• Non ci sono risultati.

Atlante delle atmosfere: usi familiari del termine

La materia architettonica, salda nella propria autonomia ma al contempo profondamente contaminata da suggestioni esterne, ha condensato un’evanescente miscellanea di tonali- tà semantiche attorno al concetto di atmosfera. Al suo interno, un amalgama disorganico di interpretazioni, si delinea un esteso spettro di sfumature espressive, alcune più acqui- site e utilizzate di altre, che si viene a consolidare grazie a un ricco apparato di esempi disciplinari e riferimenti teorici. In breve, l’insieme di definizione delle atmosfere architet- toniche ammette almeno undici declinazioni di senso: 1. atmosfera come microclima; 2. atmosfera come allestimento meteorologico; 3. atmosfera come carica estetico-decorativa; 4. atmosfera come identità distintiva del luogo; 5. atmosfera come immaginario collettivo; 6. atmosfera come metafora; 7. atmosfera come carattere; 8. atmosfera come aura; 9. at- mosfera come collettore di memorie; 10. atmosfera come respiro percettivo; 11. atmosfera come disposizione d’animo.

reti nodi intrecci

«

Il nostro modo di percepire e di valutare il mondo è in misu- ra significativa condizionato e alterato dall’architettura». 1 Si

potrebbe affermare che «non è possibile per l’uomo, conce- pire una visione spaziale che non sia architettonica; lo spazio in cui viviamo e ci muoviamo è sempre diviso e organizzato architet- tonicamente» 2. Gli spazi abitati, ossia «gli spazi che contano per

l’uomo non soltanto sul piano psichico o intellettuale ma anche sul piano fisico» 3, divengono così l’arena privilegiata in cui l’essere

umano entra in contatto con le atmosfere – superfluo sottolinear- lo, architettonicamente intese 4. «Uno spazio occupato» di fatto «fa

nascere un’atmosfera. Riferita alle cose singole che occupano i luo- ghi spaziali l’atmosfera è volta a volta ciò che esse non sono, ossia l’altro lato della loro forma; quindi anche ciò che pure sparirebbe

1

Juhani Pallasmaa, Lampi di pensiero: Fenomenologia della percezione in architettura, a cura di Matteo Zambelli e Mauro Fratta (Bologna: Edizioni Pendragon, 2011), p. 129.

2

Massimiliano Giberti, Piccolo manuale d’uso per l’architettura con- temporanea (Milano: 22 Publishing, 2012), p. 15.

3

Ettore Sottsass, scritta su muro, sala 3 ‘Memorie di panna montata’, in Ettore Sottsass: There is a Planet (mostra monografica dedicata a Ettore Sottsass in occasione del centenario della nascita), a cura di Barbara Radice (Triennale di Milano, 15 settembre 2017 - 11 marzo 2018). Pro- getto di allestimento: Michele De Lucchi e Christoph Radl.

4

La presente trattazione non si interessa di atmosfere ‘naturali’, ossia del fenomeno atmosferico legato alla percezione dell’ambiente naturale e del paesaggio. Per un’interpretazione del paesaggio in termini atmo- sferici si rimanda a Paola Sabbion, Paesaggio come esperienza: Evolu- zione di un’idea tra storia, natura ed ecologia (Milano: Franco Angeli Editore, 2016), pp. 31-35: § ‘Paesaggi e atmosfere’.

Atlante delle atmosfere: usi familiari del termine 69 68 Neurocosmi

se esse sparissero». 5 Il carattere impalpabile dell’evento atmosferico

è, come già si è evidenziato, la forza motrice che ha animato, sino a consacrarla, la frenesia atmosferica. A tal punto che oggi c’è chi sostiene che l’architettura altro non sia che la sua atmosfera. 6* Per

la cultura architettonica esistono svariati tipi di atmosfere. Esse possono essere il prodotto di fantasie e riflessioni coltivate entro le mura domestiche della disciplina, oppure prestiti influenti derivati da altri campi di ricerca. «‘Atmosfera’ è una parola che dapprima cade dalle labbra dei meteorologi da una parte, e degli studiosi di estetica dall’altra. Essi sembrano, però, usare questo termine per esprimere idee molto diverse. [...] L’estetica identifica l’atmosfera nelle relazioni tra le cose solide – umane e non umane, animate e inanimate. La meteorologia la rintraccia nell’etere immateriale che circonda queste cose». 7 L’antropologo Tim Ingold, da anni

