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Obbligatorietà dell’azione penale e procedimento

Nel documento Ir EW# (pagine 119-126)

1. Obbligatorietà-discrezionalità dell’azione penale

1.1. Obbligatorietà dell’azione penale e procedimento

Un punto molto dibattuto è quello relativo al principio sotteso all’esercizio dell’azione penale. Se si legge la proposta di istituzione della procura europea presentata dalla Commissione, a un primo impatto, si ha l’impressione di non doversi preoccupare. Il considerando n. 20, infatti, pare esplicito nella scelta del principio cardine: «è necessario che le attività di indagine e relative all’azione penale della Procura europea si informino

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al principio dell’obbligatorietà dell’azione penale» (1). Fin qui, i giuristi italiani potrebbero sentirsi confortati: questa affermazione è perfettamente in linea con il nostro art. 112 Cost., pertanto la creazione di una procura europea parrebbe, da questo punto di vista, non contrastare con uno dei principi dell’ordinamento.

Peraltro, nell’affrontare con più attenzione la proposta, si scorgono una serie di indici che rendono il principio più fluido rispetto a quanto possa apparire. Già nel prosieguo del considerando n. 20 è inserito un riferimento a «ulteriori condizioni» cui è subordinato l’esercizio dell’azione penale. Quali siano queste condizioni lo si scopre, sempre nell’àmbito del preambolo della proposta, al considerando n. 31, dettato in tema di archiviazione.

È noto, infatti, che lo snodo fondamentale del principio di obbligatorietà è rappresentato dall’estensione del potere archiviativo che ne costituisce il “contrappeso”: l’azione penale in tanto è obbligatoria in quanto manchino le condizioni per l’archiviazione (2). Che tale istituto sia

(1) Proposta di regolamento del Consiglio che istituisce la Procura europea, 17.7.2013, COM(2013)534 final, p. 11.

(2) Si veda C. Cost., sent. 15.2.1991, n. 88, punto 3. Sul punto, la letteratura è ampia: basti richiamare T. BENE, Prime riflessioni su archiviazione e obbligatorietà dell’azione penale, in

Arch. pen., 1992, p. 20 e ss., la quale, già nell’incipit dell’elaborato, riconosce come, rispetto

al tema dell’archiviazione, «già dal 1848 si è sottolineato il “conflitto” con l’obbligatorietà dell’azione e – per talune strutture – con il principio del ne procedat iudex ex officio». Rileva, altresì, F. CORDERO, Procedura penale, Milano, 2012, p. 424, che «il monopolio dell’azione implica l’obbligo d’agire (imposto dall’art. 112 Cost.). Ma non basta dirlo: se tutto finisse lì, sarebbe puro eufemismo […]: in dati limiti l’inazione è fisiologica; sarebbe un automa irresponsabile il pubblico ministero che scaricasse sul giudice ogni notitia criminis, plausibile o no; l’obbligo comincia a date soglie. L’importante è garantire la legalità penale con adeguati controlli dell’inazione». Si veda, inoltre, E.GANDOSSI, voce

Archiviazione, in Dig. disc. pen., vol. I, Torino, 1987, p. 247, che ricostruisce i rapporti tra i

due istituti in termini di «pendant normativo» del dovere di non promuovere qualora «difettino i presupposti costitutivi» dell’azione; G. GIOSTRA, L’archiviazione. Lineamenti sistematici e questioni interpretative, Torino, 1994, p. 69, che definisce l’inazione «una realtà

in negativo dell’azione penale»; G. GIOSTRA, voce Archiviazione, in Enc. giur. Treccani, Roma, 1991, p. 1 ss.; U.PIOLETTI,Azione e archiviazione, in Giust. pen., 1938, IV, c. 413 s., il

quale descrive azione e archiviazione come «le due superfici, concava e convessa, di una stessa lente»: infatti «è evidente che, se il diritto di azione è un potere (ed anche un

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la «faccia oscura dell’art. 112» Cost. (3) è pacifico nella letteratura giuridica italiana: «limite implicito alla stessa obbligatorietà, razionalmente intesa, è che il processo non debba essere instaurato quando si appalesi oggettivamente superfluo» (4). Ne deriva che dal precetto costituzionale si ricava un preciso spazio per lo strumento archiviativo. Una volta pervenuta la notizia di reato, il pubblico ministero ha l’obbligo di sondarne il fondamento e, all’esito delle indagini, si trova di fronte a un’alternativa: richiesta di archiviazione o di rinvio a giudizio (5).

