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Grotowski: l'attore come performer

Capitolo II - Gli sviluppi del performativo

2.2. Grotowski: l'attore come performer

Ci soffermiamo brevemente su Grotowski perché questo straordinario regista polacco ha incentrato la sua ricerca teatrale sulla figura dell'attore, sviluppando in modo più tecnico e coeso un training attorale, fino a estendere al massimo e addirittura sorpassare i confini del teatro

150

. Infatti, nella seconda fase del suo lavoro, Grotowski non parla più di attore ma di Performer.

Jerzy Grotowski ha inizialmente una formazione d'attore. Condivide con Antonin Artaud, sin da giovanissimo, un marcato interesse per gli studi orientali, la spiritualità e il misticismo

151

. Negli anni Cinquanta, quando Grotowski finisce l'Accademia di Teatro, la tecnica di Stanislaviski è già molto consolidata e conosciuta, per cui il giovane attore polacco aderisce completamente al suo

"sistema delle azioni fisiche", fatto che sicuramente ne segna il lavoro successivo

152

.

150Anche se la fase finale "delirante" di Artaud, come abbiamo visto, se esaminata attentamente risulta in realtà una scrupolosa messa in atto della sua tecnica di "ricostruzione" del corpo attraverso il soffio (souffle). Tuttavia, essa viene espressa in modo visionario e per questo motivo è stata a lungo fraintesa. Anche per Grotowski, per esempio, Artaud era un "poeta delle possibilità teatrali" che ha intravisto il futuro, ma non ha elaborato una tecnica teatrale congruente e applicata. Cfr. J.

GROTOWKI, Per un teatro povero, Roma, Bulzoni, 1970, p. 144.

151Il lavoro di Grotowski è stato molto spesso accostato a quello di Artaud, ma il regista polacco ha sempre detto di essere entrato in contatto con gli scritti del visionario francese in una fase già avanzata della sua ricerca, dichiarando un legame più diretto con Stanislavskij. Infatti, è stato il maestro russo ad approcciare per la prima volta il lavoro dell'attore come lavoro su di sé, e Grotowski lo ha portato alle estreme conseguenze. Cfr. J. SLOWIAK - J. CUESTA, Jerzy Grotowki, London-New York, Routledge, 2007, p. 23.

152 Nell'ultima fase del suo lavoro, Stanislavskij si è dedicato al lavoro sulle azioni fisiche. Per un'analisi approfondita del "metodo" e della ricerca del maestro russo, cfr. F. RUFFINI, Stanislavskij.

Dal lavoro dell'attore al lavoro su di sé, Roma-Bari, Laterza, 2003, [" Percorsi", n° 53]. Nell'articolo Stanislavskij e Grotoski: la connessione, Thomas Richards esplicita il forte legame del regista con gli ultimi sviluppi della ricerca attorale del maestro russo: «Grotowski ha idee molto precise a proposito del periodo finale del lavoro di Stanislavskij. E' convinto che il "metodo delle azioni fisiche" sia la

Vista la sua ammirazione per il teatro russo, trascorre un periodo a Mosca dove approfondisce questa visione, entrando anche in contatto con la pratica teatrale di Meyerhold. Dopo il periodo a Mosca, parte per un viaggio in Oriente, per finalmente stabilirsi in Polonia alla fine degli anni Cinquanta. L'incontro con Ludwig Flaszen, letterato e critico teatrale, segna una svolta. Assume insieme a lui la direzione del Teatro delle 13 File (Teatr 13 Rzedow) a Opole e forma un ensemble, al quale prendono parte gli attori Rena Mirecka, Zygmunt Molik, Antoni Jholkowski, Zbigniew Cynkutis, Riszard Cieslak e Stanislaw Scierski, gruppo che lo accompagnerà lungo venticinque anni di creazione teatrale. Nel periodo del Teatro delle 13 File (1959-1962), Grotowski crea cinque spettacoli: Orpheusz (1959), Kain (1960), Mistero Buffo (1960), Shakuntala (1960) e Dziady (1961), attraverso i quali emergono i primi principi del "teatro povero". Già dalla prima produzione, Grotowski mostra un atteggiamento polemico rispetto al testo scritto e traccia i primi passi verso il performativo. Scrive Flaszen in proposito:

