• Non ci sono risultati.

Lehmann e il post-drammatico

Capitolo III - Per un modello del testo: teorie e tecniche del testo nella letteratura critica

3.1. Dal dramma al postdrammatico

3.1.5. Lehmann e il post-drammatico

Il teorico tedesco H.T.-Lehmann ha elaborato un nuovo paradigma per la comprensione del teatro contemporaneo che prende in considerazione sia l'aspetto letterario che quello performativo. Nel suo ormai classico Postdramatisches Theater (1999) evidenza in modo molto enfatico la confusione terminologica ancora presente nella critica relativamente al territorio del dramma (aspetto letterario) e quello più ampio del teatro (aspetto performativo)

383

. Invece, è indispensabile partire dalla non coincidenza tra questi territori per riuscire ad afferrare i fenomeni del teatro contemporaneo, sia dal punto di vista scenico che testuale:

Da bei einer begrifflichen Identifizierung des Dramas mit allen Ebenen des Theatralen die produktiven historischen und typologischen Unterscheidungen zwischen den verschiedenen Arten entfallen, in denen sich Theater und dramatische Literatur in der Neuzeit begegneten und trennten, ist es sinnvoll, den "Begriff Drama" enger einzugrenzen [...].384

382In riferimento nell'Antichità è al greco Luciano di Samosata, che ha scritto una serie di dialoghi tra cui il Dialogo dei morti. Un esempio moderno è All'Uscita (1916) di Pirandello, in cui morti dialogano in un cimitero.

383Lehmann cita una la definizione di Georg Fuchs per illustrare questo punto: «Das Drama in seiner einfachsten Gestalt ist rhythmische Bewegung des Körpers im Raum». [Il dramma, nella sua forma più semplice, è il movimento ritmico del corpo nello spazio]. Cit. in H.-T. LEHMANN, Postdramatisches theater, cit., p. 74.

384[(...)questa identificazione terminologica del dramma con tutti i livelli della teatralità cancella le produttive differenziazioni storiche e tipologiche tra le diverse maniere in cui il teatro e la letteratura drammatica si sono incontrati e si sono separati l'uno dall'altra nella modernità. Pertanto, ha un senso definire il "dramma" in senso più stretto (...)]. Ivi, p. 75.

Essendo il teatro un'arte rituale, all'inizio non faceva uso del testo scritto;

l'identificazione tra l'uno e l'altro è venuta dopo, spingendosi al punto di far diventare la letteratura drammatica un aspetto così dominante da giustificare la sinonimia. Quando, anche in anni recenti, il dramma (letterario) e la scena (teatrale) erano identificati, lo si faceva per un'analogia più o meno inconscia con la trasformazione insita in essi, trasformazione che può essere ricondotta alla fruizione di un'opera d'arte o all'idea di rito piuttosto che a quella di azione drammatica in senso classico. E' alla fine del XIX secolo - come indicato dai teorici che abbiamo analizzato - che Lehmann identifica la fine di una lunga stagione di formazione del discorso drammatico. Anche le differenze tra i vari autori, interpretate da Szondi come elementi di rottura, sono sempre e comunque appartenenti alla categoria del dramma:

[...] Shakespeare, Racine, Schiller, Lenz, Büchner, Hebbel, Ibsen und Strindberg bei allen Unterschieden dennoch als Spielarten ein und derselben Diskursform erfahrbar machte. [...] Der "Anlauf" zur Ausbildung des postdramatischen Diskurses im Theater kann beschrieben werden als eine Folge von Etappen der Selbstreflexion, Dekomposition und Trennung der Elemente des dramatischen Theaters.385

Dunque lo scollamento dal dramma, che è successivamente culminato in ciò che Lehmann designa come discorso postdrammatico, inizia ad avere luogo esattamente tramite gli elementi appartenenti al testo. Sarrazac ha ben identificato i meccanismi testuali adottati dalla letteratura drammatica, ma è indispensabile percepire che ciò è avvenuto a causa della tensione continua tra scena e testo, tra teatro e dramma, e non è un caso se coincide con l'inizio del teatro di regia. Per Lehmann, il primo stadio della dissociazione dei concetti può essere vista come

385[Shakespeare, Racine, Schiller, Lenz, Büchner, Hebbel, Ibsen e Strindberg possono, pertanto, essere sperimentati come varianti di un'unica forma discorsiva - nonostante tutte le loro differenze.

