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AUTONOMIA SCOLASTICA

Nel documento Sisifo 29 (pagine 47-56)

E

DEMOCRAZIA

di Francesco Scalambrino Mentre il presente articolo era in fase di stampa, il 26 maggio u.s. il Consiglio dei ministri ha approvato un nuovo disegno di legge presentato dal Ministro della Pubblica Istruzione Lombardi.

Il nuovo dell è stato presentato alla VII Commissione del Senato il 2 giugno, aggiungendosi a quello presentato dal sen. Castellani ed altri. La stessa Commissione, conclusa la discussione generale, il 5 luglio ha nominato un comitato ristretto incaricato dì elaborare un testo unitario. La nuova iniziativa legislativa presenta alcune significative novità, ma il suo impianto complessivo è, in linea di massima, coincidente con i testi

governativi qui di seguito analizzati.

0 I tema d e l l ' a u t o n o m i a delle istituzioni scolastiche è una delle questioni centrali del dibattito relativo ai problemi del sistema formativo che si svolge in Europa soprattutto a partire dagli anni settanta. In Italia è balzato al centro del dibattito sulle riforme scolastiche a partire dal ' 8 7 - ' 8 8 con la presentazione dello schema di ddl del Ministro della Pubblica Istruzione Galloni, ma sta vivendo una stagione particolarmente ricca e significativa soprattutto a partire d a l l ' a p p r o v a z i o n e dell'articolo 4 della legge 24 dicembre 1993 n. 5 3 7 Interventi correttivi di finanza pubblica.

La norma, talvolta sulla base di u n ' i n f o r m a z i o n e approssimata, p r o v o c a una serie di

manifestazioni studentesche contro la presunta

«privatizzazione» della scuola già durante la sua discussione presso la C o m m i s s i o n e Bilancio della C a m e r a . Per questo, il 1° d i c e m b r e 1993 Io stesso C i a m p i . Presidente del Consiglio d e l l ' e p o c a , sente la necessità di intervenire con un c o m u n i c a t o per chiarire che l'attribuzione d e l l ' a u t o n o m i a alle istituzioni scolastiche è «una scelta che mira al miglioramento del servizio pubblico scolastico e introduce un più stretto rapporto tra scuola e società civile. Lo scopo del p r o v v e d i m e n t o è di realizzare una partecipazione sempre più

effettiva e concreta delle famiglie e degli studenti alla vita della comunità scolastica, collegandola con le realtà più significative presenti nel territorio».

L ' a u t o n o m i a viene presentata dunque c o m e u n ' o c c a s i o n e per realizzare un organico e proficuo rapporto tra il m o n d o della scuola e i soggetti esterni, adeguando i progetti delle istituzioni scolastiche alle specificità locali, e c o n t e m p o r a n e a m e n t e per riproporre, dopo l'esperienza per alcuni aspetti deludente -rappresentata dalla introduzione degli Organi Collegiali, nuove f o r m e di c o i n v o l g i m e n t o sociale e partecipazione democratica degli utenti nel governo del sistema formativo.

uesto spiega perché, non ^ W soltanto da parte delle

m istituzioni governative ma anche da forze molto composite, ormai si affermi l'improrogabilità della realizzazione d e l l ' a u t o n o m i a delle istituzioni scolastiche: essa infatti consente «il dispiegarsi delle professionalità di cui la scuola italiana è ricca, del pluralismo culturale che le è proprio, della sua capacità di innovazione, sperimentazione, interpretazione delle nuove esigenze della f o r m a z i o n e ; è strumento, grazie alla sua flessibilità, sia per una efficace lotta all'insuccesso scolastico.

