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Dopo il Casale di Malborghetto il tracciato della Statale 3 ricalca quasi sempre quello della Flaminia antica, che per lo più è andato distrutto11. Si avanza verso nord seguendo il percorso di crinale, ancora affiancati più a valle dal Fosso della Valchetta dalla parte di ponente, e dal Fosso del Drago che si approssima a levante12. Percorsi 305 m di strada diritta si dunque è al bivio con la Strada Provinciale 10/a della Città metropolitana di Roma, che si prende a sinistra e che sale a Sacrofano: ricalca forse in parte il tratto occidentale della via che incrociava la Consolare presso l’arco quadrifronte13. Segue sul lato destro l’abitato attuale di Malborghetto, compreso fra la strada e la ferrovia, costituito di case isolate di recente costruzione. Da principio all’odierno km 21 ancora nel XIX secolo14 si apriva il diverticolo di origine medievale15 che da Sacrofano16 «conduce al Borghettaccio» e che ora si imbocca al bivio che si presenta 200 m più avanti: sopravvive almeno parzialmente come strada rurale, a nord-est della collina di Vezzano, località oggi coincidente all’incirca con la frazione di Monte Caminetto17. Si faccia attenzione però: a differenza del già citato ramo della Flaminia che si stacca da Prima Porta, questa strada si dimostra «più lunga e disastrosa e di pericoli piena»18. La Via Postale, che da qui sale progressivamente di quota fino a Castelnuovo di Porto, inoltrandosi in un paesaggio sempre più collinare, prosegue diritta per 610 m, quindi volge un poco a levante, sempre rettilinea per altri 240 m quando varca il confine di Riano: «Comune […] distante da Roma 18 miglia, è posta a destra della via Flaminia, sopra un colle che domina il Tevere»19. Prima località che si incontra è quella di Quarticciolo, sul lato sinistro, dirimpettaia al Monte del Morto oggi Colle delle Rose20, da cui è separato dal Fosso del Selce, che deve il nome al monticciolo che la Statale 3 aggira ad occidente, quando al km 23 descrive un’ampia curva a destra con la quale nell’area detta di Quartarella si riaccosta alla strada ferrata, che fedelmente l’accompagna in stretta adiacenza fino al km 25/III. Qui si diparte sulla destra il diverticolo che si inoltra nel moderno caseggiato dei Cappuccini di Riano, che interseca a raso la ferrovia. Altra intersezione, ma su livelli sfalsati, si ha dopo 220 m, ormai in località Ostariola21. Il toponimo è notoriamente imputabile alla

11 Carbonara e Messineo, Via Flaminia, cit., pag. 55.

12 ASRM, Catasto Gregoriano, Agro Romano, mappa 54: “Tenuta di Malborghetto” (1819).

13 Carbonara e Messineo, Via Flaminia, cit., pag. 47.

14 ASRM, Catasto Gregoriano, Agro Romano, mappa 140: “Tenuta di Pietra Pertusa” (1819).

15 Carbonara e Messineo, Via Flaminia, cit., pag. 47.

16 ASRM, Catasto Gregoriano, Comarca di Roma, mappa 88: “Scrofano” (1819).

17 ASRM, Catasto Gregoriano, Comarca di Roma, mappa 87: “Scrofano - Casale de Pagliarini” (1819).

18 C. Zannella, Sacrofano negli archivi, in E. Guidoni e P. Pascalino (a cura di), «Architettura in Provincia: Il centro storico di Sacrofano», Roma, Edizioni Kappa, 1984, pag. 30.

19 G. Moroni, Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica, n. 58, Venezia, Dalla Tipografia Emiliana, 1852, pag. 125.

20 Giorgio da Riano, Riano, cit., pag. 10.

presenza dell’Osteria detta del Fico22, che si sviluppa sul lato sinistro della via al civ. 8: solido casale coi muri a scarpa che reca in fronte l’arma dei Ludovisi23. Già stazione di fermata della carrozza postale, conta ancora, non curante degli anni che passano, le vetture in transito sulla Flaminia24.

