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REGIONALE. QUALE RIFORMA ?

Nel documento Sisifo 29 (pagine 41-47)

di Stefano Sicardi ^ opo la trasformazione, f M intervenuta negli ultimi % / g / anni, dei sistemi

elettorali di C a m e r a e Senato e di C o m u n i e Province, la nuova legge elettorale regionale (contenente ancti£ alcune significative regole in tema di forma di governo) è stata varata in tempi strettissimi all'inizio del 1995' , in vistf della imminente scadenza dei Consigli, poi rinnovati il 23 aprile scorso.

Quali le ragioni del ritardo n e l r i n t e r v e n i r e sul livello regionale? E che valutazione dare della nuova normativa, e, prima ancora, attraverso quali passaggi salienti si è pervenuti alla sua approvazione? Su questi interrogativi si svilupperanno le considerazioni che seguono. Il fatto che il sistema elettorale regionale sia stato modificai« per ultimo deriva da cause tra loro molto diverse ma convergenti nel loro effetto ritardatore. Da un lato il livello regionale - al di là delle a f f e r m a z i o n i di principio - ha sempre giocato, nelle vicende politico-istituzionali italiane, un ruolo non molto significativo e non stupisce più di tanto, quindi, che le questioni ad esso correlative siano passate in coda. M a , dall'altro lato, va subito detto che, negli ultimi anni, i problemi di riforma delle istituzioni regionali si sono venuti " d r a m m a t i z z a n d o " : essi h a n n o sempre più fatto corpo con il " n o d o federalista" (da taluni agitato anche in f o r m e accentuatamente provocatorie); ed, inoltre, l'intervenire in un m o d o o nell'altro sulla forma di governo e il sistema elettorale regionale (elezione popolare o consiliare del Presidente della R e g i o n e ? sistema uninominale maggioritario ad un turno o a due turni, e/o misto - e con che p r e m i o di m a g g i o r a n z a - per il Consiglio regionale?) è stato percepito c o m e (allarmante, a l m e n o per alcuni) "fattore di trascinamento", in particolare, rispetto alla proposta di elezione diretta del Presidente del Consiglio dei Ministri o ad ulteriori trasformazioni dei sistemi elettorali nazionali. Di qui l ' e f f e t t o di f r e n o di cui si è detto, in un m o m e n t o in cui, oltretutto, molti e gravissimi problemi di altro genere hanno affollato l ' a g e n d a politica. I n s o m m a , le questioni inerenti al sistema elettorale regionale (ed anche mediatamente, alla f o r m a di governo regionale) si sono poste nel quadro di un'aperta e complessa partita, giocata, in una fase di "trapasso di regime", tanto tra le due alleanze di centro-destra e di centro-sinistra (ma pure nei loro rapporti interni), q u a n t o da quelle forze "in crisi" rispetto alla loro precedente collocazione di schieramento oppure alla ricerca, nel mutato sistema e quadro politico, di una

nuova collocazione possibile.

m rima di soffermarci • i l sulle caratteristiche del w ^ nuovo sistema elettorale J Ì ~ regionale è opportuno,

sia pur rapidamente, volgerci all'indietro, per riepilogare alcuni passaggi salienti delle discussioni e proposte che hanno preceduto l'attuale normativa2.

Il lascito "ufficiale" della passata legislatura, costituito dai lavori della Commissione bicamerale per le Riforme istituzionali, venne, all'inizio della nuova, trasfuso in uno specifico disegno di legge costituzionale', con il quale: a) si intendeva trasformare in senso maggioritario la forma di governo regionale, che la Costituzione configura invece in senso

parlamentare-assembleare; b) si permetteva però alle Regioni, tramite maggioranze qualificate e referendum regionale, di modificare tale "modello base"; c) si dava alle Regioni, alle condizioni appena ricordate, la competenza in materia di sistema elettorale. Una simile prospettiva abbisognava di ampio consenso e di tempo, ambedue necessari per giungere ad approvare una legge di revisione costituzionale e successivamente per dar modo alle Regioni di intervenire per quanto di loro competenza. Subito peraltro si manifestarono opinioni divergenti (per di più "trasversali" rispetto alla maggioranza e all'opposizione) tanto sulla forma di governo (in particolare sul nodo

dell'elezione diretta del Presidente della Regione), quanto sul sistema elettorale. E sempre più il tempo andava restringendosi in vista del rinnovo dei Consigli regionali, previsto per il 1995. Si prese così a ragionare in termini di "soluzione transitoria"': varare una disciplina elaborata, una tantum, solo dal Parlamento nazionale che, sempre una tantum, prevedesse l'elezione diretta del Presidente della Regione (con la possibilità per le Regioni - da inserirsi nella normativa "a regime" - di scegliere, in futuro, una diversa soluzione). La proposta naufragò5 per il profondo disaccordo registratosi sul nodo dell'elezione diretta del Presidente regionale

(ritenendosi - dagli avversari di tale impostazione - la disciplina transitoria come un "colpo di mano" per trasformare una soluzione provvisoria in definitiva).

