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Attuali funzioni degli organi di controllo sociali

CAPITOLO II – L’ORGANIZZAZIONE DELLE

2. Il sistema dei controlli sulle società

2.1. La disciplina privatistica del controllo

2.1.1. Attuali funzioni degli organi di controllo sociali

Le funzioni attribuite dalle varie previsioni di legge all’organo di controllo delle società quotate risentono attualmente della diversa configurazione dell’organo stesso nei tre diversi modelli di governance societaria, cioè sistema tradizionale, monistico e dualistico. Si rende perciò necessario distinguere tra funzioni del collegio sindacale, funzioni del consiglio di sorveglianza e funzioni del comitato per il controllo sulla gestione.

Nel sistema tradizionale, le funzioni del collegio sindacale nelle società quotate sembrano potersi ricavare unicamente dalla legislazione speciale, dal momento che l’art. 154 t.u.f. esclude che le disposizioni codicistiche relative all’organo di vigilanza (art. 2403 c.c.) possano trovare applicazione nei confronti degli organi delle società quotate.

In realtà la dottrina si è a lungo interrogata sull’effettività di questa esclusione, in particolar modo ci si è domandato se, alla luce degli artt. 149 e 154 t.u.f., possa considerarsi interdetto al collegio sindacale qualsiasi potere di controllo contabile, con conseguente esonero di responsabilità in tale settore. Una attenta analisi del dato testuale legislativo ha condotto a ritenere che il collegio sindacale, anche nelle società quotate, mantenga comunque una funzione di controllo contabile sintetico e generale sulle procedure e sui metodi99. Ne è una prova il fatto che ai sensi dell’art. 149, 3°

99

A questo proposito si è segnalato che il collegio deve comunque compiere sorveglianza «sull’adeguatezza (…) del sistema amministrativo contabile» e che esso «riveste un ruolo di controllore generale e di garante di ultima istanza della efficacia del sistema di rappresentazione contabile, nonché di verificatore per sintesi della correttezza, legale e

c., t.u.f. e dell’art. 154 t.u.f., il collegio sindacale deve comunicare senza indugio alla Consob le irregolarità nella gestione sociale, corredando tale segnalazione con i verbali delle riunioni e degli accertamenti svolti e ogni altra utile documentazione. Inoltre, al fine di assicurare la funzione amministrativa nei confronti dell’assemblea, al collegio sindacale è fatto obbligo di presentare, all’assemblea per l’approvazione del bilancio, una relazione sull’attività di vigilanza svolta e sulle omissioni e sui fatti censurabili rilevati100. Ai sindaci viene anche riservata la facoltà di fare proposte all’assemblea in ordine al bilancio e alla sua approvazione (art. 153, 2° c., t.u.f.), facoltà che, se non esercitata, non inficia il procedimento di formazione del bilancio.

Nel sistema dualistico, al consiglio di sorveglianza, oltre alle funzioni di controllo sulla gestione ed esclusa qualsiasi competenza di controllo contabile101, è attribuito il compito di approvare il bilancio e nominare i consiglieri di gestione102. A differenza del collegio sindacale, il consiglio di sorveglianza deve redigere la propria relazione in occasione dell’assemblea annuale.

Nel modello monistico, il comitato per il controllo sulla gestione ha il compito di vigilare sull’adeguatezza della struttura e dei sistemi

tecnica, del risultato» (P. MONTALENTI, La società quotata, in G. COTTINO (diretto da),

Trattato di diritto commerciale, IV, 2, Padova, Cedam, 2004, p. 258). Si è inoltre osservato

che «il collegio sindacale nelle quotate è chiamato a vigilare sull’osservanza della legge [art. 149, 1° co., lett. a) t.u.f.], e quindi anche sull’osservanza delle disposizioni contabili, nonché sui principi di corretta amministrazione [art. 149, 1° co. lett b) t.u.f.] tra i quali primaria importanza assume il rispetto delle regole contabili» (P. MONTALENTI – S. BALZOLA, La società per azioni quotata, Bologna, Zanichelli, 2010, pp. 137-138).

