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Carl Gustav Jung e il processo di individuazione: forme alchemi che dell’autotrascendimento

In Carl Gustav Jung, (1875-1961) allievo sui generis di Freud, psi- chiatra svizzero e pioniere della psicologia analitica e archetipica, l’evoluzione dialettica di sé come autotrascendimento si compie in quello che egli ebbe a definire come processo di individuazione del Sé. Secondo lo psichiatra, infatti, il processo di individuazione non sarebbe altro che “la realizzazione empirica della totalità psichi-

72 M. Zambrano, Hacia un saber sobre el alma, Fundacion Maria Zambrano, 1991, tr.it., Verso un sapere dell’anima, Raffaello Cortina, Milano 1996, p. 84. 73 Ivi, p. 85.

ca”74, ovvero il farsi Sé. Fine dell’individuazione è propriamente lo

sviluppo della personalità individuale pienamente integrata e libe- rata.

Affinché il processo di individuazione abbia inizio sono essen- ziali per Jung due necessari presupposti: l’analisi psicologica e in- trospettiva e una situazione esistenziale idonea al compito. “Co- mune ad entrambi è comunque il criterio indispensabile della re- lazione psicologica con un’altra persona che si rapporti in modo oggettivo a questa problematica, vale a dire che non vi sia coinvol- ta anch’essa. Nel caso dell’analisi, si tratta dello psicologo di pro- fessione, nel caso della specifica situazione esistenziale, di una per- sona che abbia fatto anch’essa l’esperienza dello psichico-oggetti- vo e che possieda le necessarie conoscenze psicologiche”75.

Nella relazione dialogica e dialettica con sé e con l’altro l’indi- viduo coglie l’occasione di avviare e portare a compimento il suo Sé autentico, svelandosi a se medesimo; allo stesso modo una si-

tuazione di vita particolare, come ad esempio la carcerazione, può

determinare nella persona l’esigenza profonda di individuazione, utilizzando la situazione come fase dialettica che spinge all’evolu- zione di sé.

Nel processo di individuazione la prima figura psichica che compare è quella dell’Ombra, della quale Tony Wolff, una fra le più brillanti allieve di Jung, ci offre un’esaustiva descrizione:

L’ombra è ciò che non sta alla luce della coscienza e che non può salire all’altezza degli atti coscienti, in quanto par- tecipa dell’insufficienza, dell’inerzia e della malvagità ine- renti all’essere umano. L’Ombra contiene tutti i disvalori o i valori opposti a quelli dell’Ego. Moralmente e spiritual- mente, è di qualità inferiore ed inoltre non si trova alla stessa altezza dello spirito del tempo come avviene invece per l’Io; le è propria ogni sorta di residuo del passato pros- simo e remoto. In quanto la natura umana partecipa di qualità universali, la psiche collettiva contiene le possibili-

74 T. Wolff, Introduzione alla psicologia di Jung, Moretti & Vitali, Bergamo 1991, p. 133.

tà di tutte le azioni umane più elevate e più basse. L’Om- bra dunque è sempre dall’altra parte, dove non sta l’Ego. È l’Alter Ego, quell’Io che io stesso sono, non però nel mondo della mia coscienza individuale, ma nel mondo del- la realtà psichica totale. […]. Come la Persona contiene tutto ciò che si vuole essere e rappresentare davanti ai pro- pri occhi e a quelli degli altri, nel rispetto dei valori ester- ni collettivi, così nell’Ombra appare tutto ciò che, pur ap- partenendo alla natura umana collettiva, per motivi mora- li, estetici, intellettuali e d’altro genere si rigetta e non si la- scia affiorare, proprio in quanto non concorda con i prin- cipi consci e sembra poco pratico o addirittura insensato; per questo motivo, l’azione esercitata dall’Ombra è simile molte volte a quella di un coboldo, che sorprende e spa- venta con i tiri più inattesi e spiacevoli. Essa è all’opera quando ci si lascia andare, quando a una persona capita qualcosa di sciocco, quando, con proprio raccapriccio, in un’azione apparentemente disinteressata si scoprono an- che motivi oltremodo egoistici oppure, accanto a un senti- mento elevato, affiora una critica meschina dell’oggetto, o ancora quando ci si sorprende in pensieri o comportamen- ti perfidi76.

Il primo compito del processo di individuazione è dunque quel- lo di favorire l’integrazione dell’Ombra, ovvero la capacità di es- serne consapevoli e pienamente responsabili. “Riconoscendo l’Ombra, l’uomo viene messo di fronte alle proprie contraddizio- ni. La parte inconscia dell’Ombra fa penetrare l’individuo ancora più a fondo in queste antitesi, nella natura antitetica dell’inconscio in generale”77. E facendo ciò l’individuo diventa in possesso della

più grande facoltà umana, l’essere consapevoli, presupposto fonda- mentale di qualsiasi processo evolutivo e dialettico.

