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Dall'azione al movimento

Capitolo III - Per un modello del testo: teorie e tecniche del testo nella letteratura critica

3.2. Mutamenti nelle categorie del testo teatrale

3.2.1. Dall'azione al movimento

Aristotele ha definito come elemento fondamentale della tragedia l'azione.

Per il filosofo ateniese, la tragedia è imitazione "non di uomini, ma di azioni e di un modo di vita" e poggia sulla trama o racconto (mithos), che è l’imitazione delle azioni reali

449

. Tra tutti gli elementi che integrano la tragedia (personaggio, canto, linguaggio, pensiero, trama) abbiamo visto come per egli è proprio quest'ultima a spiccare, intesa come "composizione dei fatti" (pragmaton sústasin). Abbiamo visto come nel percorso di evoluzione della forma drammatica la posizione di questo quesito sia oscillata tra fronte e sfondo, divenendo oggetto di diverse teorizzazione.

Pavis definisce il concetto di azione secondo tre "livelli di formalizzazione": (i) azione come "l'insieme dei processi di trasformazione visibili sulla scena e, a livello del personaggio, quello che caratterizza le loro modificazioni psicologiche o morali"

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. E' la definizione più immediata per un artista teatrale, quella che viene insegnata nelle accademia agli attori, registi e drammaturghi; (ii) il modo in cui questi processi di trasformazione vengono strutturati, del quale normalmente si occupa l'autore;

(iii) la prospettiva attanziale, secondo la quale «l'azione si dà quando un attante

449«Μέγιστον δὲ τούτων ἐστὶν ἡ τῶν πραγμάτων σύστασις. Ἡ γὰρ τραγῳδία μίμησίς ἐστιν οὐκ ἀνθρώπων ἀλλὰ πράξεων καὶ βίου [καὶ εὐδαιμονία καὶ κακοδαιμονία ἐν πράξει ἐστίν, καὶ τὸ τέλος πρᾶξίς τις ἐστίν, οὐ ποιότης· εἰσὶν δὲ κατὰ μὲν τὰ ἤθη ποιοί τινες, κατὰ δὲ τὰς πράξεις εὐδαίμονες ἢ τοὐναντίον] · οὔκουν ὅπως τὰ ἤθη μιμήσωνται πράττουσιν, ἀλλὰ τὰ ἤθη συμπεριλαμβάνουσιν διὰ τὰς πράξεις· ὥστε τὰ πράγματα καὶ ὁ μῦθος τέλος τῆς τραγῳδίας, τὸ δὲ τέλος μέγιστον ἁπάντων». [Ma la parte più importante di tutte è la composizione delle azioni. La tragedia infatti è imitazione non di uomini ma di azioni e di un’esistenza, e dunque non è che i personaggi agiscono per rappresentare i caratteri, ma a causa delle azioni includono anche i caratteri, cosicché le azioni e il racconto costituiscono il fine nella tragedia, e il fine è di tutte le cose quella più importante.

Ancora, senza l’azione non ci sarebbe la tragedia, mentre senza i caratteri ci potrebbe essere].

ARISTOTELE, Poetica cit, p. 141.

450PAVIS, Dictionnaire du…, cit., p. 8.

prende l'iniziativa di un cambiamento di posizione nella configurazione attanziale, capovolgendo così l'equilibrio delle forze del dramma». Il paradigma attanziale adottato da studiosi del teatro come Pavis e Ubersfeld proviene dalla semiotica strutturalista di Greimas (1966), che preconizza l'analisi letteraria tramite rapporti di opposizione quali soggetto vs oggetto, aiutante vs oppositore. Si tratta di una prospettiva i cui esordi possono già essere rintracciati nel lavoro di analisi teatrale di Georges Polti (1895)

451

, che è stato poi rivisto da Etienne Souriaux (1950)

452

. In ambito narratologico si parte da Propp (1928)

453

e prosegue ai nostri giorni con i

451Lo scrittore francese Georges Polti ha identificato trentasei situazioni drammatiche alla base di tutte le storie, dal dramma greco a quello del fine Ottocento (già Carlo Gozzi aveva identificato trentasei situazioni tragiche). Tali situazioni sono basate su opposizioni e contengono in sé il seme di un conflitto, che può essere declinato in diversi modi. Per esempio, la prima situazione indicata da Polti è data dal Supplicare, coinvolgendo un Persecutore, un Supplicante e una Potenza indecisa.