importante riferimento nell’investigazione atmosferica soprattut- to sotto una prospettiva socio-ecologica 8, ha cercato una formula

integrativa capace di congiungere e mediare le due concezioni, ri- spettivamente umanistica e scientifica, che a prima vista parreb- bero escludersi l’una con l’altra. Egli individua nella lettura per- cettivo-affettiva del mondo una possibile soluzione interpretativa; nel farlo, riprende le teorie sullo spazio liscio di Gilles Deleuze e Félix Guattari e gli ultimi scritti di Maurice Merleau-Ponty.

5

Niklas Luhmann, Die Kunst der Gesellschaft (Frankfurt am Main: Suhrkamp Verlag, 1997), p. 181. Tradotto da Tonino Griffero, all’inter- no del testo ‘A bassa definizione: L’atmosfera intercorporea e memoriale dell’immagine’, in Une absence présente: Figures de l’image mémorielle, a cura di Pietro Conte (Paris: Mimesis France, 2013), p. 86.

6

Gernot Böhme, ‘Sulle sinestesie’, in Casabella, anno LVI, vol. 589, n. 3 (1992), p. 51. Estratto da ‘Über Synästhesien / On Synaesthesiae’, in Daidalos – Berlin Architectural Journal, n. 41 (1991): ‘Provokation der Sinne / Provocation of the Senses’, pp. 26-37.

7

Tim Ingold, ‘The Atmosphere’, in Chiasmi International, vol. 14, n. 1 (2012), p. 75.

8

Tra i principali contributi di Tim Ingold sulla tematica atmosferica si annoverano i seguenti testi: Being Alive: Essays on Movement, Knowl- edge and Description (Abingdon: Routledge, 2011); ‘The Atmosphere’, in Chiasmi International, vol. 14, n. 1 (2012), pp. 75-87; The Life of Lines (Abingdon: Routledge, 2015); ‘Lighting up the Atmosphere’, in Elements of Architecture: Assembling Archaeology, Atmosphere and the Performance of Building Spaces, a cura di Mikkel Bille & Tim Flohr Sørensen (Abingdon: Routledge, 2016), pp. 163-176.

*

«L’avvertire atmosferico non va mai perduto. Forse non viene a coscienza,

ma si ripercuote sull’esser-localizzato. Con ciò deve fare i conti l’architettura, e li fa. Proprio l’architettura, infatti, in tutto quanto crea determina delle atmosfere.

Naturalmente risolve anche problemi concreti e produce oggetti, edifici di ogni genere.

Ma l’architettura è opera estetica proprio nella misura in cui in tutto ciò vengono realizzati anche ambienti con una determinata qualità climatica, umorale, cioè delle atmosfere».

Seguendo l’esempio del professor Ingold, e del suo approccio di- stensivo nei rapporti tra principi discordanti, si è sondato il ter- reno in cui il fare architettonico ha disperso il seme atmosferico. Nel muoversi tra due frontiere di senso contrapposte, la ricerca di ogni forma di declinazione intelligibile ha disegnato una mappa a rizoma, che si espande e contrae in corrispondenza dei suoi punti nodali, distinguendo una concatenazione di tipicità atmosferiche, estremamente articolata. Ogni nodo della rete s’incardina sulla connessione, indissolubile e unica, che viene a instaurarsi, a livelli differenti (sensoriale, percettivo, mentale, simbolico), tra soggetto e spazio: «la relazione che lega uno spazio e la persona che lo occupa definisce il luogo stesso e l’esperienza che di esso hanno gli altri come ambito provato. Spazio e occupante compongono un’unità naturale che perde valore in caso questi sia assente». 9 Dalla battuta perlu-

