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Formazione delle parole

Nel documento La lingua della prosa sacra del Seicento (pagine 180-186)

Un interessante aspetto morfo-lessicale riguarda il continuo uso di forme alterate e forme derivative; nella lingua italiana, fin dai primi secoli, l’importanza data a questo tipo di formazione è assai rilevante e, nel nostro caso, determinante per decidere quanto delle voci spogliate sia legato a fenomeni del parlato. In queste pagine si terrà conto solo dei suffissi e prefissi che si ritengono più importanti perché carichi di significato o perché rappresentano un neologismo.

-! Anti- : antiporre («antiponendo al titolo Reale il nome di fedele ambasciadore» OsMas 42; «Fece gran senno, io no’l niego, la Principessa Bibiana ad antiporvi nel matrimonio a personaggio»

OsMas 59); antivedere («antiveggendo Dio nelle sue eterne et

immutabili Idee» OsMas 62;

-! inter- : intercludere («cadendo dalli ventricoli del cerebro interclude le vie» SerSpl 196);

-! anza : comunicanza («tal amicizia di voleri, e tal communicanza di doni» P. Carr. 238); doglianza («non dovrebbevi esser materia di doglianza» P. Carr. 220); lamentanza («» ripugnanza («E il mio timore nasce dalla sperienza del credersi sempre e con minor ripugnanza a chi si porta affezione maggiore» P. Carr. 27); tardanza («ma la tardanza sta dalla parte del peccatore» SerSpl 301);

-! -izzare : *divinizzare («lo sopraumana, chiamandolo Angelo; divinizza, addimandandolo maggior degli uomini» ASM 197;

-! -eggiare : albeggiare («annottano, e poscia albeggiano» P. Carr. 23);

biondeggiare («sì che senza suo volere né spira un fiato per l’aria, né

biondeggia una spiga per le campagne?» Q. Seg. 593); campeggiare («dare tante pennellate che facci campeggiare la virtù della pazienza»

SerSpl 262); carreggiare («Condannati a fabriche eterne, chi di loro

era disperso a raccoglier paglie, chi a troncar selve, chi a carreggiare sabbione» Q. Segn. 466); contrappunteggiare («dove egli con questa sampogna, da sette calami dolorosamente contrapunteggiando, per fare il suo canto più alto vi sparge quanta voce ha nel petto» DS 230);

corseggiare («Mentre va così corseggiando questo mare» SerSpl 17); pargoleggiare («nasce però tale che non si sa se sia più picciolo dove

pargoleggia fanciullo, o grande dove tiranneggia gigante» DS 331);

pennelleggiare («Puossi egli più dire delle prerogative e dignità di

questa divina sembianza, pennelleggiata da quell’eterno maestro?»

DS 96); questioneggiare («Così se a questioneggiare poi venisse il

Teologo» Q. Orchi 70); salmeggiare («egli ad alta voce salmeggiando le sue miserie sollenneggiò» OsLeng 80; «dove era solito di salmeggiarsi, laidi, neri, difformi, senza che ripugnassero a informare il santo Abbate de’ nomi» P. Carr. 176; «Tutta la notte passar soleva, o leggendo, o salmeggiando, o scrivendo» Ps. Segn. 211); *saporeggiare («bisognava respirare, allargando la cintola, e prepararsi a saporeggiare agiatamente le delicate vivante» Q. Orchi 45); solenneggiare («egli ad alta voce salmeggiando le sue miserie sollenneggiò» OsLeng 80); spalleggiare («Se i letti erano disonorati, fremea l’onore contro gli adulteri; ma non spalleggiato da leggi, invendicato scoppiava» P. Carr. 459); tasteggiare («Ma sicome al tasteggiar d’un liuto» DS 279); tesoreggiare («Tesoreggiare bianchezza, accumulando sempre nuovi candori?» ASM 11;);

villaneggiare («E come dunque volete or voi ch’io m’induca a

villaneggiare sì buon padrone?» Q. Segn. 515);

-! -oio / -orio : giacitoio («Eccola nel suo poverissimi giacitoio, così dalle infermità consumata» OsLeng 21); soddisfattorio («che chiedessesi ad essere soddisfattorio» P. Carr. 386);

-! -aio / -aro : attuario («il santissimo confessore ti essorta a mettere in carta i tuoi falli, e farti attuario del tuo processo» OsLeng 30);

bambaia («sì che le paglie diventarono fiori e le tavole si fecero di

bambaia» OsLeng 335); marinaro («senza mai tuffarsi nelle Onde guida per l’onde i Marinari» PR I 5; «Piano, ripigliò il marinaro senza perdersi» Q. Giugl. 118); mercenaio («in sostenere sopra i palchi infamissimi personaggi; in ritenere ad un povero mercennaio per anni e anni le dovute mercedi» Q. Segn. 44; «Sia di biasimo rispetto ad altri interessi il titolo di Mercennaio» P. Carr. 243); solaro («In somma fu creduto da’ superstiziosi Gentili, come dice Plinio nel sopracitato luogo, che appesa al solaro, massimamente, aggiungono altri» Impr. V 347).

