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Azione penale, archiviazione e garanzie difensive

Nel documento Ir EW# (pagine 102-107)

3. I poteri d’accusa del pubblico ministero europeo

2.2. Azione penale, archiviazione e garanzie difensive

Sul versante dell’azione penale, la proposta mantiene la divaricazione tra “azione europea” e “giurisdizione nazionale”, già introdotta dal Corpus Juris e fatta propria dall’art. 86 TFUE: il pubblico ministero europeo, infatti, eserciterà l’azione penale davanti all’autorità giurisdizionale dello Stato membro competente (55). Il foro viene scelto, dal procuratore europeo di concerto con il suo delegato che gli presenta il fascicolo (art. 27, par. 2), sulla base di una serie di criteri: il luogo di commissione del reato (56), di residenza abituale dell’imputato, di ubicazione della prova, di residenza abituale delle vittime (art. 27, par. 4). Non è chiaro, per vero, se questi criteri rappresentino delle opzioni alternative oppure individuino anche una scala di priorità. La formulazione dell’art. 27, par. 4, tuttavia, non sembra indicare un ordine di preferenza: «il procuratore europeo sceglie la giurisdizione in stretta consultazione con il procuratore europeo delegato che presenta il caso e in considerazione della corretta amministrazione, e determina l’organo giurisdizionale competente alla luce dei seguenti criteri […]». (57)

Il potere di inazione è disegnato all’art. 28 della proposta che prospetta una divisione in due gruppi: nel primo, rientrano le ipotesi di archiviazione “obbligatoria” (par. 1) e, nel secondo, sono prospettati due motivi che legittimano un’archiviazione “facoltativa” del caso (par. 2).

I motivi di archiviazione obbligatoria fanno leva

sull’“impossibilità” di esercizio dell’azione penale: ciò che può derivare dalla morte dell’indagato, dalla non riconducibilità della condotta a una fattispecie penale, dall’amnistia o dall’immunità concessa al prevenuto,

2. L’ammissione al processo delle prove provenienti dalla Procura europea non pregiudica la competenza degli organi giurisdizionali nazionali a valutarle liberamente». (55) Si vedano i rilievi svolti retro, cap. 1, par. 1.4.

(56) O della maggior parte dei reati.

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dallo spirare del termine di prescrizione nazionale, dall’applicazione del divieto di bis in idem in prospettiva europea.

Per le ipotesi di archiviazione facoltativa, invece, le ragioni si rinvengono nella mancanza di «prove pertinenti» (58) ovvero nella qualificazione della condotta in termini di reato minore: quest’ultima valutazione dovrà basarsi sulle definizioni predisposte dalla legge nazionale di recepimento della direttiva sulla protezione degli interessi finanziari dell’Unione europea.

Alla procura europea è attribuito anche un altro strumento, una sorta di “terza via” tra l’archiviazione e l’azione penale: denominato “compromesso” (con una traduzione non proprio felice dall’inglese

transaction), ricorda analoghi istituti presenti in alcuni sistemi continentali

(59). Il nucleo dell’istituto consiste in un accordo tra l’accusa e l’indagato su una sanzione pecuniaria forfettaria: l’accettazione della proposta della procura implica l’archiviazione del caso a fronte del pagamento da parte dell’indagato e a condizione che questi abbia risarcito il danno.

L’art. 29, par. 4, specifica che la procedura del compromesso non è soggetta a controllo giurisdizionale. Tuttavia, nonostante la precisazione venga formulata solo con riferimento a quest’ultimo istituto, è da ritenersi che nemmeno l’archiviazione prevista dall’art. 28 sia subordinata a un meccanismo di controllo: infatti, non è possibile far derivare da un silenzio un’interpretazione creatrice di un procedimento. Tanto più che la mancanza di controllo giurisdizionale sulla decisione di archiviare del pubblico ministero è connotato comune di alcune tradizione giuridiche europee: ciò che potrebbe indurre alla riflessione è, peraltro, la tendenza a

(58) La versione inglese fa riferimento all’assenza di «relevant evidence» che richiama un tema ben noto in materia di rules of evidence della tradizione anglosassone.

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introdurre strumenti di questi tipo per offrire maggiore tutela al cittadino (60).

Del resto, le indicazioni in questa direzione non mancano: basti pensare alla raccomandazione n. 19 del 2000 adottata dal Comitato dei ministri del Consiglio d’Europa (61). In quel documento sul ruolo del pubblico ministero si affronta la tematica del controllo sull’inazione dell’accusa: il fondamento della necessità di un meccanismo di supervisione viene individuato nella salvaguardia dei diritti delle parti interessate (62). Inoltre, se, da un lato, si identificano due tipologie di controllo astrattamente ipotizzabili, gerarchico o giurisdizionale, dall’altro, si attribuisce una chiara preferenza a quest’ultimo (63).

La proposta, infine, dedica alcune disposizioni ai diritti degli indagati o imputati: l’art. 32, par. 1, prevede il «pieno rispetto dei diritti degli indagati sanciti dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, in particolare il diritto a un giudice imparziale e i diritti della difesa». In relazione a questi ultimi, l’approccio della Commissione si muove secondo un duplice schema: da una parte, si rinvia alle direttive

(60) Sul tema del controllo giurisdizionale sull’archiviazione alla luce dell’ordinamento italiano, si rinvia infra, cap. 4, par. 2.

(61) Recommendation of the Committee of Ministers to Member States on the Role of Public

Prosecution in the Criminal Justice System, 6.10.2000, Rec(2000)19.

