della prosa sacra del Seicento (pagine 191-200)

I capitoli centrali del lavoro hanno visto come protagonista alcuni aspetti della sintassi. In primo luogo, l’analisi topologica ha offerto risulati notevoli che si discostano dai tratti della lingua letteraria secentesca e si avvicinano, !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

188 Cfr. Migliorini 1988, pp. 436-37. 189 Tesauro 1670, p. 251.

invece, a quelli di stampo cinquecentesco. Gli elementi che caratterizzano l’ordine delle parole della prosa sacra (inversioni dei sintagmi verbali, funzioni tematiche e interposizioni frastiche) sono costrutti che omaggiano una prosa classicheggiante ed estraniante: a titolo di esempio si prenda l’inversione tra (1) ausiliare + participio e (2) modale + infinito. I punti percentuali di altri studi linguistici sulla prosa di Galilei, Bartoli e dei romanzi del primo Seicento, riportano numeri che si aggirano (1) dallo 0 all’1,1% e

(2) dal 1,9 al 12,8%190. Dati totalmente in disaccordo con ciò che invece si è rilevato nei nostri corpora, che invece registrano per Marino, Aresi e Segneri

(1) dal 5,1% al 44% e dal 10,9 al 19%. Soprattutto Aresi adotta per buona

parte dei Ps. l’ordine marcato. Lo stesso vale per il corpus α e β che individuano (1) dal 12,6 al 21,1% e (2) dal 23 al 98,9%. Ora, il numero di per sé è significativo, ma lo è ancor di più se si considera di quali autori si tratta. A sorprendere sono i romanzieri Giovanni Ambrogio Marini e ancor di più Ferrante Pallavicino: i dati degli ordini marcati portati alla luce da Vincenzo D’Angelo sul Calloandro fedele e sul Principe ermafrodito (perciò romanzi d’avventura e politici) vanno dal 3,3 al 7,1% per il primo e dallo 0 al 2,4% per il secondo. I romanzi a sfondo sacro da me esaminati, invece, oltre a cambiare radicalmente stili sintattici, toccano picchi elevati di inversioni191.

I numeri evidenziano la presenza di un profondo solco che separa il romanzo di tipo avventuroso da quello religioso/morale: è un fatto stilisticamente rilevante, perché sembra evidente che a determinare gli istituti topologici è l’appartenenza o no all’oratoria sacra che, nel frattempo, si era elevata a genere letterario.

Bisogna evidenziare però un altro dato. Accostando le nostre percentuali alle prose cinquecentesche già analizzate da Sergio Bozzola, si nota una notevole vicinanza ai fenomeni visibili esclusivamente in Bembo. La fortunata linea castiglionesco-tassiana designata dallo studio linguistico di Bozzola sembra invece non avere forte impatto sui nostri testi che preferiscono adottare un ordo verborum arcaizzante e complessa.

Identica è la situazione nell’àmbito della macrosintassi: i ritardi della principale, l’accumulazione frastica a sinistra e il disorientamento provocato dagli altri movimenti sintattici creano un effetto di sospensione che, collegata alle inversioni, destabilizza il ritmo narrativo dell’orazione. Anche quando il !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

190 Cfr. D’Angelo 2015, p. 326.

191 La situazione che emerge dal quadro sette e ottocentesco conferma un graduale abbandono

dell’inversione. Una maggiore vitalità del costrutto mod-inf è riscontrabile nella prosa letteraria di Alessandro Verri (cfr. Bellomo 2012, p. 163). Per le considerazioni ottocentesche cfr. Patota 1987, pp. 147-148; Mauroni 2006, pp. 81-88; Piotti 1991, p. 193

periodo comincia con la principale, nella maggior parte dei casi, viene spezzata da una serie di coordinate che aumentano l’ipertrofia della frase. I periodi coinvolti nell’esame linguistico hanno consegnato più o meno gli stessi risultati con le maggiori dilatazioni sintattiche rintracciate nella prosa di Marino.