(...) L'inizio della formazione del discorso postdrammatico in teatro può essere descritto come una serie di tappe di autoriflessione, decomposizione e separazione degli elementi del teatro drammatico]. Ivi, p. 76-77.

l'opposizione tra "dramma puro" e "dramma impuro"

386

. Il primo corrisponde al dramma assoluto (Szondi), chiuso (Klotz), dramma-nella-vita (Sarrazac); il secondo è aperto alle contaminazioni della diegesi (Puchner). Per Lehmann, però, l'opposizione dramma puro vs impuro appartiene ancora alla predominanza dell'aspetto letterario sulla scena teatrale; quindi apparterrebbero alla categoria del dramma impuro il teatro medievale, quello elisabettiano e quello barocco. Il secondo stadio è la crisi del dramma vera e propria, accaduta a partire del 1880

387

. Alcuni pilastri del dramma finora mai messi in discussione cominciano a crollare.

Compaiono nuove forme di scrittura - testi decostruiti secondo un processo di de-drammatizzazione, direbbe Sarrazac - che anticipano l'estetica teatrale del postdrammatico. Queste manifestazioni testuali sarebbero frutto dello scollamento tra teatro e dramma iniziatosi con l'avvento del teatro di regia. E' emblematico il parere di Craig, così commentato da Lehmann:

Theater wird hier [für Craig] als etwas erkannt, das eigene, andersartige und der dramatischen Literatur sogar feindliche Wurzeln und Voraussetzungen hat. Der Text soll, so lautet Craigs Konsequenz, aus dem Theater zurücktreten - gerade wegen seiner poetischen Dimensionen und Qualitäten.388

Tale separazione o autonomizzazione del testo rispetto alla scena è la premessa fondamentale ai successivi sviluppi del performativo. La conseguenza di

386Caratteristiche del dramma puro sarebbero: «Verkörperung von Charakteren oder allegorischen Figuren durch Schauspieler; Repräsentation eines Konflikts in "dramatischer Kollision"; eine im Vergleich zu Roman und Epos hochgradige Abstraktion der Weltabbildung; die Darstellung politischer, moralischer, religiöser Inhalte des gesellschaftlichen weitgehender Dedramatisierung progredierende Handlung; auch bei minimaler Realhandlung Repräsentation einer Welt».

[l'impersonare dei personaggi o delle figure allegoriche tramite attori; la rappresentazione di un conflitto come 'collisione drammatica'; un alto livello di astrazione nella rappresentazione del mondo in confronto al romanzo o all'epica; la rappresentazione di questioni politiche, morali e religiose della vita sociale attraverso la drammatizzazione della loro collisione; un'azione progressiva, anche nei casi di de-drammatizzazione; la rappresentazione di un mondo, anche nel caso di un'azione minimamente reale]. Ibidem.

387Nell'adottare la terminologia di Szondi, Lehmann è stato considerato un suo erede.

388 [Il teatro (in Craig) viene riconosciuto come qualcosa che possiede radici, precondizioni e premesse proprie, che sono addirittura ostili alla letteratura drammatica. Il testo dovrebbe separarsi dal teatro, conclude Craig, precisamente a causa della sua dimensione e qualità poetiche]. Ivi, p. 49

questo processo è la "teatralizzazione" del teatro, ovvero uno sviluppo di nuovi mezzi e di una nuova poetica non più asserviti al testo. Si parla, dunque, dell'entrata nell'era della sperimentazione. Con l'insorgere del cinema è diventato centrale ridefinire o reinventare la teatralità; l'aspetto di spettacolo che ha luogo con corpi reali nel momento irripetibile del presente ne è divenuto il tratto fondamentale. È iniziato allora il dialogo del teatro con gli altri media, che prosegue fino a oggi.

