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La prosa sacra e l’eredità lessicale

Nel documento La lingua della prosa sacra del Seicento (pagine 186-189)

Un dato sicuro viene fuori dal glossario: la fitta presenza di voci appartenenti a settori tecnici della lingua. Credo si tratti di un fatto abbastanza interessante e degno di nota, specie se si tiene in considerazione la profonda erudizione mostrata da questi scrittori. Su di tutti (ma non è l’unico) spicca Marino che, si sa, scrisse le sue Dicerie senza averle mai recitate e senza mai

aver avuto l’opportunità di accrescerle e correggerle per una seconda edizione, così come scriveva in alcune lettere. Il particolare che interessa però è la minuzia tecnica con il quale Marino descrive certi procedimenti pittorici, musicali e astronomici che rendono l’opera decisamente poco fruibile a un lettore non colto. Ogni parola d’appartenenza scientifica ha dietro decine di trattati tecnici sui quali l’autore napoletano ebbe modo di confrontarsi; in alcuni luoghi si tratta sicuramente di riprese dai trattati dell’Alberti, del Garrufio, di Boezio ecc. e alcune volte lo stesso scrittore conia una nuova terminologia da accostare a quella già esistente. Nell’introduzione avevo scritto di una via lessicale dettata dal Marino e con il capitolo d’apertura al glossario si sono potuti evidenziare i forti punti di contatto che Tesauro, ad esempio, ebbe con le Dicerie. A quest’eredità lessicale si aggiunge un fatto importante: la ripresa di Marino da parte dei trattati tecnici. Con non poco stupore, consultando per lo spoglio lessicale la Via retta della voce corale del padre Giulio Cesare Marinelli (1671), mi sono accorto di questo breve passo: Si denomina finalmente Canto Armonico a differenza canto diatonico, cromatico et enarmonico, perché in esso vi s’includono misteriosamente molte sorti d’Armonie, che sollievano l’huomo, e lo portano, ed attrahono soavemente con l’affetto in Dio suo Creatore: in prima vi s’include il significato di quel mirabile ordine, o temperamento, che Iddio ha inserto in tutte le cose, per il quale pare, che tutte si nutriscano e si conservino. Non essendo cosa uscita dalla mano di dio senz’Armonia, la quale fu trovata da’ Pitagorici nelle Sfere Celesti, e non sono mancati di quelli, che dissero i Cieli tra loro far maravigliose Consonanze, non però conosciute, né avvertite da gli huomini per il lungo uso, e consuetudine, che vi hanno fatto con l’orecchio; et altri dissero, che se ne gli Elementi non vi fosse ordine e consonanza, tutto il Mondo andarebbe in ruina; ma singolarmente ci rappresenta quella perfettissima Arominia che si trova nell’huomo, e quanto al corpo e quanto all’Anima, come l’osservò il Cavallier Marini tra’ Moderni nelle sue Dicerie sacre; la quale se nel corpo si dissolve, succedono l’infirmità, e se nell’animo mille vizii e dissoluzioni di costumi181;

in cui viene citata per esteso una definizione di armonia che Marino dà nelle sue Dicerie. Purtroppo, pur cercando in altri trattati, non ho trovato ulteriori citazioni dirette dall’opera di Marino. Brani come quello riportato comunque testimoniano la fortuna che il Marino delle Dicerie riuscì ad avere nel Seicento, che non si limitò a influenzare solo l’oratoria sacra ma, come si è appena visto, anche alcune sfere della trattatistica. Un curioso caso di interferenza lessicale del Marino si può ipotizzare nei Ragionamenti musicali !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!

di Angelo Berardi del 1681. L’opera, che si presenta come un dialogo tra due interlocutori è in realtà un breve trattato di musicologia nel quale vengono esposte diverse teorie musicali e il riferimento alle prose di Marino potrebbe cogliersi quando uno dei due protagonisti si rivolge all’altro citando le sue «Dicerie musicali»182. Ora, nel Seicento, pochissime volte appare il termine ‘diceria’ riferito ai ragionamenti e, soprattutto, raramente è inserito nei titoli. Il GDLI s.v. diceria § 8 porta la definizione di ‘opera letteraria o scientifica scritta o stampata; libro, trattato, memoriale’ con prima att. av. 1380, Canigiani; ma gli esempi sono in totale quattro prima del Seicento, tra cui Tasso183. Per provare una possibile dipendenza mariniana della voce diceria in riferimento a un’opera, ho censito tutte le opere (per quanto i repertori conosciuti ci informano) nelle quali appare la voce:

1)! Gli / Apologi / del Signor / GIULIO CESARE / CAPACCIO /

Gentil’huomo del Serenissimo Signor Duca d’Urbino; / con le /

DICERIE MORALI / ove quasi con vivi colori / al modo Cortegiano / L’Humana vita si dipinge, / La Frode si scaccia, / La Malignità si

scopre, / La Mattezza si punisce, / La Bizzarria de’ Cervelli si castiga,

/ Al poco saper de gli Huomini si provede, / E di tutti i civili costumi

si fa paragone / Al Molto Illustre, et Eccellentissimo Signore / Il

Signor Cesare Ottato. In Venetia,

Appresso Barezzo Barezzi, 1619 [I ed. 1602]

2)! POETICHE / DICERIE / overo / Vaghissime Descrittioni / et Discorsi Accademici / del M. R. P. F. Tomaso Carraffa / Domenicano, e d’altri eccellentissimi Autori / Raccolte da Giuseppe Matarozzi per commune / utilità de’ Predicatori, Poeti, et altri / amatori di belle lettere. / In questa terza impressione aggiunte altre bellissime /

Descrittioni e diligentemente corrette. / Dedicate / Al Sig. D.

Francesco Arizzo. In Messina,

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182 Probabilmente, un’opera perduta del Berardi. Cfr. DBI s. v. Angelo Berardi.

183 Sembra che il termine diceria a un certo punto della sua storia linguistica cambi

connotazione e dal descrivere un’opera d’argomento irrisorio arriva a delineare l’aspetto di un trattato. Un procedimento simile avvenne per la voce cicalata tra Cinque e Seicento. Ringrazio Fabio Ruggiano per aver segnalato un’opera del Caro che ben rappresenta l’idea di un’opera col titolo di diceria: “La statua della Foia, ovvero, di Santa Nafissa. Diceria”.!

Per Gio. Franc. Bianco, Stamp. Camerale 1632 [ma la I ed. è Messina, 1627].

3)! RIFLESSI / MORALI / Sopra / Tragici Avvenimenti / distesi con Rettoriche Dicerie / Dal Padre / Benedetto / Chiarello / Della

Compagnia di / Giesù.

In Messina,

Nella Stamparia di Domenico Costa per Basilio Lombardo 1688

Altre due opere che però non ho potuto consultare recano il titolo di: Diceria

astrologica sopra la cometa di quest’anno 1680 di Giovanni Gasparo Prina e La ruggiada di luce. Diceria sacra in lode di S. Gennaro di Francesco Maria

Caracciolo. Da ciò che emerge, i titoli contenenti la parola ‘diceria’ sono molto pochi e, tralasciando le opere di carattere sacro, è interessante notare come la voce venga usata dal Prina per comporre il titolo del suo trattato. Quasi certamente, quindi, le Dicerie del Marino non passarono inosservate agli occhi degli scienziati del secolo che, a chiare lettere nella Via retta, venivano citate.

Nel documento La lingua della prosa sacra del Seicento (pagine 186-189)