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Attaccamento e disturbi di personalità: uno sguardo sull’origine biologica della violenza

ATTACCAMENTO, REGOLAZIONE DEGLI AFFETTI E RIPARAZIONE DEL SÉ IN ALLAN N SCHORE

4. Attaccamento e disturbi di personalità: uno sguardo sull’origine biologica della violenza

Traumi relazionali precoci sono alla base anche degli studi che hanno analizzato, da un punto di vista neurologico e psicoanaliti- co, l’origine della violenza e dei comportamenti anti-sociali. Come spiega Schore il comportamento violento del bambino evidenzia una deviazione dal normale sviluppo evolutivo dovuta a fattori di tipo ambientale, in particolare alle dirette conseguenze di un man- cato attaccamento e di un ambiente anaffettivo che inibisce e ral- lenta la crescita e la maturazione del bambino. Robin Karr-Morse e Meredith Wiley, nel testo Ghosts from the nursery28 del 1997,

hanno analizzato il ruolo delle regolazioni affettive nell’infanzia nell’esordio della violenza, stabilendo che:

Le deprivazioni interpersonali e i fallimenti nei pri- missimi stadi dello sviluppo umano possono servire da matrice primordiale per una personalità ad alto ri- schio di comportamenti violenti. […] Sempre più- studi indicano che le esperienze traumatiche dell’in- fanzia albergano le radici della futura violenza adul- ta29.

27 Ivi, p. 249.

28 R. Karr-Morse, M. S. Wiley, Ghosts from the nursery: Tracing the roots of vio- lence, Atlantic Monthly Press, New York 1997.

Molti studi30si sono concentrati sui comportamenti devianti e

criminali dei minori, giovani antisociali a esordio precoce, ovvero su quei crimini violenti compiuti in particolare nella prima decade della vita. Attraverso gli approcci della teoria dell’attaccamento, delle neuroscienze evolutive e della psichiatria infantile, Schore cerca di comprendere i fattori causali ed eziologici della violenza e dell’aggressività che hanno origine proprio nell’infanzia.

Irritabilità, aggressività, atteggiamento predatorio “a sangue freddo” sono indicate come alcune delle caratteristiche salienti del disturbo di personalità antisociale (psicopatia), mentre il disturbo di personalità borderline si caratterizza nella manifestazione inten- sa, improvvisa e inappropriata della rabbia e in un’aggressività re- attiva impulsiva “a sangue caldo”, con un’estrema difficoltà nel controllo; in entrambi i casi troviamo diverse declinazioni di vio- lenza e di stati emotivi di intensa aggressività “guidati psicobiolo- gicamente da un nucleo sottocorticale iperattivo, disregolati sia per intensità sia per durata ed esclusi dai sistemi di feedback del- l’ambiente interno ed esterno”31.

Nel disturbo borderline il soggetto sperimenta una rabbia cie- ca che comporta la totale svalutazione dell’oggetto della sua vio- lenza e un totale ritiro di ogni forma di affettività o empatia, come descritto da Horowitz:

Nessun pensiero, solo sentimento. Vuole demolire e di- struggere le persone che lo frustrano, non è consapevole di aver mai amato l’oggetto e neanche che gli sia mai lontana- mente piaciuto. Non ha consapevolezza che la sua rabbia è una passione che diminuirà, crede che odierà l’oggetto per sempre32.

30 Cfr. R. Loeber, D. P., Farrington, “Young children who commit crime: Epide- miology, developmental origins, risk factors, early interventions and policy implications”, in Development and Psychopathology, 12, 2000, pp. 737-762. 31 A. N. Schore, I disturbi del Sé. La disregolazione degli affetti, cit., p. 328. 32 Cfr. M. J. Horowitz, “Formulation of states of mind in psychotherapy”, in N.

G. Hamilton (a cura di), From inner soucer: New directions in object relations psychotherapy, Jason Aronson, Northvale, Nj, 1992, p. 80, cit. in A. N. Scho- re, I disturbi del Sé, cit., p. 329.

