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Puchner e il dramma anti-teatrale

Capitolo III - Per un modello del testo: teorie e tecniche del testo nella letteratura critica

3.1. Dal dramma al postdrammatico

3.1.3. Puchner e il dramma anti-teatrale

Un altro approccio alla destabilizzazione del genere drammatico è proposto da Martin Puchner, che identifica un forte impulso all'anti-teatralità nella produzione del primo Novecento. Per lo studioso, la moderna teatralità nasce dalla concezione estetica di Richard Wagner

316

. Il compositore tedesco ha segnato un cambiamento fondamentale nel modo di pensare il teatro nel cercare la Gesamtkunstwerk, l'opera d'arte totale, in cui musica, arti visive, poesia e recitazione convergerebbero nell'evento scenico

317

. Dopo il suo contributo non sarebbe stato più possibile assumere una posizione neutrale rispetto al teatro: lo si può assecondare o combattere

318

. Solo a partire da quel momento diventa possibile parlare di impulsi di anti-teatralità nel teatro moderno e nelle forme avanguardistiche. L'approccio wagneriano è "teatralizzante" in quanto mira a

315Ivi, p. 191,2.

316Il concetto di teatralità ha una sua evoluzione nella teoria del teatro. Diderot ha usato il termine

"teatrale" per indicare ciò che è falso e superficiale. Ne Les Entretiens sur le Fils naturel (1757), dichiara che la realtà del salotto dovrebbe essere trasportata sulla scena così com'è. In Wagner, invece, per la prima volta, "teatralità" diventa sinonimo dell'arte dello spettacolo, in cui convergono gli elementi che saranno materia prima della composizione registica. Cfr. M. CARLSON, Teorie del Teatro, trad. it. di L. Gandini, Bologna, il Mulino, 19972.

317 Dopo aver esplorato nelle sue prime opere i limiti del romanticismo, Wagner ha dedicato alcuni saggi teorici al teatro, sulla scia di un fervore politico rivoluzionario. In L'Opera d'Arte dell'avvenire (1850), sostiene che l'arte si è corrotta rispetto al passato (rappresentato dalla gloriosa tragedia greca) e si renderebbe necessaria una riforma unificatrice al fine di riscoprire un'unica forma d'arte, caratterizzata da verità, libertà e significato universale. In Opera e dramma (1851), va più a fondo nell'analisi storica per ribadire il suo punto di vista e giungere alla conclusione che ci sarebbe bisogno di un artista che unisse le diverse discipline per colmare il profondo bisogno di unità del Volk, il

"popolo" inteso come l'insieme di tutti coloro che avvertono una necessità comune. Ivi, p. 283-4.

318Puchner considera che il dibattito culturale europeo di tardo Ottocento e inizio Novecento si è polarizzato intorno alla "teatralità" per merito di Wagner. M. PUCHNER, Stage Fright: modernism, anti-teatricality and drama, Baltimore, John Hopkins University Press, 2011, p. 31-55.

ottenere il massimo dell'emozionalità, mettendo tutte le arti (anche la musica) al servizio della scena. I detrattori di Wagner sarebbero i primi difensori a livello teorico di un anti-teatro o dell'anti-teatralità, Nietzsche per primo

319

. La dicotomia creata opponeva l'adesione al pathos tramite il meccanismo tragico alla spinta contraria. Wagner dava un'importanza centrale agli interpreti e quindi alla gestualità come elemento centrale del teatro musicale. In questo senso, Puchner ritiene che Wagner ha "teatralizzato il teatro", ossia, lo ha portato al massimo grado di illusione

320

. Accanto a questa fede totalizzante nel teatro fondato sul rapimento dei sensi è cresciuta una "paura del palcoscenico" (Stage Fright), tendenza della modernità a squarciare l'ipnosi drammatica

321

. E' stata proprio questa paura a dare la spinta necessaria al rinnovamento del teatro, attraverso la resistenza al linguaggio scenico portata avanti da alcuni autori. Alla base di questo vi è l'opposizione tra diegesi e mimesi. Mentre la teatralità si riconduce alla mimesi, l'antiteatralità usa la diegesi per combatterla

322

.