stratrice, emerge una tassonomia che è volutamente inesatta, priva di spartiacque netti, ordinatrice di rime semantiche. Una stratifi- cazione di passaggi graduali, mai immobile, che nello sviscerare il tema atmosferico lo contempla, principalmente, sotto tre pro- fili: pura fisicità, mezzo di significazione socioculturale e correla- to spaziale del vissuto personale. Non esiste una gerarchia tra le accezioni riconosciute, né tanto meno si segnalano regole di per- correnza all’interno della maglia: come suggerisce il filosofo Peter Sloterdijk, autorevole cartografo dell’attualità atmosferica, «la cosa più sensata sembra perciò che la teoria della cultura, in una prima fase di autoaccertamento, si orienti alle forme maggiormente sviluppate di descrizione scientifica dell’atmosfera, alla meteoro- logia e alla climatologia, per dedicarsi in seguito a fenomeni aerei e climatici rilevanti dal punto di vista culturale e più vicini alle persone» 10. Pertanto, l’analisi svolta sceglie di partire dalla strut-

turazione dell’atmosfera architettonica come categoria materiale, per diramarsi poi verso orizzonti più soggettivi. Si ribadisce che

9

Fernando Espuelas, El claro en el bosque: Reflexiones sobre el vacío en arquitectura (Barcelona: Fundación Caja de Arquitectos, 1999). Tra- dotto da Bruno Melotto, Il Vuoto: Riflessioni sullo spazio in architet- tura, edizione italiana a cura di id. (Milano: Christian Marinotti Edi- zioni, 2004), p. 6.

10

Peter Sloterdijk, Sphären III: Schäume. Plurale Sphärologie (Frankfurt am Main: Suhrkamp Verlag, 2004). Tradotto da Gianluca Bonaiuti & Silvia Rodeschini, Sfere III: Schiume. Sferologia plurale, edizione ita- liana a cura di Gianluca Bonaiuti (Milano: Raffaello Cortina Editore, 2015), p. 158.

lo schema del ragionamento non va letto come un vettore, fisso e unidirezionale, piuttosto come una trama di rimandi, un intero interconnesso in modo sottile ma potente, un sistema coerente e centrifugo in cui il polo più fisico (atmosfera come guscio gassoso) e quello più spirituale (atmosfera come spazio interiore) rivestono, rispetto alla baricentricità del rapporto tra individuo e opera archi- tettonica, una posizione diametralmente opposta, ma non necessa- riamente preminente per importanza. 11*

11

Fig. 3.1: quadro sinottico delle inflessioni semantiche che compongono l’atlante delle atmosfere. Schematizzazione propria.

Atlante delle atmosfere: bussola Fig. 3.1

microclima

disposizione

d’animo percettivorespiro

allestimento meteorologico identità distintiva del luogo immaginario collettivo collettore di memorie carica estetico-decorativa metafora carattere aura *

Atmosfera

come

Atlante delle atmosfere: usi familiari del termine 73 72 Neurocosmi

Si viene, così, a condensare una geometria liquida, imbastita su un’orditura a cerchi concentrici, su cui si possono sovrapporre col- legamenti a raggiera, a tracciare isole semantiche, autonome ma saldamente legate alle vicine. Da qui l’impressione che un’atmosfe- ra non sia mai appieno una singola esperienza, ma una pressione reciproca tra esperienze proteiformi.

All’interno del recinto architettonico delle atmosfere, la prima – dovuta – distinzione vede da un lato la concretezza tecnologi- co-applicativa del controllo ambientale (atmosfera, quindi, come sacca microclimatica, in grado di influenzare il comfort psicofisico dell’individuo), dall’altro l’allusione figurata alla sfera della senti- mentalità personale (atmosfera come Stimmung, stato d’animo, ir- radiato dallo scenario architettonico). Le voci che abitano questo territorio di indagine, che poi sono le stesse con cui si potrebbe sintetizzare il dominio dell’architettura tout court, sono dunque racchiuse tra due estremità che richiamano la riflessione di Le Corbusier sulle due ‘anime’ della casa, ossia dell’architettura stessa:

L’architettura attuale si occupa della casa, della casa comune e corrente, fatta per uomini normali e comuni; essa lascia da parte il palazzo. Studiare la casa per l’uomo comune, ‘l’uomo qualunque’, vuol dire ritrovare le basi umane, la scala umana, il bisogno-tipo, la funzione-tipo, l’emozione-tipo. [...] La casa ha due scopi. In primo luogo è una machine à habiter, vale a dire una macchina destinata a fornirci un aiuto efficace per la rapidità e la precisione nel lavoro, una macchina diligente e previdente per la soddisfazione delle esigenze del corpo: un comfort. In secondo luogo, però, è il luogo ideale per la medi- tazione, da ultimo il luogo in cui la bellezza esiste e offre allo spirito la quiete che gli è indispensabile. 12