La tenuta del sistema si misura sul terreno giurisdizionale: affinché l’inazione non diventi arbitrio è necessaria la previsione di un controllo sulle valutazioni del pubblico ministero (6). A monte, si pone la precisione del legislatore nel disciplinare le condizioni alle quale è subordinata la richiesta di archiviazione: proprio su tali presupposti va misurata la compatibilità costituzionale del sistema e la (teorica) effettività del principio (7). Infatti, requisiti troppo flessibili consentono ampi margini di

dovere, beninteso) del pubblico ministero, questo potere può essere esercitato tanto in forma positiva quanto in forma negativa».

(3) Così, G.GIOSTRA,voce Archiviazione, cit., p. 1.

(4) In questi termini, C. Cost., sent. 15.2.1991, n. 88, punto 3.

(5) Al di là delle ipotesi di archiviazione per ragioni di rito, la principale causa di inazione poggia sul concetto di infondatezza della notizia di reato. Sotto questo profilo, il nucleo del binomio azione-archiviazione si trova nell’art. 125 disp. att. c.p.p., a mente del quale «il pubblico ministero presenta al giudice la richiesta di archiviazione quando ritiene l’infondatezza della notizia di reato perché gli elementi acquisiti nelle indagini preliminari non sono idonei a sostenere l’accusa in giudizio».

(6) Emblematico F.CORDERO,Procedura penale, cit., p. 422: «azione obbligatoria, dunque,

ma questa formula resta sulla carta se mancano controlli idonei; né sarebbe auspicabile l’automatismo indiscriminato, nel senso che ogni notitia criminis finisca davanti al giudice, molte essendo le infondate, diagnosticabili ex ante». In tema di controllo giurisdizionale, in relazione alla proposta di istituzione della procura europea, si veda

infra, in questo capitolo, par. 2.

(7) Tale effettività, nel nostro ordinamento, è più teorica che pratica: nel panorama della prassi si assiste quotidianamente a una “discrezionalità di fatto” che fa registrare una profonda crisi del principio dell’art. 112 Cost. Parla di «notevole sofferenza […] sul terreno della prassi» M.GIALUZ,Sub art. 112, in Commentario breve alla Costituzione, a cura di S. Bartole e R. Bin, Padova, 2008, p. 1028. In argomento, si veda infra, in questo capitolo, par. 1.3.

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apprezzamento che conducono alla violazione del disposto costituzionale (8).

Ebbene, la proposta della Commissione europea disegna l’istituto dell’archiviazione sia nel preambolo – in via generale – sia nell’art. 28, dove vengono specificati i presupposti. A queste statuizioni si accompagna l’art. 29 con la previsione del «compromesso» (9): istituto di natura, per così dire, ibrida poiché è uno strumento intermedio tra un metodo “alternativo” di definizione del procedimento e un’archiviazione (10).

Come anticipato (11) l’inazione è disciplinata dall’art. 28 della proposta secondo una suddivisione in due categorie: sono previste, da un lato, cinque ipotesi “obbligatorie” (par. 1) e, dall’altro, due circostanze che legittimano l’archiviazione “facoltativa” del caso (par. 2) (12).

(8) Quanto alle modalità con le quali si possono determinare i presupposti dell’archiviazione intesa come “specchio” dell’esercizio dell’azione penale, si veda G. GIOSTRA,voce Archiviazione, cit., p. 2, il quale afferma che il legislatore ha tre modi per definire tali condizioni: «disciplinando i casi in cui sussiste l’obbligo di agire […] e determinando a contrario i casi in cui [il pubblico ministero] deve chiedere l’archiviazione; all’inverso, elencando i requisiti positivi per l’archiviazione e implicitamente stabilendo che costituiscono i requisiti negativi per l’azione; infine, statuendo in positivo quali siano i presupposti per l’azione e quali quelli per l’archiviazione. In tal caso, però, non vi deve essere mai presenza né assenza dei medesimi nelle due fattispecie». In quest’ultimo caso, infatti, qualora il pubblico ministero potesse legittimamente scegliere se esercitare l’azione penale oppure no rispetto a una determinata fattispecie, saremmo di fronte a un’ipotesi discrezionale.

(9) «Transaction» nel testo inglese, che forse è preferibile alla traduzione italiana. (10) Si veda infra, in questo capitolo, par. 1.2.

