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Il modello di Klotz

Capitolo III - Per un modello del testo: teorie e tecniche del testo nella letteratura critica

3.1. Dal dramma al postdrammatico

3.1.2. Il modello di Klotz

Un'ulteriore lettura del teatro della modernità è offerta dal modello di Volker Klotz, studioso tedesco che mette a confronto i concetti di forma aperta e forma chiusa del dramma nell'opera Geschlossene und offene Form im Drama (1960). Focalizzandosi sul teatro europeo - come del resto anche Szondi - Klotz analizza le categorie classiche del dramma così come declinate nella tradizione,

285 Sulla differenza tra gesto e Gestus, cfr. PAVIS, Dictionnaire du..., cit, p. 153. Cfr. anche M.

MAZZOCUT-MIS - E. TAVANI (a cura di), Estetica dello spettacolo e dei media, [coll. Le Forme del sentire, n° 2], Milano, Led, 2012, p. 34-35.

286A. Wirth, teorico del teatro a cui Lehmann si rifà, viene fatto notare che questa visione dell'epico contiene già la concezione secondo cui elementi verbali e cinetici hanno uguale valore all'interno di una rappresentazione. Lehmann, citando Wirth a proposito della teoria epica del Gestus, ipotizza che in realtà tale equivalenza di valori faccia parte di tutto il teatro e che dobbiamo vedere l'eredità brechtiana in prospettiva, per quello che è: «Was Brecht leistete, kann nicht mehr einseitig als revolutionärer Gegenentwurf zum Überkommenen verstanden werden. Mehr und mehr tritt im Licht der neuesten Entwicklung hervor, dass in der Theorie des epischen Theaters eine Erneuerung und Vollendung der klassischen Dramaturgie stattfand. In Brechts Theorie steckte eine höchst traditionalistische These: die Fabel blieb ihm das A und O des Theaters. Von der Fabel her aber lässt sich der entscheidende Teil des neuen Theaters der 60er bis 90er Jahre, ja lässt sich nicht einmal die Textform verstehen, die die Theaterliteratur (Beckett, Handke, Strauß, Müller...) angenommen hat.

Das postdramatisches Theater ist ein post-brechtsches Theater». [Quello che Brecht ha acquisito non può più essere inteso in forma univoca come una controtendenza rivoluzionaria nei confronti della tradizione. Alla luce dei nuovi sviluppi, è sempre più evidente che, in un certo senso, la teoria del teatro epico ha costituito un rinnovamento e completamento della drammaturgia classica. La teoria di Brecht conteneva una tesi altamente tradizionalista: la fabula (storia) rimase una condizione sine qua non per lui. Tuttavia, dal punto di vista della fabula, gli elementi decisivi del nuovo teatro degli anni Sessanta fino agli anni Novanta non possono essere capiti - nemmeno le forme testuali di quella letteratura (Beckett, Handke, Strauss, Müller, Kane, etc.). Il teatro postdrammatico è un teatro postbrechtiano]. Lehmann, Postdramatisches Theater, cit., 20112, p. 48.

ponendole a confronto con le nuove tendenze di scrittura, partendo dalla fine dell'Ottocento per arrivare alla fine degli anni Cinquanta. Facendo un'anamnesi dettagliata di ogni concetto su cui si fonda l'edificio dramma (azione, tempo, luogo, personaggi, composizione, lingua), egli giunge a tracciare un quadro convincente, anche se schematico, di due modalità opposte.

La forma chiusa deriva dal paradigma aristotelico

287

. Presenta un'azione chiusa su sé stessa, ossia un insieme di eventi messi in relazione in modo unitario per formare un insieme completo

288

. La sua caratteristica formale più importante è la coerenza organica, data dalla non permutabilità delle parti. In questo senso, il dramma chiuso non ammette discontinuità e ogni azione secondaria esiste al servizio della principale, senza intaccarne la coerenza. All'insegna dell'unità di tempo, luogo e azione, l'opera teatrale chiusa disegna un processo avviato molto prima del suo inizio, dimostrando di essere una parte di un insieme più grande.