Tra i due poli opposti si articola un’ampia rete di declinazioni espressive, dentro la quale alcuni nodi risultano più saldi e ricorrenti

12

Le Corbusier, conferenza tenuta alla Sorbona il 12 giugno 1924 al Grou- pe d’etudes philosophiques et scientifiques e ripetuta il 10 dicembre 1924 presso l’Ordre de l’Étoile d’Orient. In Le Corbusier, Almanach d’architecture moderne (Paris: Les Éditions G. Crès et Cie, 1925), pp.

14-54. Tradotto da Sergio Arecco, ‘L’Esprit Nouveau in architettura’, in Le Corbusier: Scritti, a cura di Rosa Tamborrino (Torino: Giulio Einaudi Editore, 2003), p. 75.

di altri, taluni più approfonditi, altri appena tratteggiati – un’an- datura, discontinua e variabile, che testimonia l’ampiezza della materia trattata, di cui si è solo iniziato a scalfirne la massa infor- me, per mettere ordine.

Atmosfera come microclima

come complesso impercettibile di fattori termici, igrometrici e di composizione fisicochimica dell’aria che caratterizzano un ambien- te delimitato, climatizzato, sottratto all’azione diretta degli agenti atmosferici. Questa è la dimensione più materiale che la pratica at- mosferica sperimenta in campo architettonico, quella letteralmente più vincolata ai fenomeni naturali e, di conseguenza, alle grandez- ze misurabili a essi associate e alle leggi generali che li governano. L’uomo ha imparato a modificare queste forze a proprio vantag- gio, a qualsiasi livello: dalla confortevole atmosfera della «semplice stanza di soggiorno ventilata», ottimizzata grazie al «suo schema specifico di correnti d’aria, normalmente percepito dai nostri sen- si della temperatura e del tatto» 13, agli imprevedibili effetti della

geoingegneria, cioè di quelle «tecniche di manipolazione di larga scala dei sistemi ambientali che hanno l’obiettivo di contenere gli impatti dei cambiamenti climatici», «una sorta di piano B, rifiu- tato dalla comunità scientifica fino a qualche anno fa perché ri- tenuto pericolosamente prometeico [...], [che prevede] l’iniezione nella stratosfera di sostanze chimiche e microparticelle riflettenti capaci di respingere parte della radiazione solare e raffreddare il pianeta» 14. Le scienze del presidio atmosferico (a micro e macro

approccio) dispongono di una specifica e corposa letteratura, sono monitorate in appositi programmi governativi e sono inserite in percorsi universitari, alcuni dei quali di carattere assai avanguardi- sta; ovvero: sanno decodificare con estremo rigore ogni aspetto del processo atmosferico.

13

Richard Joseph Neutra, Survival Through Design (New York, NY: Oxford University Press, 1954). Tradotto da Glauco Cambon, Proget- tare per sopravvivere (Milano: Edizioni Comunità, 1956), p. 134.

14

Marco Grasso, ‘Manipolare il clima è una buona idea?’, in Pagina99, anno IV, n. 44 (3-9 novembre 2017), p. 4. Marco Grasso è docente di geografia economico-politica all’Università Bicocca di Milano e esperto UNEP (United Nations Environmental Programme) in materia di cam- biamenti climatici.

Quando si parla di atmosfera declinata come microclima, ci si ri- ferisce soprattutto all’attenzione che viene riservata alla gestione dell’atmosfera interna, incaricata di far funzionare i manufatti ar- chitettonici. C’è stato un tempo, non troppo lontano, in cui l’uo- mo trascorreva la maggior parte della propria esistenza all’aperto. Gli esseri umani moderni sono fondamentalmente diventati «una specie indoor» 15. Oggi, la vita fabbricata in Occidente (o, più in

generale, nel mondo industrializzato) si consuma, infatti, all’inter- no di stanze chiuse, bolle (stabili o mobili) il cui involucro esterno e le efficienti dotazioni impiantistiche assicurano la produzione di un ambiente sintetico, anestetizzato, sofisticatamente plasmato sui bisogni fisiologici dell’utente. La società del XXI secolo è domi- nata da esperienze in vitro, ossia da esperienze incubate ed esau- rite in spazi antropizzati. Questi spazi inscatolati, in cui le per- sone vivono, echeggiano la provocatoria «busta di plastica» 16 di