Lehmann, facendo un parallelo con altre forme d'arte, conclude che è dalla decomposizione dell'insieme di un genere nei suoi elementi individuali che si sviluppano nuovi linguaggi, fatto che è accaduto anche al teatro:

Aus der Dekomposition des Ganzen eines Genres in seine Einzelelemente entstehen die neuen Formsprachen. Trennen sich die früher "verklebten" Aspekte der Sprache und des Körpers im Theater, werden Rollendarstellung und Ansprache ans Publikum als je autonome Realitäten behandelt, trennt sich der Klangraum vom Spielraum, so ergeben sich neue Darstellungschancen aus der Autonomisierung der einzelnen Schichten.389

Il terzo stadio di sviluppo del teatro drammatico (dopo il dramma puro e impuro) è quello delle neoavanguardie storiche, fondamentale per l'affermazione dell'estetica del postdrammatico negli anni Ottanta e Novanta. Con la fine della seconda guerra mondiale e il miracolo economico degli anni successivi, alla fine degli anni cinquanta prende piede la cultura pop e la cultura della gioventù, che si protrae fino all'apice raggiunto nel Sessantotto. Negli anni sessanta si sviluppa il Teatro dell'Assurdo, etichetta sotto la quale Martin Esslin raggruppa autori come Ionesco, Adamov e Beckett, secondo una poetica dello svuotamento di senso del discorso

390

. Lehmann argomenta che nonostante la descrizione che ne fa lo studioso

389[Dalla decomposizione dell'insieme di un genere nei suoi componenti individuali si sviluppano nuovi linguaggi della forma. Una volta che gli aspetti del linguaggio e del corpo che prima erano uniti insieme si disgregano, la rappresentazione dei personaggi e il discorso alla platea sono trattati come realtà autonome; una volta che lo spazio sonoro si separa dallo spazio della recita, nuove possibilità di rappresentazione emergono attraverso l'autonomizzazione di ogni strato]. Ivi, p.82.

390Il critico inglese Martin Esslin ha usato il termine "teatro dell'assurdo" come un'ipotesi di lavoro per l'analisi della produzione testuale degli anni Sessanta e Settanta, cercando di tracciare una nuova

anglo-ungherese, e che sorprendentemente potrebbe essere applicata anche al postdrammatico degli anni Ottanta, si parla comunque di una teatralità drammatica, poiché implicitamente subordina la messinscena al testo. Ma in questi anni abbondano gli esperimenti con la discontinuità, il collage, il montaggio, la decomposizione della narrazione, l'afasia e il nonsense, fondamentali come conseguenza dell'angoscia metafisica e dell'assurdità della condizione umana, emerse con la disgregazione delle certezze ideologiche. Il teatro postdrammatico degli anni Ottanta e Novanta si sviluppa, dunque, nella "certezza delle incertezze".

Anche il teatro documentario potrebbe essere visto come anticipatore della nuova estetica, perché nella sua costruzione, che diventa una sorta di processo pubblico, utilizza documenti reali

391

. Tuttavia in tutti questi casi, secondo Lehmann, viene comunque preservata l'unità cruciale tipica del dramma, ovvero: «la stretta connessione tra il testo di un'azione, resoconto o processo e la rappresentazione