Forma chiusa, azione chiusa: coerente, lineare e continua. La continuità non si riferisce soltanto a un legame stretto tra le scene, attentamente cucite all'insegna della logica causale, senza salti di alcun tipo, ma anche alla continuità interna dei dialoghi, che ugualmente non ammettono brusche rotture. Essi sono totalmente funzionali all'azione, che non concede incidenti di percorso né deviazioni, e scorrono irrimediabilmente come un fiume in piena verso la conclusione. Klotz aggettiva l'azione del dramma chiuso come eteronomica, ossia, subordinata alle leggi di idee a priori, che essa porta a realizzazione

289

. Per questo motivo è rigida,

287Aristotele, nella Poetica, ha tracciato i lineamenti dell'arte di comporre commedie e tragedie, che hanno poi condizionato la scrittura teatrale europea moderna dal Rinascimento in poi. Nel capitolo VI viene definito il concetto di tragedia e sono identificati i suoi elementi di analisi. Per il filosofo greco, ogni tragedia è composta da sei parti qualitativi, tre interni: intreccio (μύθος), caratteri (ἦθος) e pensiero (διάνοια); e tre esterni: parole (λέξις), musica (μέλος) ed enunciazione oppure spettacolo (ὄψις). Cfr. ARISTOTELE, Poetica, trad. it. D. Lanza, Milano, Rizzoli, 200417, p. 135.

288Klotz cita la definizione Aristotelica di azione: systasis ton pragmaton, o composizione dei fatti.

Cfr. Ivi, p. 139.

289«Was das Empirisch-Faktische angeht, so ist die Handlung fremdbezogen, d. h. bezogen auf die Ideenwelt, doch sie wird wichtig genommen, genau durchgeplant und aller zu großen Unwahrscheinlichkeiten entkleidet. Litte doch unter ihrer Fragwürdigkeit die Dignität der in ihr wirkenden Idee». [Sul piano delle coordinate empiriche degli eventi, l'azione è eteronima, ossia, essa rinvia al mondo delle idee, ma è trattata come un elemento importante, pianificato con precisione e spogliato da tutte le inverosimiglianze eccessive e problematiche di cui la dignità dell'idea inserita

coerente ed esclude l'inverosimile. È essa a forgiare lo schema architettonico dell'opera drammatica chiusa.

Per Klotz, il concetto canonico di azione si distingue dalla presenza di un'esposizione ben congegnata, che ha la funzione di riprendere gli antefatti della storia e di fornire agli spettatori l'esatta situazione dei personaggi nel momento in cui il dramma ha inizio. Inoltre, l'azione si fonda su un conflitto duale, il "duello": tra protagonista e antagonista, tra la coscienza e le sue passioni. Esiste un avversario ben identificato e caratterizzato, e il combattimento frontale o acuto è spesso l'apice della pièce, seguendo un ritmo preciso

290

. Tale azione sarebbe un materiale malleabile, che non oppone resistenza al rigore dello schema architettonico definito dall'idea matrice. Porta in sé una tendenza alla "smaterializzazione", nel senso che crea una tensione tra azione evidente e azione mascherata: l'azione evidente accade sulla scena, sotto gli occhi dello spettatore; l'azione mascherata presenta agli spettatori quello che avviene fuori scena, ricorrendo a risorse quali la teichoscopia

291

e il racconto del messaggero. L'autore spiega che in quest'ultimo caso interviene il modo epico, ma sempre a favore dell'azione unitaria che tende al suo fine tramite lo scioglimento del conflitto. La sua funzione è più che altro impedire che gli atti barbarici siano rappresentati in modo diretto, come avviene

nell'opera potrebbe soffrire]. V. KLOTZ, Geschlossene und offene Form im Drama, München, Hanser, 1960, p. 27. Per uno studio comparato, si è consultato anche l'edizione francese: V. KLOTZ, Forme fermée et forme ouverte dans le théâtre européen, trad. fr. C. Maillard, Belval, Circé, 2005.

290«In kontinuierlicher Steigerung führt die zielstrebige Handlung Spiel und Gegenspiel umweglos zum Höhepunkt, um sie dann durch ein glückliches Aussöhnen oder katastrophales Zerreißen der Spannung in das deutlich markierte Ende einmünden zu lassen». [In un crescendo ininterrotto, l'azione, tesa verso la sua fine, porta senza deviazioni l'antagonismo delle posizioni fino a un punto culminante, per farlo sfociare, allora, in un riappacificamento felice o in una catastrofe che spezza la tensione, con uno scioglimento privo di ambiguità]. Ivi, p. 30.

