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Lo svolgimento delle indagini preliminari e la circolazione della

Nel documento Ir EW# (pagine 94-102)

3. I poteri d’accusa del pubblico ministero europeo

2.1. Lo svolgimento delle indagini preliminari e la circolazione della

prova

Per lo svolgimento delle indagini preliminari la procura europea deve affidarsi alle autorità nazionali: potrà certamente contare sugli organismi europei già esistenti, tuttavia questi agiscono con funzioni e scopi diversi. Pertanto, la funzionalità del nuovo organo poggerà sulla collaborazione con le autorità competenti nazionali: uffici del pubblico ministero e polizia giudiziaria in primis.

Anzitutto, l’acquisizione della notizia di reato passa attraverso un meccanismo di doveri e facoltà in capo a diversi soggetti. Da un lato, «tutte le autorità nazionali degli Stati membri e tutte le istituzioni, gli organi e gli organismi dell’Unione» hanno un obbligo di informativa: sono tenuti a comunicare «immediatamente» alla procura europea qualsiasi condotta che possa rientrare nella sua competenza. Dall’altro, chiunque può fornire informazioni all’istituendo organo europeo.

Inoltre, la procura europea non dispone di un proprio apparato di polizia: per arginare i difetti di collaborazione, la proposta stabilisce un dovere di assistenza nelle indagini e nell’azione penale in capo alle autorità nazionali. È inibita, altresì, qualsiasi condotta suscettibile di provocare ostacoli o ritardi al lavoro della procura europea (42).

L’avvio delle indagini, di regola, è attribuito al procuratore europeo delegato che svolge l’attività investigativa su istruzione del procuratore europeo (art. 18, par. 1). Ad ogni modo, è espressamente stabilita la

(42) Art. 11, par. 7: «Le autorità competenti degli Stati membri assistono attivamente e prestano sostegno alle indagini e alle azioni penali della Procura europea su sua richiesta, e si astengono da qualsiasi intervento, politica o procedura che ne possa ritardare o ostacolare l’avanzamento».

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connotazione imparziale dell’organo, tenuto a raccogliere «tutte le prove pertinenti, sia a carico che a discarico» (art. 11, par. 5).

Il proponente europeo si occupa anche di predisporre una serie di strumenti investigativi: tuttavia, non fornisce un elenco completo e fa leva sull’armonizzazione degli strumenti nei singoli Stati. Una possibilità alternativa era rappresentata dalla previsione dettagliata di misure investigative che trovassero applicazione su tutto il territorio di competenza della procura europea: una micro-codificazione sulla falsariga dello studio coordinato dall’Università di Lussemburgo che ha disegnato le c.d. Model rules (43). Peraltro, questo ambizioso obiettivo, se pure rappresenta la via migliore e probabilmente più efficace per la disciplina della fase investigativa del nuovo organo europeo, si sarebbe scontrato con monolitiche resistenze degli Stati (44). La Commissione ha optato per un panorama forse più debole, ma che tenesse in considerazione le esigenze e le possibili opposizioni dei singoli paesi, in un’ottica compromissoria (45).

La prospettiva, dunque, muove dall’elencazione di un nutrito

corpus di misure sulle quali la procura europea potrà fare affidamento.

Art. 26: «1. Nell’esercizio della sua competenza la Procura europea ha il potere di chiedere o disporre le seguenti misure investigative:

(43) I risultati dello studio, sotto la direzione della professoressa Katalin Ligeti, Model

Rules for the Procedure of the EPPO, sono pubblicati online all’indirizzo

www.eppo-project.eu. Per una disamina del progetto sulle Model rules, si veda retro, cap. 2.

(44) Sono in parte sovrapponibili, pur con i dovuti distinguo originati dalla diversità di settore (sostanziale, da un lato, e processuale, dall’altro), le considerazioni svolte retro, con riferimento a un mini-sistema di diritto penale. Si veda, in questo capitolo, par. 2.1. (45) In questo senso A. VENEGONI, Considerazioni sulla normativa applicabile alle misure investigative intraprese dal pubblico ministero europeo nella proposta di regolamento COM(2013)534, cit., p. 7 s.