E' evidente che ciò che accade al Teatro delle 13 File ha poco in comune con il teatro cosiddetto letterario, il cui fine superiore è la fedeltà filologica al testo e l'illustrazione pratica della visione dell'autore. Da questo punto di vista, il "13 File" si sente quello che alcuni chiamano un teatro autonomo. Il testo costituisce qui solo uno - benché in nessun modo sottovalutato - degli elementi dello spettacolo. I punti culminanti dello spettacolo non collimano con i punti culminanti del testo, ma sono ottenuti con mezzi specificamente teatrali; il regista procede con la pièce abbastanza liberamente, cancellando, trasponendo l'ordine, cambiando gli accenti; una sola cosa evita: di aggiungere testo.153

Da subito il rapporto di Grotowski con il testo si rivela estremamente malleabile; lo considera uno dei tanti elementi dello spettacolo, come voleva Artaud. La tecnica da lui utilizzata è quella del montaggio, intesa come processo di

perla più preziosa nel lavoro di Stanislavskij». T. RICHARDS, Al lavoro con Grotowski sulle azioni fisiche, Milano, Ubulibri, 20023, p. 17. Cfr. anche SLOWIAK - CUESTA, Jerzy Grotowki, cit., p. 6.

153L. FLASZEN - C. POLLASTRELLI (a cura di), Il Teatr Laboratorium di Jerzy Grotowski 1959-1969. Testi e materiali di Jerzy Glotowski e Ludwik Flaszen con uno scritto di Eugenio Barba, Pontedera, Fondazione Teatro Pontedera, 2001, p. 79.

isolamento, selezione e composizione del testo e delle azioni fisiche

154

. Nel periodo a Opole iniziano anche gli esperimenti con lo spazio scenico, che hanno in Gurawski un collaboratore importante

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. Nel 1962, il teatro / gruppo di lavoro cambia nome e diventa “Teatro Laboratorio”. Da quel momento in poi il processo di ricerca si approfondisce

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. Dopo la trasferta a Wroklau, va in scena Akropolis, a proposito del quale il critico Flaszen conia il termine "teatro povero"

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. Grotowski farà di questo concetto una vera e propria estetica teatrale, illustrandolo in un articolo e poi in un libro. Si tratta di una tappa fondamentale per il teatro del secondo Novecento. Nel volume Per un teatro povero, il regista polacco fa le seguenti affermazioni:

Per quanto il teatro possa estendere e sfruttare le proprie risorse meccaniche, esso rimarrà pur sempre inferiore sul piano tecnologico al cinema e alla televisione.

Propongo perciò la povertà in teatro. Noi facciamo a meno dell'impianto palcoscenico-sala: una diversa sistemazione degli attori e spettatori viene ideata per ogni nuovo spettacolo. In tal modo, sono possibili infinite soluzioni del rapporto attore-pubblico. [...] Abbiamo fatto a meno del cerone, di nasi posticci, di pance

154«Grotowski used montage as a process of isolating, selecting and arranging both text and action.

But in his Theatre of Productions phase, Grotowski's montage was always in relation to a literary text, and included extreme redaction of the text. The montage often contradicted the text and at times reinforced it». K. DUNKELBERG, Grotowski and North American theatre: translation, transmission, dissemination, Ann Arbour, Pro Quest, 2008, p. 92. Lo stesso autore fa notare che è soltanto con lo spettacolo Apocalypsis cum figuris (1968), nel periodo del Teatro Laboratorio, che le procedure di montaggio e il rapporto con il testo vengono portati a un livello ancora più radicale.

155In realtà, l'architetto scenico Gurawski arriva al Teatro delle 13 File nella fase finale di Sakuntala (1960) e partecipa integralmente all'ultima produzione, Dziady (1961). In questo spettacolo, per la prima volta Grotowski abolisce completamente il palcoscenico tradizionale. Con l'aiuto di Gurawski, crea una scena caratterizzata da "isole" di sedie apparentemente disposte in modo casuale, giocando con la percezione degli spettatori, la disseminazione dei punti di vista e l'interazione tra di loro. Gli spettatori diventano partecipanti allo stesso titolo degli attori in una cerimonia collettiva. Cfr. J.

KUMIEGA, The theatre of Grotowski, London - New York, Methuen, 1987, pp. 33-38. Grotowski stesso specifica che in Dziady (Gli Avi) prende forma la "variante del teatro senza scena", ossia separazione tra spettatori e attori. Cfr. FLASZEN - POLLASTRELLI (a cura di), Il Teatr Laboratorium..., cit., p. 66.