Mallarmé è il primo a mettersi in mostra per i suoi drammi anti-teatrali

323

. Nell'ottica del simbolismo, il ruolo della lingua come elemento di suggestione è fondamentale, e la costruzione linguistica del testo teatrale spesso pone problemi apparentemente insormontabili alla regia. Per questo motivo, la critica definisce i drammi di Mallarmé closet drama (letteralmente "drammi da sgabuzzino", non

319Nietzsche definì le opere di Wagner "teatrocrazia" (Theatrokratie), parola di origine platonica, a indicare la follia insita nell’intravedere il primato del teatro sulle altre arti. Adorno, a sua volta, rigetta la mimesi teatrale considerando la gestualità una falsa imitazione (mimesi acritica). Cfr. Ibidem.

320Wagner fu il primo a nascondere l'orchestra e a ridurre le luci nella platea, tra le altre cose, facendosi precursore di un teatro di regia volto a far soccombere la razionalità degli spettatori tramite un apparato dell'illusione. Nell'estetica wagneriana, niente deve essere taciuto o rimanere inespresso. Si può parlare di un'estetica del pathos e dell'eccesso.

321Puchner prende l'espressione dall'omonimo film di Alfred Hitchcock, Paura in palcoscenico (1950).

322L'opposizione tra mimesi (μίμησις) e diegesi (διήγησις) è stata formulata da Platone che, per distinguere tra il dramma e il ditirambo, afferma che il primo "mostra" mentre il secondo "racconta"

per mezzo del narratore. Cfr. PLATONE, Repubblica, trad. it. F. Sartori, Roma-Bari, Laterza, 200713, pp. 100-105. I concetti hanno subito molti mutamenti lungo i secoli, ma Puchner riprende questa loro differenza fondamentale.

323Mallarmé spicca come esponente del simbolismo, la cui dottrina egli riassunse in una frase, in una delle sue lettere: «to paint not the object but the effect it produces» [dipingere non l'oggetto ma l'effetto che esso provoca]. Cit. in PUCHNER, Stage Fright..., cit., p. 59. E' interessante notare che qui si trova di già la radice delle pratiche compositive testuali contemporanee che mettono in primo piano il processo ricettivo dell'opera.

destinati alla messinscena). Nei suoi testi, Mallarmé cancellava tutte le didascalie come segno di contrarietà alla rappresentazione teatrale, affermando sempre però la natura teatrale dei suoi testi, comunque definiti pièces de theatre

324

. Ovviamente, il "dramma da sgabuzzino" ha i suoi antecessori, il più evidente dei quali è forse Seneca

325

. Puchner mostra come l'Hérodiade (1896) si svolga soltanto nello spazio poetico del linguaggio e, se richiede una partecipazione fisica attraverso gesti e corpi che si toccano, è soltanto per rifiutarla

326

. Le scene mimetiche sono sostituite dal discorso diegetico, che diventa in realtà il centro drammatico del testo

327

. L'Igitur (1869), a sua volta, è segnata dall'assenza di azione e dalla mancanza di correlativi oggettivi nel protagonista, caratteristiche che rendono questa pièce

324Il poeta e drammaturgo francese ha scoperto che, nel momento in cui le didascalie non avevano più a che fare con gli elementi tecnici del teatro, potevano diventare un nuovo elemento del testo drammatico da usare per i più svariati propositi: commentare le azioni specifiche, creare mondi esclusivi o alternativi, disumanizzare gli attori o, ancora, isolare e manipolare caratteristiche specifiche. Ivi, p. 67

325Le tragedie di Seneca erano più probabilmente destinate alla sola lettura, perché contenevano momenti di difficile resa scenica.