291La teichoscopia - parola che deriva da un analogo procedimento nell'Iliade - è la descrizione di una visione fuori scena, una battaglia per esempio. «(...) Teichoskopie, berichtende "Mauerschau".

Es ist die dramatischere Weise. Hier herrscht enge Nähe zwischen den beiden Handlungspartien, der verdeckten und der offenen. Sowohl zeitlich: es besteht Simultaneität, der schauend Meldende fasst Ereignisse, die er gerade sieht, unverzüglich in Worte. Als auch örtlich: die für den Zuschauer unsichtbaren rapportierten Ereignisse spielen sich im Gesichtskreis eines Menschen ab, den er sehen kann». [(...) La teichoscopia, il racconto che riporta una "visione oltre il muro"; è [il mezzo] più specificamente drammatico, perché mantiene un rapporto stretto, sia temporale che spaziale, fra l'azione rappresentata e l'azione mascherata. Vi è simultaneità: un personaggio racconta degli eventi nel momento stesso in cui lui li vede accadere, e vi è unità di luogo, perché i fatti riportati, invisibili allo spettatore, si trovano nel campo visivo del personaggio]. Ivi, p. 31.

dalla tragedia al dramma classico, declinati in Francia da un autore come Racine, e anche nel dramma borghese. Secondo Klotz, questo accade perché nel dramma chiuso sono più importanti gli eventi interiori di quelli esteriori

292

. Inoltre, il rifiuto della già citata materialità implica la caratterizzazione concreta dei personaggi, come nelle scene di massa in cui può essere presente il caos. Nella forma chiusa, invece, la folla non appare mai. Il linguaggio è mediatizzato e produce sulla scena un effetto di astrazione rispetto alla realtà sensibile, "derealizzando" il reale

293

.

Per quanto riguarda il tempo, è per forza unitario nel dramma chiuso, in ubbidienza alle tre unità aristoteliche

294

. Per questo motivo, allo spettatore non risulta percettibile un cambiamento nella qualità del tempo, che avanza in un flusso continuo. Lo scorrimento uniforme viene garantito dalla struttura unitaria dell'azione, dalla logica chiara dell'evoluzione psichica dei personaggi, e dal rigoroso concatenarsi delle scene, che seguono necessariamente la progressione drammatica e non possono essere permutate tra di loro. Quanto all'estensione del tempo, esso corrisponde a quello trasposto in sala e corre in modo qualitativamente omogeneo. L'azione, anche se smaterializzata, si sostiene nel presente. Il tempo non si realizza come istante drammatico, bensì sul piano della successione pura. Visto che le cause e le condizioni degli eventi rappresentati in scena sono situate sullo sfondo dell'azione, da una parte il presente viene costantemente depotenziato rispetto al passato, ma dall'altra viene messa in risalto la sua portata.

292Più che gli accadimenti, sono gli ampi monologhi dell'eroe o dell’eroina in linguaggio poetico a definire le opere classiche. Nella Fedra di Racine, per esempio, attira di più l'attenzione la vita interiore travagliata di Fedra piuttosto che il progetto di fuga di Ippolito.

293La mediatizzazione del linguaggio risiede nel fatto che gli eventi truci, nel dramma classico così come nella tragedia greca, vengono raccontati piuttosto che realizzati. Klotz vede in essa una caratteristica essenziale della forma drammatica chiusa. In questo senso, il linguaggio toglie realtà alla scena.

294«Die Übermacht einer Idee oder eines grundsätzlichen Problems, ebenso wie das Weltbild eines klar übersichtlichen Kosmos, erheischte die konzentrierte Fabel, die nur den letzten Abschnitt einer längeren Ereigniskurve, zusammengedrängt in einer kurzen Zeitspanne, darbietet».[La predominanza di un'idea o di un problema fondamentale, così come la rappresentazione di un ordine del mondo chiaramente percettibile nel suo insieme richiedono un'affabulazione concentrata, che mostri sulla scena soltanto l'ultima fase, la quale avviene in un breve lasso di tempo rispetto a un processo più lungo]. Ivi, p. 39. Il dramma chiuso klotziano riprende le tre unità aristoteliche: unità di tempo, luogo e azione, che però sono state di fatto una sistematizzazione estetica del Rinascimento.