Tramontata quindi la possibilità di un intervento più ampio, la ricerca di una "soluzione transitoria" si concentrò ufficialmente sul solo sistema elettorale regionale, ma, in realtà, prevedendosi

l'introduzione, in tale disciplina,

di norme direttamente incidenti sulla forma di governo delle Regioni. Cadute le proposte, di segno antitetico, volte a trapiantare sistemi elettorali già utilizzati altrove', il dibattito si polarizzò sulla ricerca di meccanismi centrati su un duplice obiettivo: a) fornire, già a livello elettorale, indicazioni in ordine alla composizione non solo della maggioranza ma pure del governo regionale (ecco che - come prima ricordato - i problemi della forma di governo regionale "rientrarono dalla finestra" del sistema elettorale); b) selezionare diversamente dal passato (e secondo criteri differenziati) la rappresentanza regionale7.

m er quanto riguarda il ' f f l primo punto venne così w t r a manifestarsi la

tendenza ad indicare, già sulla scheda elettorale, il futuro candidato alla presidenza della Regione (e, in una delle proposte presentate, anche della "squadra presidenziale"); tutto ciò dettato da scopi

comprensibili e condivisibili, ma introducendosi comunque una tensione rispetto al testo costituzionale che prevede l'elezione di Presidente e Giunta da parte del Consiglio8. E ancora si manifestò, in forme diversificate a seconda dei progetti in esame, l'esigenza di assicurare un premio di maggioranza alla coalizione e/o al partito numericamente più consistente, al fine di garantire la governabilità regionale". Sul secondo punto (i modi di selezionare la rappresentanza), al di là di una tendenziale convergenza (intesa però in forme molto diverse) degli opposti schieramenti sul sistema maggioritario uninominale a due turni (integrato, più o meno vistosamente, da un concorrente ricorso a forme di distribuzione proporzionale di una quota dei seggi in paliol 0), restavano comunque ancora aperti i problemi relativi al dosaggio tra quota maggioritaria e quota proporzionale e all'ammontare ed alle caratteristiche del premio di maggioranza. Negli ultimi mesi del 1994 la discussione in sede parlamentare (nella la

Commissione permanente della Camera e a livello di Comitato ristretto) si svolse in un contesto caratterizzato dalla crescente incertezza e tensione del quadro politico. E, all'inizio di dicembre, la Commissione in seduta plenaria, trovatasi di fronte tanto alla proposta (peraltro non ufficializzata) di mediazione del relatore Calderisi, quanto al testo governativo, registrò una spaccatura nella maggioranza di governo che portò al rifiuto di assumere come testo-base quello governativo, dandosi invece mandato al Comitato ristretto di tenerne conto

insieme alle altre proposte

(anche critiche rispetto a quella fi Calderisi) emerse dal dibattito". Di qui la remissione delle deleghe da parte del Ministro Speroni; di qui, più in generale, il determinarsi di una situazione 3t di sfaldamento e di stallo

(derivante anche da più generali il difficoltà politiche) che, subito ' dopo, condusse alla rottura della mi coalizione di governo e alla caduta del Ministero presieduto o dall'on. Silvio Berlusconi.

La caduta di tale Governo ingenerò nell'opinione pubblica e l'"illusione ottica" di un

accantonamento delle proposte di riforma del sistema elettorale 3 regionale, apparendo come sempre più probabili o il rinnovo dei Consigli regionali sulla base della legge in vigore, . o la proroga per legge dei

Consigli regionali uscenti. Invece, all'inizio del 1995, la situazione si è rimessa rapidamente in movimento anche se, ben presto, si sono profilati scenari normativi sensibilmente differenti da quelli che avevano

contrassegnato il dibattito degli i ultimi mesi dell'anno

precedente.