Numerosi studi neurobiologici indicano nella compromissione della corteccia orbitofrontale il meccanismo che controlla l’espres- sione del comportamento violento; il danno di questa parte del cervello è associato a “sociopatia” acquisita; dunque il “trauma neurologico, compreso nella negligenza e nell’abuso relazionale precoci, può anche determinare la compromissione del sistema or- bitofrontale e quindi una «sociopatia evolutivamente acquisi- ta»”33.

Gli studi sottolineano anche come, per certi aspetti, la negligen- za e le conseguenze di un attaccamento insicuro disorganizzato-di- sorientato o insicuro-organizzato possano addirittura essere più dannose di un vero e proprio abuso. Essi presentano, infatti, una correlazione positiva con i disturbi di personalità antisociali in età adulta, con comportamenti ostili e aggressivi e con una concreta e significativa predisposizione alla violenza relazionale unita ad una sensibile perdita di capacità nella gestione degli stati aggressivi.

Come abbiamo già visto, secondo Schore il primo ambiente so- ciale, la famiglia, mediato dalla principale figura di accudimento, ha un’influenza diretta sulla strutturazione di importanti circuiti cerebrali collocati nell’emisfero destro, fondamentali nelle future strategie di gestione dello stress emotivo e sociale dell’individuo, sia per quello che concerne l’elaborazione inconscia e preconscia delle emozioni di valore positivo, come la gioia e la sorpresa, sia per l’elaborazione delle emozioni di valore negativo come paura, dolore, rabbia e aggressività. Per tali motivi l’eziologia della perso- nalità violenta va rintracciata negli stessi meccanismi cerebrali de- stri e nei deficit di attaccamento che, come abbiamo visto, ne ridu- cono drasticamente la maturazione e le funzioni a essi connessi.

Gli attaccamenti traumatici, disregolanti e insicuri producono, quindi, un impatto negativo per la crescita e la maturazione del- l’emisfero destro a livello limbico superiore, specie nella sua fase di massima espansione che va dall’ultimo trimestre di gravidanza fino a metà del secondo anno di vita, restando dominante rispetto all’emisfero sinistro fino ai tre anni di età.

Una compromissione evolutiva duratura del cervello de- stro si esprimerebbe dunque in una grave limitazione del- la capacità inconscia di autoregolare gli stati negativi come la paura e l’aggressività34.

Essendo i disturbi della disregolazione dell’aggressività più co- muni nei maschi che nelle femmine, è importante secondo Schore focalizzare l’attenzione anche sul ruolo paterno nell’abuso e nella negligenza.

In un sistema di attaccamento padre-bambino sicuro, il padre ha la funzione di regolatore interattivo della paura e dell’aggressività, e fornisce un ambiente che facilita la cre- scita per la maturazione del sistema di regolazione del bambino35, determinando quel senso di sicurezza che dure-

rà per tutto l’arco di vita dell’individuo.

Al contrario, un attaccamento insicuro con la figura paterna determina la percezione di un’assenza e di una mancanza del pa- dre o l’attivazione di una forma di attaccamento morboso alla fi- gura paterna nei casi di bambini privati del contatto paterno.

Da numerosi riscontri scientifici si è potuto evincere che il ri- fiuto materno, le disfunzioni dell’attaccamento, negligenze e abu- si implicano la genesi di un alto rischio per i comportamenti vio- lenti e aggressivi e per la predisposizione ai crimini violenti già in età adolescenziale, ma che si preannunciano già a partire dall’in- fanzia in comportamenti aggressivi, oppositivi, non collaboranti, iperattivi, provocatori e autodistruttivi. Le esperienze precoci di abuso fisico e/o affettivo, l’esposizione a modelli aggressivi e gli at- taccamenti insicuri inducono nel bambino lo sviluppo di schemi comportamentali assimilati nella memoria che contengono mappe interpretative del mondo con le connesse risposte di tipo aggressi- vo e ostile.