Questa situazione contiene una serie di varianti: fuggitivi implorano un potente contro i loro nemici (Le Suplici di Eschilo); implorare assistenza per compiere un pio dovere interdetto (Le Suplici di Euripide); implorare un rifugio per morire (Edipo a Colono, Sofocle); un naufrago domanda ospitalità (Le Fenicie, Sofocle); Scacciati dalla propria gente che si ha disonorato, implorare la carità (Danae, Euripide); espiare, cercare la propria guarigione, la liberazione, il perdono (Filottete, Sofocle);

sollecitare la restituzione di un corpo, di una reliquia (Antigone, Sofocle); supplicare un potente per delle persone care (Esther, Racine); supplicare un parente in favore di un altro parente (Eurisace, Sofocle); supplicare l'amante della propria madre a favore di quest'ultima (L'Enfant et l'amour, Bataille). Questo modello è poi stato adottato dalla scuola americana di sceneggiatura, da Palmer in poi. Cfr. G. POLTI, The Thirty-six dramatic situations, trad. ing. L. Ray, Franklin, James Knapp Reeve, 1921 (copia scansionata dell'originale pubblicata da Forgotten Books).

452L'estetologo francese Etienne Souriau, prendendo come spunto il lavoro di Polti, mette a punto un meccanismo combinatorio per dare l'idea dell'infinità di situazioni che si possono creare a partire da poche "funzioni drammaturgiche essenziali". Queste ultime sono i vettori delle situazioni. Le sei forze drammaturgiche identificate sono: la Forza Tematica, che galvanizza e orienta dinamicante tutto l'universo teatrale; il Rappresentante del valore o bene desiderato dalla forza tematica; il Ricettore del valore o bene verso il quale si direziona la forza tematica; l'Opponente, ossia, l'ostacolo, l'oppositore o la forza contraria alla forza tematica; l'Arbitro o attributore del bene, colui che in un determinato momento detiene il potere situazionale di decidere; lo Specchio di forza o coadiuvante, co-interessato, complice, aiutante o salvatore. Questi vettori possono essere incarnati da personaggi o no, e danno vita a degli schemi dinamici, a seconda delle forze tematiche, che possono essere trentasei: implorare, salvare, vendicare un crimine, vendicare un parente, essere intrappolato, distruggere, possedere, ribellarsi, adulterio mortale, pazzia, imprudenza fatale, incesto, uccidere un parente senza saperlo, sacrificarsi a un ideale, sacrificarsi per un altro, sacrificare tutto per la passione, dover sacrificare i parenti, litigare con uno più forte, adulterio, crimini d'amore, il disonore della persona amata, amori ostacolati, amare il nemico, ambizione, lottare contro Dio, gelosia, errore giudiziario, rimorsi, ritrovamenti, lutto per l'amato. Chiaramente, l'approccio di Souriau tiene conto del lavoro di Vadimir Propp. Cfr. E. SOURIAU, Les deux cent mille situations dramatiques, France, Flammarion, 1950.

453Il linguista e folclorista russo Vladimir Propp si è proposto di studiare le fiabe "con la stessa precisione con cui si studia la morfologia delle formazioni organiche" (p. 3, ed. it.). Nel suo studio, identifica alcune "funzioni dei personaggi", che sarebbero elementi costanti e di numero limitati. Vi sono trentuno situazioni-tipo in cui personaggi possono avere sette sfere d'azione: antagonista,

significativi studi di Kristeva, che interessano anche l'ambito teatrale anche se non direttamente

454

. Nell'ottica attanziale, dunque, azione è «l'elemento trasformatore e dinamico che permette di passare attraverso una logica causale da una situazione all'altra»

455

. Puntualizza Pavis:

Les analyses du récit s’accordent à articuler toute histoire autour de l’axe déséquilibre/équilibre ou transgression/médiation, potentialité/réalisation (non-réalisation). Le passage d’un stade à l’autre, d’une situation de départ à une situation d’arrivé décrit exactement le parcours de toute action. Aristote ne disait pas autre chose lorsqu’il décomposait toute fable en début, milieu et fin.456

Nel modello attanziale, l'azione è un concetto diverso dall'intrigo, in quanto la prima appartiene alla struttura profonda e quest'ultimo alla struttura superficiale.

L'azione è composta da figure di trasformazione attanziale molto generiche, mentre l'intrigo rispecchia la composizione dettagliata degli episodi. Questa distinzione corrisponderebbe a quella tra fabula come materiale e l'effettiva organizzazione degli eventi all'interno del sistema attanziale. Nel sistema tradizionale del dramma, l’azione corrisponde alla risoluzione delle contraddizioni e conflitti tra i personaggi o tra un personaggio e una situazione. Lo squilibrio delle forze attraverso lo scontro drammatico forza il personaggio ad agire, e la sua azione provocherà conseguenze.

