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Profili processuali

Nel documento Ir EW# (pagine 50-56)

3. Le proposte del Corpus Juris

3.2. Profili processuali

Il Corpus Juris prevede che il pubblico ministero europeo sia informato di ogni fatto che possa integrare una delle fattispecie di reato di sua competenza: a un simile obbligo di informativa sono tenute sia le autorità nazionali che l’OLAF, mentre al cittadino europeo è attribuita la facoltà di presentare una denuncia (art. 19, par. 1). Dall’inizio delle indagini sino alla loro conclusione con la decisione di rinvio a giudizio si ha il «preparatory stage», la cui durata è quantificata in sei mesi, eventualmente prorogabili da parte del giudice delle libertà.

Un canone particolare sotteso alla figura del pubblico ministero europeo è il principio di obbligatorietà dell’azione penale: il pubblico ministero europeo è «bound by the legality principle» («tenu par la légalité des

poursuites» nel testo francese) (art. 19, par. 4): principio significativo

considerato l’opposto canone di opportunità che caratterizza molti Stati europei. Tuttavia, la legalità dell’azione penale non è qui intesa in modo rigido e scopre subito i suoi temperamenti: il pubblico ministero europeo si trova di fronte a tre percorsi alternativi, inscrivibili nel mancato esercizio dell’azione, espressamente previsti dall’art. 19, par. 4, del Corpus

Juris. Anzitutto, di fronte all’ipotesi che il reato sia di lieve entità o inerisca

a interessi prevalentemente nazionali, il procuratore europeo può

(89) Sottolinea l’importanza del richiamo all’indipendenza P.TONINI,Il pubblico ministero europeo nel Corpus Juris sulla repressione delle frodi comunitarie, cit., p. 9.

(90) Fa, così, la sua comparsa anche la connotazione “funzionale” dell’indipendenza del pubblico ministero europeo. In questo senso M. PANZAVOLTA, Lo statuto del pubblico ministero europeo (ovvero, ologramma di un accusatore continentale), cit., p. 187.

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demandare le indagini alle autorità nazionali. Una seconda via è rappresentata da un’archiviazione “meritata” (91), quando l’indagato ha riconosciuto la propria responsabilità, risarcito il danno e restituito quanto irregolarmente conseguito (92). Infine, è previsto uno strumento transattivo: il pubblico ministero europeo può, su richiesta dell’autorità nazionale, consentire che questa definisca il procedimento con una transazione (93).

Il procuratore generale europeo ha il compito di condurre le indagini e può farlo personalmente ovvero affidare l’incarico a un procuratore delegato, il quale può, a sua volta, subdelegare parzialmente i

(91) Le previsioni sembrano richiamare alla mente i modelli francese e tedesco di archiviazione. Il riferimento va alla composition pénale introdotta nel sistema francese per fornire al parquet una “terza via” tra il classment e la poursuite. Nel sistema delineato dal codice di procedura penale francese, infatti, originariamente il pubblico ministero aveva di fronte una scelta secca: classment sans suite, vale a dire archiviazione semplice, ovvero

poursuite. Il legislatore ha voluto fornire al procuratore una maggiore libertà di

movimento nella valutazione del caso concreto: a tale fine è stata introdotta un’archiviazione c.d. “meritata” o “condizionata”, in conseguenza di condotte riparatorie o risarcitorie. Un analogo strumento archiviativo e previsto anche nel sistema tedesco, ispirato al canone dell’obbligatorietà dell’azione penale che, con il tempo, è stata sempre più mitigata dalla previsione di temperamenti per le condotte non particolarmente gravi. Sul punto si rinvia, per tutti, a G. AIMONETTO, L’archiviazione «semplice» e la nuova archiviazione condizionata. Riflessioni e spunti di deprocessualizzazione, in Leg. pen., 2000, 99

ss.; L. LUPARIA, Obbligatorietà e discrezionalità dell’azione penale nel quadro comparativo europeo, in Giur. it., 2002, p. 1751 ss. Si veda infra, cap. 4, par. 1.

(92) Si tratta di un’ipotesi di archiviazione a maglie più larghe rispetto all’istituto conosciuto in Italia. Tuttavia, l’istituto dell’archiviazione “meritata” rievoca anche il meccanismo previsto dall’art. 35, d.lgs. 28 agosto 2000, n. 274 sul procedimento davanti al giudice di pace: in questo caso, l’estinzione del reato segue alle eventuali condotte riparatorie o risarcitorie poste in essere dall’indagato.

(93) L’art. 22, par. 2, lett. b precisa la sfera applicativa dell’istituto della transazione: premesse talune condizioni di esclusione soggettive (recidiva) e oggettive (per alcuni tipi di reati e in particolare se l’ammontare della frode è superiore o uguale a € 50000), l’autorità nazionale può richiedere al P.M.E. l’autorizzazione a “chiudere” il procedimento con l’irrogazione di una sanzione. Oltre a queste condizioni negative, ai fini dell’accesso a questo particolare strumento il Corpus prevede anche dei requisiti positivi: in primo luogo, l’indagato deve riconoscere la propria colpevolezza; inoltre l’autorità deve essere in possesso di indizi sufficienti a disporre il rinvio a giudizio; la decisione deve essere pubblica e, infine, deve essere rispettato il principio di proporzionalità.

