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2019 Atmos: Building Physics.

Servizi di atmospheric design, ovvero di progettazione in acoustics, lighting, colour e air conditioning, finalizzati alla realizzazione di edifici e ambienti confortevoli da occupare, facili da usare e leggeri nel loro impatto, grazie a un equilibrio ponderato dei quattro elementi (suono, luce, colore e aria). Lo slogan aziendale è «Per ogni spazio,

Atmos progetta un’atmosfera. Non si vede

e non si tocca, si percepisce».

176 Neurocosmi Michael A. Arbib Carmelo Baglivo Michela Balconi Gernot Böhme Eleonora Buiatti Colin Ellard Amanzio Farris Simone Gobbo Tonino Griffero Timothy Ingold

Harry Francis Mallgrave Valerio Paolo Mosco Alberto Pérez-Gómez Davide Ruzzon Jean-Paul Thibaud Contributi di

Capitolo 5

Frammenti

A corollario della disamina condotta sulle inflessioni semantiche che scandiscono la po- liedricità del costrutto atmosferico, si perfeziona il personale lavoro di analisi mediante una raccolta di frammenti, originali e inediti, ricavati da brevi conversazioni con pro- gettisti e ricercatori, non esclusivamente afferenti al campo disciplinare dell’architettura, chiamati a interrogarsi sulla questione: «che cos’è l’atmosfera di un’opera architettonica?».

di

Carmelo

Baglivo

dicembre 2018

Breve testo sull’atmosfera delle incisioni di Giovan Battista Piranesi «‘Là, seduto sul gradino di un inginocchiatoio, la testa abbandona- ta sul pulpito, per poter guardare il soffitto, le Sibille del Volterrana mi hanno dato forse il piacere più vivo che mai mi abbia fatto la pittura. Ero già in una sorta di estasi, per l’idea di essere a Firenze, e la vicinanza dei grandi uomini di cui avevo visto le tombe. Assor- to nella contemplazione della bellezza sublime, la vedevo da vicino, per così dire la toccavo. Ero arrivato a quel punto d’emozione dove si incontrano le sensazioni celestiali date dalle belle arti e i senti- menti appassionati. Uscendo da Santa Croce, avevo una pulsazione di cuore, quelli che a Berlino chiamiamo nervi; la vita in me era esaurita, camminavo col timore di cadere’.

La citazione del brano di Stendhal è l’incipit del libro del filoso- fo Massimo Donà dal titolo Arte e Filosofia. Alla citazione del

Viaggio in Italia, Donà fa seguire un frammento di una frase di

Duchamp rilasciata in un’ intervista a James Johnson Sweeney. ‘È solo il lato intellettuale delle cose che mi interessa, sebbene non mi piaccia il termine ‘intelletto’, troppo secco, troppo svuotato di espressione. In generale, quando si dice ‘io so’, non si sa realmente, ci si limita a credere. E io credo che l’arte sia la sola forma di espres- sione attraverso cui l’uomo in quanto tale possa manifestarsi come individuo. Solo attraverso l’arte l’uomo è in grado di superare lo stadio animale, perché solo l’arte può giungere in regioni dove non dominano né il tempo né lo spazio’.

Sponda architettonica

*

Frammenti 181 180 Neurocosmi

Per cui due modi di comprendere l’arte: sensazioni e intelletto, astrazione ed empatia, ragione e sentimento.

Verso la metà del 1700, Giovan Battista Piranesi incide le Carceri. Per l’esattezza si tratta di sedici tavole dal titolo Carceri d’invenzione. Come dice il titolo sono architetture inventate, che non esistono nella realtà come soggetti copiabili, almeno nelle loro forme finite. Piranesi è famoso per le sue vedute di Roma, dove l’incisione descri- ve la realtà (anche se non in modo pedissequo); nelle carceri offre un’architettura totalmente inventata, che, proprio attraverso l’in- venzione, agisce sull’anima e sull’intelletto, Stendhal e Duchamp. Per inventare la ‘nuova’ architettura usa le forme classiche che at- tingono, anche nella loro magnificenza, all’antica Roma. Sembrano ruderi ricostruiti, dove la luce e la scarnificazione dei volumi ne esaltano l’atmosfera che può essere definita ‘atmosfera piranesiana’. Henri Focillon, nel 1918, scrive un breve saggio sulle Carceri e, pro- prio da quel testo, dalla descrizione delle incisioni, si può capire cosa è l’atmosfera che crea il Piranesi attraverso la rappresentazione di un pa- linsesto architettonico che racchiude architetture e paesaggi. Focillon scrive che l’opera di Piranesi racconta non solamente Roma ma una città allargata, senza confini e ricca di finzioni. Molte architetture sono fuori scala, popolate da abitanti che sono volutamente disegnati più piccoli. La città non è vuota, soprattutto è abitata di oggetti. Og- getti che descrivono delle azioni che verranno o sono avvenute. Piranesi incide lo spirito delle cose, la loro atmosfera; come nelle numerose scale che si avvinghiano, senza farci sapere dove porta- no. Segnano una grande inquietudine, il non vedere la fine come metafora della nostra vita alla ricerca della conoscenza di cosa c’è dopo la morte.