La dinamica creata tra il concatenamento delle azioni e le reazioni dei personaggi compone l'Azione (con la A maiuscola). E' evidente dunque che il concetto di Azione è strettamente collegato a quello di conflitto, e l'evoluzione di uno non può che alterare la percezione dell'altro. Se nell'ambito del dramma chiuso (Klotz) il conflitto

donatore, aiutante, principessa e re, mandante, eroe, falso eroe. La strutturazione della fiaba si dà con una modalità combinatoria delle diverse funzioni, secondo uno schema generale che prevede quattro fasi: equilibrio iniziale, rottura dell'equilibrio iniziale, peripezie dell'eroe, ristabilimento dell'equilibrio. Cfr. V. PROPP, Morfologia della fiaba, Torino, Einaudi, 20003.

454La filosofa e linguista Julia Kristeva, francese di origini bulgare, di è dedicata principalmente alla linguistica e alla psicanalisi.

455Pavis, Dictionnaire du…, p. 8.

456 [Le analisi del racconto sono eseguite in modo da articolare tutte le storie intorno all'asse squilibrio/equilibrio o trasgressione/mediazione, potenzialità/realizzazione (non realizzazione). Il passaggio da uno stato all'altro, da una situazione di partenza a una situazione d'arrivo descrive esattamente il percorso di tutte le azioni. Aristotele non si è espresso diversamente quando ha decomposto tutte le fabule in principio, mezzo e fine]. Ibidem.

è dato da un soggetto che insegue un oggetto e nel fare ciò viene ostacolato da un altro soggetto, con sviluppi comici o tragici, la crisi del dramma verso la fine dell'Ottocento fa sgretolare questo modello. Iniziamo a vedere altri tipi di opposizione al di fuori del conflitto interpersonale, come quella con il milieu sociale per esempio, o il varco aperto verso quell'insondabile interiore dell'essere umano.

Il dramma inizia a frammentarsi e il drammaturgo passa ad adottare effetti di contrasto nell'improntare dinamica al racconto.

Hegel, nelle Lezioni di Estetica, ha identificato il conflitto nella poesia drammatica con "azione di collisione" tesa alla sintesi tra oggettivo e soggettivo:

l'oggettivazione del mondo interiore dei personaggi avviene attraverso un'azione che manifesta le sue contraddizioni. Si tratta di una concezione molto diversa da quella aristotelica, in cui il rovesciamento tragico (peripeteia) e il riconoscimento (anagnorisi) occupavano un posto centrale (l'effetto sorpresa, i colpi di scena). Dalla prospettiva di Hegel, l'azione drammatica implica un "movimento totale" che comprende il conflitto e la sua risoluzione

457

. Vi è un passaggio fondamentale del teatro antico al teatro moderno, teatro del conflitto propriamente detto, della collisione interpersonale per mezzo del dialogo (agon, per usare un termine greco).

Nell'ottica di Hegel, relativa al dramma chiuso, è la caratterizzazione del personaggio a dar origine al conflitto e non il contrario. In questo modo, l'opposizione che avviene è quella dei conflitti di valori appartenenti a ogni personaggio.

La crisi del dramma porta a scritture che esulano da questo tipo di impronta.

In Maeterlinck, si parla del "tragico quotidiano"; in Strindberg, il conflitto diventa il movimento dell'animo umano; in Hauptmann, si sposta all'asse l'uomo e condizioni sociali e politiche. Successivamente, il teatro brechtiano ridà al conflitto lo statuto

457L. GAUDÉ - H. KUNTZ - D. LESCOT, "Conflit", in J.-P. SARRAZAC (dir.), Lexique du drame…, cit., p.

51.

di motore della forma drammatica, trasformandolo però ulteriormente. Gaudé, Kuntz e Lescot spiegano:

Là où le drame les considère [les relations interhumaines] comme conditions a priori

-"sans problème" -, Brecht opère une déconstruction, et les réinterroge dans leurs conditions de possibilités. Le rapport interhumain, fondement du drame, se trouve mis en question par le conflit, moteur de l'action dramatique, principe dialectique donnant à la relation interhumaine sa forme et sa configuration dans le drame. Cette analyse, au sens scientifique de dissociation expérimentale, change le conflit en combat, juxtaposition des figures d'une lutte où les adversaires tentent de se mesurer dans leurs valeurs absolues respectives. De ce conflit sans motive, apparenté au match de boxe, naît l’idée que la relation interhumaine ne va de soi ni sur la scène, ni dans le monde. [...] En refusant d'apporter une solution au conflit [...], Brecht se livre à une seconde critique du schéma hégélien, qui engage également la scène et le monde, [...]