100

Cfr. sul punto P. MAGNANI, Commento art. 153, in P. MARCHETTI –L.A.BIANCHI (a cura di), La disciplina delle società quotate nel testo unico della finanza d.lgs. 24 febbraio

1998, n. 58, Milano, Giuffrè, 1999, pp. 1790 ss. e G. CAVALLI, Commento art. 153, in G. F. CAMPOBASSO (diretto da), Testo unico della finanza, II, Torino, Utet, 2002, pp. 1245 ss. 101 Secondo quanto stabilito dall’art. 2409 terdecies, 1° c., c.c.

organizzativi interni e deve gestire i rapporti con il revisore esterno103. In questo caso, la disciplina speciale si affianca a quella codicistica, estendendo al comitato per il controllo sulla gestione l’obbligo di riferire eventuali irregolarità alla Consob. Il comitato deve redigere inoltre la propria relazione di vigilanza in occasione dell’assemblea che approva il bilancio.

Una significativa novità è stata introdotta dall’art. 19 d.lgs. 39/2010, che prevede l’istituzione di un comitato per il controllo interno e la revisione contabile negli enti di interesse pubblico, tra i quali possono essere annoverate le società per azioni quotate in mano pubblica. Tale comitato deve vigilare: sul processo di informativa finanziaria; sull’efficacia dei sistemi di controllo interno, revisione interna e gestione del rischio; sulla revisione dei conti; sull’indipendenza del revisore.

Il comitato si identifica con il collegio sindacale, nelle società che adottano il modello di amministrazione e controllo tradizionale; con il consiglio di sorveglianza, nelle società che adottano il modello dualistico; con il comitato per il controllo sulla gestione nelle società che optano per il sistema monistico. L’intervento normativo non rimane però solo una questione linguistica o terminologica, perché il nuovo dato legislativo consente di affermare che, a prescindere dal modello di amministrazione e controllo scelto, ogni società quotata di interesse pubblico ha un organo sociale preposto al controllo contabile104.

2.1.2. I poteri degli organi di controllo

I poteri di cui dispone l’organo di controllo delle società quotate possono essere distinti in tre categorie: poteri informativi, ispettivi e reattivi.

103

Si tratta delle facoltà elencate all’art. 2409 octiesdecies, 5° c., c.c. Sul punto cfr. F. SALINAS, Commento art. 2409 octiesdecies, in G. COTTINO et al. (diretto da), Il nuovo diritto societario, Bologna, Zanichelli, 2004, pp. 1222 ss.

104

Nello schema così delineato pare nuovamente ravvisabile un problema di sovrapposizione di competenze tra il collegio sindacale e i revisori contabili. Sul punto cfr. P.MONTALENTI –S.BALZOLA, La società per azioni quotata, op. cit., p. 143.

Per quanto concerne i poteri informativi105, il Testo Unico della Finanza impone all’organo amministrativo di riferire all’organo di controllo sull’attività svolta sia dal consiglio sia dagli amministratori delegati (art. 150, 1° c., t.u.f.). La relazione deve contenere dati specifici sulle operazioni più rilevanti dal punto di vista economico e finanziario effettuate dalla società o dalle società controllate. L’informativa deve essere tempestiva o con cadenza almeno trimestrale e deve essere indirizzata, a seconda del modello di amministrazione controllo scelto, dal consiglio d’amministrazione al collegio sindacale, dal consiglio di gestione al consiglio di sorveglianza o dagli amministratori al comitato per il controllo sulla gestione (art. 150, 2° c., t.u.f.). All’obbligo di informativa che grava sull’organo amministrativo fa da contraltare il potere-dovere dei singoli membri dell’organo di controllo di richiedere informazioni agli amministratori, anche con riferimento a società controllate, sull’andamento delle operazioni sociali o su determinati affari (ai sensi degli artt. 151, 1° c., 151 bis, 1° c. e 151 ter, 1° c., t.u.f.)106.