326Puchner afferma che qui risiede la differenza tra la diegesi antica e quella del modernismo:

quest'ultima cerca attivamente di combattere la mimesi: «(...) the absence of mimetic scene requires that the closet drama substitute mimetic theater with diegetic speech. However, in the case of Mallarmé, and the modernist closet drama more generally, this substitution is actively turned against what it putatively replaces, for this type of modernistic diegesis seeks to foreclose the very possibility of theatrical, mimetic representation» [(...) l'assenza della scena mimetica fa sì che il closet drama sostituisca il teatro mimetico con il discorso diegetico. Tuttavia, nel caso di Mallarmé e del closet drama modernista in generale, questa sostituzione si ritorce attivamente contro quello che ipoteticamente rimpiazza, perché questo tipo di diegesi modernista cerca di escludere la possibilità stessa di rappresentazione teatrale mimetica]. Ivi, p. 63.

327«What Hérodiade does can be done only in the poetic space of language, in which Hérodiade has full rhetorical control over her own image. No human impersonation would ever be able to replicate this process of diegetic dehumanization. (...) As Hérodiade sits in front of the mirror recreating herself through language, she can be taken as the figure of the closet drama itself, trying to control the imagined mimetic space of the stage through acts of spoken or textual diegesis. Hérodiade is thus involved in a struggle between mimesis - her potential physical interaction with the nurse - and her self-creation and self-description» [Quello che Erodiade fa può essere fatto soltanto nello spazio poetico del linguaggio, nel quale Erodiade ha il totale controllo retorico sulla propria immagine.

Nessun essere umano sarebbe mai capace di replicare a questo processo di disumanizzazione diegetica. (...) Quando Erodiade si siede davanti allo specchio ricreando sé stessa attraverso il linguaggio, può essere vista come un emblema del closet drama, che tenta di controllare lo spazio mimetico immaginato del palcoscenico attraverso atti di diegesi del parlare o del testo. Erodiade è quindi coinvolta in una lotta tra la mimesi - la sua interazione fisica potenziale con la balia - e la sua auto-creazione e auto-descrizione]. Ivi, p. 62-63.

antidrammatica e antiteatrale

328

. Mallarmé ha anche lavorato su un libro-teatro (Le Livre), un progetto che dimostra la sua volontà di creare un altro tipo di fruizione teatrale, non scenica, assumendo una posizione anti-attoriale

329

. E' dunque in un territorio liminale tra letteratura e teatro che il dramma si rinnova. Puchner prende come esempio il capitolo "Circe" dell'Ulisse di Joyce per dimostrare come la libertà dalle costrizioni della rappresentazione teatrale crei invece altre forme di teatralità che producono innovazioni importanti nel testo teatrale

330

. Uno degli effetti più importanti della letterarizzazione del teatro è che non possiamo più considerare le didascalie come intrusioni prescrittive di un autore drammatico nei confronti di un regista o una semplice comunicazione tecnica; esse si rivolgono invece al lettore

331

. In aggiunta - punto fondamentale - il linguaggio passa ad avere un potere trasformativo della realtà indipendentemente da uno sdoppiamento scenico, facendosi autonomo

332

.

328Il termine "correlativo oggettivo" è un concetto che va ricondotto a T. S. Eliot. Per Eliot, i correlativi oggettivi di un'emozione sono gli oggetti, una situazione o una catena di eventi che la suscitano (cfr.

T.-S. ELIOT, Amleto e i suoi problemi in Il bosco sacro. Saggi sulla poesia e la critica, Roma, Bompiani, 2010). Come Amleto, Igitur sarebbe troppo metafisico per essere reso in teatro, secondo un certo filone che vedeva in molti drammi di Shakespeare la vocazione alla sola lettura. E' interessante notare come mentre in Erodiade le didascalie sono state eliminate, in Igitur diventano uno strumento di reinvenzione della forma drammatica, una vera e propria arma contro il teatro.