sia per l'innalzamento per tutti della qualità dell'offerta qualitativa»'. Inoltre -affermando la centralità della capacità di programmazione e autogoverno di ogni singolo istituto scolastico - diventa una categoria propria della democrazia scolastica e rappresenta un modo nuovo, una cultura nuova fondata sull'etica della

responsabilizzazione che deve sostituire un modello di scuola eccessivamente burocratico, rigido e centralizzato. Tutto ciò come premessa necessaria per riformare e rinnovare radicalmente un sistema che viene spesso dipinto con tinte estremamente fosche: «in generale — scrive ad esempio Franco Garelli - si lamenta la scarsa produttività del sistema scolastico (riscontrabile sia nei fenomeni di dispersione sia nei livelli di scarsa efficienza e preparazione offerta); la sua incapacità di raccordarsi al mondo del lavoro o di promuovere la cultura dell'innovazione; la carenza di n o n n e e di controllo nelle prestazioni del personale; la crisi di identificazione e di motivazione del corpo insegnante; i bassi tassi di riuscita offerti dal sistema scolastico italiano in rapporto a quanto riscontrabile in altri paesi cosiddetti avanzati»2. Non si tratta però di individuare soluzioni tecnicistiche ed efficientistiche, ma di realizzare un progetto educativo o un processo di autonomia scolastica in grado di soddisfare due fondamentali esigenze: plasmare una scuola aggiornata e qualificata che permetta una preparazione eclettica, flessibile e spendibile per un lavoro e una professione; rendere concreta una proposta educativa che faciliti lo sforzo di orientamento personale dei giovani sui complessi temi con cui spesso ci si scontra in un sistema tendenzialmente non più solo nazionale o europeo ma «globale»; o semplicemente sorregga il «piacere di comprendere».

arebbe indubbiamente semplicistico ritenere che la grave situazione della scuola italiana sia dovuta alla mancanza di autonomia, è un fatto però che, secondo i dati riportati dal rapporto Censis '93, in tutti i gradi di istruzione il sistema formativo italiano presenta a livello europeo uno dei più alti tassi di

centralizzazione dei processi decisionali. L e condizioni esistenti nei vari Stati Europei evidenziano notevoli differenze, ma sempre il processo di autonomia e di

flessibilizzazione del sistema tende alla realizzazione di un rapporto più organico tra le istituzioni scolastiche e gli

utenti e tra scuole e territorio, attribuendo alle amministrazioni centrali compiti di

programmazione generale, di indirizzo e coordinamento e di verifica delle applicazioni delle norme, ma soprattutto degli «standard» precedentemente definiti. Il processo verso l'autonomia è generalmente stimolato da spinte provenienti dal basso e «si presenta un po' ovunque come una strategia che i governi adottano nel tentativo di far fronte alla impossibilità di attuare riforme globali della scuola»3.

Tale situazione riguarda sia i Paesi tradizionalmente centralisti, sia i Paesi in cui la cultura del decentramento e dell'autonomia è da più tempo saldamente dominante. In Francia, ad esempio, è in corso da circa un decennio un progetto di riforma fondato sui «projects d'ètablissement» e su una «loi d'orientation», che, tra le altre cose, ha reso

obbligatorio in tutti gli ordini scolastici il «project scolaire». Tutti elementi che mirano a rendere effettivo un programma di «Decentramento e

democratizzazione delle istituzioni scolastiche» risalente al 1982 e fondato sulla convinzione che le nuove e decentrate «strutture istituzionali specifiche e forti presenti negli istituti scolastici [...] devono assicurare alla comunità la garanzia del rispetto della specificità dei suoi bisogni. Questa garanzia passa, obbligatoriamente, attraverso l'affermazione di margini d'autonomia amministrativa, finanziaria, e soprattutto pedagogica». Dello stesso tenore sembra la tendenza ispiratrice della politica scolastica portoghese: la specifica norma legislativa emanata nel 1989 afferma testualmente: «L'autonomia della scuola diventa effettiva nell'elaborazione di un progetto educativo costruito e realizzato in modo partecipativo con l'intervento dei diversi soggetti della scuola, tenuto conto delle caratteristiche e delle risorse della scuola stessa e della domanda culturale e sociale della comunità». Più variegata risulta la situazione in Germania: a fianco al tradizionale «centralismo» interno ai singoli Lander, si vanno sempre più affermando forme specifiche di autonomia che tendono a concedere agli insegnanti dei singoli istituti le decisioni relative ai contenuti del processo educativo e a relegare l'intervento ministeriale alla funzione di controllo degli obiettivi perseguiti.