Il Testo Unico della Finanza tenta anche di assicurare un adeguato raccordo e coordinamento tra l’organo di controllo e la società di revisione prevedendo che vi sia un flusso di informazioni interorganico. Si prevede infatti che i due organi si scambino informazioni per l’espletamento dei rispettivi compiti (art. 150, 3° c., t.u.f.).

Per quanto riguarda i poteri ispettivi, l’organo di controllo risulta titolare di poteri istruttori assume dati necessari per lo svolgimento di una corretta vigilanza. Più nello specifico, ciascun sindaco può procedere in qualsiasi momento a compiere atti di ispezione e controllo, che si sostanziano

105 Bisogna premettere che anche l’obbligo di partecipazione dei membri dell’organo di controllo alle sedute dell’assemblea o del consiglio d’amministrazione (previsto dall’art. 149, 2° c., t.u.f.) è funzionale al diritto di informazione. Sui poteri informativi in generale si rinvia a P. MAGNANI, Commento art. 150, op.cit., pp. 1732 ss.; G. CAVALLI, Commento art.

150, op. cit., pp. 1250 ss.; P.MONTALENTI, La società quotata, op. cit., pp. 270 ss. 106

Tale facoltà attribuita ai membri dell’organo di controllo ha un oggetto più ampio del corrispondente obbligo di informativa posto in capo agli amministratori, potendo riguardare determinati affari a prescindere dalla loro rilevanza economica.

nell’accesso ai locali della società e nell’apprensione di documenti (ex art. 151, 1° c., t.u.f.).

I membri dell’organo di controllo possono poi esercitare poteri di richiesta di collaborazione per espletare al meglio le loro funzioni. In particolare, essi possono chiedere di avvalersi di dipendenti della società all’organo amministrativo (ai sensi degli artt. 151, 2° c., 151 bis, 3° c., 151 ter, 3° c., t.u.f.).

I poteri istruttori sono certamente finalizzati al pronto esercizio di penetranti poteri reattivi in caso di accertamento di irregolarità nella gestione. I poteri reattivi sono tre: il potere di convocazione; il potere di denuncia; l’esercizio dell’azione di responsabilità.

Previa comunicazione al presidente del consiglio d’amministrazione, nel sistema tradizionale, ciascun sindaco può convocare l’organo amministrativo e due sindaci congiuntamente possono convocare l’assemblea (art. 151, 2° c., t.u.f.).

Nel sistema dualistico, ciascun membro del consiglio di sorveglianza può convocare il consiglio di gestione, previa comunicazione al presidente del consiglio stesso, e due consiglieri di sorveglianza congiuntamente possono convocare l’assemblea (art. 151 bis, 3° c., t.u.f.).

Nel sistema monistico, ciascun componente del comitato per il controllo sulla gestione può convocare il consiglio d’amministrazione, previa comunicazione al presidente del consiglio (art. 151 ter, 3° c., t.u.f.), non è invece previsto alcun potere di convocazione diretta dell’assemblea.

Per quanto riguarda i poteri di denuncia, oltre al potere-dovere di denuncia delle irregolarità alla Consob, è opportuno menzionare il potere di denunzia al tribunale, che può essere esercitato nel caso in cui vi sia il fondato sospetto che gli amministratori, in violazione dei loro doveri, abbiano compiuto gravi irregolarità che possano arrecare danno alla società o a una o a più controllate (art. 152, 1° c., t.u.f.). Da segnalare che, oltre ad essere soggetto attivo, l’organo di controllo può essere oggetto di denuncia al tribunale da parte della Consob in caso di sospette irregolarità nell’adempimento dei doveri di vigilanza (art. 152, 2° c., t.u.f.).

Infine il collegio sindacale può esperire l’azione sociale di responsabilità, purché la deliberazione sia assunta con la maggioranza dei due terzi dei componenti (art. 2393, 3° c., c.c.).