estetica. Dai capostipiti Beckett, Adamov, Ionesco e Genet, si evolvono una serie di "seguaci": Jean Tardieu, Boris Vian, Dino Buzzati, Max Frisch, Harold Pinter, e altri. Esslin afferma che «[Il Teatro dell'Assurdo] è un teatro di situazioni e non di eventi in succesione, e per tale ragione usa un linguaggio costruito su modelli di immagini concrete piuttosto che su argomenti e dialoghi deduttivi (...). L'azione in un'opera del Teatro dell'Assurdo non tende a raccontare una storia, ma a comunicare un insieme d'immagini poetiche. (...) [Per esempio, Aspettando Godot] appare come una complessa immagine poetica costruita su un complicato schema di immagini e di temi sussidiari che si intrecciano come i temi di una composizione musicale, non tanto, come nella maggior parte delle pièces bien faites, per presentare una linea di sviluppo (...). Il Teatro dell'Assurdo ha riconquistato la libertà di poter usare il linguaggio come uno dei tanti elementi - a volte dominante e a volte secondario - di un'opera costituita da immagini poetiche multidimensionali. Contraddicendo l'azione con il linguaggio, riducendolo a gergo senza significato o abbandonando la logica deduttiva a favore della logica poetica dell'associazione poetica o dell'assonanza, il Teatro dell'Assurdo ha aperto una nuova dimensione scenica». Anche se l'applicazione di una tale etichetta estetica ad autori tanto diversi può essere discutibile, Esslin ha sicuramente sottolineato importanti elementi estetici poi approffonditisi e sviluppatisi nella drammaturgia di fine Novento e inizio XXI. M. ESSLIN, Il Teatro dell'Assurdo, Edizioni Abete, 1975 [Coll. "L'Evento teatrale", sez. "Saggi" n. 1], pp. 395-9.

391Si raggruppa sotto l'etichetta "teatro documentario" gli spettacoli fondati su documenti reali, drammaturgicamente elaborati attraverso il montaggio, di carattere fortemente politico. Pavis fa notare che si tratta di un filone derivato dal dramma storico, tuttavia opponendosi a esso in quanto giudicato idealista e manipolatorio. Pertanto, aderisce spesso alla forma del processo e dell'inchiesta, in cui è possibile riportare del materiale tale e quale. Al posto della trama, viene applicato il principio della giustaposizione dei frammenti, che mira a mettere a nudo gli schemi manipolatori adottati dalla società. Come osserva Maria Maderna, sull’emblematica L’Istruttoria di Peter Weiss: «L’opera non conosce ‘azione’, ma si basa unicamente sulla dimensione del linguaggio.

La forma scenica riposa completamente sulla parola: tutto risiede nel dialogo, che deve essere vincolante, affinché l’intero dramma si sviluppi nello shock del detto». M. MADERNA, “L’istruttoria (1965). Il prototipo del teatro documentario” in A. Cascetta – L. Peja (a cura di), La prova del nove cit, p. 80.

teatrale orientata verso di esso»

392

. Il testo rimane in primo piano. E' appunto la scissione di questo legame a caratterizzare il postdrammatico, come conseguenza di un concreto mutamento storico e sociologico:

Intermedialität, Zivilisation der Bilder, Skepsis gegen die großen Theorien und Metaerzälungen lösen die Hierarchie auf, die zuvor nicht nur die Unterordnung der Mittel des Theaters unter den Text, sondern auf diese Weise auch ihre Kohärenz untereinander garantiert hatte.393[sott. nostra]

Il postdrammatico riflette, dunque, la crisi di una teatralità incentrata nel testo, in cui "teatro" in grande parte corrispondeva a "messa in scena del testo".

L'estetica del postdrammatico è basata sull'autonomia tra i vari linguaggi che compongono l'evento spettacolare, arrivando perfino a un'interazione contrastante tra loro. Questo terzo stadio nella preparazione del postdrammatico - sviluppatosi nel dopoguerra, ma soprattutto negli anni Sessanta e Settanta - è segnato da attività di importanti registi quali Bob Wilson, Tadeuz Kantor, Peter Brook e Jerzy Grotowski, per citare solo quattro dei più eminenti. Ma sono i drammaturghi, a parere di Lehmann, a dare sorprendentemente un contributo più radicale:

Man kann sagen, daß in den heraustragenden Texten jener Jahre deutlicher als in der Praxis der Regie das dramatische Kommunikationsmodell bezweifelt wird. So gehören in die Genealogie des postdramatischen Theaters Peter Handkes "Sprechstücke". Das Theater verdoppelt sich, zitiert seine eigene Rede. [...] In gewisser Weise bleibt ein Text wie "Publikumsbeschimpfung" wohl noch, insofern er ex negativo alle Kriterien des dramatischen Theaters zum Thema macht, dieser Tradition auch verhaftet "als

392[(…) den entscheinenden einheitstiftenden Konnex zwischen dem Text einer Handrlung, eines Berichts, eines Vorgangs und der auf sie hin orientierten theatralen Darbietung aufrecht.]. Lehmann, Postdramatisches theater, cit., p. 92.