Il luogo è unico. Sia nella tragedia greca sia nella tragedia classica l'azione si svolge in un palazzo; nel dramma borghese, in un salotto. Anche quando avvengono cambiamenti di luogo, si ha la sensazione che siano identici. La finalità è dare l'impressione di uno spazio atemporale, in un certo senso metaforico. Gli oggetti presenti possono spesso assumere valenze simboliche. Sono selezionati e carichi di senso referenziale. Il paesaggio è ugualmente significativo, finalizzato a raggiungere gli scopi prestabiliti. Gli spostamenti dei personaggi sulla scena sono molto limitati, non contemplano mosse brusche comandate dall'azione, né tanto meno viene consentito ai personaggi di cambiare repentinamente posizione spostando il centro di gravità della scena. Lo spazio sociale del personaggio è il mondo aristocratico della corte, oppure quello della borghesia benestante, comunque una struttura gerarchizzata e suddivisa. Ma vi è un altro piano dello spazio, quello interiore, dove si fa largo la coscienza: l'intrigo come costrizione drammaturgica provoca una lotta movimentata all'interno dell'eroe.

I personaggi sono fondamentalmente privi di complessità. Hanno una

configurazione rigida, spesso basata su una qualità dominante. Vediamo soltanto

ciò che contribuisce a definire la loro situazione nella pièce e il loro rapporto nei

confronti del conflitto dominante. Non possono essere dissociati dal contesto

drammatico, sono inesorabilmente intrecciati al destino previsto dall'azione. Il

dramma chiuso non solleva, dunque, la questione della condizione di vita, degli

influssi ambientali e delle abitudini dei personaggi a meno che non servano a

esporre le idee che veicolano. Sono sia individui che funzioni: agiscono come esseri

umani, ma devono adeguarsi sempre ai loro ruoli, all'interno della visione di mondo

che rappresentano. In questo senso, i personaggi agiscono e reagiscono in modo

solo parzialmente spontaneo, si conformano a un gioco di ruoli; di conseguenza,

sono permeati da una certa prevedibilità. Si pongono in modo distaccato nei

confronti della propria emotività, cosa necessaria affinché permangano l'ordine, la

chiarezza e la coerenza generale. Di solito sono in pochi, strettamente collegati, e

condividono un sistema comune di relazioni e di valori. Il conflitto si radica

nell'opposizione tra il protagonista eroe e l'antagonista, che possono essere aiutati

da altri solo in qualità di facilitatori del corso dell'azione, come per esempio i confidenti che servono a catalizzare l'interiorità dell'eroe e che lo portano, come nei monologhi, a una presa di decisione.

Per quanto riguarda la composizione dei drammi chiusi, Klotz evidenzia il principio universalia ante rem, ossia, sono le idee a condizionare l'assetto drammatico

295

. Si può dire che quest'ultimo esiste soltanto come trasposizione di un'idea, per cui l'edificio viene eretto dall'alto in basso. Non è a partire dalla scena come "cellula drammatica elementare" che l'autore costruisce il dramma, per poi raggiungere la totalità; al contrario, è dalla totalità, dall'idea chiaramente definita che si costituisce un impianto generale nel quale operare le suddivisioni interne. Per questo motivo, la divisione in atti è molto più importante della divisione in scene;

essi segnano una nuova tappa nell'evoluzione dell'azione, ed è soltanto nel passaggio tra un atto e l'altro che possono avvenire piccole discontinuità temporali.

Tuttavia, gli atti non hanno assolutamente un valore autonomo. La scansione delle scene è data di solito unicamente dalle entrate e uscite dei personaggi, elemento non soltanto quantitativo ma anche qualitativo, perché ovviamente l'alterazione della costellazione dei presenti apporta modifiche alla dinamica. Un'altra caratteristica compositiva da considerare è la simmetria. Significa che la divisione in atti e scene è meno retta dall'organizzazione degli eventi della fabula che dal principio dell'equilibrio delle forme. La composizione simmetrica mira a una tensione equilibrata, che gestisce lo sviluppo dell'azione nel teatro della lotta interiore"

296

. Da qui l'uso dei cinque atti, il terzo dei quali funziona come asse.