329Nel rifiuto radicale della mimesi come principio teatrale, era naturale cercare di abolire l'elemento umano che inevitabilmente creava il mimetismo in scena. Basti pensare a Craig e alla supermarionetta. Come critico di Wagner, Mallarmé riconosceva alle opere wagneriane il merito di incantare e rapire la ragione umana attraverso un simulacro, anche se in realtà quello a cui aspiravano era una fusione tra le arti da rappresentare sulla scena. Nel poeta francese, tuttavia, fa notare Puchner, tale fusione avveniva tramite la parola, per esempio con l'uso della ekphrasis: la mimesi scenica era proibita, quindi la gestualità irrompeva sul foglio di carta (Ivi, p. 74). In questo senso, Mallarmé è il precursore di un teatro delle voci, come vedremo nel punto 3.2.3.4.

330 Per lo studioso, Joyce ha inventato una forma drammatica peculiare che potrebbe essere chiamata narrative closet drama, o "dramma narrativo da sgabuzzino " (Ivi, p. 84). La questione del dialogo tra i generi, specificamente tra il romanzo e il teatro, è rilevante nella drammaturgia contemporanea, tanto che si può parlare di una "romanzizzazione del dramma". Cfr. voce

"romanisation" in SARRAZAC (dir.), Lexique du drame…, cit., p. 190-5.

331Infatti, in molte regie di testi contemporanei le didascalie vengono verbalizzate come testo.

332 Concetto che abbiamo già visto in precedenza. In "Circe", invece, il linguaggio crea la fantasmagoria, la trasformazione in realtà nel momento in cui viene pronunciato; così, non è necessario vedere mimeticamente in scena la metamorfosi dei compagni di Ulisse in maiali. In questo senso, la teatralità viene assimilata al linguaggio e il lavoro dell'autore non contempla assolutamente indicazioni di regia perché non mira direttamente alla scena. Molti autori drammatici contemporanei però, in modo consapevole, utilizzano questo tipo di strategia - questa teatralità implicita, possiamo dire - anche se votati alla messinscena.

Un ulteriore contributo cardine è quello di Gertrude Stein, che fa esplodere del tutto la forma tradizionale del testo teatrale. In Four Saints in Three Acts (1928), testo che si presenta come libretto, mancano un elenco dei personaggi, la numerazione corretta degli atti, i parlanti designati e una storia percettibile, e non si distingue chiaramente tra discorso diretto e didascalie, includendo anche parti brevi di narrazione al passato. L'atteggiamento della Stein nei confronti del teatro sarebbe causato dalla sua percezione di un'inevitabile a-sincronicità tra osservatore e azione scenica; il tempo emotivo di uno spettatore rispetto alla scena rimarrebbe sempre sfasato, per cui l'autrice auspica in primis la lettura delle opere teatrali

333

. Stein non desidera eliminare la messinscena come Mallarmé, ma farla somigliare il più possibile all'atto di lettura. Per questo, smonta l'intero apparato della rappresentazione teatrale creando un dramma anti-teatrale, contro la figura dell'attore in quanto agente di mimetismo. In modo provocatorio, Stein afferma che "tutto ciò che non è una storia potrebbe essere un testo teatrale", anche se in realtà non aspira a creare il teatro non narrativo, ma piuttosto a mostrare in scena l'essenza degli avvenimenti nel presente, senza opporre mimesi e diegesi

334

. Questo avviene anche a causa della sua visione della narrativa che, secondo lei, non dovrebbe raccontare qualcosa nel passato: piuttosto, dovrebbe limitarsi a

333La scrittura dell'americana Gertrude Stein va a disarticolare tutti i riferimenti del lettore dei suoi testi teatrali e presenta, di conseguenza, sfide importanti per la messa in scena. Mentre Mejerchol'd e Craig puntano a una riforma della recitazione e della regia, Stein lo fa con il testo cercando di eliminare l'identificazione dell'attore con un ruolo. Nella sua carriera letteraria ha dato via via sempre più importanza al significante che al significato, aprendo la strada alla cosiddetta autonomizzazione del linguaggio tipica del postdrammatico. Cfr. G. STEIN, Opere ultime e Drammi, trad. it. M. Morbiducci (a cura di), Macerata, Liberilibri, 2010, pp. 11-34.