393[L'intermedialità, la civiltà delle immagini e lo scetticismo nei confronti delle grandi teorie e meta-narrative dissolvono la gerarchia che ha previamente garantito non soltanto la soggezione di tutti i mezzi teatrali al testo ma anche la coerenza tra di essi]. H.T. LEHMANN, Postdramatisches Theater, cit., p. 92.

Metadrama oder Metatheater" [...]. Zugleich weist er aber in die Zukunft des Theaters nach dem Drama.394

Lehmann colloca le opere del drammaturgo austriaco Peter Handke nel terzo stadio del dramma, attribuendogli una funzione di trampolino verso il postdrammatico. E' sicuramente interessante che il teorico veda proprio nella letteratura drammatica un impulso così importante alla centralità del performativo negli anni successivi. Nella famosa opera Publikumsbeschimpfung (1966), spesso denominata "anti-opera teatrale", quattro voci attoriali (che in realtà potrebbero essere molte di più) si rivolgono al pubblico per insultarlo, non per raccontare una storia. La frammentarietà, l'incompletezza, l'eliminazione dei principi più basilari del dramma in certi testi di quegli anni hanno reinventato un modo di fare teatro e d'intendere il testo:

Es geht nicht mehr nur um die Behauptung und Anerkennung der Eigenleistung der Inszenierung als theaterkünstlerischen Entwurf, sondern es kehren sich die fürs dramatische Theater konstitutiven Verhältnisse erst untergründig und dann offensichtlich um: nicht mehr die Frage steht im Vordergrund, ob und wie das Theater adäquat dem alles überstrahlenden Text "entspricht". Vielmehr werden die Texte befragt, ob und wie sie geeignetes Material für die Realisierung eines theatralen Vorhabens sein können. Nicht mehr wird die Ganzheit einer ästhetischen Theaterkomposition aus Wort, Sinn, Klang, Geste usw. angestrebt, die sich als Gesamtkonstrukt der Wahrnehmung anbietet, sondern das Theater nimmt seinen Charakter des Fragments und des Partialen an. Es sagt dem so lange unanfechtbaren Kriterium der Einheit und Synthesis ab und überlässt sich der Chance (und der Gefahr), einzelnen Impulsen, Teilstücken und Mikrostrukturen von Texten zu vertrauen, um eine neue Art von Praxis zu werden."395[sott. nostra]

394[Si può dire che i testi più rilevanti di quegli anni mettono in discussione il modello drammatico di comunicazione più chiaramente della pratica della regia. Quindi, la genealogia del teatro postdrammatico include gli Sprechstücke di Peter Handke. Il teatro, qui, si sdoppia, cita il suo proprio discorso. (...) Nella misura in cui ha tutti i criteri del teatro drammatico come proprio tema, un testo come Insulti al pubblico in un certo modo ne rimane attaccato come 'metadramma' o 'metateatro'.

(...) Al tempo stesso, tuttavia, punta a un futuro dopo il dramma]. Ibidem.

395[Non è più solo questione di affermare e riconoscere i traguardi della regia come arte autonoma.

Al contrario, le relazioni costitutive del teatro drammatico sono invertite, prima in modo sotterraneo, poi apertamente. L'enfasi della questione non è più posta su se e come il teatro

L'avvento del postdrammatico su un terreno in cui teatro e dramma - e, spingendosi ancora più lontano, teatro e testo - non sono più coincidenti, fa sì che il testo arrivi a diventare un materiale per la messa in scena, o quanto meno una costruzione così aperta da permettere un’interazione dinamica con le altre arti coadiuvanti lo spettacolo

396

.