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suoi poteri a un’autorità nazionale, che dovrà però rispettare le norme europee. A fare da “contrappeso” rispetto ai poteri del procuratore europeo interviene il principio della garanzia giudiziaria: il «judge of

freedoms» (94) è colui il quale è deputato a intervenire nella fase delle indagini e nella fase preliminare al giudizio ai fini dell’autorizzazione di provvedimenti che possano incidere su diritti e libertà garantiti dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo. L’autorizzazione deve essere di norma preventiva; tuttavia, in caso di urgenza, il giudice potrà eseguire un controllo a posteriori entro ventiquattro ore (art. 25-bis).

Alla conclusione delle indagini preliminari, spetterebbe al pubblico ministero europeo l’indicazione della giurisdizione competente nella decisione di rinvio: tale decisione verrebbe sottoposta al giudice delle libertà al quale competerebbe adire la giurisdizione nazionale. Il processo che si instaura davanti alla corte statale deve comunque rispettare le norme dettate dal Corpus Juris e, solo in caso di lacuna, ricorrere alle disposizioni interne, secondo la regola della «complementarity of national

law» come sancito dall’art. 35 dello stesso Corpus.

La “competenza”, individuata sulla scorta di un discutibile riferimento alla “giurisdizione più appropriata” con riguardo alla buona amministrazione della giustizia, è attribuita sulla base di tre criteri: un primo canone si ricollega allo Stato nel quale si trova la maggior parte del materiale probatorio; un secondo parametro dà rilevanza alla residenza o nazionalità dell’imputato; infine, una terza indicazione si riferisce al luogo del maggiore impatto economico causato al reato. Peraltro, sembra che tali criteri non abbiano carattere esaustivo: infatti, la dizione dell’art. 26, par. 2,

(94) Il giudice delle libertà ha sede nel luogo in cui c’è un ufficio del procuratore europeo delegato. Nondimeno, le disposizioni di attuazione dell’art. 25-bis precisano che la scelta, spettante allo Stato membro, dovrà orientarsi in modo da escludere cumuli di funzione tra giudice delle libertà e giudice del dibattimento.

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Corpus Juris, nell’elencare i parametri di scelta, li presenta come «principal criteria» (95).

Il Corpus si preoccupa, inoltre, di garantire l’impugnabilità dei provvedimenti di condanna: l’art. 27 prevede un «appeal» funzionale a un “riesame” da parte di un giudice superiore, il quale sarà comunque tenuto a osservare le norme europee (96). Inoltre, nell’ipotesi di ricorso del solo condannato, vige il divieto di reformatio in peius. Nel panorama impugnatorio delineato dal Corpus Juris, una posizione di chiusura del sistema è occupata dalla Corte di Giustizia, che assume un ruolo di controllo di “legittimità”: difatti, è competente a decidere sull’interpretazione del Corpus Juris, in via pregiudiziale, e sulle controversie relative alla sua applicazione, sui conflitti di competenza e sulla scelta della giurisdizione.

Le ultime norme del Corpus, sotto il titolo «common provisions», si occupano di specificare taluni aspetti processuali: dai diritti della persona sottoposta alle indagini e dell’imputato alla materia probatoria e ai rapporti tra pubblicità e segreto (97).

In materia di diritti dell’accusato (o sospettato), il Corpus Juris si muove su un duplice versante: da una parte, viene operato un rinvio ai diritti della difesa riconosciuti dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo e dal Patto internazionale sui diritti civili e politici (98);

(95) In argomento, si veda M. BARGIS,Il pubblico ministero nella prospettiva di un ordinamento europeo, cit., p. 752 s. e 775 ss.

(96) L’art. 27, par. 2, prevede anche l’impugnabilità da parte del procuratore europeo delle sentenze di assoluzione.

(97) Per vero, nella versione del 1997 il Corpus Juris contemplava all’art. 30 anche alcuni diritti della Commissione come parte civile, sulla cui costituzione doveva pronunciarsi il giudice delle libertà. Tale norma è stata soppressa nella versione consolidata del 2000, poiché si è argomentato che la vittima delle frodi finanziarie è sempre la Commissione, e proprio a protezione di questi interessi si vuole introdurre la procura europea. Si veda M. DELMAS-MARTY,Necessità, legittimità e fattibilità del Corpus Juris, cit., p. 340.

(98) Il riferimento alle Carte internazionali si è evoluto e ampliato dalla versione del 1997 al quella del 2000. Nel primo testo, il rinvio era mirato: art. 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e art. 10 del Patto internazionale sui diritti civili e politici. A seguito

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dall’altra, si premura di identificare il momento a partire dal quale si deve iniziare a considerare taluno “persona sottoposta alle indagini” («accused» nella versione inglese): il riferimento è a «clear and consistent evidence of

guilt» o, comunque, al primo interrogatorio di fronte all’autorità che

conosca tali indizi.