(62) Tale affermazione si inserisce nell’àmbito di una più ampia previsione di tutela alle vittime dei reati. Tuttavia, il Comitato dei ministri riconosce che limitare la propria attenzione su questo tema alle sole vittime “dirette”, individuali o collettive, potrebbe implicare discriminazioni: infatti, non tutti i reati sono connotati dalla presenza di un soggetto passivo facilmente individuabile (si pensi ai reati di corruzione o a quelli lesivi di interessi finanziari statali o europei). Pertanto, la raccomandazione estende il diritto a un controllo sulla decisione di non agire anche alle «interested parties of recognised or

identifiable status». Si veda Recommendation of the Committee of Ministers to Member States on the Role of Public Prosecution in the Criminal Justice System, 6.10.2000, Rec(2000)19, p. 33.

(63) Cfr. sempre Recommendation of the Committee of Ministers to Member States on the Role of

Public Prosecution in the Criminal Justice System, 6.10.2000, Rec(2000)19, p. 33, dove si

afferma che «the committee has recommended the introduction of procedures for either judicial

review - aware that this concept may vary from one country to another - or for authorising the parties as defined above to bring private prosecutions»

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già esistenti nel panorama europeo; dall’altra, vengono previsti specificamente alcuni diritti (art. 32, par. 2).

Sul primo versante, il richiamo è riferito agli strumenti adottati nell’àmbito della road map di Stoccolma (64): in particolare, si menziona (a) «il diritto all’interpretazione e alla traduzione» (65); (b) «il diritto all’informazione e il diritto di accesso alla documentazione relativa all’indagine» (66); (c) «il diritto di accesso a un difensore e il diritto di comunicare e informare terzi in caso di detenzione» (67).

Sotto il secondo profilo, la proposta esplicita alcune garanzie: (d) «il diritto al silenzio e il diritto alla presunzione di innocenza»; (e) «il diritto al patrocinio a spese dello Stato»; (f) «il diritto di presentare prove e di chiedere la nomina di esperti e l’audizione di testimoni» (68). Questi ultimi tre gruppi di diritti trovano specificazione negli articoli successivi (rispettivamente artt. 33, 34, 35): tuttavia, il limite di tali previsioni è

(64) Risoluzione del Consiglio relativa a una tabella di marcia per il rafforzamento dei diritti

procedurali di indagati o imputati in procedimenti penali, 30.11.2009, che è stata poi inserita

nel Programma di Stoccolma – Un’Europa aperta e sicura al servizio e a tutela dei cittadini, adottato dal Consiglio europeo nella seduta del 10-11 dicembre 2009 per il quadriennio 2010-2014.

(65) Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sul diritto all’interpretazione e alla

traduzione nei procedimenti penali, 20.10.2010, 2010/64/UE.

(66) Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sul diritto all’informazione nei procedimenti

penali, 22.5.2012, 2012/13/UE.

(67) Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa al diritto di avvalersi di un difensore

nel procedimento penale e nel procedimento di esecuzione del mandato d’arresto europeo, al diritto di informare un terzo al momento della privazione della libertà personale e al diritto delle persone private della libertà personale di comunicare con terzi e con le autorità consolari, 22.10.2013,

2013/48/UE.

(68) Per vero, merita segnalare alcune recenti proposte di direttiva presentate dalla Commissione in materia di riconoscimento dei diritti di difesa, tutte del 27.11.2013:

Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sul rafforzamento di alcuni aspetti della presunzione di innocenza e del diritto di presenziare al processo nei procedimenti penali,

COM(2013)821 final; Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sulle garanzie

procedurali per i minori indagati o imputati in procedimenti penali, COM(2013)822 final; Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio sull'ammissione provvisoria al patrocinio a spese dello Stato per indagati o imputati privati della libertà personale e sull'ammissione al patrocinio a spese dello Stato nell'ambito di procedimenti di esecuzione del mandato d'arresto europeo, COM(2013)824 final.

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rappresentato da un costante riferimento alla conformità al diritto nazionale (69).

Da questa impostazione emerge però la debolezza pratica dell’affermazione dei diritti in questione. Da un canto, per i diritti riconosciuti da direttive comunitarie, è lo stesso strumento legislativo che porta con sé il rischio di frammentazione e diversità di tutela: la direttiva, com’è noto, consente dei margini di manovra agli Stati membri per il suo recepimento con il pericolo di discipline concretamente differenti. Dall’altro, subordinare l’esistenza dei diritti specificamente affermati al rispetto dei dettami dei singoli ordinamenti significa offrirne un’attestazione più illusoria che reale. Infatti, nei sistemi in cui simili diritti sono riconosciuti parzialmente, o non lo sono affatto, la proposta non sarà in grado di aggiungere nulla alla scarsità di garanzie.

Dal punto di vista delle garanzie, insomma, la proposta non sembra fornire un adeguato statuto dei diritti della difesa: di fronte a poteri attribuiti all’accusa tutto sommato ben delineati, i poteri e, soprattutto, i diritti difensivi sembrano appena abbozzati (70).

(69) In ogni disposizione ricorre, accanto all’affermazione del godimento da parte dell’imputato o dell’indagato del diritto, l’espressione «conformemente al diritto nazionale».

(70) Tale squilibrio è stato criticato da più parti: si veda CCBE,Response to a Proposal for a European Public Prosecutor, del 29.11.2013, p. 3, rinvenibile online all’indirizzo

www.ccbe.eu. Nello stesso senso, S.ALLEGREZZA,Verso una procura europea per tutelare gli interessi finanziari dell’Unione. Idee di ieri, chances di oggi, prospettive di domani, cit., p. 8; K.

LIGETI, M. SIMONATO, The European Public Prosecutor’s Office: Towards a Truly European Prosecution Service?, cit., p. 20.

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