In seguito, l’attenzione si è spostata sull’apertura in subordinata distinguendo opportunamente le frasi semplici dall’accumulazioni frastica: la linea di demarcazione, è utile ripeterlo, si è tracciata sul numero superiore o inferiore alle tre frasi semplici. Tratti comuni hanno interessato gerundiali e participiali e, in particolar modo, questo ha reso possibile la vicinanza alla sintassi di stampo boccacciano-bembiana. L’indagine ha trovato conforto nei dati successivi, quando a essere messa in rilievo è stata la media di proposizioni per periodo che ha giustificato i paragrafi precedenti segnando un dato medio di 6,4 proposizioni per periodo; un numero significativo, perché si pone in linea con quello già espresso per Bembo, il cui risultato medio oscillava tra le sei e le sette proposizioni. Accorgendosi di altri stilemi tipici dei testi d’argomento sacro si è poi cercato di stabilire quale peso effettivo abbiano avuto Bembo e Boccaccio nei connettivi e nell’organizzazione testuale. Ciò che è emerso è una perfetta bilancia equilibrata da tendenze della tradizione (relative e subordinate giustapposte, accusativo con infinito, gerundi assoluti) e da fenomeni di modernità (nessi sindetici, sintassi nominale ed ellissi).

Ho poi voluto aggiungere un capitolo quasi di appendice alla sintassi, sul quale si è affrontata la stretta correlazione tra retorica e sintassi. E anche in questo caso l’analisi ha confermato altre teorie ipotizzate in corso d’opera: la prima riguardante l’uso della retorica nella sintassi dei testi oratori e la conseguente dilatazione delle frasi per via delle varie figure del discorso; la seconda riguardo al forte impatto culturale degli ordini religiosi sulla vita degli intellettuali dell’epoca.

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A

BBREVIAZIONI DEI CORPORA

DS = Giovan Battista Marino, Dicerie sacre, 1614, Torino, Pizzamiglio. Ps. Ar. = Paolo Aresi, Panegirici fatti in diverse occasioni, Milano, Mognaga,

1644.

Impr. = Paolo Aresi, Imprese sacre, 1615-1634, 6 voll.

Arte = Paolo Aresi, Arte di predicar bene, Venezia, Ciotti, 1611. Q. Segn. = Paolo Segneri, Quaresimale, Firenze, Sabatini, 1679. Ps. Segn. = Paolo Segneri, Panegirici sacri, Bologna, Monti, 1664. Corpus α

OsMas = Agostino Mascardi, Orazioni, Genova, Giuseppe Pavoni, 1622, PR (I, II, III) = Emanuele Tesauro, Panegirici e ragionamenti, Torino,

Bartolomeo Zavatta, 1660; Id., Scritti, a cura di M. L. Doglio, Alessandria, Edizioni dell’Orso, 2004.

SerSpl = Mauro Bignoni, Serafici splendori, Venezia, Giunti, 1654. P. Giugl. = Luigi Giuglaris, Panegirici, Venezia, Turrini, 1654.

OsLeng = Giovanni Agostino della Lengueglia, Orazioni sacre, Venezia,

Nizzolò Pezzana, 1669.

ASM = Giovanni Agostino della Lengueglia, Avvento e sacre meteore,

Venezia, Paolo Baglioni, 1671.

P. Carr. = Placido Carrafa, Prediche, Napoli, Fasulo, 1671.

CD (I, II) = Giacomo Lubrano, Il Cielo domenicano, Napoli, Raillard, 1691-

1693.

Corpus β

S = Ferrante Pallavicino, La Susanna, Venezia, Cester, 1636

CNC = Giovanni Ambrogio Marini, Il caso non a caso, Genova, Calenzani,

1650.

SS = Giovanni Ambrogio Marini, La settimana santa, Genova, Benedetto

Guasco, 1657.

A queste si aggiungono altri testi non provenienti dai corpora, ma utili per il confronto sistematico:

DP = Tommaso Carafa, Poetiche dicerie, overo vaghissime descrittioni e discorsi accademici, in Viterbo, per il Diotallevi, 1682 [ma I ed. 1627]. Ep. Segn. = Paolo Segneri, Lettere inedite di Paolo Segneri al granduca Cosimo terzo tratte dagli autografi, a cura di Silvio Giannini, Firenze,

LeMonnier, 1957.

G. = Ferrante Pallavicino, Il Giuseppe (1637), a cura di Luca Piantoni, Lecce,

Argo, 2014.

Q. Giugl. = Luigi Giuglaris, Quaresimale, in Venetia, Appresso Bartolomeo

Tramontino.

Sf = Giambattista Marino, Il Tempio. La Sferza, a cura di Gian Piero

Maragoni, Roma, Vignola edizioni, 1995.

TE = Luigi Giuglaris, Teatro dell’eloquenza, in Milano appresso Lodovico

Monza, 1672. !

B

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Nel documento La lingua della prosa sacra del Seicento (pagine 191-200)