2.1.3. La revisione contabile

Come si è in precedenza osservato, alla società di revisione è attribuita in via esclusiva l’attività di controllo contabile sull’impresa azionaria quotata qualificata come ente di interesse pubblico ai sensi del d.lgs. 39/2010. Le principali funzioni attribuite al revisore legale o alla società di revisione legale sono oggi elencati all’art. 14, d.lgs. 39/2010.

Innanzitutto questi soggetti sono chiamati a verificare nel corso dell'esercizio la regolare tenuta della contabilità sociale e la corretta rilevazione dei fatti di gestione nelle scritture contabili (art. 14, 1° c., lett. b)).

Un secondo compito consiste nel controllo di corrispondenza del bilancio, di esercizio e consolidato, alle risultanze delle scritture contabili, mediante un’apposita relazione le cui voci sono indicate al secondo comma dell’art. 14. Il giudizio sul bilancio può dunque essere senza rilievi, con rilievi o negativo.

Il giudizio senza rilievi viene reso quando il bilancio è conforme alle norme che ne disciplinano i criteri di redazione e rappresenta in modo veritiero e corretto la situazione patrimoniale e finanziaria e il risultato economico dell’esercizio.

Il giudizio con rilievi viene mosso qualora vengano riscontrati degli errori nell’applicazione dei principi contabili o qualora vi siano stati impedimenti nello svolgimento delle procedure di revisione tali da non permettere l’acquisizione di sufficienti elementi probativi per potere giudicare una o più voci del bilancio.

Il giudizio negativo viene invece riservato ai casi in cui siano riscontrate irregolarità o inesattezze tali da rendere la rappresentazione di bilancio inattendibile nel suo complesso.

Tranne che nell’ipotesi di giudizio senza rilievi, il revisore o la società devono analiticamente motivare il loro giudizio e, nel caso di giudizio negativo, dovrà essere immediatamente informata la Consob, mediante la trasmissione della relazione di revisione.

Per potere esprimere i vari giudizi i soggetti incaricati della revisione legale hanno diritto ad ottenere dagli amministratori documenti e notizie utili all'attività di revisione stessa e possono procedere ad accertamenti, controlli ed esame di atti e documentazione. Essi ricevono, inoltre, i documenti di revisione dai soggetti incaricati della revisione delle società controllate e possono chiedere ai suddetti soggetti o agli amministratori delle società controllate ulteriori documenti e notizie utili alla revisione, nonché procedere direttamente ad accertamenti, controlli ed esame di atti e documentazione e controlli presso le medesime società.

2.2. Il controllo della magistratura contabile

sulle società in mano pubblica

Alle società per azioni partecipate dallo Stato, accanto al sistema di controllo sulla gestione e sulla contabilità proprio di una qualunque società per azioni, si riconosce, ormai da quasi un ventennio, l’applicazione del controllo contabile da parte della Corte dei Conti.

La Corte, nell’ambito delle funzioni di controllo ad essa delegate dall’art. 100, 2° c., Cost., partecipa al controllo sulla gestione finanziaria degli enti, pubblici, privati o aventi forma privatistica, ai quali lo Stato contribuisce in via ordinaria, secondo le modalità stabilite dalla l. 21 marzo 1958, n. 259 (“Partecipazione della Corte dei conti al controllo sulla gestione finanziaria degli enti a cui lo Stato contribuisce in via ordinaria”)107.

Il controllo si concentra sugli esiti della gestione, in una valutazione complessiva dell’azione e dell’efficacia della attività monitorata, di una sua

107Tale controllo è esercitato dalla Corte dei conti - “Sezione del controllo enti ”, istituita ai sensi dell’art. 9, l. 21 marzo 1958, n. 259.

efficiente ed economica realizzazione108. L’attività di controllo si esplica in due modi regolati dagli artt. 7 e 8 della citata legge.

