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Sacrofano

L’area comunale di Sacrofano è inscritta nel complesso dei Monti Sabatini, all’interno dell’Ager Veientanus1: «un “centro minore” - lo definisce Enrico

Guidoni (1984) - radicato nelle vicende territoriali della campagna romana, la cui vicinanza con Roma ha significato, e significa ancor oggi, un reale coinvolgimento nelle vicende della capitale. La localizzazione dell’abitato, su un percorso intermedio tra le due consolari - la Cassia e la Flaminia - è quasi baricentrica rispetto a un territorio […] ricco di risorse e di differenti potenzialità agricolo-pastorali»2.

Territorio abitato fin dal periodo proto-estrusco, come del resto ha dimostrato il ritrovamento di un impianto funerario Villanoviano presso il Monte delle Rocchette, fu presto evangelizzato dal primo Cristianesimo, irradiatosi nell’Etruria Meridionale attraverso le vie Consolari. Al XIV miglio della Flaminia vennero uccisi per la fede i Santi Abbondio, Abbondanzio, Marciano e Giovanni, durante la persecuzione di Diocleziano. Qui furono altresì arrestate le Sante Rufina e Seconda, che pure versarono il sangue, regnando Valeriano. Sotto Claudio il Gotico, Tolomeo e Romano furono martirizzati a Belmonte, sulla Flaminia. Non stupisce pertanto se tra il IV e il V secolo sorsero in quest’ambito dieci sedi episcopali, che giunsero fino a quattordici nei due secoli successivi. Già a cavallo tra i secoli XII e XIV questo territorio risulta compreso fra la Diocesi di Porto, cui nel 1120 venne unita quella di Selva Candida, e le Diocesi di Nepi e di Civita Castellana3. Intanto

nell’VIII secolo comparve il toponimo di Scrofanum. Nel corso del Duecento il

castrum Scrofani era in possesso dei Prefetti di Vico, in seguito dei Savelli e poi dei

Nardoni, ai quali è imputata la distruzione dell’antico abitato di pianura, cui seguì la ricostruzione presso la collina4. Verso fine del Trecento se ne impossessarono gli

Orsini, già padroni di gran parte della Tuscia Romana, che ne detennero il potere con continuità, eccezione fatta per il breve dominio dei Borgia, fin oltre la metà del XVII secolo. Nel 1554 fu concesso lo Statutum Scrofani, lo statuto della Comunità, e nel 1661 il castello fu venduto ai Chigi, che lo mantennero fino agli inizi del Novecento. Per il resto, «la storia dello Stato Pontificio è anche la storia del nostro paese, che di quello […] faceva parte»5.

1 S. Feriozzi et al., Sacrofano: Territorio, Storia e Tradizioni, Sacrofano, Comune di Sacrofano, 2000, pag. 11.

2 E. Guidoni, Un paese medievale nella Campagna Romana, in E. Guidoni e P. Pascalino (a cura di), «Architettura in Provincia: Il centro storico di Sacrofano», Roma, Edizioni Kappa, 1984, pag. 9

3 Feriozzi et al., Sacrofano, cit., pp. 16-17; 76.

4 A. Carbonara e G. Messineo, Via Flaminia, Roma, Libreria dello Stato, 1993, pag. 48.

Nella parte alta del capoluogo si riconosce la rocca tre-quattrocentesca, costruita in tufelli, ben apprezzabile dalla Piazza XX Settembre, come a guardia della Porta di Sopra. Della cinta muraria del XIV secolo si conservano due torri rettangolari, una posta a ridosso della chiesa di San Giovanni Battista, dalla parte di levante, e l’altra, quasi simmetrica, a ponente. Al centro del caseggiato, costituito da pittoreschi edifici medievali con alcuni palazzetti di età moderna, da nord a sud corre la Via di Mezzo, che dalla fortezza giunge fino alla Porta di Sotto o “Porta Romana”, presidiata da due poderosi torrioni rotondi, ascrivibili all’ampliamento dell’anello murario. In chiave all’arco che segna il varco, scolpito in pietra è lo stemma della Comunità, con San Biagio e la scrofa6. A quest’ultima, che campeggia nell’arma