ccantonata infatti ^ M y l'ipotesi di elezione di

gran parte dei consiglieriifi regionali con sistema

uninominale, si è affermata, all'opposto, l'idea del diretto confronto tra liste (tanto regionali - con indicazione del capolista designato alla Presidenza dell'ente -, quanto provinciali). Ha giocato, a questo proposito, un peso determinante la mancanza dei "tempi tecnici" necessari a disegnare i collegi uninominali infraregionali e, più in generale, è apparso ormai ineluttabile -intendendosi cambiare il sistema elettorale regionale in vista dell'imminente scadenza dei Consigli - "novellare" la normativa vigente,

abbandonando quindi l'idea di confezionarne una

completamente nuova. In questam prospettiva, però, l'abbandono del collegio uninominale -qualora si fosse voluto persistere in un'opzione maggioritaria a livello periferico» - avrebbe imposto di collegare tale opzione a collegi plurinominali provinciali indiscutibilmente drammatizzando, rispetto all'uninominale, l'impatto della ì logica maggioritaria sulla selezione della rappresentanza. In direzione opposta spingeva, invece, la richiesta, proveniente : da diverse forze politiche, di accentuare sensibilmente, rispetto ai progetti di riforma elettorale regionale prima ricordati, i tratti proporzionali della disciplina da varare; e la legge n. 106/1968, con il suo impianto prettamente proporzionalistico, era, in

J questa prospettiva, fortemente

i rassicurante. D'altro canto, ] però, si imponevano anche

esigenze di cambiamento, che segnassero lo stacco tra i "vecchi" e i "nuovi" Consìgli regionali: a questo scopo si imponeva la ricerca di soluzioni finalizzate a contrastare i più vistosi difetti della dinamica politico-istituzionale regionale (quali la debolezza, l'instabilità e la scarsa limpidezza politico-programmatica delle

maggioranze a livello regionale: insomma, in una parola, le "degenerazioni parlamentar-li assembleari" del sistema di 3 governo regionale), attraverso

un'individuazione maggiormente netta e dipendente dagli esiti elettorali degli schieramenti consiliari di maggioranza e dì minoranza. Di qui la correzione maggioritaria a I livello regionale e. ove essa non i bastasse, la disciplina del j premio di maggioranza ) (collegato però, a differenza che I per Provìnce e Comuni superiori ; ai quindicimila abitanti, ad uno > scrutìnio ad unico turno). Di qui ; anche - sul versante della forma ) di governo regionale (per > quanto consentito ad un i . intervento legislativo a

"Costituzione invariata") - il i rilievo assegnato al capolista i regionale e la normativa di

stabilizzazione delle

ì maggioranze polìtiche regionali.

uali, allora, più k M / W sistematicamente, i ' j® contenuti salienti della

nuova legge elettorale i regionale1 '•?

- Le elezioni regionali si i svolgono, a scadenze naturali di ) cinque anniI J. in un unico turno > di votazioni;

- i quattro quinti dei seggi del ) Consiglio regionale sono > espressi dalle circoscrizioni ] provinciali ed assegnati con la 1 formula proporzionale d'Hondt, > sià prevista dalla precedente [ Fegge n. 108/1968. alle liste I provinciali concorrenti che

superino la clausola di sbarramento regionale del 3% l (salvo il collegamento con una I lista regionale che abbia

superato il 5%) e, all'interno di tali liste provinciali, ai candidati che abbiano ottenuto il maggior numero di preferenze1": - il residuo quinto dei seggi del Consiglio è riservato alla circoscrizione regionale, nella quale si confrontano, appunto, liste regionali17; quest'ultima quota di seggi viene attribuita con il sistema maggioritario puro: essi vanno cioè tutti (salvo un'ipotesi di cui si dirà tra poco) alla lista regionale che ha ottenuto il maggior numero di voti;

- deve sussistere un necessario j collegamento tra una o più liste j provinciali e una lista regionale i (art. 1, commi terzo e ottavo, I. . n. 43/1995);

j collegamento che viene anche

ad essere visivamente raffigurato sulla scheda elettorale (art. 2, I. n. 43/1995); - i capi lista delle liste regionali sono configurati dalla legge quali candidati designali alla presidenza della Regione dalle liste stesse e da quelle provinciali ad essi collegate (non potendosi prevedere con legge ordinaria, per il disposto dell'art. 122, ultimo comma, della Costituzione, l'elezione diretta del Presidente della Regione da parte del corpo elettorale), ma assumono, al di la della loro posizione formale, il ruolo di premier regionali in pectore: e se essi ben possono riferirsi ad un strio partito o forza politica, le loro possibilità di successo si fanno, peraltro, ben più concrete ove esprimano, coalizioni dotate di maggiore ampiezza;

- per quanto riguarda le modalità di espressione del voto, esse (a parte l'assenza del turno di ballottaggio) sono molto simili a quelle per l'elezione dei Sindaci e dei Consigli dei Comuni superiori a