-! -ame : gentame («onde rivolte le spalle al bestiale gentame chiamò i pesci all’udienza» OsLeng 38);

-! -aggine : dappocaggine («Vi ritirate voi dagli onori per umiltà? Dovete tollerar, ch’altri pensi, che ve ne ritirate per dappocaggine» Q.

Segn. 133); fanciullaggine («E che canuta fanciullaggine di vecchio

rimbambito fu questa?» OsLeng 358); insensataggine («E che altro è ciò, se non che l’esser caduto in quella sì deplorabile insensataggine»

Q. Segn. 431); sfrenataggine («torniam subito agli amori, alle

sfrenataggini, alle rivalità» Q. Segn. 298); smemoraggine («contuttociò Iddio s’appagò di fare attribuire a smemoraggine effetto pur di poco sapere» P. Carr. 672); trascuraggine («qual trascuraggine più luttuosa di questa si può mai fingere» Q. Segn. 119; «il quale con gran terrore conchiude quanto brutto parerà per questa trascuraggine»

P. Carr. 447);

-! -edine : pinguedine («come dunque potete voi dire, che Sua Divina Maestà abbi fatto smagrire e deporre la pinguedine e carnosità dell’animo di quel tale?» SerSpl 441); putredine («disse che Antonio medesimo ancor vivente, cone le continue divine lodi imbalsamandola, alla putredine la sottrasse» OsLeng 25; «Mezenzio inventà di ligare i vivi a’ cadaveri de’ Defonti, e dileguarli in putredine» Q. Segn. 238);

-! -mento : aborrimento («la quale muove il libero arbitrio alla detestazione, e abborrimento del peccato» SerSpl 301); mescolamento («le forme separate della materia non sono capaci di mescolamento di contraria forma» Ps. Ar. 238); picchiamento («que’ picchiamenti di petto» OsMas 54).

-! -etto : angioletto («So che descrive Filostrato alcuni Angioletti innocenti che scherzano con la mela» PR I 391); animaletto («Ma che pretendevano questi alati ingegnosi animaletti?» Ps. Ar. 306);

annelletto («Fu antico stile reale et imperiale tenere ad uso di suggello

un annelletto» DS 100); cannocchialetto («Quanto al primo inganno io vorrei sapere onde avvenga che quel granello di miglio […] ad ogni maniera veduto dentro al canocchialetto o vasetto di cristallo

comparisce così grande» SerSpl 287); canzonetta («Non è così dolce all’orecchie altrui una canzonetta ben cantata» DS 230); elmetto («L’elemetto o la celata» DS 336); fanciulletto («O clementissimi essordi d’un Real fanciulletto» PR I 90); garzonetto («Ma che vo io essempi ricordando d’uomini profani, se nelle sacre istorie abbiamo il garzonetto» DS 234); giovanetto («come ti risolverai o giovanetto santo?» Ps. Ar. 17); ghignetto («Né occorre che i grandi, la tristezza ascondano sotto qualche ghignetto» P. Carr. 283); loghetto («finalmente dall’Aio fu ritrovato in un rimoto loghetto a compartir certa mela» PR I 388); mazzetto («procurate qual mazzetto di fiori»

Ps. Ar. 122); orgogliosetto («Corse a quella voce tutta la gente e videsi

orgogliosetto venire il piccolo legno» Ps. Segn. 12); pargoletto («trahendo le sue catene per voto quelle pallide Turbe, quasi devoti trofei alla Celemenza d’un pargoletto liberatore» PR I 91); poveretto («torna alla scuola, poveretto idiota, meschiati tra’ fanciulli per balbettare su l’alfabeto dell’Evangelo» P. Carr. 30); uccelletto («Si che io, veduto un uccelletto in gabbia, mi appresento» P. Carr. 132);

veletta («Sul fine del terzo giorno, quando gli altri già non havevano

più speranza di riveder mai lo schifo, da loro creduto o lacero per le scosse, o assorto fra’ gorghi, un garzoncello alzò improvviso la voce della veletta» Ps. Segn. 12);

-! -iere / -iero : carrozziere («Di mio figlio ch’eri, mi sei divenuto Padre, Padre per dignità, Padre per amore; tu mi fusti già carozza e carozziere; portavi come carozza la debolezza mia; guidavi come carozziere l’ignoranza mia» Ps. Ar. 46); paciere («onde affermò Salomone, che il Sacerdote portava indosso quasi mezzano e paciere il mondo tutto» PR I 145);

-! -ismo : bacchettonismo («Voi allevate bene spesso i figliuoli con poco timor divino, non è così? Con libertà, con licenza, per timore che al fin non si scorga in essi più di bacchettonismo, per usare i termini vostri» Q. Segn. 457);