34 Ivi, p. 334. 35 Ivi, pp. 351-352.

Successivamente, quando il bambino si confronterà con degli stimoli provocatori, per esempio la presa in giro e l’umiliazione da parte dei coetanei, queste strutture lo por- teranno a rispondere agli indizi ostili e ad attivare compor- tamenti aggressivi. Queste dinamiche caratterizzano “il giovane antisociale a esordio precoce” che va dai 7 agli 11 anni (Loeber e Farrington, 2000)36.

Per quello che concerne l’evoluzione dei disturbi dell’attacca- mento e della loro alta correlazione con comportamenti aggressivi e violenti, sociopatia, psicopatia, dipendenze e disturbi di perso- nalità antisociale nel periodo adolescenziale, gli studi ci offrono un panorama ancor più complesso e intricato, sia dal punto di vista psicologico che dal punto di vista prettamente biologico e neuro- logico:

In adolescenza, l’epoca della vita in cui la predisposizione alla violenza è massima, vengono riscontrati cambiamenti psicologici molteplici (Reiss e Roth, 1993). Il cervello va incontro a una significativa riorganizzazione nel corso di questo periodo; l’adolescenza è seconda solo al periodo pre-natale, nei termini sia di una rabida crescita bio-psico- sociale, sia di caratteristiche e richieste ambientali mutevo- li. Dopo un periodo relativamente lungo di crescita rallen- tata nel corso della prima infanzia, il cervello dell’adole- scente va incontro a un’ampia ri-potatura e a trasformazio- ni evolutive prominenti. È stato suggerito che la riorganiz- zazione dell’amigdala e delle aree limbiche prefrontali che innervano l’ipotalamo e che modulano la reattività emoti- va guidino la riorganizzazione del cervello dell’adolescen- te (Spear, 2000). Si noti che questi sistemi sono gli stessi implicati nell’aggressività e nella sua regolazione. Anche se l’adolescenza può potenziare la crescita di alcu- ne personalità, per altre, che hanno subito una iper-pota- tura dei circuiti sottocorticali nel primo sviluppo, questo stadio della vita può essere emotivamente schiacciante e disorganizzante. Un cervello che nel corso dell’infanzia ha

dovuto accedere a modalità di sopravvivenza ipometaboli- ca ha avuto scarse energie a disposizione per la crescita, e una ri-potatura di connessioni corticali e sotto-corticali già assottigliate durante lo sviluppo espone i pregressi deficit di regolazione. Ciò sarebbe particolarmente vero per per- sonalità di tipo D ([…] attaccamento dell’adulto come “ir- risolte/disorganizzate), che mostrano capacità inefficaci di regolazione degli stati di rabbia. Si pensa che una potatu- ra eccessiva rappresenti il meccanismo primario di altri di- sturbi ‘neuro-evolutivi’, in cui ampie riduzioni delle con- nessioni frontali si associano alla comparsa della patologia dei circuiti che mediano i sintomi disfunzionali (Hoffman e Dobscha, 1989).

In altre parole, i difetti strutturali precoci dei circuiti della regolazione dell’aggressività sarebbero ancora più eviden- ti durante questi stressanti periodi di transizione37.

Quanto sopra enunciato evidenzia solo una correlazione positi-

va fra comportamento violento e disturbi dell’attaccamento e non

una loro relazione causale di tipo deterministico; questo aspetto in- duce a riflettere sui fattori possibili di resilienza personale e am- bientale che possono favorire un diverso esito del comportamen- to, favorendo risposte maggiormente evolute e adattive. Se, dun- que, non tutti i bambini mal-amati compromettono il corso della propria esperienza esistenziale con comportamenti antisociali o con disturbi di personalità, ciò significa che le possibilità date per il loro recupero e per la loro compensazione resiliente sono ampie e significative anche dal punto di vista pedagogico ed educativo:

I bambini più traumatizzati o trascurati a livello emotivo non diventano criminali violenti o sociopatici. Solitamen-

