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Erik Erikson: sviluppo del Sé e autotrascendimento

GLI EFFETTI DEL NON-AMORE NELL’APPROCCIO PSICOLOGICO

4. Erik Erikson: sviluppo del Sé e autotrascendimento

Anche Erik Erikson (1902-1994) psicologo e psicoanalista tede- sco, ravvisava in alcuni bambini problematici, come i bambini af- fetti da schizofrenia infantile da lui osservati, l’esistenza di una chiara ed evidente carenza affettiva, avvenuta a causa di diversi fattori (malattia, assenza, abbandono, anaffettività, morte), con particolare riferimento al ruolo materno58.

Aspetto peculiare della teoria stadiale di Erikson è rappresen- tato dalla continua necessità di auto-trascendimento che si pone nel superamento di uno stadio e nella risoluzione positiva della crisi in essere nello stadio successivo; il percorso evolutivo del- l’identità personale diventa pura capacità di autotrascendersi, cer- cando di realizzare un’identità compiuta e ben strutturata utile al superamento di nuovi fasi critiche nei diversi momenti evolutivi e rispondendo in maniera adeguata alle spinte del cambiamento in- dividuale. Ogni fase prepara alle successive e ogni irrisolto nelle precedenti fasi si trascina in quelle che seguiranno, chiamando in causa la naturale vocazione dell’essere umano all’equilibrio e al- l’armonia di sé nel continuo superamento di sè.

Nella descrizione degli otto stadi di sviluppo Erikson spiega come proprio nel primo stadio, quello della Fiducia/Sfiducia, che va da zero a 1 anno, si possano rintracciare i primi segni di uno scompenso evolutivo. Quando, cioè, le figure di accudimento ri- spondono in maniera positiva ai bisogni del bambino questi svi- lupperà una fiducia di base che gli consentirà gradualmente di la- vorare per la sua indipendenza, al contrario, quando il bambino subisce diverse forme di inappagamento svilupperà una sfiducia di base che rederà arduo e difficoltoso lo sviluppo dell’Io.

Come afferma Erikson:

Van Ijzendoorn (a cura di), L’intervento clinico basato sull’attaccamento. pro- muovere la relazione genitore-bambino, il Mulino, Bologna 2015; S. Mitchell, Il modello relazionale. Dall’attaccamento all’intersoggettività, Raffaello Corti- na, Milano 2002; T. B. Brazelton, B. G. Cramer, Il primo legame. Genitori, fi- gli e il dramma del primo attaccamento, Frassinelli, Como 1991.

58 Cfr., E. Erikson, “Jean: un fallimento precoce dell’Io”, in Infanzia e società, Armando, Roma 1996, pp. 183-194.

La formazione di un modello duraturo per la soluzione del conflitto fondamentale tra la fiducia e la sfiducia è il primo compito dell’Io e, quindi, il primo compito delle cure ma- terne. Bisogna però dire qui che la fiducia deriva dall’espe- rienza della prima infanzia in una misura che non sembra dipendere dal nutrimento ricevuto o dalle manifestazioni d’affetto, ma piuttosto dalla qualità del rapporto con la madre. Ciò che consente alle madri di fondare la fiducia nei loro figli è una combinazione ideale di sensibilità per le esigenze individuali del bambino e di fiducia in se stesse sperimentata nella forma particolare ad una determinata cultura ed appoggiata dalla stabilità di questa. Ciò costitui- sce nel bambino la base di un senso di identità che più tar- di si combinerà al senso di essere se stesso, di divenire quello che gli altri si attendono. Ci sono poche frustrazio- ni, sia in questo stadio che in quelli successivi, che un bam- bino non possa sopportare, se la frustrazione si risolve nel- l’esperienza di un consolidamento dell’identità e del senso della continuità dello sviluppo verso l’integrazione del ci- clo di vita individuale in un tutto più ampio59.

Lo stadio successivo, quello della Vergogna e dubbio opposte ad autonomia, che va dal primo anno al terzo anno di vita, proiet- ta il bambino verso richieste di autonomia e libertà che se non sup- portate da una guida amorevole e autorevole diventano momenti di grande frustrazione che inibiscono l’autonomia e accrescono il senso di dubbio e di vergogna nel bambino. La vergogna implica nel bambino la sensazione di essere esposto allo sguardo altrui in un momento in cui le parti di sé risultano svilite o annichilite dal rimprovero o il disappunto.