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a) perquisizione di locali, terreni, mezzi di trasporto, abitazioni private, indumenti o altro bene personale e sistemi informatici;

b) produzione di qualsiasi oggetto o documento pertinente e di dati informatici archiviati, inclusi i dati relativi al traffico e al conto bancario, cifrati o decifrati, in originale o in altra forma specifica;

c) apposizione di sigilli a locali e mezzi di trasporto e congelamento di dati, in modo da preservarne l’integrità, evitare la perdita o la contaminazione di prove o garantirne la possibilità di confisca;

d) congelamento dei proventi o degli strumenti di reato, compreso il congelamento dei beni, se è previsto che il giudice competente ne disporrà la confisca e vi è motivo di ritenere che il proprietario, chi li possiede o ne ha il controllo si adopererà per vanificare il provvedimento di confisca;

e) intercettazione delle telecomunicazioni di cui l’indagato è destinatario o mittente, comprese le e-mail, su tutte le connessioni di rete utilizzate;

f) sorveglianza in tempo reale delle telecomunicazioni, con ordine di immediata trasmissione dei dati relativi al traffico delle telecomunicazioni al fine di localizzare l’indagato e individuare le persone con cui è stato in contatto in un determinato momento;

g) monitoraggio delle operazioni finanziarie, con ordine a qualsiasi ente finanziario o creditizio di informare in tempo reale la Procura europea delle operazioni finanziarie su un conto specifico intestato all’indagato o da questi controllato o su altri conti che si presume ragionevolmente siano utilizzati in connessione con il reato;

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h) congelamento delle operazioni finanziarie future, con ordine a qualsiasi ente finanziario o creditizio di astenersi dall’effettuare transazioni finanziarie su un conto o conti specifici intestati all’indagato o da questi controllati;

i) sorveglianza in luoghi non aperti al pubblico, con ordine di procedere a video e audio sorveglianza nascosta di luoghi non aperti al pubblico, esclusa la video sorveglianza di abitazioni private, e registrazioni dei risultati;

j) svolgimento di operazioni di infiltrazione, con ordine di agire sotto copertura o sotto falsa identità;

k) convocazione di indagati e testimoni, quando vi è fondato motivo di ritenere che possano fornire informazioni utili alle indagini;

l) misure di identificazione, con ordine di fotografare e filmare persone e di rilevare elementi biometrici;

m) sequestro di oggetti a fini probatori;

n) accesso a locali e prelevamento di campioni di beni; o) ispezione di mezzi di trasporto, quando vi è fondato motivo di ritenere che trasportino beni connessi all’indagine; p) misure per rintracciare e controllare gli spostamenti di una persona;

q) tracciamento e rintracciamento di oggetti mediante mezzi tecnici, comprese le consegne controllate di merci e le operazioni finanziarie controllate;

r) sorveglianza mirata in luoghi pubblici dell’indagato o di terzi;

s) accesso a registri pubblici nazionali o europei e a registri tenuti da soggetti privati nell’interesse pubblico;

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u) nomina di esperti, d’ufficio o su istanza dell’indagato, ove siano necessarie conoscenze specializzate.

2. Gli Stati membri provvedono affinché le misure di cui al paragrafo 1 possano essere usate nelle indagini e nelle azioni penali della Procura europea. Tali misure sono soggette alle condizioni di cui al presente articolo e fissate dal diritto nazionale. La Procura europea può disporre o chiedere misure investigative diverse da quelle del paragrafo 1 solo se sono contemplate nel diritto dello Stato in cui devono essere eseguite.

3. Le singole misure investigative di cui al paragrafo 1 non possono essere disposte in assenza di fondati motivi e se lo stesso obiettivo è conseguibile con mezzi meno intrusivi.