Predomina la logica dell'analogia e della corrispondenza tramite la costruzione di rapporti geometrici.

295«Universalia ante rem: so könnte man das Gliederungsprinzip der Handlung im geschlossenen Drama bezeichnen. Entsprechend der hinter diesem Dramentypus stehenden hierarchisch-aristokratischen Denk- und Gesellschaftsstruktur, entsprechend der Unterordnung der Handlung in all ihren Einzelheiten unter die fest umrissenen Idee, geschieht auch die Gliederung der Handlung von oben nach unten». [Universalia ante rem: è così che potremo definire il principio compositivo del teatro classico. A somiglianza della struttura sociale e mentale aristocratica e gerarchica che sottende questo tipo di opera, avviene anche la subordinazione dell'azione in tutti i suoi dettagli a un'idea direttrice nettamente definita, anch’essa articolata dall'alto verso il basso.] Ivi, p.67.

296Ivi, p. 70.

Il linguaggio del dramma chiuso è caratterizzato dall'omogeneità. Riflette una sola classe sociale, e vi predomina la raffinatezza dello stile

297

. Tutto viene detto, non esiste niente che non diventi discorso e non sia afferrato dalla coscienza ben ordinata del personaggio. I discorsi sono blocchi marmorei e si costituiscono in dialogo seguendo un ordine logico che esclude qualsiasi rottura repentina o presenze inarticolate. Anche se possono sembrare un po' autarchici, nella tragedia classica per esempio sono sempre collegati tramite temi e parole chiave. Le repliche sono strettamente cucite le une alle altre e il corso del dialogo non è influenzato dalla reazione alle situazioni esterne. Certe categorie retoriche possono regnare, come la sticomitia, tramite la quale avviene il "duello" drammatico, come nell'arte della scherma. Le battute hanno spesso il tono sentenzioso delle massime didattiche. Si ricorre alla perifrasi e l'uso della metafora è ristretto a un repertorio limitato, che ha connotazioni "simboliche e araldiche"

298

. Proprio a causa dell'impulso ordinatore generale, la sintassi è strutturata, priva di interruzioni, e utilizza con frequenza la subordinazione, ovvero l'ipotassi, specchio del principio gerarchico che regge l'opera. Continuità, equilibrio e chiarezza sono sempre le caratteristiche dominanti.

Mentre la forma chiusa è caratterizzata dalla preponderanza dell'interiorità sull'esteriorità, del tutto sulla parte e dell'idea sulla materia, così come da uno sviluppo che tende inesorabilmente a una fine, la forma aperta è tutto il contrario.

Si muove sul terreno della polymythie o pluralità di racconti, con più linee d'azione che proseguono in modo autonomo le une dalle altre. Spesso non esiste un protagonista dominante che porta avanti un'azione principale. Gli eventi sono articolati secondo leggi proprie, senza essere inquadrati in uno schema prestabilito.

Le azioni plurali possono essere complementari, in modo da modulare la dispersione del racconto drammatico e da fornire linee di fuga; spesso è solo il tema a fungere da ponte. Mentre la forma chiusa mostra un eroe e i suoi antagonisti in

297Si tratta della concezione logocentrica del mondo. Il teatro classico crede che il mondo possa essere colto e strutturato dal linguaggio. Ivi, p. 73.

298Ivi, p. 81-82.

un percorso chiuso e ben delimitato nel tempo e nello spazio, la forma aperta mette al centro l'individuo e il mondo in modo più comprensivo. Il primo è in balia della condizione biologica, sociale, religiosa, morale, presente nel secondo, il quale viene raffigurato in tutta la sua complessità. Alle tendenze centrifughe dell'azione la forma aperta oppone delle forze centripete, mettendo l'io in posizione centrale. Ciò significa che il protagonista diventa monoagonista, solitario nel mondo in cui si trova. Il movimento dell'azione non accade tramite la progressione lineare, ma segue un movimento circolare. Si rinuncia all'esposizione presente nei testi classici, perché tutto quello che lo spettatore deve sapere è già presente nella prima scena:

il personaggio e il suo rapporto con il mondo. Non è necessaria un'evoluzione che prevede una premessa, uno sviluppo e una fine