156Nei primi anni del Teatro delle 13 File, Grotowski si era concentrato sul rapporto tra attore, spettatore e spazio, ma è solo con le ricerche sistematiche realizzate nel Teatro Laboratorio che queste tematiche raggiungono un livello molto più innovatore. Il training degli attori non è più finalizzato a una messa in scena specifica, ma a un processo di crescita che ha valore di per sé. Tale training aveva un carattere mistico, ma è stato rivelato al pubblico solo più tardi per via delle costrizioni del comunismo polacco. Ivi, p. 19.

157SLOVIAK - CUESTA, Jerzy..., cit., p. 13.

imbottite con i cuscini - tutto ciò insomma che l'attore indossa nel camerino prima della rappresentazione. Avevamo reputato prettamente teatrale che l'attore si trasformasse da un tipo all'altro, da un personaggio all'altro, da una silhouette all'altra - sotto lo sguardo del pubblico - in un modo povero, servendosi soltanto del proprio corpo e della propria arte. [...] L'accettazione della povertà in teatro, lo sfrondamento di tutti gli elementi parassitari, ci ha svelato non solo la trama di questo strumento, ma anche le ricchezze inesplorate che risiedono nelle più intime profondità della forma artistica.158

Analogamente ad Artaud, Grotowski concentra i propri sforzi sull'identificazione dello specifico teatrale, che per lui si incentra principalmente sulla "povertà" intesa come un andare alla radice dell'arte: il lavoro trasformativo dell'attore a partire dal proprio corpo e il rapporto libero che si instaura tra lui e lo spettatore

159

. E' illuminante questo brano di Per un teatro povero:

Possiamo definire il teatro come "ciò che avviene tra lo spettatore e l'attore". Tutto il resto è supplementare - forse necessario - ma supplementare. Non per puro caso, l'evoluzione del nostro Teatro Laboratorio si è svolta da un teatro ricco di mezzi - in cui venivano utilizzate continuamente le arti plastiche, luci e musica - nel senso di un teatro ascetico, a cui siamo pervenuti negli ultimi anni: un teatro ascetico in cui gli attori e il pubblico sono tutto ciò che è rimasto. Tutti gli altri elementi visuali, per esempio gli elementi plastici, sono costruiti dal corpo dell'attore e gli effetti acustici e musicali dalla sua voce. Con questo non intendo dire che noi disprezziamo la letteratura, ma semplicemente che non troviamo in essa la fonte creatrice del teatro, sebbene le grandi opere letterarie possano esercitare una funzione stimolante sul processo creativo.160

Il "teatro ricco" di cui parla - inteso come sintesi di discipline, che si associa al concetto di "teatro totale" di matrice wagneriana - si ricollega anche alla tradizione teatrale che pone il testo in una posizione privilegiata. Per Grotowski è

158J. GROTOWKI, Per un teatro…, cit., pp. 26-28.

159 Eugenio Barba, fondatore dell'Odin Teatret, ha avuto un'importante esperienza al Teatro Laboratorio di Grotowski. Barba sostiene di aver intravisto nel "teatro povero" di Grotowski una

"profonda rivoluzione", che trasformava "il corpo materiale del teatro in quattro punti fondamentali:

il rapporto tra scena e sala; quello tra il regista e il testo da mettere in scena; la funzione dell'attore;

e la possibilità trasgressiva del mestiere teatrale". E. BARBA, La terra di cenere e diamanti. Il mio apprendistato in Polonia, Bologna, il Mulino, 1998, p. 42.

160 J. GROTOWKI, Per un teatro..., cit., p. 41.

necessario distinguere gli ambiti del teatro e della letteratura, ma mentre quest’ultima è il territorio dello scrittore, il primo è appannaggio dell'attore. Su questo punto, Grotowski è categorico: “Noi riteniamo in effetti che la tecnica scenica e personale dell'attore sia il nucleo dell'arte teatrale"

161

. Anche sul tema della preparazione dell'attore, Grotowski è stato pioniere. Per lui, il percorso di approfondimento attorale è una "via negativa": non va verso l'acquisizione di tecniche ma di "rimozioni di blocchi psichici"

162

. In risonanza con le idee di Artaud, egli attribuisce all'attore uno statuto sacro

163

. Tale idea di "sacralità" è radicata nella sua formazione "mistica" basata sulla tradizione di ricerca psicologica e animica del

"vero Sé"

164

. Secondo Franco Perrelli, in questa idea è racchiuso uno dei principi fondamentali del teatro e del post-teatro di Grotowski: un percorso di ascesa che si compie nel fare artigianale dell'arte dell'attore

165

. Se il percorso del Teatro Laboratorio è un percorso di sottrazione e ricerca dell'indispensabile nel teatro, restano il corpo dell'attore e la sua voce come materia prima per la costruzione dello spettacolo. Nel "teatro ascetico" di Grotowski, l'attore è il protagonista di un sacrificio rituale che si perfeziona con lo spogliamento in scena di ogni maschera, intesa come blocco interno; con questo sommo sacrificio, permette allo spettatore di fare lo stesso a sue spese

166

. Si tratta di una "santità laica" maturata attraverso un processo di auto-penetrazione: lo svelamento di ciò che gli è più intimo e

161Ivi, p. 21.