M ^ er quanto riguarda ^ ^ W invece il Regno Unito,

la Danimarca e i Paesi Bassi gli spazi di autonomia sono già notevolmente ampi, ma si evidenziano sempre più da un lato l'esigenza di garantire una omogeneità nella proposta educativa anche

«centralizzando» alcuni poteri propri delle singole unità scolastiche, dall'altro l'impulso a potenziare la partecipazione degli utenti nella definizione del profilo culturale della propria scuola e a rafforzare le prerogative dei Consigli di Istituto. Per questi ultimi in Spagna e stato tra l'altro previsto il diritto di proporre all'amministrazione centrale il licenziamento del capo d'istituto «per gravi motivi»4. C o m ' è possibile evincere dalla rapida analisi condotta sulla situazione della scuola nel resto d'Europa, si tende generalmente alla realizzazione di un'ampia autonomia dei singoli istituti scolastici non soltanto didattico-pedagogica, ma di ben più ampia portata: «Quanto all'estensione d e l l ' a u t o n o m i a -afferma ad esempio Sabino Cassese - non v ' è studio recente che non sottolinei

l'interrelazione tra i vari suoi aspetti. Non si può attribuire ad una comunità scolastica autonomia didattica, se non le si concede, in qualche misura, autonomia di organizzazione, di destinazione delle risorse (ed anche di ricerca di risorse finanziarie), di scelta del personale, ecc.

Insomma, l'autonomia, nelle sue varie accezioni, tende a "fare sistema", per cui l'assenza di un elemento condiziona gli altri»5.

0 1 già citato art. 4 della i m legge n. 537/93 e il My recente «Documento per

lo schema del decreto legislativo sull'autonomia scolastica» - presentato il 30 settembre 1994 come «contributo del Ministero della Pubblica Istruzione alla definizione dello schema di decreto ministeriale che avrà ad oggetto lo Statuto degli studenti, l'autonomia scolastica, la riforma del Ministero» -individuano ben quattro tipi di autonomia: didattica, organizzativa, finanziaria e di «ricerca e sviluppo». Nel complesso si teorizza una radicale delega ai singoli istituti di molti dei poteri attualmente di competenza del Ministero sia in ambito didattico-pedagogico che in quello gestionale-amministratìvo. Del testo più recente appare particolarmente ardua la sintesi del punto dedicato all'autonomia didattica, che risulta contemporaneamente onnicomprensiva e generica: grazie ad essa ogni istituto può,

» «nel rispetto degli obiettivi § generali e degli standard

1 formativi fissati dallo Stato», •i realizzare l'adeguamento dei a contenuti culturali alle esigenze il locali e ai bisogni formativi E attraverso la scelta di opportuni ri metodi, strumenti didattici, il tecnologici e «multimediali», » j «organizzazione per moduli», » «aree disciplinari opzionali o "t facoltative», percorsi didattici b destinati agli adulti «tali da o consentire il riconoscimento di 0 crediti formativi maturati anche ?. ' sul lavoro ed il ricorso a a strumenti di autoformazione», la 1 riorganizzazione flessibile b dell'orario settimanale, «la q personalizzazione degli ti insegnamenti e degli E apprendimenti anche al fine di v valorizzare nel modo più E adeguato le risorse individuali e b di prevenire il disagio e le b difficoltà psicologiche e sociali o che vi sono connesse, in q particolare gli insuccessi, le r ripetenze e gli abbandoni 2 scolastici», definire procedure e 2 strumenti di verifica che • consentano la valutazione della

«produttività scolastica». E li inoltre possibile, d'intesa con le 3 Regioni, progettare e realizzare » . «iniziative formative integrate o con quelle di competenza n regionale» e, ancora, «ogni altra li iniziativa che sia espressione b della libertà progettuale delle 2 scuole».