334«(...) a cursory look in Four Saints demonstrates that Stein does not simply oppose mimesis to diegesis, direct expression to distanced narration, the way classical dramaturgy from Aristotle on has done. In fact, her relation to Aristotle is exemplary of her relationship with genre in general: rather than coming up with new terms of her own, Stein uses traditional terms but carefully reworks and displaces their meaning. (...) What we begin to see here is that Four Saints is a text that does not shy away from narrative and diegesis but makes extensive and strategic use of a vareity of narrative elements». [Uno sguardo attento su Four Saints dimostra che Stein non oppone semplicemente mimesi e diegesi, diretta espressione della narrazione distanziata, come la drammaturgia classica da Aristotele in poi ha fatto. Infatti, la sua relazione con Aristotele è esemplare della sua relazione con il genere in generale: anziché creare nuovi termini, Stein usa termini tradizionali attentamente rielaborati, e ne sposta il significato. (...) Quello che cominciamo a vedere in Four Saints è un testo che non si allontana dalla narrativa e dalla diegesi, ma fa un uso esteso e strategico di una varietà di elementi narrativi]. Ivi, p. 106-7.

descrivere. Mentre la narrativa tende a connettere gli eventi spiegandoli sequenzialmente e in modo causale, la descrizione permette di intravedere gli eventi tramite tableau statici e tende ad evitare la causalità a favore della paratassi.

Puchner ritiene che l'arte del ritratto sia quella che più si avvicina alle plays di Stein, poiché appare come una via di uscita dalla già citata a-sincronicità tra azione drammatica e percezione dell'opera vista dall'autrice (e qui forse si può parlare di drammaturgia statica e pittorica). La denominazione più conosciuta è landscape play, dove l'enfasi viene decisamente posta sul processo creativo dello spettatore;

è compito suo creare il movimento all'interno del paesaggio, costruire un legame tra gli elementi presenti

335

. In Stein - come in Mallarmé e Joyce - il paratesto (didascalie, elenco dei personaggi) diventa testo ed è fortemente presente la nozione di frammento, che in Four Saints si manifesta in una molteplicità diegetica che interrompe l'illusione mimetica e l'azione. Puchner chiama questa procedura

"diegesi cubista", dato l'effetto di polverizzazione dei punti di vista

336

. Con ciò Stein fa venir meno la continuità spaziale e temporale caratteristica del dramma classico, inventando una forma (post)drammatica che mette la mimesi e la diegesi teatrali l'una contro l'altra. Un altro elemento importante è la meta-teatralità: in Four Saints, fa notare Puchner, diventa sempre più chiaro che quello che il testo dipinge è, in gran parte, non il personaggio e la storia di Santa Teresa ma il processo di scrivere un'opera su di lei.

Oltre che nei "drammi da sgabuzzino" modernisti, Puchner identifica nel

"teatro diegetico" – categoria nella quale colloca Yeats, Brecht e

335Vedremo più avanti come Michel Vinaver abbia ripreso e attualizzato quest'idea (cfr. punto 5.1).

Secondo Joseph Danan, la landscape play steiniana ha un legame indiscusso con la poesia e la musica, trattandosi innanzitutto di creazioni linguistiche concrete caratterizzate dal rifiuto della linearità tramite un gioco di variazioni, ripetizioni e ritmi; la sfida lanciata dall'autrice si pone in termini di materiale per la scena, ossia, i suoi sono testi-materiali che non per niente hanno attratto un regista come Robert Wilson.