162 Proprio per questo motivo, che ha anche delle implicazioni spirituali, Grotowski è stato considerato anche una specie di guru. H. Filipowicz riferisce alcuni giochi di parole sulla sua persona:

Gurutowki o Growtovski (dall'inglese 'grow', crescita). Cfr. H. Filipowicz, Where is Gurutowski?, in R.

SCHECHNER - L. WOLFORD (a cura di), The Grotowski sourcebook, London - New York, Routledge, 20012.

163Artaud parlava dell'attore come martire: "Gli attori devono essere come martiri che mentre vengono bruciati vivi ci lanciano ancora dei messaggi dai roghi". Per un esame approfondito del martirio in Artaud, cfr. la tesi di dottorato di S. MARENZI, Follia, paesaggi del corpo e teatro, disponibile suhttp://dspace-roma3.caspur.it/bitstream/2307/549/1/AntoninArtaud.pdf.

164Grotowski aveva letto l'India Segreta di Paul Brunton (1934) da ragazzo, aveva studiato il sanscrito ed ebbe un rapporto intenso con l'opera del saggio indiano Ramana Maharshi. Era nota anche la sua passione per la letteratura russa, specialmente l'opera di Dostoevskij. Riguardo l'importanza di questi autori nella sua formazione, cfr. le testimonianze di Grotowski in SCHECHNER - WOLFORD, The Grotowski..., cit., p. 252-70.

165F. PERRELLI, I maestri della ricerca teatrale. Il Living, Grotowski, Barba e Brook, Roma-Bari, Laterza, 2007, p. 39.

166GROTOWSKI, Per un..., cit., p. 41.

doloroso

167

. L'approccio alla recitazione con queste premesse porta l'attore a un controllo estremo del suo apparato biologico e psichico, a somiglianza di uno yogi, per poi arrivare alla trance e all'eccesso. Tra gli spettacoli del Teatro Laboratorio, si intravede ne Il Principe Constante (1965) il culmine di questa ricerca attorale, con Rizard Cieslak nella personificazione dell'attore santo

168

. Si tratta dell'ultima produzione, basata su un testo convenzionale, quello di Calderón de la Barca, e che ha poi portato Grotowski e il suo Teatro Laboratorio al centro dell'attenzione internazionale

169

. Dopo un periodo di crisi, segnato dalla rivoluzione del Sessantotto e dalla difficile situazione politica in Polonia, va in scena uno degli spettacoli teatrali più importanti del Novecento: Apocalypsis Cum Figuris (1969).

Come osserva Annamaria Cascetta, è nel Teatro Laboratorio che la "scrittura per la scena ha il suo maggiore impulso e la sua funzione di modello nella drammaturgia degli ultimi decenni"

170

; e Apocalypsis cum figuris in particolare incarna in modo emblematico questa svolta. In questo spettacolo, Grotowski si stacca dalla messa in scena di un'opera letteraria per costruire il testo performativo insieme agli attori. Puntualizza Cascetta:

Se negli spettacoli precedenti [...] un testo drammatico era sempre stato all'origine di un percorso creativo che, pur dipanandosi poi liberamente, partiva almeno dalla distribuzione di ruoli ‘trampolino', questa volta non c'era una vera e propria base di partenza testuale. La grande capacità improvvisativa sviluppata nelle lunghe ore di

167Ivi, pp. 41-2.

168Gli spettacoli del Teatro Laboratorio a Wroclau sono stati Kordian (1962), Akropolis (1962), Dr.

Faustus (1963), Studio su Amleto (1964) e Il Principe Constante (1965).

169Nel 1965 al Festival di Teatro di Nancy, in Francia, Il Principe Constante fa scalpore. Segue un lungo tour, durato fino al 1969, durante il quale Grotowski e Cieslak tengono diversi seminari. In questo periodo, incontra Peter Brook, che parla della reazione degli attori britannici sul lavoro con Grotowski in un seminario al Royal Shakespeare Company come di uno choc. In questo periodo incontra anche Joseph Chaikin dell'Open Theatre di New York, in quale dichiara di esserne stato profondamente influenzato. Grotowski ha infatti segnato profondamente il teatro di ricerca degli anni Sessanta e Settanta.