La seconda figura che si incontra nel processo di individuazio- ne è l’immagine dell’anima, l’aspetto interiore dell’individuo che si esprime nell’Anima, principio femminile negli uomini e nell’Ani-

mus, principio maschile nelle donne:

76 Ivi, pp. 143-144. 77 Ivi, p. 145.

L’attivazione dell’archetipo dell’immagine dell’anima è un evento di importanza decisiva per il destino di un indivi- duo, in quanto è l’inizio inequivocabile del fatto che è in- cominciata la seconda metà della vita. Se l’Ombra era l’esperienza vissuta del carattere antitetico della propria personalità, l’incontro con l’immagine dell’anima è il mez- zo e la via attraverso cui la direzione di vita, fino ad ora unitaria, cambia. Lo psichico-oggettivo è diventato una re- altà non più evitabile e di conseguenza la coscienza deve confrontarsi con essa e considerare una questione vitale l’orientamento verso l’interno […]78.

Associati all’archetipo dell’Anima sono quelli del vecchio sag-

gio, della ricerca del senso, unitamente al principio spirituale che

conducono gradualmente all’archetipo dell’individuazione, l’ar- chetipo del Sé:

L’archetipo del Sé, in quanto immagine primordiale della totalità psichica, contiene in se stesso l’esigenza della sua

realizzazione, in altri termini della rielaborazione della spe-

cificità individuale nella vita personale e nella realtà con- creta79.

Nella comprensione del processo di individuazione è essenzia- le il richiamo agli studi da Jung effettuati sulla rilevanza psicologi- ca dei processi alchemici. L’alchimia e il lavoro alchemico di tra- sformazione del sé attraverso la metafora dei materiali e delle so- stanze si sostanzia nell’opus alchemico, ovvero nel lavoro, come spiega Luigi Aurigemma, “teso alla fabbricazione di una realtà nuova e superiore, la si chiami “presa di coscienza” nel linguaggio psicologico moderno, o la si chiami, nel linguaggio alchimistico,

aurum potabile (oro potabile) o panacea o lapis (pietra) o in molti

altri modi ancora”80, ovvero l’archetipo dell’individuazione.

78 Ivi, pp. 149-150. 79 Ivi, p. 155.

80 L. Aurigemma, “Premessa”, in C. G. Jung, Psicologia e alchimia, in Opere, vol. 12, Bollati Boringhieri, Torino 1995, pp. VIII-IX;

Presupposto junghiano è la supposizione che nell’anima esista un processo finalistico, ovvero che nell’anima esista un processo in- dirizzato a una meta:

‘Ars totum requirit hominem!’ Esclama un antico alchimi- sta. E ciò che si cerca è proprio questo homo totus81.

Questo uomo totale è l’uomo nascosto, non manifesto, futuro che può esprimersi e compiersi solo con il confronto dei contrari psichici, in primis con l’Ombra. La via che conduce alla meta ap- pare caotica e confusa, la direzione all’inizio è solo accennata e ab- bozzata; essa non procede per moto rettilineo, essa appare invece come una spirale, come un processo ciclico che procede a livelli sempre più differenziati.

L’opus alchemico parte, dunque, dal confronto iniziale con l’Ombra, con il nero, nigredo secondo la terminologia alchemica, con l’ingresso nella fase depressiva, e si compie iniziando dalla pri- ma materia, il verderame, dagli aspetti rugginosi di sé come prepa- razione dell’oro filosofico, passando per il bianco, albedo e il ros- so, rubedo, e come scrisse Talete, richiamato da Jung, “È proprio

quello che si vuole: Moneta rugginosa è più preziosa”. L’osservazione paradossale di Talete – precisa Jung – che sia soltanto la ruggine a dare il vero valore alla moneta, è una specie di parafrasi alchimistica, e in fondo non vuol dir altro se non che non esiste luce senza ombra, e nessu- na totalità psichica senza imperfezione. La vita, per com- piersi, ha bisogno non della perfezione, ma della completez-

za. Di questa fa parte la “spina nella carne”, la tolleranza

dell’imperfezione, senza la quale non c’è né progresso né ascesa82.

L’opera di trasformazione alchemica appare come un solve et

coagula, scomporsi, dissolversi per rigenerare se stessi; il solve co-

me rottura degli elementi, dissolvenza, creazione di materia amor-

81 C. G. Jung, Psicologia e alchimia, cit., p. 12. 82 Ivi, p. 159.

fa, il coagula come nuovo riaddensamento dei precedenti elemen- ti nell’ultima fase dialettica di sintesi. Il solve et coagula è per ec- cellenza il processo alchemico di trasformazione e di autotrascen- dimento che si compie con l’annientamento di sé, come fenice che continuamente rinasce dalle proprie ceneri, come progressivo su- peramento di sé verso nuove forme, in vista di uno stato di ordine superiore al precedente.