Quando è indotta in misura eccessiva, la vergogna non produce una genuina correttezza, ma piuttosto una deter- minazione segreta a farla franca senza essere visto, ove non determini addirittura un atteggiamento di sfida fondata su

59 E. Erikson, “Otto stadi nello sviluppo dell’uomo”, in Infanzia e società, cit., pp. 232-234.

una totale assenza di pudore60; Accanto al sentimento del-

la vergogna troviamo quello del dubbio.

I principi della legge e dell’ordine nascono e scaturiscono da una corretta gestione di questa importante fase di vita dove si comprendono i privilegi, i limiti, i diritti e di doveri di tutti nel ri- spetto di tutti.

In tal senso, come spiega Erikson:

La sensazione che gli adulti che lo circondano godono di dignità ed indipendenza fondate sulla giustizia e sulla leg-

ge, permette al fanciullo di buona volontà di nutrire il con-

fidente presentimento che l’autonomia fondata nell’infan- zia non lascerà il posto più tardi al dubbio o alla vergogna. In tal modo il senso della autonomia, fondata dal fanciullo e modificatosi con il progredire della vita, contribuisce al- la conservazione, nella vita economica e politica, del senso della giustizia e ne è a sua volta conservato61.

Il terzo stadio, quello dello Spirito di iniziativa opposto al Sen-

so di colpa, va dai 3 ai 6 anni di età; in questo stadio il bambini

completa lo sviluppo dell’autonomia attraverso le qualità dell’in- traprendere, del pianificare e dell’eseguire un compito per il pia- cere che ne deriva. L’elemento che può disturbare questa fase è il senso di colpa che sopraggiunge a causa di impedimenti esterni al- l’estrinsecazione dell’esuberanza del fare tipica di questa fascia di età. Da un eccesso di senso di colpa può scaturire sia un eccesso moralizzante, sia una ribellione interna a un senso del proibito troppo ingombrante che inibisce e contrae lo spirito d’iniziativa, inibendolo e contraendolo. Questa fase di vita pone le basi per una comprensione più matura del senso del limite, del lecito e del

giusto, al di là degli aspetti desideranti insiti in ciascuno. La diffe-

renziazione fra principio del piacere e principio di realtà qui si so- stanzia per porre le basi per una corretta azione nel mondo e per la convivenza civile con gli altri all’interno della società. Un dise-

60 Ivi, p. 236. 61 Ivi, p. 238.

quilibrio nell’alternanza fra lo spirito di iniziativa e il limite impo- sto dal senso di colpa può condurre a diverse manifestazioni an- che in età adulta, laddove il conflitto irrisolto genera comporta- menti di tipo antisociale e deviante da un lato, o estremamente moralizzanti dall’altro.

Il quarto stadio, detto anche di latenza, va dai 6 ai 12 anni e corrisponde all’età della scolarizzazione primaria; la crisi che è in questa fase il bambino è chiamato a risolvere è quello fra le oppo- ste tendenze fra Industriosità e Senso di inferiorità. In questo pe- riodo il bambino fa il suo ingresso in un ambiente scolastico che lo avvia a forme di istruzione sistematica, egli è dunque chiamato alla collaborazione con gli altri, partecipa ad attività comuni e si impegna in compiti lavorativi di una certa complessità che richie- dono attenzione e concentrazione. Come spiega Erikson questo stadio porta con sé il pericolo che il bambino possa avvertire osta- coli sia interni che esterni, sperimentando un eventuale senso di inferiorità e di inadeguatezza nello svolgimento dei nuovi compiti che lo coinvolgono attivamente.

Se egli dispera dei suoi strumenti e delle sue capacità o del suo prestigio tra i coetanei, può essere trattenuto dall’iden- tificarsi con essi e con la sezione del mondo degli strumen- ti. […]. Il bambino si sente allora mal dotato strumental- mente ed anatomicamente e si considera condannato alla mediocrità o alla inadeguatezza. È a questo punto che la società deve rivelare al bambino il suo ruolo in una più va- sta economia. Lo sviluppo di molti bambini è sconvolto dal fatto che la vita familiare non è riuscita a prepararli a quella scolastica o dal fatto che la vita scolastica non riesce ad appoggiare le promesse dei primi stadi62.