336«When one examines Stein's use of narrative, however, it becomes clear that it never amounts to one privileged diegetic perspective, but rather a multiplicity of diegetic fragments that interrupt the representation of mimesis and action, what one might call a cubist diegesis». [Se si esamina l'uso della narrativa in Stein, tuttavia, diventa chiaro che non si ha mai una prospettiva diegetica privilegiata, ma una molteplicità di frammenti diegetici che interrompono la rappresentazione della mimesi e l'azione, quello che si può chiamare diegesi cubista]. Ivi, p. 110.

sorprendentemente Beckett – l'altro versante della spinta anti-teatrale. Il teatro di Yeats è un teatro che privilegia la parola poetica, ma il suo attore ideale non è propriamente un attore, bensì un narratore nel senso medievale del termine, un menestrello, che non lavora con l'illusione ma con l'allusione

337

. Per Yeats, il reciter (colui che dice il testo) deve agire come un messaggero; non deve impersonare, ma parlare per un'altra persona, assumendo una funzione diegetica. Inoltre, nel teatro di Yeats la danza assume un ruolo importante come spazio d'astrazione e opposizione alla teatralità mimetica

338

.

Bertolt Brecht, a sua volta, distingue tra personaggio che racconta e attore che racconta. Dal suo punto di vista, soltanto se la teatralità totale di Wagner sarà infranta, se il teatro si rivolterà contro sé stesso, sarà possibile usarlo come strumento critico. Puchner dedica particolare attenzione ai Lehrstücke, i drammi didattici, perché in essi il drammaturgo tedesco non solo si affida alla diegesi come modo di resistere a tale visione, ma si spinge ancora più lontano:

Brecht conceives of his most political plays entirely as workshop productions from which the audience is to be systematically excluded. This exclusion is backed up by another anti-theatrical position, a suspicion of visual pleasure, what Brecht calls the dangerous "desire to see" [Lust am Betrachten] (17:1023). Brecht here attacks the theater at its very essence, namely, in the original Greek meaning of theatron as the place of thea, "seeing". [...] Rather than indoctrinating the audience with propaganda, the Lehrstücke demand that its participants rotate through different roles in order to partake in an active discussion of the political problem the play proposes, usually the necessity of an individual to consent to his or her own murder. We can see the bifurcation between a traditional anti-theatricalism and Brecht's modernist one: while

337La difficoltà formale che il teatro di Yeats doveva risolvere, secondo Puchner, era quella di trovare una mediazione tra teatro e poesia, che lui ha risolto proponendo l'uso della diegesi tramite personaggi che limitano, controllano e sdoppiano il piano mimetico. In questo senso si fa precursore di Brecht. Nel suo teatro, questa funzione diegetica si manifesta con strategie diverse, come la divisione concreta del palcoscenico in spazio mimetico e diegetico (in At the Hawk's Well, per esempio). Ivi, p. 124-5.

338Così come Brecht successivamente, Yeats ha subito il fascino del teatro Nô, attratto dall'enfasi sul ritmo e sulla gestualità simbolica piuttosto che sulla forma mimetica umana. Da questo punto di vista, invece, si avvicina di più alla visione di Mallarmé. Si pensi anche al Craig, che auspica un "teatro del divino movimento" (cfr. nota n. 186 del presente lavoro).

one recurring form of the anti-theatrical prejudice objects to the role-playing that happens inside the theater because such role-playing is seen as subverting social hierarchies and classes, Brecht endorses it, for his objection is founded on an anti-theatricalism that is concerned with the act of mimetically impersonating another human being for the curious eyes of an audience that may be easily manipulated through breathtaking spectacles.339

Puchner chiama "esclusione della platea" la procedura brechtiana del suo coinvolgimento nello spettacolo (role-playing). Ciò è vero nella misura in cui l'opposizione tra osservatore e osservato, tra arte e fruitore, viene infranta: lo spettatore diventa parte della recita

340

. La pratica teatrale di Brecht incanala l'espressione scenica in strutture significanti (Gestus), rompendo la continuità materiale della mimesi. Il Gestus si posizionerebbe tra la teatralità e l'antiteatralità, poiché da un lato crea un'illusione di continuità con la teatralità wagneriana (articolazione tra musica, parola, movimento), mentre dall'altro cerca di creare una conflittualità tra gli elementi per "allontanare" lo spettatore (Verfremdunseffekt)

341

.