4. Gli Stati membri provvedono affinché le misure investigative di cui al paragrafo 1, lettere da a) a j), siano soggette all’autorizzazione dell’autorità giudiziaria competente dello Stato membro in cui devono essere eseguite.

5. Le misure investigative di cui al paragrafo 1, lettere da k) a u), sono soggette a autorizzazione giudiziaria se così dispone il diritto nazionale dello Stato membro in cui devono essere eseguite.

6. Se sussistono le condizioni di cui al presente articolo e quelle applicabili ai sensi del diritto nazionale per autorizzare la misura richiesta, l’autorizzazione è concessa entro 48 ore con decisione scritta e motivata dell’autorità giudiziaria competente.

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7. La Procura europea può chiedere all’autorità giudiziaria competente di disporre l’arresto o la detenzione preventiva dell’indagato in conformità del diritto nazionale».

La norma ha quale primo effetto l’armonizzazione della disciplina nazionale: ciò che discende dall’obbligo per gli Stati di prevedere questi strumenti all’interno del loro ordinamento. Da questo angolo visuale, un ulteriore effetto positivo è quello di stimolare il dibattito interno sull’introduzione di mezzi di ricerca della prova che la legislazione di alcuni paesi non ha ancora preso in considerazione (46). Inoltre, è la stessa proposta che stabilisce la necessità di autorizzazione giudiziale per alcune misure tra quelle elencate, indipendentemente dall’esistenza di una simile condizione nella legislazione dello Stato membro di esecuzione (47): in particolare, l’autorizzazione è richiesta per gli strumenti capaci di incidere sensibilmente sui diritti fondamentali (48).

Al di là di queste previsioni “comuni”, il regolamento opera un rinvio al diritto nazionale: si applica la normativa dello Stato nel quale «si svolge l’indagine» (art. 11, par. 3). Pertanto, la lista delineata dalla proposta non ha carattere esaustivo: la procura europea potrà avvalersi anche di altri strumenti investigativi disponibili nell’àmbito del diritto nazionale dello Stato in cui si svolge l’indagine (49).

Uno snodo delicato è rappresentato dall’autorizzazione giudiziale: l’art. 26, par. 4, nel prevedere le misure per le quali è richiesta, si riferisce

(46) Si pensi, ad esempio, alle video-riprese in Italia per le quali non è prevista una disciplina normativa specifica.

(47) Per le altre misure l’autorizzazione segue la disciplina prevista nel luogo di esecuzione: dovrà essere richiesta solo se prevista dalla legislazione nazionale.

(48) Ad esempio, perquisizioni, congelamento di beni, intercettazioni, video sorveglianza in luoghi non aperti al pubblico.

(49) In argomento K.LIGETI,Intervento, in European Public Prosecutor’s Office: A Constructive Approach towards the Legal Framework, cit., p. 31 s., dove si rileva che il riferimento sia alle

regole comuni sia alle leggi nazionali potrebbe comportare la mancanza di poteri uniformi in capo ai procuratori europei delegati e la frammentazione dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia.

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«all’autorizzazione dell’autorità giudiziaria competente dello Stato membro in cui devono essere eseguite» (50). La combinazione tra le gli artt. 26, par. 4, e 11, par. 3, potrebbe aprire scenari diversi: di fronte a indagini transnazionali che presuppongano misure investigative in diversi Stati aderenti, ci si chiede a quale giudice nazionale debba rivolgersi il pubblico ministero europeo per l’autorizzazione. E ancora, se una stessa misura investigativa deve spiegare i suoi effetti in più Stati, merita interrogarsi sulla sufficienza oppure no di un’unica autorizzazione: vale a dire se il provvedimento autorizzativo emesso in uno Stato possa essere utilizzato anche per l’esecuzione della misura in un altro Stato.