s'attache à déconstruire un dénouement en forme de résolution et apprend le spectateur à se méfier de toute révélation finale de sens.458

Un'analisi del conflitto nell'opera di un autore è molto rivelatore della sua concezione filosofica del mondo e, in prospettiva storica, rispecchia anche questo fattore. Gli autori affermano che il conflitto, nel corso del XX secolo, «cessa di essere principio motore della forma drammatica per diventare conflitto reale, veicolato da una struttura non più organica ma fatta di montaggi, parallelismi e rotture»

459

. Di quest'affermazione vorremo esaminare due aspetti. In primo luogo, l'espressione

"conflitto reale" si riferisce in quel contesto a una sua natura più concreta, meno

458[Laddove il dramma li considera [la relazione interumana e il conflitto] come condizioni 'a priori', non problematiche, Brecht opera una decostruzione e li interroga nella loro condizione di possibilità.

La relazione interumana, fondamento del dramma, è messa in questione dal conflitto, motore dell'azione drammatica, principio dialettico che dà forma e configurazione alla relazione interumana all'interno del dramma. Questa analisi, nel senso scientifico di dissociazione sperimentale, trasforma il conflitto in combattimento, giustapposizione delle figure in una lotta in cui gli avversari tentano di misurarsi dentro i loro rispettivi valori assoluti. Da questo conflitto senza motivazioni, che assomiglia a un match di box, nasce l'idea che la relazione interumana non sia scontata né sulla scena, né nel mondo. (...) Rifiutandosi di dare soluzione al conflitto (...), Brecht fa una seconda critica allo schema hegeliano, che ingaggia ugualmente scena e mondo, (...) s'impegna a decostruire un finale che sia una risoluzione e insegna allo spettatore a non fidarsi di qualsiasi rivelazione finale del senso]. Ivi, p.

53-4.

459«[Le conflit] césse d'être le principe moteur de la forme dramatique pour devenir un conflit réel, véhiculé par une structure non plus organique mais faite de montages, de mises en parallèle, de ruptures» Ivi, p. 54.

basata su opposizioni astratte; si tratta tuttavia di un aggettivo ambiguo, che forse ci può fare comodo nel contesto dell'estetica del postdrammatico. Quando si parla di irruzione del reale, avviene un altro tipo di conflitto, che è quello tra momento presente di condivisione tra attori e spettatori e eventuale piano della finzione

460

. Evidentemente, in questo caso non si può parlare di conflitto drammatico propriamente detto, ma di effetto di contrasto. Infatti, la drammaturgia contemporanea, includendo i testi teatrali ma non solo essi, si basa sul principio di giustapposizione, in cui elementi eterogenei si combinano secondo logiche di somiglianza o contrasto. E' proprio quest'alternanza a creare movimento nel testo o spettacolo teatrale.

Ritornando al concetto di azione come movimento totale in Hegel: nel teatro contemporaneo l'azione drammatica non è più scontro di valori opposti come nel dramma assoluto, ma forse si può prendere dal filosofo tedesco quell'idea di movimento (non totale, perché non comprende la risoluzione). Joseph Danan si è occupato di questo, identificando nel movimento la forma moderna d'azione già a partire da Ibsen. Il drammaturgo e studioso francese considera l'ultima opera di Ibsen, Quando noi morti ci destiamo (1899), una specie di Ars Poetica per il teatro del secolo XX. Danan vede quattro tendenze di evoluzione della nozione di azione (e dunque di conflitto): la prima è la sua interiorizzazione; la seconda è la sua frammentazione in microazioni, con l'abbandono del concetto di "azione d'insieme"; la terza è la sua sparizione vera e propria. La quarta tendenza sarebbe il gioco di movimenti spazio-temporali verbali e scenici, che nel caso specifico determina la confusione tra presente e passato, vita e oltre la vita, «come se logica e cronologia si cancellassero di fronte a un gioco di variazioni loro stesse strutturate da questa confusione di tempi, della vita e della morte, lavorate da un motivo che non può che ripetersi»

461

. L’autore francese chiarisce:

460 Nel punto 4.4 vedremo come il drammaturgo Daniel MacIvor ha sfruttato questo tipo di constrasto.

461 «[...]comme si logique et chronologie s’effaçaient devant un jeu de variations elles-mêmes structurées par cette confusion des temps, de la vie et de la mort, travaillées par un motif qui ne peut plus que se répéter». J. DANAN. "Du mouvement comme forme moderne de l’action dans deux