Reyner Banham, cioè il guscio gonfiabile in polietilene tereftalato (environment-bubble), che il critico britannico concepisce nel 1965 come progetto-manifesto con cui replicare all’«invasione meccani- ca» che dilaga in quegli anni nel settore delle costruzioni:

L’automobile, in breve, svolge già un gran numero di funzioni associabili alla macchina per l’abitare – la coppietta che pomi- cia e balla alle note della radio nella decappottabile parcheggia- ta crea una sala da ballo nella radura [...]. Un paradiso, finché non comincia a piovere. Ma nemmeno la pioggia è un disastro: per gonfiare una cupola in Mylar trasparente basta una piccola pressione atmosferica, la presa dell’aria condizionata della vo- stra unità mobile potrebbe farcela, con o senza sovralimenta- zione, e la cupola stessa, ripiegata in una sacca da paracadute, sarebbe in dotazione. [...] In poche parole, l’idea è che dalla membrana contenente l’energia dovrebbe scendere una cortina di aria condizionata calda o fredda lungo il perimetro del lato

15

Mark Bessoudo, ‘Health, Wellness, and Experience in the Built Environ- ment: From Green Buildings to Conscious Cities’, in Conscious Cities: Bridging Neuroscience, Architecture and Technology. An Anthology, no. 2, a cura di Itai Palti & Anne Fritz (London: Conscious Cities – The Centric Lab, 2017), p. 77.

16

Reyner Banham, ‘A Home is not a House’, in Art in America, n. 53 (1965), pp. 70-79, con illustrazioni di François Dallegret. Tradotto da Barbara Del Mercato, in Architettura della Seconda Età della Macchi- na: Scritti 1955-1988, a cura di Marco Biraghi (Milano: Mondadori Electa, 2004), pp. 146-157.

sopravvento della un-house, lasciando che gli elementi atmo- sferici circostanti si diffondano nello spazio abitabile [...]. La distribuzione della cortina d’aria sarà governata da vari sensori che riveleranno la luce e le condizioni atmosferiche, a da un’in- venzione rivoluzionaria: la banderuola segnavento. 17

Il concetto di benessere ambientale teorizzato da Banham 18 si è

concretizzato, nel tempo, nella realizzazione di spazi domestici e lavorativi, ermeticamente sigillati, in cui l’atmosfera interna è ste- rilizzata, artificialmente manipolata, conformata a severi standard di well-being fissati a livello internazionale (si pensi, per esempio, ai limiti termici stabiliti dalla normativa italiana 19, riflesso di quella

europea). Banham assimila le utopie tecnologiche di quegli stessi anni, Archigram su tutte, inneggiando a microclimi universalizza- ti, capaci di frantumare qualsiasi rapporto con l’esterno: «chiunque abbia la possibilità di pagare il conto relativo all’energia consu- mata ora può vivere in qualsiasi tipo o forma di casa preferisce, in qualunque parte del mondo desideri. Con un complesso climatico adatto si può vivere sotto bassi soffitti nelle umide regioni tropicali, dietro sottili mura nell’Artico e sotto tetti privi di isolamento nel deserto» 20. Già Le Corbusier aveva molto chiare queste convinzioni:

Qual è il fondamento della vita? Respirare. Respirare cosa? Caldo, freddo, secco o umido?

17

Ivi, pp. 153-154.

18

Reyner Banham, The Architecture of the Well-Tempered Environment (London: The Architectural Press, 1969). Tradotto da Giovanni Mora- bito & Cristian Stanescu, Ambiente e tecnica nell’architettura moder- na, edizione italiana a cura di Giovanni Morabito (Roma-Bari: Editori Laterza, 1978).