Da una parte, si potrebbe argomentare che sia sufficiente una sola autorizzazione nello Stato dove l’indagine è condotta (art. 11, par. 3), nel significato di “iniziata”: tale provvedimento sarebbe “valido” per l’adozione della misura in tutti gli Stati aderenti. Il riferimento alla legge dello Stato di esecuzione di cui all’art. 26, par. 4, andrebbe letto in combinato disposto con il dettato dell’art. 11, par. 3: indicherebbe quindi lo Stato in cui le misure devono essere «‘intraprese’ includendo in tale concetto anche la fase della richiesta autorizzativa» (51). La legge dello Stato di concreta esecuzione verrebbe applicata agli aspetti squisitamente operativi (52). Per vero, questo tipo di interpretazione non convince: l’esegesi incentrata sull’attribuzione di un significato ampio alla formulazione della proposta ha il sapore di una forzatura.

(50) Corsivo aggiunto.

(51) Così A. VENEGONI, Considerazioni sulla normativa applicabile alle misure investigative intraprese dal pubblico ministero europeo nella proposta di regolamento COM(2013)534, cit., p.

10. L’A. fa leva anche sulla diversità linguistica delle versioni della proposta: nel testo inglese non si usa il termine “executed”, ma l’espressione «where they are to be carried out»: questo giustificherebbe un’interpretazione non strettamente letterale del testo italiano nella parte in cui prevede che l’autorizzazione debba essere chiesta all’autorità dello Stato in cui le misure «devono essere eseguite».

(52) Si pensi all’ipotesi in cui la legge nazionale richieda per il compimento di un determinato atto la presenza dell’indagato o del difensore, oppure preveda specifiche modalità esecutive.

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La soluzione inversa è forse la più probabile, nonostante sia emblematica di una logica diversa dall’integrazione: l’autorizzazione dovrà essere chiesta di volta in volta nel Paese in cui va condotto l’atto investigativo. Detto diversamente, il pubblico ministero europeo potrà utilizzare l’autorizzazione solo nello Stato in cui questa è stata concessa; nell’ipotesi in cui la medesima misura debba essere eseguita anche in un altro Stato, dovrà chiedere una nuova autorizzazione all’autorità competente di quel Paese. Questa soluzione, ancorché cauta e poco innovativa, non è priva di risvolti positivi: il pubblico ministero delegato non dovrà affidarsi agli strumenti di assistenza giudiziaria o di mutuo riconoscimento, bensì trasmetterà il fascicolo al delegato presso lo Stato (53), il quale si provvederà alla richiesta di autorizzazione e all’esecuzione della misura.

La circostanza che la disciplina delle misure investigative si rinvenga nel diritto nazionale comporta il rischio di una frammentazione delle indagini: l’accusa europea colleziona un compendio probatorio sulla base di regole diverse a seconda dello Stato in cui le prove sono state raccolte. Al fine di evitare possibili risvolti negativi di questo fenomeno in tema di ammissibilità delle prove, la proposta contempla un principio ad

hoc: le prove devono essere ammesse al processo indipendentemente dalla

disciplina applicata per il loro reperimento. Gli unici limiti sono individuati nel pregiudizio all’imparzialità del giudice o ai diritti della difesa sanciti dalla Carta dei diritti fondamentale dell’Unione europea (54).

(53) In realtà, è previsto che i fascicoli della procura europea siano elettronici: pertanto, ai pubblici ministeri delegati verrà fornito l’accesso ai fascicoli riguardanti indagini che debbano svolgersi nel loro Stato di appartenenza. Di questo aspetto si occupano gli art. 22, 23 e 24 della proposta di regolamento.

(54) Art. 30: «1. Ove l’organo giurisdizionale di merito ritenga che l’ammissione delle prove presentate dalla Procura europea non pregiudica l’imparzialità del giudice né i diritti della difesa sanciti dagli articoli 47 e 48 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, ammette tali prove al processo senza necessità di convalida o altra operazione giuridica analoga, anche se il diritto nazionale prevede norme diverse per la raccolta e la presentazione delle prove.

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