Il me semble que le quatrième cas de figure que j’invoque à propos d’Ibsen, le mouvement comme forme moderne de l’action, traverse les trois autres, et peut-être en crée la possibilité: mouvement intérieur que le théâtre rend visible, extériorise par ses moyens propres; micromouvements; et enfin, pour le cas de figure n° 3, mouvement remplaçant l’action, en tenant lieu, pur mouvement scénique dont la chorégraphie des premiers spectacles de Robert Wilson serait le modèle achevé — on n’est plus dans le drame et pourtant pas en dehors du théâtre, un théâtre qui tend vers la danse ou vers une cinétique de la scène dont on sait à quel point elle a été opérante pour les metteurs en scène depuis Craig et Meyerhold.462

C'è dunque un movimento sotterraneo sotto tutte le altre forme, una categoria più estesa e astratta, che segue un criterio ritmico. Il gioco di variazioni intorno a un tema ha natura musicale, così come la può avere il movimento (i movimenti di una sinfonia, per esempio). Tuttavia Danan identifica in realtà una somiglianza più spiccata col cinema, l'immagine in movimento, tanto da qualificare Quando noi morti ci destiamo come un'opera teatrale dell'era cinematografica.

Essendo il cinema "scrittura del movimento", il suo avvento ha provocato la

"cineficazione" della scena (si potrebbe pensare agli schermi di Craig, per citare un esempio). Ma non si può ugualmente dimenticare il movimento come principio della danza: non per caso la scena postdrammatica è segnata da fusioni con questa forma d'arte, molto spesso eliminando confini. E' soltanto esplorando questo concetto in modo ampio che potremo comprendere il motore di certi testi attuali, come per esempio quelli che gestiscono una polifonia di voci. Danan parla di un movimento poco apparente, soggiacente alla propria composizione dell'opera, relativo ai suoi livelli di senso e al suo montaggio. Questo movimento è dato, tra

pièces d’Ibsen", Etudes théâtrales, n° 15-16 / 1999, « Mise en crise de la forme dramatique. 1880-1910».

462[Mi sembra che il quarto caso di figura che invoco a proposito di Ibsen, il movimento come forma moderna di azione, attraversa le altre tre, e forse ne crea la possibilità: movimento interiore che il teatro rende visibile, esteriorizzandolo tramite i suoi propri mezzi; i micromovimenti; e infine, per quanto riguarda la figura n° 3, il movimento che rimpiazza l'azione, prendendo il suo posto, puro movimento scenico in cui la coreografia dei primi spettacoli di Robert Wilson sarebbe il modello compiuto - non siamo più nel dramma e pertanto fuori del teatro, un teatro che tende verso la danza o una cinetica della scena che sappiamo com'è stata spinta dai registi dopo Craig e Meyerhold]. Ivi, p. 30.

altre cose, dall'organizzazione del materiale, sia dal punto di vista ritmico che visivo.

Se un testo teatrale si caratterizza più fortemente dall'elemento ritmico, allora il termine "movimento" potrebbe assomigliare più al suo aspetto musicale, ovvero, movimento come progressione del tessuto musicale. Se invece un testo è segnato più fortemente da un aspetto visivo, "movimento" può indicare più precisamente la disposizione del montaggio delle parti di un tutto. Ovviamente, si tratta di una distinzione puramente operativa, perché in realtà molti testi hanno una natura ibrida. Forse per questo motivo si potrebbe più acutamente parlare di due assi del movimento - ovvero, dell'azione postdrammatica - nei testi teatrali contemporanei:

quello ritmico e quello visivo.

Quel "movimento poco apparente" corrisponde a un livello tematico

profondo, che la struttura del testo incarna. Se andiamo a guardare gli strati meno

profondi dei testi contemporanei, troveremo che la loro natura è molto spesso

discontinua. Il teatro implicitamente adotta modalità di divisione dei propri

contenuti la cui unità minima può essere la scena (ma non necessariamente). Il

teatro classico, per esempio, adotta la macrodivisione in cinque atti, così come il

teatro borghese usava contenere il racconto in soli tre. Il teatro, lungo il XX secolo,

ha reinventato questo sistema di divisioni, proponendo altre possibilità. Oggi,

infatti, non si può parlare di una divisione standard ma del montaggio specifico di

ogni opera. Però si possono riscontrare alcune tecniche più spesso utilizzate e

sviluppate. Parlare di montaggio significa parlare di nuovi modi di raccontare una

storia, come vedremo di seguito.