Ripartiti dall’Osteria di Rignano, si riprende la salita di Via Baccelli, scorgendo dinnanzi la mole, solida e compatta, della Rocca del Valentino: risalente forse al XIV secolo ma ristrutturata da Luca Savelli nel 1500, si vuole rimaneggiata da Cesare Borgia dopo il 1501. Le si frappone l’insolita Piazza Vittorio Emanuele, dall’aspetto cuneiforme e lunga 85 m, con le quinte che si divaricano procedendo da levante a ponente24, «a piedi della quale come in basso sù quadro campaniletto evvi un orologio, e giù in terra un cannone d’antichissima costruzione, che vogliono portatovi dal Contestabile Borbone […]. In tale piazza non godesi esteso orizzonte, perché circondata da tufacei colli, e da vigneti»25. Il piacevole slargo che sta dinnanzi alla nominata rocca è detto Piazza dei Borgia, all’angolo della quale si presenta gradevole la Fontana del Sarcofago, curioso assembleggio di resti romani della fine dell’età antoniana. Benchè oggi non doni più al viaggiatore assetato le sue acque, non di meno gli offre ancora la sua bellezza. Svoltando invece subito a sinistra, si prosegue lungo la Strada Romana, ora Corso Umberto I, che ha inizio con l’oratorio di Santa Maria della Pietà, sul lato destro; ad esso in realtà si accede tramite una rampa gradonata, di collegamento con Via Garibaldi, retrostante alle abitazioni a schiera che rinserrate si susseguono a tramontana del rettifilo, la quale si attesta ad una quota un poco più alta. L’adiacente casa canonica fu in precedenza dei Mssimo e dei Muti. Anche il corso, a dire il vero, è in leggera pendenza. Dopo 160 m si svolta a diritta, cogliendo di sguincio il Palazzo del Comune, che si costeggia lungo il fianco orientale. Odierna sede del Municipio, fu in passato dell’Ospedale di San Nicola o della Misericordia, sorto nel Trecento per l’assistenza ai poveri e la cura dei pellegrini. Conserva all’interno la cappella del Crocifisso, con affreschi dell’epoca. Passata l’antistante Piazza IV Novembre, la strada è intitolata a Giosuè Carducci, che ancora in salita svolta verso ovest e dopo 90 m confluisce nella Statale 3, anch’essa in curva. Sul lato sinistro della carreggiata si sviluppano ordinati i Giardini pubblici, dilettevoli nella loro essenzialità. Se ne contano due, reciprocamente separati dalla Strada Provinciale 78; a nord di questa vi è il Parco della Pace, che ospita il Monumento ai Caduti della Grande Guerra, mentre a mezzogiorno si trova il vecchio Campo della Fiera, attrezzato a verde negli anni Sessanta del secolo scorso. All’uscita da capoluogo il tracciato si fa più agevole, mentre si riaccosta alla strada ferrata: a man destra si osservano episodi di edilizia recente, che ben poco mostrano di rilevante. Da principio al km 40, mentre il percorso si inarca con ampiezza verso est, la pendenza torna a farsi sensibile, fino al bivio con Via dello Stradone, passato il quale si raddolcisce e anche muta verso di curvatura indirizzandosi a tramontana, quando scopre di fronte la massa maestosa del Monte Soratte. Segue un perfetto rettilineo di 190 m, da cui si stacca al km 40/V un diverticolo che a sinistra, oltre il passaggio a livello, sale ad un modesto poggio nella frazione di Santo Sisino, presso cui col Cimitero comunale sono integrate le
24 F. Marcorelli e S. Marcorelli, Rignano Flaminio: Percorso fotografico tra Storia e Arte, Rignano Flaminio, Associazione Pro Loco di Rignano Flaminio, 2009, pag. 55.