Infine il popolo di mendicanti e storpi che abitano le architetture, un’immagine reale e non edulcorata della città. I fasti di Roma in- sieme alle sue miserie.

Le incisioni di Piranesi hanno la forza di descrivere un mondo fisico e metaforico nello stesso tempo. È proprio attraverso la metafora che lo spazio piranesiano diventa l’atmosfera piranesiana e rag- giunge l’intelletto e i sentimenti umani».*

* Riferimenti bibliografici

Massimo Donà, Arte e filosofia (Milano: Bompiani, 2007).

Giovan Battista Piranesi, Le Carceri (1745-61), edizione con introdu- zione di Mario Praz, accompagnata da uno scritto di Henri Focillon, collana ‘Carte d’artisti’, n. 129 (Milano: Abscondita, 2011).

Carmelo Baglivo

Roma, 1964. Architetto, co-fondatore nel 1997 dello studio di archi- tettura laN+ e nel 2015 dello studio BAN con Laura Negrini. laN+ ha ottenuto importanti riconoscimenti, tra i quali la Medaglia d’Oro all’Architettura Italiana (opera prima) nel 2006.

di

Amanzio

Farris

gennaio 2019

«L’Atmosfera riguarda il campo misurabile dei parametri fisici del- lo spazio architettonico, così come il campo sfuggente delle im- pressioni. L’Atmosfera è quanto rimane impresso nei nostri sensi e nel nostro intelletto dall’esperienza dello spazio architettonico: è la conseguenza ultima della sua azione su di noi.

Atmosfere definite da Forma, Materia, Misura, Luce e Ombra. Ma anche dall’eco del rumore della pioggia che cade nel cortile accanto, dalla luce frantumata dalle persiane semichiuse, o ancora da ciò che non si riesce a percepire interamente e che è nascosto o appena intravedibile.

Tutto concorre a definire il risultato atmosferico: i parametri spa- ziali primari come quelli secondari, ma in misura diversa a secon- da della circostanza particolare, e quindi in modo imprevedibile. Come esercitare un controllo sull’imprevedibile, per chi si occupa di progettare, e quindi del prevedere?

L’atmosfera incide in noi un ricordo spaziale che è l’equivalente di un’immagine sfocata. Si tratta di quella definizione delle cose che si ottiene quando guardiamo con occhi socchiusi, perdendo un certo grado di definizione. Svaniscono i dettagli e nell’immagine sbiadita ciò che rimane e si delinea è la sostanza dell’atmosfera.

Le memorie degli spazi vissuti sono in fondo memorie di atmosfere, un archivio di possibilità atmosferiche.

L’inizio di un progetto: i disegni in cui si esplorano le prime intenzio- ni spaziali hanno – nella loro vaghezza che è anche l’incertezza del pensiero – la medesima consistenza dei ricordi. Circolarmente, gli spazi sfocati dei nostri ricordi alimentano il pensiero di nuovi spazi, che al principio si presentano anch’essi – inevitabilmente – sfocati».

Amanzio Farris

Cagliari, 1972. Architetto, Ph.D., vincitore nel 2018 della menzione d’o- nore per il premio Medaglia d’Oro all’Architettura Italiana (categoria ‘paesaggi e spazi urbani’).

di

Simone

Gobbo

novembre 2018

«L’atmosfera in architettura è un’antinomia costante, qualcosa che lungamente ha messo in crisi un sistema di messa a fuoco stabile del suo coinvolgimento nella costruzione dell’opera.

Atmosfera è per me una linea di confine sulla quale si infrangono in-

sistenti i tentativi di superamento, un muro impenetrabile di signifi- cati e attese, qualcosa che argina un retroterra di parole, parole accu- mulate lungo il confine, e se chiudo gli occhi posso annotarle dipinte a vernice nera lungo il bordo della teoria, sentirle muoversi e ripeterle mentalmente: cielo, vuoto, attitudine, condizione, l’autogrill alle tre del mattino, etereo, habitat, scena, stanza, circostanza, cosa, for- ma, gas, polvere, nuvole, luce, terra umida, calcestruzzo, fake plastic

trees, vetro opalino, acqua, tensione, rituale, assenza, mancanza,

emotività, distanza, occhi chiusi, instabilità, a mani nude, tempo, dilatazione, Carlo Scarpa a tomba Brion, la A4 alle tre del mattino,

homo sacer, rumore di fondo, neve, alta quota, suburbia, il fumo in

macchina, sottotetto, vento, cambiamento, modulazione, indicibile.