339[Brecht considera la maggior parte delle sue opere politiche come produzioni laboratoriali dalle quali la platea deve essere sistematicamente esclusa. Questa esclusione si basa su di un'altra posizione anti-teatrale, l’idea del piacere visivo, quello che Brecht chiama il pericoloso 'desiderio di vedere' [Lust am Betrachten]. Qui Brecht attacca il teatro nella sua essenza, ossia, nel significato originale greco di theatron come luogo di thea, "vedere". Invece di indottrinare il pubblico con la propaganda, i drammi didattici esigono che i loro partecipanti recitino a rotazione diversi ruoli, al fine di partecipare a una discussione attiva del problema politico proposta dalla pièce, di solito la necessità di un individuo di consentire al proprio omicidio. Possiamo vedere la biforcazione tra un’anti-teatralità tradizionale e quella modernista di Brecht: mentre una forma ricorrente del pregiudizio anti-teatrale contesta il gioco di ruolo che accade all'interno del teatro in quanto tale gioco di ruolo è visto come sovvertire le gerarchie e le classi sociali, Brecht lo sostiene, e la sua obiezione è fondata sull’anti-teatralità correlata all'atto di impersonificazione mimetica di un altro essere umano davanti agli occhi curiosi di un pubblico che può essere facilmente manipolato attraverso spettacoli mozzafiato]. Ivi, p. 147.

340Questo è un punto molto importante, perché la spinta antiteatrale modernista che Puchner vede in Brecht lo avvicina alle esperienze performative degli anni Sessanta, in cui la platea diventa co-partecipe. Alla luce di questo, è evidente che i concetti di teatralità e performatività abitano per forza territori discontinui.

341Anche se gli spettacoli di Beckett - pensiamo a L'Opera da tre soldi (1928), con la collaborazione del compositore Kurt Weil - prevedevano un'integrazione tra diverse arti, l’intento dell’autore non era integrarle in un’"opera d'arte totale", nel senso wagneriano, ma renderle autonome. Questa è, per Puchner, una procedura anti-teatrale. Di fatto, preannuncia lo status di autonomia che i diversi linguaggi hanno nel teatro contemporaneo, in conformità con l'estetica del performativo e del postdrammatico.

Il teatro "anti-teatrale" di Beckett, spartiacque della drammaturgia del Novecento, viene affrontato a partire dai radiodrammi dell'inizio della sua carriera, in cui la diegesi ha un ruolo importante. La scelta del radiodramma da parte di Beckett sarebbe avvenuta non soltanto per questioni finanziarie, ma soprattutto per una scelta anti-teatrale, un modo per ridurre l'influenza degli attori. Infatti, Beckett ha cercato lungo la sua produzione drammatica di isolare gli elementi significativi dell'arte teatrale e, per quanto riguarda la recitazione, di limitare al massimo la capacità motoria degli attori, arrivando a posizionarli per esempio dentro a dei barili (Finale di Partita) o ficcati nella terra (Giorni Felici). Quando la mobilità era concessa, veniva comunque rigorosamente controllata dall'autore, come per esempio in Atto senza Parola I e II. La separazione della voce dalla gestualità era un progetto estetico fondante nella sua drammaturgia. Così inizia la disgregazione del linguaggio teatrale, in primis del personaggio, che non può più essere reso tramite l'associazione coordinata di elementi verbali e corporei. Tale procedura di dissociazione avviene in modo sistematico, ma non significa che l'autore rifiuti la parola (e la diegesi) come spesso si crede:

The dissociation of the speech from gestures does not mean that Beckett sought to undermine the speech. On the contrary, Beckett's stage resonates with the ceaseless babble of narrators and raconteurs who tell jokes, remember dreams and memories, and recount thoughts and poems. Winnie, in Happy Days, even quotes the opening diegetic line of Yeats's At the Hawk's Well, "I call to the eye of the mind". Other representations of storytelling range from Pozzo's speeches in Waiting for Godot to such late pieces as Ohio Impromptu (1981), which is devoted entirely to depicting the act of reading and listening to a story.342

342[La dissociazione della parola dalla gestualità non significa che Beckett abbia cercato di indebolire la parola. Al contrario, nel palcoscenico di Beckett risuona il blaterare di narratori e 'raccontatori' che raccontano barzellette, rievocano sogni e memorie e raccontano pensieri e poemi. Winnie, in Giorni felici, addirittura cita la diegetica linea di apertura di At the Hawk's Well, di Yeats: "Richiamo all'occhio della mente". Altre rappresentazioni di narratori di storie vanno delle battute di Pozzo in Aspettando Godot a pezzi più recenti come Ohio Impromptu (1981), interamente dedicato all'atto di leggere e ascoltare una storia]. Ivi, p. 160.

Beckett ha quindi utilizzato la spinta anti-teatrale della diegesi in una modalità peculiare. Un altro emblematico esempio è L'Ultimo nastro di Krapp (1958), che è tutto un costruire il ricordo attraverso il racconto. Anche se tali istanze narrative non descrivono né controllano la mimesi come accade con altri autori, è come se Beckett prendesse possesso dei resti di un teatro diegetico, rimasugli di narratori o commentatori. La teatralità beckettiana è infatti fatta di cocci, basti pensare alla disarticolazione dei componenti della comunicazione teatrale. Secondo Puchner, i gesti isolati costituirebbero le unità minime su cui egli costruisce il suo teatro, gesti fatti di corpi incompleti, come potrebbe essere quello di Winnie.

Vengono sottolineati in modo individualizzato (Clov che si gratta la pancia, Krapp che sbuccia banane, etc.), ma svuotati di senso tramite la ripetizione continua. La funzione delle didascalie nel teatro beckettiano è, allora, altrettanto importante quanto quella del testo: parola e gesto che interagiscono e s'interrompono a vicenda. In questo senso, Beckett ha rovesciato la posizione del dramma classico, secondo la quale le didascalie vanno evitate perché interrompono l'azione; in Beckett questo conflitto, questa interruzione continua, diventa principio poetico.

Puchner ritiene che tali scelte estetiche possano avere anche una valenza politica:

What I call Beckett's anti-theatricalism are the effects that have led some critics to claim that Beckett's oeuvre constitutes a retreat from politics, if not a return to l'art pour l'art. Indeed, Beckett's attacks on both the character and the actor, as well as the enclosed spaces in which so many of this plays take place, do suggest a retreat of the theater into some sort of theatrical closet, into a space closed off from the world of the audience. [...] We owe it to Adorno's essay "Trying to Understand Endgame" that such a view of Beckett's theater as a retreat into an existential space of "closed doors"

is only half the story. The other, more important half is that all of Beckett's strategies of interruption and retreat, everything I characterize as effects of his anti-theatrical impulse, are in fact responses to this world outside, if mostly in terms of resistance.343

343[Quello che chiamo l'anti-teatralità di Beckett sono quegli effetti che hanno portato alcuni critici a sostenere che l'opera di Beckett non contempli la politica, se non un ritorno all'art pour l'art. Infatti, gli attacchi di Beckett contro il personaggio e l'attore, così come l'uso di spazi confinati in molte delle sue plays, suggeriscono la ritirata del teatro in una sorta di "sgabuzzino teatrale", in uno spazio ritirato dal mondo degli spettatori (...) Dobbiamo al saggio di Adorno “tentativo di capire Finale di