37 Ivi, pp. 364-365. (Nella citazione sono menzionati i seguenti lavori: A. J. Reiss, J. A. Roth, National Academy of Sciences, Understanding and preventing vio- lence, Washington, DC 1993; L. P. Spear, “The adolescent brain and age-rela- ted behavioral manifestations”, in Neuroscience and Biobehavioral Reviews, 24, 2000, pp. 417-465; R. E. Hoffman, S. K. Dobscha, “Cortical pruning and development of schizophrenia: A computer model”, in Schizophrenia Bulletin, 15, 1989, pp. 477-490).

te, se questi bambini hanno avuto qualche relazione posi- tiva, per esempio con un nonno o un insegnante partico- larmente affezionati, essi riusciranno a raggiungere un fun- zionamento adeguato e anche a migliorare. Tuttavia, colo- ro che non sono così fortunati molto probabilmente soffri- ranno di un senso di vuoto e solitudine, per la loro incapa- cità di connettersi con gli altri. Altri ancora creeranno del- le connessioni, ma solo attraverso relazioni distruttive o di- sturbate38.

Il peso delle relazioni educative buone, anche se instaurate in periodi succesivi hanno, dunque la possibilità sia di prevenire, sia di fungere da fattori di recupero, di cambiamento e di resilienza personale, e come spiega Schore la precedente citazione di Verny

sottolinea l’importanza cruciale che può avere anche una singola relazione positiva, benevola, che arriva con il giu- sto tempismo ed è giustamente sintonizzata, sia nel modi- ficare una traiettoria evolutiva allontanandola dalla violen- za, sia nel distogliere il bambino da un percorso che deter- mina una rigida organizzazione di personalità sociopatica, incapace di connettersi a livello emotivo con gli altri, o di una personalità borderline che forma con gli altri relazioni patologiche39.

In conclusione, l’auspicio di Schore è in una sinergia fra opera- tori e discipline affini nell’area dell’intervento precoce a favore di una rimodulazione dell’attaccamento attraverso la mediazione di figure e relazioni compensatorie. Tutti i programmi d’intervento preventivo o di recupero dovrebbero mirare, come spiega Schore:

a creare un contesto evolutivo per la trasformazione del- l’attaccamento insicuro in attaccamento sicuro, facilitando così la maturazione neurobiologica dipendente dall’espe- rienza del cervello destro, centralmente implicato nella re-

38 Cfr. T. R. Verny, Tomorrow’s baby, Simon & Schuster, New York 2002, cit. in A. N. Schore, I disturbi del Sé, cit., p. 372.

golazione adattiva degli stati motivazionali, inclusi gli stati aggressivi, e nel permettere all’individuo di affrontare lo stress. Questo sforzo deve stimolare la cooperazione con- giunta tra i ricercatori nel campo dello sviluppo e l’ampia gamma di clinici che animano il campo interdisciplinare della salute mentale infantile, dai pediatri, agli psichiatri e psicologi infantili, agli assistenti sociali, e altre professioni. Il campo della salute mentale deve spostare la propria at- tenzione da un intervento tardivo a una prevenzione pre- coce per gestire il problema della violenza nei bambini, una preoccupazione crescente in molte società. In questi tragici casi, i ‘fantasmi dalla culla’, apparentemente invisi- bili, ricompaiono nei loro contorni precisi e terrificanti ne- gli stadi successivi dell’infanzia, quando non solo persegui- tano e distruggono le singole vite ma hanno un impatto ne- gativo su intere comunità e società […]. La risposta alla fondamentale domanda del perché alcuni esseri umani possano in determinati contesti commettere i più inumani degli atti deve prevedere delle soluzioni pratiche su come possiamo fornire esperienze socioemotive precoci ottimali per un numero sempre più grande dei nostri bambini, in- carnazioni ultime delle nostre speranze per il futuro del- l’umanità40.

1 Cfr. V. Cesareo, I. Vaccarini, L’era del Narcisismo, Franco Angeli, Milano 2012.

1. Aspetti e problemi della personalità narcisistica: una questione