19

Rif. D.P.R. n. 74 del 16 aprile 2013: ‘Regolamento recante definizione dei criteri generali in materia di esercizio, conduzione, controllo, ma- nutenzione e ispezione degli impianti termici per la climatizzazione in- vernale ed estiva degli edifici e per la preparazione dell’acqua calda per usi igienici sanitari’, articolo 3: ‘Valori massimi della temperatura am- biente’. I range di temperatura imposti dalla normativa sono considerati ottimali per la vita quotidiana e lo svolgimento delle attività lavorative dagli esperti internazionali che studiano il cosiddetto ‘comfort climati- co’, nonché dall’Organizzazione mondiale della sanità (OMS).

20

Reyner Banham, The Architecture of the Well-Tempered Environment (cit.), p. 192.

Atlante delle atmosfere: usi familiari del termine 77 76 Neurocosmi

Respirare un’aria che sia pura, a temperatura costante, e a giu- sta umidificazione. [...] L’aria respirata e viziata torna all’of-

ficina dell’aria esatta. [...] La casa russa o parigina, di Suez o

di Buenos Aires, così come il piroscafo di lusso che attraversa l’Equatore, saranno ermeticamente chiusi. D’inverno saranno riscaldate, d’estate raffreddate, in modo che permanentemente vi siano 18 gradi di aria pura ed esatta all’interno. La casa è a tenuta ermetica! Questo significa che la polvere non vi può penetrare. Neppure mosche e zanzare. 21

Oggi questa ortodossa fiducia nel progresso, nell’imperturbabile rinuncia a qualsiasi comunicazione con l’esterno e nelle promesse ambientali, si è affievolita: si è consapevoli che sia necessario, se non altro in termini di risarcimenti ecologici, trovare un equilibrio, un compromesso tra le esigenze abitative e le risorse a disposizione. «Di fatto, gli uomini creano la propria atmosfera; essi, però, non lo fanno a partire da elementi liberamente inventati, ma da condizioni preesistenti, date e trasmesse». 22 Protetto nelle sue sfere climatizza-

te, frutto di meticolosi calcoli atmosferici, l’uomo contemporaneo, sedotto e viziato dalle comodità moderne, si abitua alla riprodu- zione high-tech del suo habitat: una bolla di comfort (tanto fisico quanto psicologico), che racchiude una natura fittizia, addomesti- cata, accogliente, idonea a soddisfare le richieste dell’utente e ad af- finarne ulteriormente la sensibilità psicosomatica. Numerosi proget- tisti dell’epoca attuale esplorano il dominio microclimatico delle atmosfere architettoniche, da un punto di vista sia tecnologico che poetico. Tra questi, il già menzionato Philippe Rahm 23 e lo studio

21

Le Corbusier, Les techniques sont l’assiette même du lyrisme: Elle ou- vrent un nouveau cycle de l’architecture, II conferenza tenuta a Bue- nos Aires nella sede dell’associazione Amis des Arts il giorno 5 ottobre 1929. In Le Corbusier, Précisions sur un état présent de l’architecture et de l’urbanisme (Paris: Les Éditions G. Crès et Cie, 1930), pp. 37-67. Tra-

dotto da Francesco Tentori, ‘Le tecniche sono l’assetto stesso del lirismo: Esse aprono un nuovo ciclo dell’architettura’, in Precisazioni sullo stato attuale dell’architettura e dell’urbanistica, edizione italiana a cura di id. (Roma-Bari: Editori Laterza, 1979), pp. 82-84. Corsivi dell’autore.

22

Peter Sloterdijk, Sphären I: Blasen. Mikrosphärologie (Frankfurt am Main: Suhrkamp Verlag, 1998). Tradotto da Gianluca Bonaiuti, Sfere I: Bolle. Microsferologia, edizione italiana a cura di id. (Roma: Meltemi Editore, 2009), p. 97.

23

Tra le monografie di Philippe Rahm si ricordano Physiological Archi- tecture / Architecture physiologique, in collaborazione con Jean-Gilles

AS+ 24, costituito da Iñaki Ábalos e Renata Sentkiewicz. Principi di

termodinamica divengono, nel loro caso, spunti per indagare non i confini fisici e netti dello spazio architettonico, bensì le sue for- me invisibili, ma dure come l’aria. Il bilanciamento dell’ecosistema atmosferico si pone al centro dell’esercizio progettuale. Questo at- teggiamento si radicalizza nelle ipotesi di architettura volte a con-