299

. Così, non sono gli atti le parti più importanti, ma le scene. La costruzione della forma aperta avviene dal basso verso l'alto, per accumulazione; quindi le scene possono non incastrarsi perfettamente per formare un insieme, poiché i loro bordi sono irregolari. Tra le scene vi è spesso discontinuità, come per esempio cambi di tempo e di luogo; discontinuità che è anche interna alla scena, nei dialoghi e monologhi, secondo un principio

299 «Ebenso wenig wie das Drama als Ganzes kennen die einzelnen Szenen Exposition und Entwicklung. Immer wieder drängt sich ihr Ausschnittscharakter hervor, sie sind nicht dienender Teil, untergeordnetes Glied, sondern bezeichnendes Stück, herausgebrochen, herausgestückelt aus einem großen Ganzen, das schon lange vor Aufgang des Vorhangs begann, das zu rekapitulieren jedoch unnötig ist, da es, entwicklungslos, nichts böte, was nicht auch offen in den Szenen sich ereignete. Dies herausgebrochene Stück, die Szene, ist an seinen Rändern, seinen Konturen nicht geglättet, so dass es etwa, um im Bild zu bleiben, als sauberer Kubus lückenlos an seinen vorausgehenden und nachfolgenden Szenenkubus sich anschlösse, nein, die Ränder sind gezackt und rissig. Die Szenen beginnen häufig mit dem auslaufenden Ende eines angebrochenen pantomimischen Tuns, mit Frage- und Ausrufesätzen, hochgespannter Syntax, wobei Grund und Web zu dieser Hochspannung im Dunkel des Außerszenischen bleien. Ebenso abrupt brechen die Szenen ab, oft mitten im Satz, mitten im Tun». [Così come l'opera nel suo insieme, le diverse scene non hanno più un'esposizione e uno sviluppo. Ad ogni momento, il loro carattere frammentario si manifesta; non sono parti subordinate al servizio di un tutto, ma dei pezzi di un puzzle, isolati, strappati al tutto del quale veicolano le caratteristiche, che esiste già da molto tempo prima dell'alzarsi del sipario e che è inutile ricapitolare: senza evoluzione, non aggiunge niente più di ciò che sarà rappresentato nell'opera. La scena, questo frammento attaccato al tutto, non ha i bordi smerigliati con cura per comporre, senza buchi, un cubo perfetto, ben incastrato con il cubo precedente e quello successivo; i suoi bordi sono seghettati, lacerati. Essa comincia spesso dal completamento di un'azione che il personaggio sta per realizzare, da frasi interrogative o esclamative, la sintassi presenta un'alta tensione in cui la causa primaria e la generale sono relegate nell'ombra, fuori della presenza scenica. S'interrompe ugualmente in modo brusco, spesso con una frase interrotta o un'azione in corso]. Ivi, p. 110.

compositivo di variazione e contrasto

300

. Mentre nella forma chiusa l'azione porta a un'astrazione e fa scomparire le caratteristiche individuali, la tendenza della forma aperta è a valorizzare ciò che esiste di particolare e unico, sia nei personaggi che nel contesto in cui si svolge.

Nella forma aperta, l'azione si dissemina in una serie di "schizzi". Se nella forma chiusa si intuisce a ogni istante una legge organizzatrice che getta luce sul senso generale dell'opera, nella forma aperta il principio organizzatore si maschera dietro il flusso di scene, procedendo per accumulazione, in modo apparentemente caotico. Esso viene chiamato punto d'integrazione:

Hierin kommt das Bedeutungsfazit bündig zur Sprache und stellt das aus vielen Einzelpartikeln sich zusammensetzende besondere Geschehen des Dramas in einen größeren Zusammenhang301.

Il regime del tempo nella forma aperta segue la stessa logica, diventando quindi frammentario. Mentre le opere classiche sono caratterizzate da un'elevata concentrazione temporale (hanno una durata breve e determinata), le opere moderne, aperte, spesso si sviluppano in un arco temporale più ampio e tendono all'indeterminato

302

. Nella forma libera, il tempo può perfino emanciparsi dall'azione per influire direttamente sui personaggi, diventando agente drammatico di per sé. Si offre come presente allo stato puro. Siccome ogni scena ha una certa autonomia, rimanendo spesso isolata nel tempo e nello spazio, l'impressione è che il tempo rimanga sospeso. Per rendere l'idea, Klotz usa una metafora musicale:

mentre il ritmo generale di un'opera con la forma chiusa sarebbe quella dell'accelerando, quella della forma aperta è lo staccato

303

. Questo esclude la

300Il principio della variazione e del contrasto, di origine musicale, è molto presente nei testi più contemporanei e verrà affrontato più avanti, nel punto 4.1.