fin dal Seicento, deve evidentemente ascriversi il toponimo vecchio di Scrofano, derivante dunque dagli allevamenti suini. Vuole la tradizione popolare che in tempi remoti, durante un periodo di forte carestia dovuto alla prolungata mancanza di pioggia e al caldo torrido, una grossa scrofa cercando di dissetarsi trovò una sorgente d’acqua presso le attuali fontane pubbliche, salvando così il raccolto dei campi e la vita agli abitanti7. Altre ipotesi rintracciano invece l’etimologia nella

presenza di un possibile sacrum fanum, in particolare ad un tempio sacro e Giove e ad ercole sul Monte Musino, ai quali è dedicata l’ara ivi rinvenuta nel 1883, durante una campagna di scavi8. Anche sulla base di queste congetture, per certi aspetti più

fascinose, col Regio decreto 17 agosto 1928 n. 2088 il Comune prese il nome di Sacrofano9, «oltre che per le ragioni storiche che abbiamo esposte - si legge nella

memoria redatta dal professor Sercia e dell’avvocato Martini (1928) - anche per ragioni di convenienza […] perché in un passato recente moltissimi altri Comuni d’Italia ed alcuni anche della Provincia Romana hanno ottenuto di riprendere il loro antico nome, oppure - per così dire - di estetizzarlo»10. Scelta, questa, tuttavia

non supportata da sufficienti evidenze archeologiche o filologiche. «Arrediamoci all’evidenza, - ne conclude più realisticamente Susanna Feriozzi con Renato Rovagna e Sabrina Sanetti (2000) - Scrofano deve il proprio nome alle possenti e grosse nutrici di maiali che sicuramente abbondavano nei suoi boschi»11. Principale

patrono è San Biagio, vescovo e martire12, cui è dedicata la chiesa fuori la Porta di

Sotto: la fabbrica attuale, risalente forse al XV secolo, fu restaurata all’inizio del Settecento; la sistemazione della piazza antistante, stretta e lunga coi lati divergenti, è coeva13. Il quinto altare a cornu avengelii è dedicato alla Madonna di Loreto14,

6 Guidoni, Un paese, cit., pp. 10-12; 17, 24.

7 Feriozzi et al., Sacrofano, cit., pag. 36.

8 G. Sercia, Le memorie classiche, medievali e moderne di Scrofano, Roma, Tip. Coppitelli & Palazzotti, 1928, pp. 3-4.

9 Camera dei Deputati, La legislazione fascista: 1922-1928 (I-VII), vol. VI, Roma, Tipografia della Camera dei Deputati, 1929, pag. 255.

10 G. Sercia e N. Martini, Memoria storico-giuridica per il cambiamento del nome del Comune di Scrofano in Sacrofano, 1928, pag. 10.

11 Feriozzi et al., Sacrofano, cit., pag. 48.

12 G. Moroni, Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica, n. 58, Venezia, Dalla Tipografia Emiliana, 1852, pag. 128.

13 Guidoni, Un paese, cit., pp. 12; 14

dove si venera un trittico rappresentante la Traslazione della Santa Casa15. Altra

memoria della devozione lauretana si rintraccia infine nella toponomastica, ad esempio nel fontanile detto “del Pian di Loreto”, già esistente nel XVIII secolo16.

Storia e Letteratura, 1980, pag. 480.

15 Feriozzi et al., Sacrofano, cit., pag. 83.

16 ASRM, Congregazione del Buon Governo, serie II, b. 4396: A. Pontanari, “Pianta del Fontanile di Pian di Loreto” (1767).

Il tracciato

5,85 km

Tav. 1: Google earth. Prima Porta di Roma (RM). Lat 42.001291° Lon 12.492777° elev 24 m alt 3,14 km (2018). Rosso: tracciato storico - blu: tracciato attuale (tratteg- giato: tracciato nascosto) - 1. Ex Casale di Prima Porta - 2. Mausoleo di Centocelle.

Tav. 2: Google earth. Malborghetto di Roma (RM). Lat 42.052337° Lon 12.486914° elev 109 m alt 3,14 km (2018). Rosso: tracciato storico - 3. Galleria etrusca - 4. Torre di Pietra Pertusa - 5. Galleria romana - 6. Flaminia antica - 7. Porta di Malborghetto - 8. Cappella dei SS. Nicola e Bernardino - 9. Stazione di Posta.