Catacombe di Santa Teodora, le maggiori tra quelle poste sulla Via Consolare. Sviluppatesi tra la metà del IV secolo e gli inizi del V, sono note dal Seicento: ad esse si accede dall’omonima chiesa, di cui il viaggiatore dalla strada apprezza giusto il bizzarro fastigio mistilineo della facciatina convessa, al km 40/VI della Flaminia, schermata in gran parte dagli alti pioppi26. Marco Antonio Boldetti (1720), trattando delle catacombe di Rignano, riferisce siano state fabbricate «da una Santa Matrona Romana di questo nome in una sua Possessione distante da Roma […] ventotto miglia vicino al monte Soratte, ove diede onorevole Sepoltura a i Corpi de’ SS. Martiri Abbondio Prete, e Abbondanzio Diacono, i quali per comandamento dell’Imperatore Diocleziano erano stati decapitati sulla Via Flaminia dieci miglia lungi da Roma […]. In questo medesimo cimitero furono anche deposti i Corpi de’ santi Marciano, e Giovanni suo figliuolo, convertiti a Cristo da’ suddetti Santi Abbondio, e Abbondanzio, prima de’ quali meritarono di conseguire la palma del Martirio, e poscia quello della medesima S. Teodora, ed altri Santi Martiri»27. Dopo di che la Statale 3 avanza sostanzialmente diritta per 220 m, quindi svolta a destra ed incede sicura verso est, scemando gradatamente di quota e mantenendosi strettamente adiacente alla ferrovia, fino alla Murella - Stazione Sant’Oreste, presso il km 41/VII. Appena 150 m più avanti, a metà della curva con cui la strada vira repentina vesro maestrale, le si innesta sul lato opposto la Provinciale 21/a che porta al capoluogo, «Comune sotto il Governo di Castel Nuovo di Porto, Abbazia delle 3 Fontane, - così lo descrive il cavaliere Adone Palmieri (1857) - dove si giunge per bella e nuova rotabile via. Il suo nome deriva da Apollo Oro che è un monte di roccia calcarea di seconda formazione, il quale in lunga forma si distacca dagli altri della Sabina, e con triplice fronte s’innalza isolato a guisa d’imponente fortezza 2271 piedi parigini sopra il livello del mare, o come altri vogliono piedi 2209»28. In passato, all’incirca da qui doveva distaccarsi una via che attraverso Leprignano raggiungeva la Valle del Tevere, forse sul tracciato di collegamento tra
Capena e Falerii; un diverticolo di questa strada inoltre raggiungeva nei pressi di
Valle Prato una grande villa romana, di cui rimane un grandioso complesso di cisterne, disposta su tre terrazzamenti alle pendici del Soratte. Questo fu sacro al dio Sorannus, che i Romani identificarono con Apollo, e dal quale deriva il toponimo. Di un antico tempio restano forse tracce sulla vetta della montagna, nella cripta di San Silvestro. La chiesa era il fulcro di un cenobio, sorto nel VI secolo, celebre in epoca medievale per la leggenda, ricordata anche da Dante nel XVII canto dell’Inferno, della miracolosa guarigione di Costantino dalla lebbra, a seguito del suo battesimo per mano di Papa Silvestro, qui rifugiatosi per sfuggire alle persecuzioni. La prima menzione dell’eremo è di San Gregorio Magno. Esso fu poi saccheggiato e in seguito beneficato dal re Ratchis e dalla regina Tassia dei Longobardi; in età carolingia ospitò Carlomanno figlio di Carlo Martello. Pipino re
26 Marcorelli, Rignano Flaminio, cit., pp. 27; 37; 61; 63; 70; 80; 102.
27 M.A. Boldetti, Osservazioni sopra i cimiteri de’ Santi Martiri e antichi Cristiani di Roma, vol. II, Roma, Presso Gio. Maria Salvioni, 1720, pag. 577.
28 A. Palmieri, Topografia statistica dello Stato Pontificio, vol. II, Roma, Dalla Tipografia Forense, 1857, pag. 68.
dei Franchi, cui Paolo I lo aveva nel frattempo concesso, lo diede al monastero romano di San Silvestro in capite. Restaurato da Alberico principe dei Romani nel 946, passò agli inizi del XIV secolo al monastero di San Paolo, insieme a Sant’Andrea
in flumine. A partire dal 1548 i Benedettini furono sostituiti da altri ordini religiosi,
fino al definitivo abbandono nel corso dell’Ottocento. Già in epoca post- rinascimentale danneggiamenti al monastero avevano prodotto la fioritura di quello, posto ad una quota più bassa e più spostato a sud, di Santa Maria delle Grazie, mentre decadevano anche gli eremi, tutti ricompresi nell’odierna Riserva Naturale del Monte Soratte, di San Sebastiano, Sant’Antonio, Santa Lucia e Santa Romana, le cui tracce narrano ancora di una fede antica, silente e profonda, fondata sulla “vera roccia”. Proseguendo sulla Flaminia invece si interseca subito appresso, su livelli sfalsati, la strada ferrata per poi attestarsi a ponente di questa, passando sotto un ponte con arco di mattoni, con muri di imposta in tufelli, eretto nella prima metà del Novecento. Si inaugura così un altro tratto di buona strada, che dura circa 1,85 km mantenendo la sua traiettoria a nord-ovest, con andamento piuttosto lineare, eccezione fatta per la curva a destra presso il km 43/III, con cui volge più marcatamente verso tramontana29. La presenza ricorrente della vegetazione ai lati della carreggiata poco lascia intuire la bellezza di queste campagne, che si scoprono però allo sguardo giusto 300 m innanzi, all’Osteria di Stabia, nel Comune di Faleria30: «in un piano con vicini fossi in temperato clima, ove spirano i venti sud e ovest, e ben di rado vi si suscitano tempeste, giace questa Comune nel Governo e Docesi di Civita Castellana. […] Il paese è cinto di mura e di Fortini, e fu molto tempo della famiglia Anguillara che uccise un Drago di smisurata figura: l’ebbe poi il Principe Borghese»31. Tipologicamnte simile a quella di Castelnuovo, detta osteria è disposta sul lato destro della via, anticipata da un delizioso campo arborato. A tergo, colline levigate le si frappongono al Soratte, mentre poco più avanti sul lato opposto sussiste, a dire il vero piuttosto malconcio, lo stabile della chiesa di Santa Maria delle Grazie. Abbandonata a se stessa, cede inesorabilmente sotto i segni del tempo, ma con composta dignità32.