170A. CASCETTA, "Apocalypsis cum figuris" (1968). Il modello di Grotowski nel 'metodo' del Teatro Laboratorio, in A. CASCETTA - L. PEJA (a cura di), La prova del Nove. Scritture per la scena e temi epocali nel secondo Novecento, Milano, Vita e Pensiero, 2005, p. 145.

training fu dunque la base del lavoro creativo. Furono i corpi a essere 'usati' in scena, prima delle parole.171

Grotowski lavora all'incirca tre anni con gli attori, con un atteggiamento registico di ascolto

172

, per poi arrivare a una drammaturgia costruita con frammenti di testi molto disparati: citazioni dai Vangeli di Giovanni, Luca, Matteo, dall'Apocalisse, dai libri biblici di Giobbe, dei Salmi, del Cantico dei Cantici, da Dostoevskij, I fratelli Karamazov, dai poemi di Eliot (Mercoledì delle ceneri, La terra desolata), da Simone Weil (La coscienza soprannaturale). L'analisi di Cascetta è molto precisa e acuta nell'identificare in Apocalypsis la presenza di "personaggi-performer", concetto che getta luce sul rapporto che il teatro performativo può instaurare con la letteratura (teatrale o meno), e che di fatto ha segnato lo sviluppo della drammaturgia degli ultimi decenni del Novecento e dell’inizio del XXI secolo.

A proposito di Dostoevskij, il cui frammento Il Grande Inquisitore è stato usato nello spettacolo, afferma la studiosa:

[...] Dostoevskij aveva per il teatro una vera idiosincrasia, ma in quanto finzione, artificio, secondo i canoni di molta prassi teatrale ottocentesca; il teatro l'aveva in realtà nel sangue: come autopenetrazione e scoperta, messa in scena dell'io più profondo del personaggio-performer, come "dialogicità", dialettica di posizioni oggettivate nella mischia del mondo della vita (quello che, come è noto, Michail Bachtin definisce "romanzo polifonico" e che si può forse ricondurre alla originaria performatività della sua scrittura), confronto libero e scoperto, assunzione-profanazione delle grandi mitografie fondanti della cultura europea.173

171Ivi, p. 147.

172Ludvik Flaszen ha identificato un profondo cambio nel fare registico di Grotowski in questo spettacolo: «I remember (...) in the course of Apocalypsis, Grotowski discovered another way of work and who he was in the work. The basic method of his activity was no longer the instruction of the actors, but rather expectation. He sat silently, waiting, hour after hour. This was a very great change, because previously he really was a dictator. At that point there was no more theatre, because theatre to some extent requires dictatorship, manipulation». Si tratta di un passo fondamentale verso la concezione del teatro come evento, che è la premessa su cui si fonda il teatro performativo fino ai nostri giorni. Per un resoconto dettagliato del processo di lavoro di Apocalypsis cum figuris, cfr.

KUMIEGA, The Theatre of…, cit, pp. 87-105.

173CASCETTA, La prova del nove..., cit, p. 157-8.

E' questo personaggio-performer l'eventuale possibile personaggio per un attore che non assorbe più le funzioni di rappresentare un ente astratto costruito sulla carta, ma di farsi presente in un evento scenico in cui il gioco mimetico è molto più labile quando non completamente assente (come succederà negli esperimenti successivi di piccoli gruppi o singoli artisti, sulla scia degli esperimenti grotowskiani).

Se esiste un personaggio, esso si confonde con il corpo e l'individualità dell'attore stesso che, essere umano denudato in un processo di autopenetrazione, è semplicemente presenza in scena. Questo approccio, inaugurato con forza in Apocalypsis, propone una rivalutazione integrale dell'esperienza teatrale che passa ad assumere la dimensione di un evento piuttosto che di una rappresentazione o messa in scena.