. ^ autonomia organizzativa -1 M funzionale ovviamente L ^ all'attuazione dei progetti

educativi elaborati n nell'ambito della q programmazione d'istituto -b deve rispondere a «criteri di "1 flessibilità, di coordinamento ed li integrazione delle risorse». J Oltre alla determinazione e al o coordinamento di tutte le 2 strutture operative -compresa la g gestione del personale docente, 3 e non docente rientrano in p questo punto anche

| «l'individuazione di attività d formative e di prestazioni di 2 servizi utili a terzi» e la q possibilità di operare «mediante E accordi e convenzioni con altre 11 istituzioni scolastiche, u universitarie e di ricerca, con 3 enti locali e con altri soggetti q pubblici e privati». J L'autonomia finanziaria 3 consente alle istituzioni 12 scolastiche di amministrare le q proprie entrate. I finanziamenti q possono avere origine diversa -p quali «-proventi -per attività e q prestazioni rese a terzi, secondo q principi di correttezza, 3 economicità e trasparenza» -n ma gli E-nti pubblici g garantiscono «mediante 0 contributi ordinari o perequativi,

1 i finanziamenti necessari E all'assolvimento dei compiti di 11 istruzione». Il contributo o ordinario è determinato sulla d base di parametri relativi al ri numero degli alunni, al tipo di 12 scuola «e tenendo conto delle

esigenze connesse alla realizzazione del progetto educativo»; il contributo perequativo deve garantire «pari condizioni nell'offerta formativa con particolare riguardo alle aree di disagio socio-educativo e sulla base di progetti che assicurino una tendenziale omogeneità di risultati».

^ autonomia di «ricerca e W sviluppo», infine, è il

momento di sostegno dei «processi di innovazione continua» tramite lo studio degli «strumenti metodologici della programmazione con particolare riferimento alle interazioni tra istituzioni scolastiche e territorio, all'analisi delle valenze formative dei contenuti disciplinari, al rapporto tra standard nazionali e processi formativi, alle procedure e agli strumenti di verifica e di valutazione», sembra quindi una ulteriore specificazione di alcuni dei momenti già inerenti all'autonomia didattica; si aggiunge però che dovrebbe garantire - nel piuttosto fumoso linguaggio ministeriale -«l'organizzazione di un'attività sistematica di ricerca pedagogica ed organizzativa e di aggiornamento culturale e professionale del personale, lo scambio di esperienze e di informazioni nell'ambito del sistema formativo nazionale e a livello comunitario o sovranazionale, anche con il supporto di laboratori o centri territoriali di documentazione, ricerca e formazione». L'effettiva applicazione della autonomia, nei vari aspetti sopra indicati, tende sostanzialmente a sovvertire le relazioni che governano attualmente la gestione delle scuole e a ridefinire la tradizionale logica gerarchica, che d'altra parte sembra non corrispondere più allo spirito prevalente nelle altre istituzioni socio-economiche o culturali presenti nella società6. Si rende perciò necessaria una negoziazione sia delle relazioni istituzionali che intercorrono tra le scuole e le autorità politico-amministrative, sia di quelle esistenti all'interno delle singole istituzioni scolastiche - si pensi ad esempio ai rapporti tra preside e Organi Collegiali o alle sempre più pressanti richieste relative ad una «Carta dei diritti dello studente» Proprio su questo terreno, tuttavia, il testo ministeriale - di per sè già piuttosto vago pur nella sua minuziosità7 - risulta particolarmente carente.

engono indicati gli organi W J di «Governo

dell'autonomia» -Consiglio d'istituto, Capo d'Istituto, Collegio dei docenti. Consiglio di intersezione, di interclasse e di classe, Comitato

dei genitori, Comitato degli studenti - ma, al di là delle prescrizioni concernenti la loro composizione, vengono indicate soltanto in linea generale le competenze di ciascuno di essi. Non mancano inoltre ambiguità relative proprio alle strutture che più di altre dovrebbero garantire la