Nell'addentrarsi più specificamente nell'estetica del postdrammatico, Lehmann sottolinea che nel dramma il concetto principale (aristotelico) è quello di azione; invece nel panorama postdrammatico si parla di stati, nozione che può avvicinarsi a quella di "paesaggio" molto usata in ambito pittorico e delle arti visive

397

. Avvicinandosi agli stati e allontanandosi dall'azione intesa come

corrisponda al testo, che eclissa tutto il resto, ma su se e come i testi siano materiali adeguati alla realizzazione di un progetto teatrale. Lo scopo non è più la completezza di una composizione teatrale estetica fatta di parole, significato, suono, gesti, etc., che come costruzione totale si offre alla percezione. Al contrario, il teatro assume un carattere frammentario e parziale. Rinuncia ai criteri secolarmente incontestati dell'unità e della sintesi e si abbandona al caso (e al rischio) affidandosi a impulsi individuali, frammenti e microstrutture di testo, per diventare una nuova prassi]. H.T.

LEHMANN, Postdramatisches Theater, cit., p. 92-3.

396Approfondiremo il tema del testo-materiale più avanti. Un buon esempio di studio su questa variante e le sue implicazioni estetiche nella drammaturgia contemporanea è stato fatto dal drammaturgo e teorico francese Joseph Danan, che coloca i testi allineati con la tarda poetica mülleriana (quella di Hamletmaschine o Medeamaterial, per farne due esempi) totalmente fuori dell'ambito del dramma, nonostante essi siano stati scritti per il teatro. J. DANAN, Qu'est-ce que la dramaturgie?, cit., p. 28.

397La nozione di paesaggio ha avuto una lunga storia nell'Occidente, a partire dal Landschaft tedesco, di connotazione prettamente geografica, fino al paysage francese, investito di un carattere estetico a partire dell'Illuminismo. In quanto genere pittorico è comparso alla fine del Cinquecento e inizio del Seicento, con le opere dell'olandese Albrecht Dürer. Alla fine dell'Ottocento, il paesaggio passa da genere inferiore a riferimento fondamentale nella concezione del sublime, nel movimento romantico. Gli impressionisti hanno dato un nuovo rilievo e connotazione al concetto, non solo in ambito artistico. Infatti Sauer, fondatore della geografia culturale, sicuramente influenzato da quell'esperienza artistica, ha affermato nel 1925: «Landscape is not just a real scene seen by an observer. Landscape in geography is a generalization derived from the observation of individual scenes». [il paesaggio non è semplicemente una scena reale vista da un osservatore. Il paesaggio geografico è una generalizzazione derivata dall'osservazione di scene individuali]; C. O. SAUER, "The morphology of landscape" in Land and Life; a Selection from the Writings of Carl Ortwin Sauer, Berkeley, University of California Press, 1963, p. 56. Questa idea riassume bene l'approccio estetico della "drammaturgia del paesaggio", propugnata in primo luogo da Gertrude Stein, in cui è la giustapposizione di immagini a provocare la costruzione del paesaggio a partire dell'atto interpretativo dell'osservatore. Per una ricostruzione storia del concetto di paesaggio applicato sia alla natura che alla cultura, cfr. L.A. MAXIMIANO, Considerações sobre o conceito de paisagem/Considerations on the concept of landscape, Rivista RA´E GA, Curitiba, Editora UFPR, 2004, n. 8, p. 83-91. Per una analisi più specifica del concetto applicato all'arte, M.K. FERRAZ, Origem e utilização do conceito de paisagem na Geografia e nas Artes, disponibile in:

successione finalizzata a raccontare una storia, il teatro ha accesso a un'altra dinamica, più sotterranea. Per illustrarla meglio, lo studioso tedesco usa i concetti di "genotesto" e "fenotesto" creati da J. Kristeva (1969): il genotesto indica il divenire del testo, un processo dinamico di generazione di significanti soggiacente al materiale testuale statico osservabile, denominato invece fenotesto. Il concetto di genotesto mette in crisi la strutturazione di un testo, nella misura in cui viaggia su un asse verticale, verso la profondità; lo stesso succede nel postdrammatico, che non desidera "raccontare", nel modo in cui più banalmente questa parola è intesa (concatenamento causale dei fatti). In tal senso non si parla di storia ma di formazione (Gebilde) – nozione che non a caso evoca l'idea di rilievo, che a sua volta rimanda a paesaggio