15.000 abitanti. E, infatti, possibile: - votare solo una lista provinciale (con o senza preferenza), nel qual caso il voto si intende esteso anche al capolista e alla lista regionale collegata1*; - votare solo il candidato alla Presidenza della Regione e. in tal caso, il voto si intende espresso solo per l'attribuzione della quota (distribuita con scrutinio maggioritario) di un quinto dei seggi alla lista regionale vincente e a favore del Presidente designato; -disgiungere il voto, attribuendo un voto ad una lista provinciale (con o senza preferenza) e votando un capolista ad essa non collegato.

utto ciò detto, vediamo ora come avviene, a grandi linee, l'attribuzione dei seggi, attraverso l'applicazione congiunta dei criteri già visti e del "premio di maggioranza". Diverse sono le ipotesi possibili.

Anzitutto, come già anticipato, vi è un'ipotesi in cui alla lista vincente non viene attribuito il quinto dei seggi del Consiglio assegnato a livello regionale con sistema maggioritario, ma solo la metà di tale quinto dei seggi: ciò accade quando le liste collegate a quella regionale vincente abbiano già ottenuto in sede provinciale almeno il 50% dei seggi. L'obbiettivo della legge è, infatti, quello di far emergere dalle elezioni una maggioranza assoluta di governo della Regione, non però quello di far "stravincere" una parte su tutte le altre. Nel caso appena ricordato chi ha vinto «non ha bisogno di tutta la quota maggioritaria per avere un largo margine di prevalenza»; di conseguenza alia lista regionale

vincente sono assegnati solo la metà del quinto dei seggi a disposizione, mentre gli altri sono attribuiti

proporzionalmente alle liste provinciali collegate con quelle regionali perdenti: «in questo caso, e solo in questo caso, scatta quello che si potrebbe definire "premio di opposizione"»

Nell'ipotesi in cui, invece, le liste provinciali collegate a quella regionale vincente abbiano ottenuto meno del 50% dei voti, a quest'ultima è assegnato tutto il quinto dei seggi del Consiglio attribuito col sistema maggioritario. Bisogna però ulteriormente distinguere il caso in cui la lista regionale vincente abbia ottenuto almeno il 40% del totale dei voti conseguiti da tutte le liste regionali, dall'ipotesi in cui essa abbia conseguito una percentuale inferiore. È obbiettivo della legge assicurare un certo "premio di maggioranza", al fine di facilitare la governabilità regionale: di conseguenza, nel primo caso appena fatto, alla lista regionale vincente e a quelle provinciali ad essa collegate vengono comunque assegnati il 60% dei seggi del Consiglio; nel secondo caso (caratterizzato da una maggioranza relativa inferiore di chi vince) il premio cala al 55% dei seggi del Consiglio. A fronte di tale premio di maggioranza, viene però previsto nella legge un correlativo aumento del numero di seggi complessivamente assegnati al Consiglio regionale, qualora l'attribuzione del premio dovesse comportare il sacrificio della rappresentanza acquisita dai perdenti in sede di attribuzione proporzionale dei seggi. In altre parole la legge, non volendo né rinunciare all'attribuzione di un "premio di maggioranza" (in funzione della garanzia di governabilità) né incidere sulla rappresentanza derivante dalla distribuzione in via proporzionale dei seggi tra tutte le forze politiche, ricorre all'accorgimento - se ciò si riveli necessario al fine di conciliare i due obbiettivi appena ricordati - di prevedere variazioni nel numero complessivo tli consiglieri regionali assegnati (ex art. 2, 1. n. 106/1968) alle diverse Regioni.

ncora, per quanto riguarda la normativa più direttamente correlata alla forma di governo, vanno poste in rilievo: a) la già richiamata posizione di «visibilità» del capolista regionale, che,

nell'impossibilità di essere eletto direttamente alla presidenza dell'ente, viene però a "personificare" lo

schieramento cui si riferisce;

b) la disciplina di

stabilizzazione delle coalizioni politico-consiliari

(generalmente conosciuta come norma "antiribaltone"), per la quale «se nel corso di ventiquattro mesi il rapporto fiduciario tra consiglio e giunta è comunque posto in crisi, il quinquennio di durata in carica del consiglio regionale è ridotto ad un biennio»; il Capo dello Stato, su proposta del Consiglio dei Ministri, emette decreto dichiarativo del verificarsi del presupposto che comporta la riduzione della durata in carica del Consiglio (art. 8, commi Io

e 2°, 1. n. 43/1995). Si tratta di una norma, caldeggiata non da una sola parte politica e fin da subito peraltro criticata30, da cui, come da tutte le regole razionalizzatrici, non ci si possono aspettare effetti taumaturgici ma solo parzialmente limitativi di patologici comportamenti del passato.