È in questo stadio che il bambino inizia a comprendere la na- tura e le caratteristiche del proprio contesto familiare e sociale in relazione alle caratteristiche riscontrate negli altri; nasce il senti- mento della differenza e dell’uguaglianza, come anche le disparità sociali e le differenze etniche, culturali e religiose che spesso pos-

sono acuire il senso di inferiorità e di inadeguatezza, cristallizzan- do e perpetuando i contesti sociali e familiari nelle diverse genera- zioni. Il senso di identità qui si fa molto più marcato rispetto agli stadi precedenti, rendendo ancor più difficoltosa la strutturazione della propria identità, spesso decisa dai contesti sociali di prove- nienza, sia nei casi positivi, sia in quelli dove disagio, povertà, de- vianza e criminalità rappresentano l’unica norma e l’unico model- lo di riferimento.

Il pericolo maggiore è rappresentato, infatti, da quello che Erikson chiama autorestrizione delle prospettive individuali, ovve- ro “l’autorestizione dell’individuo ed il suo costringersi a non in- cludere nei propri orizzonti altro che quel lavoro al quale, come dice il Libro, egli è stato condannato dopo la sua cacciata dal pa- radiso”63, confermando e legittimando logiche di sistema che mi-

rano a confermare e non a migliorare lo status quo, mancando nel- la promozione di pari opportunità, nell’esaltazione nei soggetti dei sentimenti di autoefficacia personale e di resilienza, strategie indi- spensabili per acquisire la capacità e, soprattutto, la possibilità di sfuggire a forme di determinismo sociale ancora oggi imperanti e decisive.

Diversi sono i compiti evolutivi che accompagnano gli adole- scenti e i preadolescenti nella fascia di età compresa fra i 12 e i 20 anni circa, divisi fra ricerca di Identità e Dispersione, il quinto sta- dio. L’epoca della pubertà e dell’adolescenza ripropone tutti gli stadi precedenti rimettendoli in discussione e riportando all’atten- zione anche tutti i conflitti lasciati irrisolti nelle precedenti fasi. Il periodo della crisi vede il riaccendersi di tutti i focolai del passato mentre l’identità chiede una più decisa formalizzazione; ecco per- ché uno dei pericoli maggiori di questa età è la confusione circa il proprio ruolo e la propria identità. La mentalità inizialmente ideo- logica dell’adolescente lo induce a sperimentare forme di aggrega- zione in cui prevale il sentimento dell’identificazione alla casta, ov- vero al gruppo di riferimento, con le sue particolari visioni del mondo e della realtà, con le sue regole e con il suo conformismo interno. È in questa fase che troviamo le prime vere forme di com-

portamento antisociale, deviante e criminale che, se non recupera- te in tempo, a causa delle risposte sociali di stigma64e di etichetta-

mento, inducono gli adolescenti a perpetrare tali comportamenti fino alla nascita e alla cristallizzazione di identità negative e de- vianti.

La sesta fase, che va dai 20 ai 40 anni circa, corrisponde alla sfi- da evolutiva che si stabilisce fra gli opposti di Intimità/Isolamen-

to: il soggetto si muove verso una più matura conquista dell’iden-

tità anche attraverso il riconoscimento e l’intimità con gli altri, con la società e nei rapporti affettivi e amorosi. L’intimità rappresenta dunque l’esito normale di un processo che porta l’individuo singo- lo a trovare compimento anche nelle relazioni intime e mature, ba- si per la creazione di nuovi rapporti familiari. All’opposto, l’evita- mento e il diniego dell’intimità e delle relazioni profonde porta l’individuo a forme più o meno serie di isolamento, spesso con for- me anche significative sul piano psicopatologico, determinando anche gravi problemi di natura caratteriale.

Generatività e Stagnazione appaiono come i due aspetti che ca-

ratterizzano l’età matura al settimo stadio che va dai 40 ai 65 anni circa; la generatività implica il compimento positivo di tutti gli sta- di evolutivi che lo hanno preceduto. Essa, in particolare ha come obiettivo quello di creare e dirigere le nuove generazioni, farsi gui- da e riferimento per gli altri, al contrario si viene a determinare una regressione che comporta anche stagnazione e impoverimen- to personale. L’incapacità di essere per gli altri blocca la spinta evolutiva di questo stadio, spesso provocata da un amore narcisi- stico di sé, derivante dall’infanzia, che si concentra esclusivamen- te nell’attenzione alla ricerca spasmodica della propria autoaffer- mazione personale.