«democratizzazione» del sistema: «I Consigli di intersezione, di interclasse e di classe, sono le sedi della partecipazione e della proposta degli studenti e dei genitori. Agli stessi, con la sola presenza del corpo docente [il corsivo è mio], sono riservate la programmazione didattica e la valutazione degli alunni, nonché la formulazione di proposte in ordine all'azione educativa e didattica» Ai due rappresentanti dei genitori e - per la scuola superiore - degli studenti è riservato quindi un potere di proposta, ma non nel momento decisionale e sembra, almeno per la rappresentanza dei genitori, sostanzialmente combaciare con le competenze attribuite al Comitato dei genitori. D'altra parte, per quanto riguarda il Comitato degli studenti, ha la possibilità di formulare proposte per «l'elaborazione e la valutazione del progetto di istituto e per migliorare l'attività educativa e il funzionamento della scuola» ma è prevista soltanto una periodica consultazione da parte del Capo di Istituto. Eppure la prima parte del progetto ministeriale è dedicato proprio a definire lo statuto degli studenti e afferma sontuosamente il diritto degli studenti a concorrere, «nel rispetto della funzione di ciascuna componente della scuola, a determinare gli indirizzi della vita della scuola stessa, il progetto di istituto, la programmazione didattica, e ad arricchire, con tematiche integrative, l'esperienza culturale offerta dai programmi scolastici».

La figura che esce invece decisamente rafforzata dal progetto ministeriale è quella del Capo d'istituto: egli «rappresenta l'istituzione scolastica e presiede il Consiglio d'istituto, svolge funzioni di direzione, promozione, gestione, coordinamento e valorizzazione delle risorse umane,

professionali, finanziarie, e strumentali, presenta periodicamente al Consiglio di istituto, anche su richiesta dello stesso, i risultati del servizio scolastico in relazione agli obiettivi fissati dal progetto d'istituto».

1 di là delle specìfiche competenze del Capo di istituto (preside-manager?), è comunque ovvio che un potere autonomo.

specialmente se porta in sè tutte le forme di autonomia citate sopra, «sarebbe senza guida né controllo, se non avesse contrappesi (si noti, contrappesi, non controlli). Ecco la funzione dell'organo centrale. Da un lato, stabilire "standards" e "guidelines", determinando i livelli di prestazione. Dall'altro, tenere sotto esame, misurare, valutare. Il centro in altre parole, dovrebbe fissare obiettivi e correggere, non governare, ne gestire»*. Diventa necessario quindi non un ministero indebolito, ma un ministero interessato da una vera e propria «rivoluzione culturale» che consenta la trasformazione di un centro di gestione - essendo questa trasferita ai singoli istituti - in un centro capace di indirizzare e sostenere fortemente

l'affermazione di un nuovo sistema formativo, la determinazione di standard formativi, la misurazione di questi standard formativi, la ripartizione delle risorse tenendo in massimo conto la necessità di investire soprattutto nelle aree deboli.

In effetti, il progetto ministeriale prevede una radicale - ma ancora una volta generica - trasformazione del Ministero della Pubblica Istruzione (MPI) che dovrà svolgere «compiti di indirizzo, programmazione, sviluppo, coordinamento e valutazione, tendenti al perseguimento degli obiettivi del sistema scolastico nazionale caratterizzato da principi nazionali generali e da flessibilità culturale ed organizzativa». In particolare il Ministero dovrebbe definire gli obiettivi, i programmi e gli «standard» di qualità del sistema formativo e «verificarne il rispetto» attraverso il Servizio nazionale di valutazione. Tutto però viene indicato in modo generico e senza alcuna determinazione oggettiva né di criteri-guida né tanto meno di specifiche indicazioni operative. Si afferma soltanto che il Servizio nazionale di valutazione - oltre a «promuovere la cultura della valutazione offrendo strumenti per l'autovalutazione di processo e di prodotto» -effettuerà, «nel rispetto della varietà legittima delle scelte culturali, pedagogiche, organizzative e didattiche», verifiche «quadriennali» - non vengono però esplicitate la motivazione di questa scansione temporale e i criteri della valutazione - e «suggerisce al Consiglio di istituto gli interventi necessari per ovviare alle inadempienze o alle irregolarità rilevate». Soltanto nel caso di persistenza della impossibilità di

funzionamento», si riserva la facoltà, sentito il parere del CNPI (Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione), di

interventi più decisi, non escluso il commissariamento.