Il primo prevede che la Corte dei Conti riferisca al Parlamento il risultato dell’esame eseguito sulla gestione finanziaria. Il secondo dispone che, nel caso in cui vengano accertate irregolarità nella gestione di un ente e sempre che lo si ritenga opportuno, la Corte formuli rilievi al ministro competente e al ministro dell’economia109

.

Quanto ai soggetti vigilati, la Corte dei Conti controlla: 1) gli enti che godono di contribuzione periodica110 a carico dello Stato e gli enti che si finanziano con imposte, contributi, tasse che sono autorizzati ad imporre o che siano ad essi devolute. I rappresentanti dei collegi sindacali o di revisione degli enti sono tenuti a fornire alla Corte ogni informazione utile ai fini dell’espletamento del suo controllo; 2) gli enti che godono di un apporto al patrimonio in capitale, servizi, beni ovvero mediante concessione di garanzia. In questo caso, è previsto specificamente che il controllo venga

108

L’art. 3, 7° c., l. 14 gennaio 1994, n. 20 (“Disposizioni in materia di giurisdizione e controllo della Corte dei Conti”) ha mantenuto fermo il controllo sulla gestione degli enti cui lo Stato contribuisce in via ordinaria disciplinato dalla citata legge 259/1958, stabilendo che le relazioni della Corte contengono anche valutazioni sul funzionamento dei controlli interni.

109 Le descritte procedure di controllo consentono dunque di affermare che «l’attività della Corte dei conti […] può dirsi solo impropriamente un controllo. Infatti, perché vi sia un controllo, occorre che ricorrano tre elementi: un metro (ad esempio, la legge, nel caso di controllo di legittimità); una verifica (cioè l’accertamento della conformità dell’attività sottoposta a controllo al metro adottato); una misura (ripristinatoria o sanzionatoria). Ora. È evidente che, nel caso specifico, non vi è una misura, potendo la Corte dei conti porre in essere soltanto le verifiche necessarie all’intervento di altri soggetti, il Parlamento, il Ministro del tesoro e il Ministro vigilante. Dunque la Corte dei conti non svolge un’attività di controllo. Pone in essere le verifiche, perché altri soggetti adottino le misure necessarie» (S.CASSESE, Natura e limiti del controllo della Corte dei conti sugli enti di gestione, in

Studi in onore di Vittorio Ottaviano, I, Milano, Giuffrè, 1993, p. 211)

110

Per contribuzione ordinaria, l’art. 2, l. n. 259/1958 intende i contributi che, con qualsiasi denominazione, una pubblica amministrazione o un'azienda autonoma statale abbia assunto a proprio carico, con carattere di periodicità, per la gestione finanziaria di un ente, o che da oltre un biennio siano iscritti nel suo bilancio.

esercitato da un magistrato della Corte dei conti, nominato dal Presidente della Corte stessa, che assiste alle sedute degli organi di amministrazione e di revisione.

In virtù della sentenza della Corte Costituzionale 28 dicembre 1993, n. 466, il potere di controllo della Corte dei Conti è esercitato sulle società per azioni derivanti dalla trasformazione o privatizzazione degli enti pubblici economici, fino a quando permanga la partecipazione maggioritaria dello Stato o degli altri pubblici poteri al capitale sociale delle società e fin quando permanga inalterato nella sostanza l’apporto finanziario dello Stato. In proposito la Corte ha avuto modo di affermare che «le ragioni che stanno alla base del controllo spettante alla Corte dei conti sugli enti pubblici economici sottoposti a trasformazione non possono, pertanto, considerarsi superate in conseguenza del solo mutamento della veste giuridica degli stessi enti, ove a tale mutamento formale non faccia seguito anche una modifica di carattere sostanziale nell’imputazione del patrimonio (ora trasformato in capitale azionario) tale da sottrarre la gestione finanziaria degli enti trasformati alla disponibilità dello Stato […]. Il controllo in questione verrà, invece, a perdere la propria ragione d’essere, legata alla sua specifica funzione, nel momento in cui il processo di “privatizzazione”, attraverso l’effettiva “dismissione” delle quote azionarie in mano pubblica, avrà assunto connotati sostanziali, tali da determinare l’uscita delle società derivate dalla sfera della finanza pubblica»111.