Dove c’è putrefazione c’è rigenerazione, e ogni oltrepassa-

mento deve prima essere morte, così ci ammonisce la sa- pienza ermetica e non resta che sperare che anche questa volta vada così83.

Si tratta di una vera e propria opera di redenzione in cui non si attende l’opera come attesa e dono, ma come azione e opera silen- ziosa diretta su di sé, con abnegazione, costanza e sacrificio di sé. Il processo di individuazione appare, dunque, come un lungo e complesso processo di trasformazione interiore e di rinascita in un altro sé più evoluto e più ampio e scopo di tale processo “è la sin- tesi del Sé. Secondo un altro punto di vista, al termine “sintesi” sa- rebbe preferibile il termine “entelechia””84, termine aristotelico

che indicava l’unione fra l’essere in potenza e l’essere in atto; l’in- dividuo sulla strada dell’individuazione è inteso allora come una “totalità in divenire”85, mosso “dall’impulso più forte e più irresi-

stibile di ogni essere: l’impulso all’autorealizzazione. […]. L’im- pulso e la coazione all’autorealizzazione è una “legge di natura” e ha quindi una forza invincibile, anche se la sua azione, all’inizio, può sembrare insignificante e improbabile”86.

L’impulso all’autorealizzazione, quest’inconscia tendenza evo- lutiva, si compie nella maturazione completa della personalità in- torno al suo nucleo unificante e totale, il Sé, l’unione degli oppo-

83 A. Vitale, Solve et coagula. Itinerario e compimento dell’uomo nella metafora alchemica, Moretti & Vitale, Bergamo 2002, p. 238.

84 C. G. Jung, Gli archetipi e l’inconscio collettivo, in Opere, vol. 9*, Bollati Bo- ringhieri, Torino 1997, p. 158.

85 Ivi, p. 161. 86 Ivi, p. 163.

sti, ovvero quella che Jung definì come la “funzione trascenden- te”87e può avvenire solo a patto che l’uomo compia un autosacri-

ficio del proprio Io e della propria condizione di partenza e che sia, altresì, disposto ad accogliere i patimenti che la realizzazione piena e spirituale del Sé per mezzo dell’introspezione comporta:

In quanto l’individuazione rappresenta un compito eroico o tragico, cioè gravissimo, essa comporta patimenti, una

passione dell’Io, cioè dell’uomo empirico, comune, qual è

stato finora, cui accade di essere accolto in una più vasta sfera e di spogliarsi di quella ostinatezza che si crede libe- ra. Egli, per così dire, patisce violenza dal Sé88.

87 Ivi, p. 280.

88 C. G. Jung, Psicologia e religione, in Opere, vol. 11., Bollati Boringhieri, Tori- no 1992, p. 156.

1 Psicoanalista junghiano di fama mondiale. Direttore della Fondazione di psi- coenergetica di Orselina-Locarno (Svizzera).

1. “La ferita dei non amati”: l’apporto della psicoanalisi in Peter Schellenbaum

Dall’esigenza dell’autotrascendimento come principio filosofico esi- stenziale, psicologico e pedagogico, torniamo a occuparci di quel- la specifica forma di autotrascendimento che spetta alla categoria di individui che abbiamo definito con Sartre con il termine mal-ama-

ti. Prima di comprendere, però, il lungo e complesso lavoro intro-

spettivo che si presenta come via per la guarigione di sé è essenzia- le cercare di spiegare, da un punto di vista psicologico, neurologi- co e psicodinamico, la natura degli effetti e delle conseguenze del non amore, fra le quali possiamo trovare anche le tendenze antiso- ciali poste come centrali nell’analisi di molti studiosi sul tema. I successivi capitoli saranno dunque dedicati proprio alla compren- sione degli effetti del non-amore sul piano psichico, sociale e rela- zionale, fornendo nel contempo spunti di riflessione su cui organiz- zare diverse proposte operative nel trattamento pedagogico e rie- ducativo di soggetti con ferite da mal amore radicate nell’infanzia.

Il primo livello di analisi scelto è quello che fa capo allo psicoa- nalista svizzero, di scuola junghiana, Peter Schellenbaum1, secon-

do il quale il non-amore rappresenta per molti la ferita più antica e la più amara da riconoscere. Da non amato, come dichiarato so- vente nei suoi libri, l’autore ci ricorda della prima difficoltà quasi

GLI EFFETTI DEL NON-AMORE