-! -ello : coserella («l’altra di finir con dilicatezza ogni coserella a punta di pennello» PR I 463); poverello («e riconoscendo egli nella persona del poverello» Ps. Ar. 161; «signorile corte servita alle mense de’ poverelli» OsLeng 151); garzoncello («Sul fine del terzo giorno,

quando gli altri già non havevano più speranza di riveder mai lo schifo, da loro creduto o lacero per le scosse, o assorto fra’ gorghi, un garzoncello alzò improvviso la voce della veletta» Ps. Segn. 12); -! -ezza : grassezza («In prima, perché non ama questa come le altre

piante, grassezza di terreno» Ps. Ar. 261); istupidezza («A presenti l’ignoranza e istupidezza loro» Ps. Ar. 306); negrezza («non ammetterebbe grado di negrezza» Ps. Ar. 238); oscurezza («incapace di qual si voglia minima mescolanza di tenebre, o di oscurezza» Ps.

Ar. 238);

-! -icchio : carnicchio («senza contaminazione informa la vil materia d’un marino carnicchio» PR I 228);

-! -trice : soggiogatrice («soggiogatrice de’ suoi più fieri nemici; trionfatrice delle più poderose Republiche» OsMas12); tranquillatrice («da quella in somma, che flagello de’ Corsari, e

tranquillatrice del mare da’ ladroni infestato» OsMas 11);

-! -uccio : animaluccio («Rovinò, lasciando sterili per tant’anni tutte le campagne dell’Inghilterra una moltitudine di questi animalucci» P.

Carr. 170); appetituccio («E chi sa che questo appetituccio di David

[…] non li fosse andato aumentando» SerSpl 98); difettuccio («Altramente non conseguirai perfetta libertà come si pretende, perché quel difettuccio, bench’a te paia di poca considerazione»

SerSpl 264); femminuccia («poté venir consegnato a scherni e a beffe

di una vil feminuccia?» P. Carr. 65); interessuccio («Voi non fidereste all’incertezza del caso una vostra lite, un vostro deposito, un vostro quantunque minimo interessuccio» Q. Segn. 13); lagrimuccia («e se Iefte sparse di qualche debile lagrimuccia l’altare» P. Carr. 106); paroluccia («una paroluccia di Eva» P. Carr. 718); pensieruccio («e con quello ti radi così perfettamente il cuore e l’anima che non vi resti pure un minimo pensieruccio» SerSpl 264); pietruccia («Ma che s’intende con questa pietruccia bianca?» Ps. Ar. 270); presentuccio («Questo uncino da frutti sarò la destruzione del mio popolo. Questo uncino da raccoglier le frutta è appunto quella passioncella, quel capello, quella lettera, quel presentuccio, queste cosarelle da te trascurate» SerSpl 267);

CONCLUSIONI

Prima di avviarmi alle conclusioni generali vorrei cominciare con una citazione tratta da un’opera intitolata Il Carro trionfale de’ predicatori

fondato sopra quattro rotte del 1646:

Eccovi, o benigni lettori, le glorie del Gran Gusmano, della sua Imagine in Soriano, del Angelico Dottore, e del B. Luigi Beltrando in quattro panegirici angustiate. Sopra queste quatro ruote, se ne scorre ne’ nostri tempi al campidoglio della Gloria il Carro Trionfale de’ Predicatori. V’avrei volentieri aggionto per Auriga il Poema Divino per il Santissimo Rosario ma il tempo non me l’ha permesso. Il Stile m’assicuro che non lo vedrete sempre laconico per non essere questi Romanzi proffani, ma Panegirici sacri. Il raggionare continuo con periodi spezzati, e disdice, e non riesce ne’ sacri discorsi. […] Non per questo crediate che slodare io vogli questo stimatissimo parlare, anzi lo preggio, come sentenzioso. Ma dico solo che il continuato ne’ discorsi sacri l’esperienza non l’aprova perché l’udito l’abborrisse. Se la lettera dedicatoria sembrasse un poco prolissa, avvertite ch’è Panigirica, non familiare. E se non aprovaste li bipartiti discorsi, considerate de’ Sacri Oratori la costumanza.

Si tratta dell’avvertenza ai lettori nella quale il domenicano Giovanni Ludovico Bona, oltre a giustificare lo stile, fornisce alcuni elementi assai preziosi: la mancanza dello stile laconico che non si addice ai sacri discorsi e, ancor più interessante, il giudizio in merito al periodo spezzato che non si addice alla prosa sacra.

Se ora si prendono queste parole per correlarle a tutto ciò che è stato detto nell’introduzione e nei capitoli precedenti, ha senso parlare di uno stile codificato appartenente al solo genere della prosa sacra. Ma per evitare di cadere in una semplice ipotesi si procederà con ordine nell’esporre in modo uniforme ogni dato.

Nel documento La lingua della prosa sacra del Seicento (pagine 180-186)