Atmosfera è qualcosa che porta altrove, che spinge l’architettura in

una dimensione ambigua e incostante, imprendibile perché non c’è

possibilità di contenere in un volume l’antinomia dello spazio, pos- siamo solo osservarne l’accumulo affastellato in modo impreciso, possiamo solo parlare di atmosfera quando questa scompare. Spari- re e andarsene per sempre, scomparire dallo spazio, diventare emo- tività, una traccia nel registro personale di chi abita l’architettura. Questo è il destino della dimensione atmosferica, farsi altro, divenire un’altra dimensione, o meglio dimensione altra delle cose, di quanto è a fuoco di fronte a noi adesso.

Penso che in fondo, ogni opera intorno a noi sia destinata a lasciare spazialmente solo rovine, e che l’atmosfera si depositi in una memo- ria interna di emotività individuali, in lemmi personali, parole messe in sequenza solo per pochi istanti, il tempo di un desiderio, di un tradimento, di un’architettura».

Simone Gobbo

Treviso, 1980. Architetto, Ph.D., co-fondatore dello studio di progetta- zione DEMOGO, vincitore nel 2018 del Premio T Young Claudio De Albertis (sezione speciale del premio Medaglia d’Oro all’Architettura Italiana della Triennale di Milano).

di

Harry Francis

Mallgrave

maggio 2018

«Le atmosfere sono inflessioni – preriflessive, sensorimotorie, ci- nestetiche, polimodali ed emotive – di uno stato d’animo più in- tenso, che viene innescato attraverso il nostro coinvolgimento con l’ambiente, naturale e costruito. Il gioco degli effetti atmosferici può essere interpretato come un contatto tangibile, che conduce a un’esperienza di attrazione primaria e attivazione o, semplicemen- te, alla condizione di rigenerazione biologica e rilassamento».*

* Riferimenti bibliografici

Harry Francis Mallgrave, From Object to Experience: The New Culture

of Architectural Design (London: Bloomsbury Academic, 2018), p. 123.

Note

Al momento della riposta del professor Mallgrave, il testo citato non era ancora stato pubblicato.

Frammenti 185 184 Neurocosmi

Harry Francis Mallgrave

1947. Architetto, Ph.D., professore emerito di Storia e Teoria dell’Ar- chitettura presso l’Illinois Institute of Technology (College of Architec- ture), membro del board scientifico e docente del master Neuroscience Applied to Architectural Design – NAAD (Università IUAV di Venezia).

di

Valerio Paolo

Mosco

novembre 2018

«L’atmosfera è un concetto fondamentale. È un fenomeno talmente ontologico che, se non c’è un evento a cui riferirsi, evapora. Un’at- mosfera non basta a descrivere una scena architettonica. L’atmo- sfera è una costruzione culturale, intellettuale, iconografica, legata alla percezione sensoriale. È una forma di lettura poetica dell’ar- chitettura, utile a stimolare le forme: la sensorialità diventa fonte di ispirazione delle forme. Mi viene in mente il padiglione di Carlo Scarpa ai Giardini della Biennale: è il gorgoglio dell’acqua nella fontana a comporre l’atmosfera generale. Senza quella sensazione, non ci sarebbe atmosfera – e la stessa architettura svigorirebbe. L’atmosfera dialoga con la memoria. Si pensi a un parallelo con il mondo dell’arte, si pensi all’atmosfera pittorica: essa è un’atmo- sfera visiva che rievoca qualcosa di già vissuto in qualche periferia della propria esistenza. Probabilmente, per definire la dimensione atmosferica, è meglio partire dal definire che cosa non è architet- tura atmosferica. Definire, quindi, per negazione. È più facile e più intuibile parlare di ciò che non è atmosfera. L’architettura iconica di Aldo Rossi, per esempio, non è atmosfera».*

* Note

Trascrizione sintetizzata e adattata da un colloquio avvenuto telefoni- camente.

Valerio Paolo Mosco

Roma, 1964. Architetto, Ph.D., critico di architettura, professore all’Uni- versità IUAV di Venezia e all’Istituto Europeo di Design (IED) di Roma. È direttore della rivista Viceversa.

di

Alberto