Dinnanzi ad essa si apre la Strada Provinciale 16/a, che mena a Riano ribattendo in parte la strada vecchia, la quale però si attestava un poco più a sud, tangente alla chiesa di San Giorgio. E proprio «nel mezzo quasi del Bosco, trà S. Giorgio, e la Via Flaminia, in un’ameno, ed eminente Colle, - racconta ancora l’abate Piazza - il Cardinale Donato Cesi, d’illustre memoria, vi fabbricò un nobile Convento de’ Cappuccini al numero di dodici, con l’annuo assegnamento di limosina, […] di che ne fà chiara fede l’Iscrizzione sopra la porta della Chiesa: P. Donatus Caesius,

S.R.E. Tit. S. Vitalis Presb. Card. Templum hoc à fundamentis extruxit; Beataeque Virgini Deiparae Lauretanae dedicavit; Monasterium, lucum, solique ambitum Ordini Divi Francisci Cappuccinorum pro suae animae salute, libero munere dedic. anno 1582. […] Serve opportunamente questo Convento di continuo Ospizio a’

religiosi passaggieri, che in gran copia vengono, e vanno a Roma»25. Al visitatore che andava al convento, «l’entrata si presentava armoniosa e devota. - Ricorda il padre Giorgio da Riano, ricostruendone le primigenie fattezze. - Dopo aver percorso la via in mezzo al bosco, giunto alla clausura, gli si apriva un grande viale, ombreggiato da dieci robuste piante di olivo: cinque da una parte e cinque dall’altra. In fondo un muro circolare alto circa tre metri, in mezzo al quale una cappellina dedicata a S. Antonio, e di qua e di là due rampe di scale convergenti, in cima alle quali si apriva una piazzetta, tutta lastricata a quadretti di selce, a destra della quale era la porta del convento, a sinistra quella della chiesa. La chiesa non era molto grande, ma architettonica a croce latina. Aveva tre altari. Sull’altare maggiore vi era la grande tela rappresentante la Madonna di Loreto, di cui la famiglia Cesi era particolarmente devota, e a piè di essa San Carlo a destra e S. Giorgio a sinistra. Di qua e di là si aprivano due grandi nicchie contenenti molti reliquiari con reliquie di Cristo, della Madonna e di molti santi. A destra la cappella dei Santi dell’Ordine […]. A sinistra la cappella dedicata alla Madonna della Vittoria […]. Dalla cappella si passava in sagrestia, dotata di un bel paratoio in noce e sufficientemente arredata di paramenti sacri. Dalla sagrestia si passava in coro, rivestito in noce, cogli stalli alla cappuccina, sopra al tetto del quale svettava un campanile a vela […]. Da qui si passava in convento, dove si presentava il claustro, quadrato con la tradizionale cisterna in mezzo per raccogliere le acque piovane. A pianterreno la cucina, la gran cappa del fuoco comune, il refettorio e gli altri locali di disimpegno per i bisogni della comunità. Un’elegante scala in marmo […] portava al piano superiore, consistente in due corridoi, uno a levante, l’altro a mezzogiorno, con le stanzette

Riano” (1819).

22 ASRM, Catasto Alessandrino, mappa 433/IV: “Sviluppo della strada Flaminia fuori Porta del Popolo” (1660).

23 Carbonara e Messineo, Via Flaminia, cit., pag. 55.

24 Giorgio da Riano, Riano, cit., pag. 11.

da una parte e dall’altra per i frati. All’angolo di questi un altro breve corridoio con quattro stanzette, due da una parte e due dall’altra, conduceva alla bella sala della biblioteca, la prima e più fornita nei conventi della provincia romana […]. Del territorio circa un ettaro era chiuso da clausura per il pascolo di suini e di altri domestici animali; il resto era coltivato a vigneto, oliveto, frutteto, grano, cereali ed erbaggi di ogni genere»26. Insomma, una sorta di paradiso terrestre; in realtà, a quanti oggi salgono in Via Taddeide, oltre il cancello non trovano più il convento della Madonna di Loreto, ma la così detta Cittadella Ecumenica, che l’uomo della strada forse a stento afferra di cosa si tratti27. I Padri, con l’avanzare dei tempi moderni, non ebbero vita facile. Non bastarono le soppressioni religiose, napoleonica prima e sabauda poi; nel 1944, nel pieno del secondo conflitto mondiale, un areo tedesco urtò il timpano e cadde sul tetto della chiesa. Le sue bombe e il serbatoio scoppiarono e fu il finimondo, ma anche a questo si pose rimedio, finché nel 1952 tutto il complesso venne alienato. «Ora, dopo 370 anni, tutto è finito - scrive laconico il Cappuccino - tutto è stato distrutto perfino la chiesa. Sopra lo stesso locale è stato fabbricato un palazzo di quattro piani»28.