Si può dire che Apocalypsis chiuda la fase di ricerca teatrale intensa del Teatro Laboratorio per inaugurare la fase successiva, quella del parateatro (ossia dell'esplorazione di un territorio oltre i confini del teatro). Durante un seminario presso l'Università di Roma, nel 1982, Grotowski dichiara che è stata la presenza di un tipo di spettatore diverso nei suoi spettacoli, alla fine degli anni 60, a far spostare il suo interesse

174

. Il suo desiderio diviene allora quello di coinvolgere lo "spettatore-amico" nel processo di autopenetrazione compiuto dagli attori non soltanto come testimone, ma in modo ugualmente partecipativo

175

. Il parateatro grotowskiano

176

si caratterizza per l'eliminazione totale della figura dello spettatore con lo scopo di ottenere un autentico "incontro" tra gli individui attraverso un processo collettivo di spogliamento interiore. Kumiega giustamente osserva che questa autentica

174SLOWIAK - CUESTA, Jerzy Grotowski, cit., p. 34.

175Ibidem.

176Alcuni critici dividono il lavoro di Grotowski in Teatro e Post-teatro, come Kumiega. La fase del post-teatro include quella della ricerca parateatrale (1970-1975), quella del teatro delle fonti (1976-1982), quella del dramma oggettivo (1983-1986) e quella dell'arte come veicolo (1987-1999). De Marinis fa notare che tali divisioni sono fuorvianti, poiché sarebbe più adeguato distinguere tra Grotowski grande creatore di spettacoli e Grotowski grande ricercatore teatrale che va oltre lo spettacolo; secondo gli studiosi, Grotowski non ha mai lasciato il teatro, ma lo spettacolo, per poi approdare alle performing arts. Cfr. M. DE MARINIS, Grotowski e il segreto del Novecento teatrale, disponibile inhttp://www.cultureteatrali.org/images/pdf/ct5.pdf.

comunione è il fondamento stesso dell'arte della performance

177

. Il lavoro di gruppo si stacca da una finalità artistica, non mira più alla costruzione di uno spettacolo ma acquisisce valore per se stesso, come processo di crescita con connotati spirituali. Dopo un periodo di "chiusura", in assenza completa di osservatori esterni, Grotowski decide di aprire gradualmente le lezioni di lavoro in occasioni circoscritte

178

. La diffusione delle ricerche parateatrali di Grotowski ha avuto un considerevole impatto sulla società teatrale internazionale. De Marinis individua nel tentativo di superamento del teatro-spettacolo, inteso come territorio della rappresentazione mimetica, la vera rivoluzione del Novecento teatrale:

[...] la vera, grande rivoluzione teatrale del secolo che si è da poco concluso è consistita nel fatto che per la prima volta (dopo la sua reinvenzione cinquecentesca) il teatro ha lasciato l'orizzonte tradizionale del divertimento, dell'evasione, della ricreazione (comprese le loro varianti colte-impegnate) per diventare anche un luogo nel quale dare voce (e, se possibile, soddisfare) a bisogni ed esigenze cui mai fino ad allora (salvo isolate eccezioni) si era cercato di rispondere mediante gli strumenti del teatro: istanze etiche, pedagogiche, politiche, conoscitive, spirituali.[...] E' in questa direzione che va cercato il segreto del Novecento teatrale, di cui Jerzy Grotowski detiene sicuramente una delle chiavi principali.179

Nelle fasi successive del suo lavoro, Grotowski ha portato avanti la propria ricerca a un livello sempre più profondo. Nel cosiddetto "teatro delle fonti", l'attenzione viene posta sulle "azioni", sulla ricerca di un "movimento che è risposta" alla radice

177«This "last division" separating the actor from authentic communion with the audience was the very concept of performance itself, which contains the fundamental criterion of artistic form».

Infatti, non è possibile recitare nella performance, che è l'arte della presenza per eccellenza.

KUMIEGA, The theater of..., cit., p. 148.

178Il lavoro di parateatro si svolse dal 1970 al 1973 con "ospiti" selezionati, a Wroclaw e Brzezinka.

La prima apertura avvenne nel giugno del 1973, durante un evento riferito come Progetto Speciale.

Successivamente, il lavoro parateatrale è stato portato all'estero (Stati Uniti, Nuova Zelanda, Canada, Australia e Giappone). Queste dimostrazioni di lavoro hanno portato a uno scambio intenso attraverso workshop ed eventi paralleli, influenzando fortemente le realtà teatrali locali. Di particolare rilievo è stato l'evento del 1975, Università di Ricerca del Teatro delle Nazioni, che ha riunito più di 4.500 persone con ospiti di spicco (Peter Brook, Barrault, il nostro Ronconi, per citarne alcuni). Il regista americano André Gregory lo ha definito "una specie di rivoluzione - non politica, ma creativa". Cit. in ivi, p. 38.

179M. DE MARINIS, Grotowski e il segreto del Novecento teatrale, cit., p. 7.