(11) Si veda retro, cap. 3, par. 2.2.

(12) Art. 28: «Archiviazione del caso. – 1. Il procuratore europeo archivia il caso se l’esercizio dell'azione penale è impossibile per uno dei seguenti motivi:

a) morte dell'indagato;

b) la condotta oggetto di indagine non costituisce reato; c) amnistia o immunità concessa all’indagato;

d) scadenza del termine legale nazionale per l'esercizio dell'azione penale;

e) l'indagato è già stato assolto o condannato nell'Unione a seguito di una sentenza penale definitiva per gli stessi fatti o il caso è stato trattato in conformità dell’articolo 29. 2. Il procuratore europeo può archiviare il caso per uno dei seguenti motivi:

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Quanto alle prime, si fa riferimento a determinate vicende che non destano particolari perplessità: la morte dell’indagato, l’amnistia o l’immunità concessagli, la scadenza del termine di prescrizione nazionale per l’esercizio dell’azione (13), la preclusione del ne bis in idem su scala, ovviamente, europea.

Più discutibile il requisito, sempre per l’archiviazione obbligatoria, previsto alla lett. b dell’art. 28: «la condotta oggetto di indagine non costituisce reato». Per comprendere adeguatamente questo requisito è necessaria una premessa di “metodo” normativo europeo: la convivenza di numerose lingue all’interno dell’Unione europea comporta difficoltà a identificare una terminologia comune a tutte le singole culture giuridiche. La lingua “franca” è l’inglese, ancorché non sia sovrapponibile al linguaggio tecnico-giuridico anglosassone; nondimeno, tutte le lingue degli Stati dell’Unione sono ufficiali (14). Ne discende che gli atti europei non si avvalgono di uno stringente tecnicismo giuridico, ma devono essere letti con l’ottica di comprenderne il significato, non necessariamente letterale. Del resto, non in tutte le culture giuridiche è possibile riscontrare istituti equivalenti: taluni strumenti, noti in uno Stato, potrebbero essere

a) il reato è un reato minore ai sensi della legge nazionale di attuazione della direttiva 2013/xx/UE relativa alla lotta contro la frode che lede gli interessi finanziari dell’Unione mediante il diritto penale;

b) mancanza di prove pertinenti.

3. La Procura europea può rinviare i casi che ha archiviato all’OLAF o alle autorità amministrative o giudiziarie nazionali competenti ai fini del recupero, seguito amministrativo di altro tipo o monitoraggio.

4. La Procura europea ne informa la persona offesa dal reato, se l’indagine è stata avviata a seguito di informazioni da quella fornite».

(13) Un problema di coordinamento potrebbe essere sollevato in considerazione dell’esistenza di termini prescrizionali diversi nei vari Stati membri. Solleva talune perplessità, sotto questo profilo, T.ALESCI,La procura europea per i reati lesivi di interessi finanziari: la proposta di regolamento tra luci ed ombre, in Arch. pen. (web), 2014, f. 1, p. 17.

(14) Si veda, in questo senso, F.RUGGIERI,Dal principio del mutuo riconoscimento alle nuove prospettive della cooperazione in materia penale alla luce del Trattato di Lisbona. Il plus valore della creazione del pubblico ministero europeo, in L’evoluzione del diritto penale nei settori d’interesse europeo alla luce del Trattato di Lisbona, a cura di G. Grasso, L. Picotti, R.

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sconosciuti in un altro o atteggiarsi in modo molto diverso (15). Il significato dell’espressione «la condotta […] non costituisce reato», pertanto, non coincide con quello che il codice di procedura penale italiano attribuisce alla formula terminativa della sentenza di proscioglimento: com’è noto, quella formula indica una valutazione di assenza dell’elemento soggettivo del reato o presenza di una causa di giustificazione (16). Nella prospettiva europea, la locuzione non sembra fare riferimento a una categoria così ristretta, ma piuttosto anche a tutte quelle situazioni nelle quali la notizia rappresenta un illecito di tipo diverso, non raggiungendo la soglia del penalmente rilevante.