La posizione della Corte Costituzionale non è stata mai più messa in dubbio, anzi è stata costantemente confermata ogniqualvolta si sia posto il problema del controllo della Corte dei Conti sulle società partecipate.

Da ultimo, si può segnalare Cons. Stato, Sez. VI, sent. 19 giugno 2008, n. 3053, una pronuncia dalla quale non si può prescindere perché specifica alcune statuizioni della Corte Costituzionale e individua specificamente i presupposti per l’esercizio del controllo della Corte dei Conti.

Il caso che arriva all’attenzione del Consiglio di Stato riguarda una controversia tra la R.A.I. – Radiotelevisione Italiana S.p.A. e la Corte dei

Conti. Quest’ultima, nel 2001, aveva disposto che la Rai avrebbe dovuto trasmettere alla Corte non solo il bilancio d’esercizio corredato dalle relazioni degli amministratori e dei sindaci, ma anche gli atti e i documenti contabili generali di qualsiasi natura, nonché i verbali del consiglio d’amministrazione e i contratti o gli atti in qualunque modo idonei a produrre effetti patrimoniali, economici o finanziari di elevato rilievo gestionale.

In primo grado il Tar del Lazio aveva accolto il motivo di impugnazione proposto dalla Rai e aveva annullato la determinazione della Corte dei Conti, ritenendo che alla Corte fosse precluso un controllo generalizzato sugli atti di gestione della Rai. La Corte impugnava allora la sentenza del Tar.

Il Consiglio di Stato respinge il ricorso in appello proposto dalla Corte dei Conti, ma sulla base di una ragione molto diversa da quella prospettata dalla Rai e dal Tar del Lazio. Per Palazzo Spada, infatti, la Corte dei Conti può esercitare un controllo sia sui bilanci, sia su singoli atti di gestione: la differenza risiederebbe nel fatto che il controllo sui conti consuntivi e sui bilanci si profila come un obbligo generalizzato posto in capo alla Corte, mentre l’acquisizione di singoli atti di gestione può avvenire solo in base a mirate esigenze, «ciò significa che la Corte dei Conti deve indicare le ragioni che la conducono a richiedere atti ulteriori, ma una volta indicate valide ragioni, possono anche essere richieste in via preventiva ampie categorie di atti per un periodo prolungato di tempo senza che ciò snaturi le caratteristiche del controllo sugli enti dettate dal legislatore ordinario in attuazione dell’art. 100, comma 2, della Costituzione»112

.

112 Si tratta del punto 4 della sentenza. Si riporta l’ulteriore ragionamento del Consiglio di Stato: «Se, ad esempio, la Corte dei Conti, nell’ambito, o anche al di fuori, del controllo “necessario” esercitato sulla base degli artt. 4 e 5 al fine di relazionare al Parlamento, rilievi, anomalie, disfunzioni, irregolarità o anche la semplice opportunità di approfondire determinati aspetti della gestione ed estendere il controllo ad altri atti, ben potrà la Corte richiedere ad un determinato ente la trasmissione di ampie categorie di atti, quali quelli menzionati nella determinazione impugnata, anche per un periodo prolungato di tempo,

Dunque, per il Consiglio di Stato, l’estensione generalizzata e preventiva del controllo della Corte dei Conti ad ampie categorie di atti di un determinato ente è ammessa, purché sia vincolata a specifiche esigenze, altrimenti non si pongono i presupposti per l’esercizio di questo potere.

2.3. Osservazioni conclusive sul sistema dei

controlli nelle società in mano pubblica

L’analisi del sistema dei controlli che trova applicazione nei confronti di società partecipate dallo Stato o da altri enti pubblici, pur contribuendo a