La vecchiaia spinge gli individui all’ultima estenuante sfida evolutiva, in bilico fra Integrità dell’Io e Disperazione.

Oltre questi sette stadi può procedere, come per cogliere il frutto, solo colui che si sia interessato, in una forma o in un’altra, a cose e a persone, e che sia passato attraverso i

trionfi e le delusioni necessariamente legati alla generazio- ne di individui, cose ed idee. Il termine migliore per indi- care lo stato in tal modo raggiunto è a mio avviso quello di integrità dell’Io. […]Essa corrisponde all’accresciuta cer- tezza dell’Io di dirigersi verso l’ordine e la significatività; ad un affetto post-narcisistico non per l’Io individuale, ma per quello umano, inteso come esperienza di un ordine universale e di un significato spirituale degni di qualsiasi prezzo; all’accettazione del proprio ed irripetibile ciclo di vita come di qualcosa di necessario e insostituibile […]”65.

La conquista dell’integrità dell’Io corrisponde anche al- l’acquisizione consapevole di una maturata saggezza unita- mente all’assenza di paura della morte, vissuta come esito necessario di una vita vissuta in tutta la sua pienezza, sen- za rimpianti o rimorsi, senza la paura di non averportato a compimento ciò che era in potenza, sentimenti che condu- cono verso diverse forme di disperazione personale. “La disperazione si affaccia ad esprimere il sentimento che il tempo è breve, troppo breve per ricominciare un’altra vita e per battere altre strade verso l’integrità66.

Raggiungere la maturità significa, quindi, sviluppare in misura sufficiente tutte le qualità dell’Io, “ed è perciò che un saggio india-

no, un vero gentiluomo ed un contadino maturo riconoscono l’uno nell’altro lo stesso stadio finale di integrità”67. A questo punto Erik-

son chiude il cerchio tornando all’importanza del primo stadio dello sviluppo, quello della fiducia, posto alla base del successo e del compimento positivo di tutti gli altri stadi evolutivi dell’uomo; la fiducia è, allora, fiducia e fede nell’integrità di un’altra persona.

Fiducia e integrità chiudono il cerchio dell’autotrascendimento di

ogni singolo uomo impegnato nella difficile e complessa costruzio- ne di sé, dove la fiducia del bambino, la sua speranza nel futuro, il suo senso di autoefficacia e l’espressione della sua piena volontà, nella considerazione dei limiti soggettivi e oggettivi imposti dalla coscienza, dalle regole e dalle leggi, si appoggiano inevitabilmente

65 E. Erikson, Infanzia e società, cit., pp. 250-251. 66 Ivi, p. 251.

alle qualità di intimità, generatività e integrità delle figure adulte di riferimento.

Così Erikson, infatti, conclude: “[…] i bambini sani non hanno

paura della vita se i loro genitori hanno abbastanza integrità da non temere la morte”68.

E nel testo Introspezione e responsabilità Erikson spiega anco- ra il senso ultimo dello stadio che chiude il ciclo di vita:

Ogni tratto dell’intero ciclo della vita che venga vissuto senza un intenso significato, all’inizio, nel mezzo o alla fi- ne di esso, pregiudica il senso della vita e il significato del- la morte in tutti coloro i cui stadi vitali siano reciproca- mente intrecciati. L’individualità trova qui la sua ultima prova: l’esistenza dell’uomo è cioè alle soglie della valle che egli deve precorrere da solo69.

68 Ivi, p. 252. Corsivo mio.

69 E. Erikson, Insight and Responsibility. Lectures on the Ethical Implications of Psychoanalytic Insight, W. W. Norton & Co, New York 1964, tr. it., Introspe- zione e responsabilità. Saggi sulle implicazioni etiche dell’introspezione psicoa- nalitica, Armando, Roma 1972, p. 135.

La prima carezza del bambino 1980

Mary Cassat

1. Preludio sulla «neuropsicoanalisi»: spunti clinici alla pedagogia