Il comma 2 dell’art. 28 della proposta prevede, inoltre, due ipotesi di archiviazione “facoltativa” (17): qualora si tratti di un «reato minore» e nel caso in cui manchino «prove pertinenti». Per la prima delle due ipotesi si rinvia alle definizioni fornite dalla legge nazionale attuativa della direttiva in materia di protezione degli interessi finanziari dell’Unione (18). La seconda condizione condivide le problematiche sulla mancanza di linguaggio tecnico-giuridico già accennate: parlare di «prove pertinenti» per il giurista italiano ha poco significato, mentre nella tradizione anglosassone la categoria della relevance in materia di rules of evidence apre

(15) Si pensi, ad esempio, all’incidente probatorio: nella tradizione anglosassone questo istituto è sconosciuto.

(16) P. MIRTO, Le formole processuali negative dell’azione penale in rapporto alla dottrina degli

elementi del reato, Milano, 1959, p. 83 ss.; G. SABATINI, Classificazione e gerarchia delle formule

di proscioglimento, in Giust. Pen., 1954, III, c. 449.

(17) Nella proposta si stabilisce che «il procuratore europeo può archiviare» (corsivo aggiunto).

(18) È la stessa direttiva che dovrebbe definire le fattispecie di competenza della procura europea: Proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa alla lotta contro la

frode che lede gli interessi finanziari dell’Unione mediante il diritto penale, 11.7.2012,

COM(2012)363 final. Un’indicazione su cosa debba intendersi per «reati minori» deriva dall’art. 7 della proposta di direttiva. Nel trattare delle pene nei confronti delle persone fisiche, si stabilisce una soglia entro la quale le sanzioni possono essere anche non penali: «per i casi di reati minori da cui derivino danni inferiori a 10000 EUR e vantaggi inferiori a 10000 EUR, e che non presentino aspetti di particolare gravità, gli Stati membri possono prevedere sanzioni di natura diversa da quella penale».

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ampi scenari. L’interpretazione che pare più aderente all’ordinamento italiano potrebbe far coincidere la «mancanza di prove pertinenti» con il connotato dell’infondatezza della notizia di reato.

È facile arguire come i presupposti per la richiesta di archiviazione del pubblico ministero europeo siano strutturati in base a paradigmi più ampi rispetto a quanto previsto dal sistema italiano. Questo potrebbe sollevare perplessità con riferimento al rispetto del principio di obbligatorietà dell’azione penale (19): in particolare, un’ipotesi delicata potrebbe rinvenirsi nella possibilità di archiviare in presenza di un reato “minore”. In realtà, da questo angolo visuale, i dubbi non sembrano giustificati: infatti, lo stesso art. 28, al comma 3, precisa quello che potrebbe definirsi “principio di complementarietà”. Se il caso viene archiviato non significa che nessuno possa più sindacarlo: si prevede che la procura europea trasmetta i fascicoli archiviati all’autorità nazionale, la quale può procedere in base alla disciplina statale.

A ben guardare, ai fini della compatibilità con il principio costituzionale, l’importante è che al pubblico ministero nazionale non sia inibito l’esercizio dell’azione penale. Insomma, violerebbe il canone dell’obbligatorietà quella situazione in cui l’organo dell’accusa si vedesse esautorato del potere-dovere sancito dalla Costituzione a fronte di una decisione della procura europea dettata nel quadro di un margine discrezionale che il nostro ordinamento non consente.

La circostanza che la procura europea eserciti l’azione penale solo per reati che superino una certa soglia di gravità e non per altri potrebbe essere inscritta in questo schema. Per le fattispecie minori, il caso viene

(19) Per le critiche sollevate con riferimento alle analoghe disposizioni del Corpus Juris, si veda M.BARGIS,Il pubblico ministero nella prospettiva di un ordinamento europeo, in Riv. it. dir. pen. proc., 2004, p. 769;P.TONINI,Il pubblico ministero europeo nel Corpus Juris sulla repressione delle frodi comunitarie, in Riv. it. dir. pubbl. comunit., 1999, p. 13 ss., il quale

tuttavia ritiene che l’«alternativa flessibile» creata dal Corpus Juris potrebbe essere valutata positivamente e «dovrebbe far riflettere» (spec. p. 14).

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demandato alle procure nazionali le quali lo affronteranno in conformità al proprio ordinamento: nell’ipotesi italiana, in un sistema informato al principio di obbligatorietà, spetterà alla procura competente l’eventuale esercizio dell’azione penale.

Pertanto, almeno con riferimento alle ipotesi di archiviazione previste dall’art. 28 della proposta, non pare che le possibili obiezioni relative alla mancanza di compatibilità con la nostra Carta costituzionale colgano nel segno.

Nel documento Ir EW# (pagine 119-126)