398

. Il superamento del concetto tradizionale di azione drammatica può essere appreso attraverso il lavoro di tre registi: Kantor, Grüber e Wilson. Come prima cosa, nel teatro postdrammatico l'azione drammatica viene rimpiazzata dalla cerimonia, quel tipo di azione-culto che caratterizzava il teatro delle origini:

Unter Zeremonie als Moment ganze Spielbreite des Ausagierens referenzloser, aber mit gesteigerter Präzision vorgetragener Abläufe; Veranstaltungen eigentümlich formalisierter Gemeinsamkeit; musikalisch-rhythmische oder visuell-architektonische Verlaufskonstrukte; pararituelle Formen sowie die (nicht selten tiefschwarze) Feier des Körpers, der Präsenz; das emphatisch oder monumental akzentuierte Ostentative der Darbietung

.

399

Si tratta chiaramente di tratti appartenenti all'estetica del performativo, nella quale si rinuncia alla concezione, come agli albori del teatro, del soggetto fatto

http://www.egal2013.pe/wp-content/uploads/2013/07/Tra_Maira-Kahl.pdf.

398 Lehmann fornisce la seguente definizione: «Postdramatisches Theater ist ein Theater der Zustände und szenisch dynamischer Gebilde». [Il teatro postdramatico è un teatro di stati e di formazioni sceniche dinamiche]. H.T. LEHMANN, Postdramatisches Theater, cit., p. 114.

399[Con ceremonia, s'intende l'intero spettro di movimenti e processi che non hanno referenti ma sono presentati con un'alta precisione; eventi di comunalità peculiarmente formalizzati; costruzioni di sviluppo musicale-ritmico o visuale-architettonico; forme para-rituali, così come (spesso molto nera) cerimonia del corpo e della presenza; l'accentuata ostentazione enfatica e monumentale della presentazione]. Ivi, p. 116.

di soli pensieri in favore di una sua attualizzazione e incarnazione nella presenza hic et nunc dell'attore

400

. In tal senso, il teatro di Kantor è emblematico: opere come La Classe Morta (1975) e Wiepole (1980) s'impongono come vere e proprie poesie pittoriche che si svolgono nel tempo reale della scena. In Kantor, il drammatico cede spazio alle immagini in movimento, attraverso ritmi ripetitivi e l'affiorare di composizioni che assomigliano a quadri più o meno dinamici

401

. La "ceremonialità"

del postdrammatico è la celebrazione del presente, la rottura di quell'illusione mimetica che così a lungo si è identificata con l'arte teatrale; illusione probabilmente assente agli esordi quando esso, fungendo da legame con il divino, si manifestava attraverso la festa o la celebrazione di gruppo.

Grüber a sua volta diventa emblematico per il suo stile che contempla la de-drammatizzazione dei testi classici attraverso, per esempio, la rimozione del momento di suspense (isotonia). Questa procedura avvicina la scena ai tableaux, ai quali si aggiungono i testi in modalità quasi lirica. Nel suo teatro, i dialoghi sono recitati come se avvenuti, ben al contrario del dialogo come dibattito tipico del dramma classico. Inoltre, egli si spinge al di là della collisione drammatica fondando le sue regie sull'idea di scena o situazione; e soprattutto, l'attenzione dello spettatore s'incentra nel qui e ora in cui il testo viene pronunciato, anziché lasciarsi trascinare nell'illusione del racconto. Lehmann riconosce in ciò un teatro della voce, nel quale essa suona come riverbero di eventi passati:

Die Bedingungen für das Theater der Stimme ist ein architektonischer Raum, der durch seine Dimensionen in ein Verhältnis zur einzelmenschlichen Rede, zum gedachten Raum dieser Stimme tritt. [...] Bei Grüber gibt es kaum einen neutralen Raum. Durch den Ausfall des mittleren, die Erfindung eines zu großen oder zu kleinen Raums, wird die Achse Stimme/Raum bestimmend für das Theater. Intrige, Fabel, Drama sind kaum vorhanden, dafür werden Abstand, Leere, Zwischenraum zu autonomen

400Cfr. punto 2.4., che esamina l'estetica del performativo delineata da E. Fischer-Lichte.

401Kantor cerca di recuperare un teatro libero da qualsiasi illusione, ancorato nella realtà presente della performance. I suoi spettacoli sono costruiti su due traiettorie parallele: il testo purificato di una struttura basata sulla trama e le azioni di puro teatro in scena. Il risultato è potente. Ivi, p. 120-1.

Protagonisten. Der eigentliche Dialog findet zwischen Klang und Klangraum statt, nicht zwischen den Dialogpartnern

.

402

Si tratta di un dialogo da cui il dramma è stato sottratto, e che assume una teatralità postdrammatica non in base al testo ma alla messinscena. Il riferimento registico-performativo è così forte che si parla di spazio scenico. Vedremo più avanti come invece il testo può creare, in modo diverso, un teatro della voce, o più precisamente delle voci, con il ricorso alla polifonia.

Il teatro di Wilson aggiunge all'estetica del postdrammatico l'idea di metamorfosi come sostituto dell'azione. Una delle regole d'oro del dramma è il cambiamento dei personaggi come risultato degli eventi che compongono la storia.

Nel linguaggio teatrale postdrammatico, tuttavia, è presente un livello di astrazione riguardo al concetto tradizionale di evoluzione del personaggio, il quale stabilisce una tensione inversa alla spinta mimetica:

Theater ist auf allen Registern Verwandlung, Metamorphose, und man tut gut daran, den Hinweis der Theateranthropologie zu beherzigen, dass unter dem geläufigen Schema der Handlung das allgemeinere der Verwandlung liegt. So lässt sich auch der Umstand besser erfassen, dass der Abschied von dem Modell "Mimesis von Handlung"

keineswegs das Ende des Theaters herbeiführt. Um gekehrt fährt die Aufmerksamkeit für die Prozesse der Metamorphose auf eine andere Wahrnehmungsweise, in der das Wiederkennen fortwährend durch ein von keiner Ordnung des Wahrnehmens zu sistierendes Spiel der Überraschung überboten wird.403

402 [La condizione per il teatro della voce è uno spazio architettonico che, tramite le proprie dimensioni, si mette in rapporto individuale con il discorso verbale, con lo spazio immaginario di questa voce. (...) Nel lavoro di Grüber, raramente un luogo è neutro. Evitando lo spazio medio e inventando lo spazio eccessivamente grande o eccessivamente piccolo, nel suo teatro l'asse spazio-voce diventa determinante. L'intrigo, la storia o il dramma sono molto poco presenti; invece la distanza, il vuoto e lo spazio degli interstizi diventano protagonisti autonomi. Il dialogo reale ha luogo tra suono e spazio acustico, e non tra interlocutori]. Ivi, pp. 128-9.

403 [Il teatro è trasformazione a tutti i livelli - metamorfosi - e vale la pena di tenere a cuore l'indicazione dell'antropologia teatrale secondo cui sotto lo schema tradizionale dell'azione c'è la struttura più generale della trasformazione. Questo spiega perché l'abbandono del modello di azione mimetica non porta assolutamente alla fine del teatro. Al contrario, l'attenzione ai processi di metamorfosi porta a un'altra modalità di percezione teatrale nella quale la visione come riconoscimento (identificazione, n.m.) è continuamente superata da un susseguirsi di sorprese che