301[Si tratta di un discorso conciso che formula il bilancio del senso e situa in un contesto più ampio l'azione particolare che l'opera dissemina in una molteplicità di frammenti isolati]. Ivi, p. 112.

302Così accade per esempio con Peer Gynt, per esempio. L'opera ritaglia alcuni momenti della vita del personaggio; la storia però ha già avuto inizio; e quando finisce, finisce per lo spettatore ma lascia l'impressione che segua poi il suo corso, poiché l'azione viene spesso interrotta. Cfr. ivi, p. 120.

303Ivi, p. 118.

monotonia, perché permette molte variazioni, al contrario di quello che accade con l'opera chiusa

304

. Come conseguenza di questo assetto temporale, i personaggi non parlano più di un progetto come se avessero una visione dell'insieme, una consapevolezza del passato e la lungimiranza del futuro, ma agiscono spontaneamente calati nella situazione, che può cambiare ad ogni istante. Sono assorti nel presente immediato e inconsapevoli di qualsiasi coordinata generale che li trascenda, anche perché non esiste. Nella forma aperta, il tempo è istantaneità.

Per quanto riguarda il luogo, nella forma aperta è molteplice e corrisponde al desiderio di porre il protagonista a confronto con gli aspetti più diversi del mondo, che è il suo vero antagonista. L'esperienza della diversità diventa preoccupazione dominante e riflette un cambiamento di punto di vista importante: non è più l'eroe che cerca, sceglie, mette ordine e controlla il mondo che gli appartiene, ma è esattamente il contrario, è il mondo a stravolgere la sua coscienza. Regna il pensiero secondo cui «nessuno è troppo limitato per fare l'esperienza del tragico e nessun luogo è indegno di diventare teatro»

305

. Tutto può essere rappresentato: l'eccesso, il disordine, la morte, la rivoluzione. Può esserci uno spazio chiuso, che isola il protagonista dal moto sociale, a esaltare il suo isolamento e la sua solitudine rispetto alla folla, oppure può esserci uno spazio dilatato, aperto, che richiama l'ampiezza del mondo. I luoghi tendono a essere comunque più definiti rispetto alla

304 «Wie denn im offenen Drama überhaupt das Nebeneinander von diskussionsbetonten, zuständlichen und vergänglichen Szenen ("rhetorische" Szenen oder "Bilderszenen" in "Dantons Tod" etwa), von stärker oder schwächer pantomimisch erfüllten Situationen, eine mannigfache Verschiedenheit der Zeitqualität erlaubt - eine Gestaltung, der als Gegenprinzip im geschlossenen Drama die einhellig durchgeführte Vermittlung des Szenisch-Faktischen durch die Reflexion gegenübersteht. Im geschlossenen Drama tilgt der stets bewusste Zeitablauf des Ganzen die Gegenwart der Teile, im offenen Drama schwindet der Zeitablauf des Ganzen unter der bedrängenden Gegenwart des Augenblicks».[la forma aperta, in generale, permette una grande diversità nella modulazione della qualità del tempo, del fatto dell'alternanza delle scene che presentano discussioni, stati o eventi (scene "retoriche" o "scene tableaux" ne La Morte di Danton, per esempio), così come situazioni più o meno segnate dall'importanza della gestualità. Questo principio di strutturazione è all'esatto opposto di quello della forma chiusa, che mediatizza sistematicamente tramite il pensiero i dati di fatto, scenici. Nel dramma chiuso lo sviluppo temporale del tutto, che avviene sempre a livello di coscienza, cancella il presente delle parti; nelle opere con forma libera, è invece la presenza opprimente dell'istante a obliterare il corso temporale dell'insieme]. Ivi, p. 116

305[Keiner ist zu gering, als dass er Tragisches nicht erfahren könnte. Und kein Ort ist zu unwürdig, als dass Tragisches in ihm sich nicht ereignen könnte]. Ivi, p. 121.