Vanno ancora conclusivamente richiamate una disciplina della propaganda elettorale che si ispira a quella della elezioni politiche (e non a quella delle elezioni amministrative) e le regole che riprendono tendenze già manifestatesi nella recente legislazione elettorale (dalla recente sentenza n. 422/1995 perarltro dichiarate illegittime dalla Corte Costituzionale), finalizzate a limitare almeno in parte la predominanza maschile nella composizione delle liste.

La nuova legge elettorale regionale non ha goduto, dal suo nascere a tutt'oggi, di "buona stampa". Persino i suoi padri, pur difendendone l'impianto, non hanno certo manifestato un atteggiamento di piena soddisfazione e si sono appellati, a m ò di giustificazione, ai tempi strettissimi a disposizione e alle notevoli divergenze da comporre al fine di giungere alla definitiva approvazione del testo2'. Ben più drastici sono stati i commentatori "esterni": alle critiche di natura più specificamente "tecnica", se ne sono aggiunte non poche di carattere politico-istituzionale generale. Certamente, dal punto di vista tecnico, si tratta di una legge astrusa in non pochi suoi meccanismi e che comporta alcune conseguenze altamente discutibili e persino paradossali: si pensi alla stranezza per la quale, i capilista delle liste regionali sconfitte non divengono nemmeno consiglieri regionali22; e quindi, in particolare, il leader dello schieramento giunto per secondo (il quale ben potrebbe aspirare a rivestire, sia pur ufficiosamente, il ruolo di leader dell'opposizione) nemmeno entra il Consiglio regionale. Inoltre, se chi vince si attesta di un voto al di sotto del 50% dei seggi, ottiene tutti i

segni della quota maggioritaria; se invece si attesta anche di un solo voto al di sopra di tale percentuale ne ottiene solo la metà (insomma,

l'aver conquistato meno seggi nella competizione

proporzionale comporta il "premio" di un maggior numero di seggi in Consiglio)2 3. Ancora, considerando la legge la percentuale del 55% dei seggi Consiliari quale soglia al di sotto di cui nessuna maggioranza consiliare può scendere, è possibile che maggioranze relative anche esiguissime (ove non si affermino accorpamenti) vengano premiate con il 55% dei seggi «con un'evidente forte lesione del principio di rappresentatività in favore della difesa a ogni costo del principio della governabilità»2 4. Si pensi poi, in relazione alla "composizione variabile" del Consiglio regionale, alle alterazioni, anche molto vistose (rispetto al numero complessivo di seggi assegnati, secondo la popolazione, ai diversi Consigli regionali) che potrebbero derivare dall'applicazione congiunta del premio di maggioranza e della norma che impone la salvaguardia del numero di seggi ottenuti mediante i risultati derivanti dal computo proporzionale; alterazioni che, nella prima esperienza elettorale con il nuovo sistema, sono state non molto frequenti e piuttosto contenute in conseguenza dell'avvenuta (anche se non necessitata) bipolarizzazione di schieramenti, che ha attestato le liste regionali vincenti su quote quasi sempre superiori (e spesso non di poco) al 40% dei suffragi

0 n una prospettiva poi di / m carattere "istituzionale ^ generale" può anzitutto

ricordarsi come si sia visto, nella nuova legge, la prefigurazione di un modello basato su una rinnovata forza dei partiti e su distinzioni di schieramento non pensate per scoraggiare il consociativismo2 6, o si sia scorto in essa un meccanismo incapace di pervenire ad un effettivo riaccorpamento/riaggregazione del sistema politico27 e, invece, idoneo a favorire il formarsi di culture monopartitiche regionali28, criticandosi inoltre il meccanismo delle liste regionali bloccate25, presentate, forse con eccessivo ottimismo, come le "squadre" qualificate dei candidati alla presidenza30. Certamente, come posto in rilievo, la legge n. 43/1995 è nata, in fretta e furia, sotto la pressione dell'imminente scadenza elettorale, in un contesto politico tormentato, in movimento e fortemente incerto, segnato, in particolare, dalle dislocazioni e dai travagli che hanno caratterizzato "il

centro" del sistema partitico. Se ben può essere allora che tale legge rifletta pure tendenze contingenti, legate alle opzioni tattico-strategiche specie di certe forze politiche, cosi come percepite nel periodo di redazione del testo, occorre

Nel documento Sisifo 29 (pagine 41-47)

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