ppure, nel momento in MM cui le singole scuole

assumono, tra le altre, anche funzioni di

programmazione curriculare dell'attività formativa, emerge con particolare forza l'esigenza di un organo centrale capace di coordinare e programmare e quindi sia in grado, anche attraverso tutte le sue diramazioni istituzionali locali, di realizzare un rapporto continuo e proficuo con la periferia, di valorizzare e diffondere in situazioni meno felici le innovazioni di maggior successo, di offrire supporto tecnico alle singole scuole e di garantire un controllo della qualità.

E evidente dunque la necessità di porre mano ad un sistema di valutazione preciso e rigoroso. «È chiaro - afferma opportunamente Pierre Laderrière - che la valutazione fa parte integrante dei meccanismi di funzionamento di un'istituzione che beneficia di una relativa autonomia di gestione. La valutazione dei risultati che essa ottiene è peraltro un fattore che legittima la relativa autonomia che le si è accordata»".

Maggiore autonomia significa in effetti maggiore

diversificazione del sistema, ma senza una chiara definizione degli standards formativi ed un effettivo controllo della rispondenza dei risultati conseguiti da ogni singola istituzione scolastica a tali standards vi è il pericolo che il tutto si trasformi in una maggiore schizofrenia del sistema. Si rischia infatti che i «diversi appartenenti ad una medesima comunità» si ripieghino «pericolosamente sulla loro identità etnica, linguistica, culturale, religiosa» perdendo la possibilità di «strutturare la loro appartenenza sociale»"1.

Occorre dunque definire dei criteri di valutazione ai diversi livelli: a livello individuale per focalizzare le difficoltà e i bisogni di ciascun allievo e apportare efficaci strategie didattiche; a livello di singola scuola per individuare i punti di forza e, soprattutto, le situazioni di difficoltà sulle quali intervenire, verificare i risultati delle innovazioni e, in caso di successo, eventualmente agevolare la loro applicazione in contesti diversi; a livello di sistema generale per verificare il conseguimento o meno di risultati conformi agli standards nazionali e, se necessario, definire gli opportuni interventi.

^ . così possibile controllare ^ ^ il processo di autonomia nei suoi risultati e «offrire un quadro chiaro delle risorse a disposizione, per offrire una riflessione continua su eventuali scarti tra le aspettative sociali e l'offerta del sistema scolastico»". Alla valutazione dei singoli allievi occorre quindi affiancare la valutazione del sistema scolastico nelle sue varie articolazioni e nel suo insieme. Esigenza questa sempre più presente nell'ambito del dibattito docimologico italiano, soprattutto in rapporto «con 1 ) la stretta finanziaria che richiede si "renda conto" del buon impiego dei finanziamenti usufruiti, e 2) l'attribuzione a tutte le singole unità scolastiche [...] di autonomia non solo gestionale e amministrativa, ma anche didattica, ciò che ovviamente richiede, a parere di tutti gli esperti, che si sia in grado di determinare la loro efficienza sul terreno

educativo»12. Si tratta di valutare in denifitiva la «qualità» del sistema formativo, ma questo è possibile soltanto se si determinano ai diversi livelli istituzionali gli indicatori di qualità, che vengono generalmente suddivisi dall'Ocse con riferimento «al contesto dei sistemi di insegnamento a livello sociale, economico e demografico; alle

Nel documento Sisifo 29 (pagine 47-56)

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