A definire la minimale architettura delle garanzie difensive – che per quanto non previsto fa rinvio alla normativa nazionale (art. 35) – interviene l’art. 31, il quale, sotto la rubrica «burden of proof», annovera due canoni fondamentali: la presunzione di innocenza e il principio nemo

tenetur se detegere. Quanto al primo, la formulazione si discosta da quella

fatta propria dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo: l’estensione temporale e sistematica della presunzione nel Corpus Juris si spinge fino al «final judgment which has acquired the authority of res judicata».

In tema di prova, l’art. 32, par. 1, appronta un nucleo minimo di prove ammissibili in ogni Stato dell’Unione europea, indipendentemente dalle disparità di normativa: il Corpus Juris, mentre, da un lato, si limita a stabilire l’ammissibilità di prove “tradizionali” (quale la testimonianza in udienza), si preoccupa, dall’altro, di prevedere una bozza di disciplina per quegli elementi più discutibili. È il caso del “verbale europeo di audizione” («European deposition»): le dichiarazioni del testimone, raccolte dal pubblico ministero europeo, devono avvenire davanti a un giudice,

delle modifiche apportate, è stato eliminato il puntuale riferimento agli articoli degli elaborati convenzionali, poiché si è ritenuto di ampliare la sfera applicativa anche a diritti collocati in altre disposizioni (ad es. art. 8 Cedu). Sul punto, si veda M.DELMAS-MARTY,

Necessità, legittimità e fattibilità del Corpus Juris, cit., p. 339 s. Tuttavia, va rilevata una

discrasia nei testi inglese e francese: mentre in quest’ultimo sono scomparsi i riferimenti agli articoli 6 Cedu e 10 del Patto internazionale sui diritti civili e politici, la versione inglese continua a prevedere un rinvio specifico a quelle norme. Segnala questa incongruenza B. PIATTOLI,Cooperazione giudiziaria e pubblico ministero europeo, cit., p. 216,

la quale, peraltro, la attribuisce a un mero difetto di coordinamento. La stessa A., inoltre, avanza correttamente dei dubbi sull’indicazione della disposizione del Patto internazionale sui diritti civili e politici: infatti, «la norma pendant dell’art. 6 della convenzione europea dei diritti dell’uomo [è] l’art. 14 e non l’art. 10 del patto internazionale» (in particolare, nota 89).

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alla presenza della difesa posta in condizioni di porre domande. Similmente, per il “verbale europeo di interrogatorio” («European

interrogation report») redatto dal procuratore europeo: si tratta

dell’interrogatorio dell’indagato o dell’imputato, davanti a un giudice, con l’assistenza di un difensore, al quale deve essere garantita una conoscenza del fascicolo in tempo utile, e se del caso di un interprete. In entrambi i casi, le operazioni devono essere videoregistrate. Anche per le dichiarazioni comunque rese dall’imputato o dall’indagato all’autorità (amministrativa, pubblico ministero o giudice) sono disegnati degli specifici contorni di ammissibilità: il presunto autore del reato deve essere avvertito del proprio diritto al silenzio e all’assistenza di un difensore, e le dichiarazioni devono essere registrate. Saranno, invece, ritenute ammissibili sic et simpliciter le testimonianze e gli interrogatori resi in udienza e taluni documenti previsti dall’art. 32. Inoltre, il secondo paragrafo precisa, sempre in linea con la clausola di complementarietà dell’art. 35, che sono altresì utilizzabili altri mezzi di prova sulla scorta delle disposizioni interne.

Infine, l’art. 33 si occupa di exclusionary rules: la prova è esclusa se ottenuta in violazione dei diritti fondamentali garantiti dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo o delle regole europee ovvero anche delle regole nazionali, a condizione che quest’ultima lesione non sia giustificata dall’osservanza delle regole europee. Peraltro, le violazioni importano l’inutilizzabilità solo se ledono i principi del giusto processo. A completamento del compendio in materia probatoria, il secondo paragrafo dell’art. 33 chiarisce che per valutare la legalità dell’acquisizione o assunzione deve farsi riferimento al diritto dello Stato nel quale la prova è stata ottenuta: di più, la legittimità della prova così valutata impedisce eccezioni di inutilizzabilità fondate sul diritto interno.

Infine, la contrapposizione segretezza-pubblicità è affrontata nell’art. 34 che considera la fase investigativa e quella del giudizio. Nella

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prima vige il segreto, salva la possibilità di optare per la pubblicità durante le udienze di fronte al giudice delle libertà: tuttavia, in questo caso, la scelta deve trovare l’assenso di tutte le parti e la pubblicità non deve nuocere alle indagini, agli interessi di terzi, all’ordine pubblico o al buon costume. La regola per il giudizio, invece, è la pubblicità, temperata dalla possibilità di impedire l’accesso alla stampa e al pubblico in determinate circostanze (99).

Nel documento Ir EW# (pagine 50-56)