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Archivio di Stato di Roma

Il primo volume della infaticabile opera dell’architetto Giacomo Alimenti ci porta nel cuore del tema “Via Lauretana”, cioè il rapporto del santuario di Loreto con Roma. Dei vari aspetti di questo rapporto, almeno tre sono fondamentali: quello spirituale, di cui si è discusso nelle prefazioni dei tre tomi, quello dello spazio geografico e delle infrastrutture viarie e urbane, così accuratamente illustrato dai volumi di Alimenti, e infine un aspetto storico di sfondo, che definirei geo-politico.

Partirei da una pianta del cruciale nodo dell’area tra Gallese e Magliano Sabino, pubblicata nel II volume1, ove ad inizio

Seicento viene ripristinata una viabilità di attraversamento del fiume Tevere, con la costruzione del Ponte Felice. Come si racconta nel presente volume, il vecchio ponte romano situato pochi chilometri più a monte alle “Pile di Augusto”, ove dal 1959 si trova la diga idroelettrica ENEL, crollò a metà del XVI secolo, sostituito da un modesto traghetto chiamato “barca di Gallese”. Questo traghetto ebbe una storia lunga e fortunata, poiché ne troviamo traccia ancora nella vecchia cartografia ufficiale IGM 1:100.000 e vi sono testimonianze di una sua attività ancora verso il 19202.

Il papato, tuttavia, non poteva certo accontentarsi di questa piccola barchetta per mantenere il legame strutturale tra la capitale e le provincie più ricche della costa adriatica, essenziale per l’esistenza e la prosperità dello Stato Pontificio. In altre parole, la Flaminia – nella variante Lauretana per l’età moderna – costituiva la spina dorsale dello Stato, la sua stessa identità. Basti ricordare che, all’invasione napoleonica che include nel Regno d’Italia le Marche, la Romagna e l’Emilia pontificia separandole da Roma, la capitale si svuota drammaticamente di popolazione e di attività economiche.

La pianta citata nomina la Flaminia moderna come “strada romana che va a Loreto”, in alternativa alla “strada romana antica” da cui questa si diparte da Borghetto. La Flaminia moderna dunque è la Via Lauretana: il rapporto di Roma con l’Adriatico passa fisicamente per un luogo carico di spiritualità e subito dopo per il porto di Ancona. Il “trasferimento di sacralità della Terrasanta in Occidente” di cui si parla nel volume, con equiparazione del pellegrinaggio di Loreto a quello dei luoghi santi della Palestina, costituisce al tempo stesso una “sacralizzazione” dello sbocco politico e commerciale del papato nel “golfo di Venezia”, come era allora chiamato l’Adriatico. Questa scelta forte in senso politico-statuale sarà poi ridiscussa secoli dopo, dalla scelta di papa Clemente XIV Ganganelli di abbandonare i tentativi di imporre il dominio pontificio alla libertà di San Marino per riguadagnare viceversa al papato l’appoggio delle nazioni europee, e poco dopo dalla scelta degli altri due papi romagnoli Pio VI e Pio VII di ripristinare la Flaminia del Furlo: con essa si riapriva lo Stato a un dialogo politico ed economico con l’Europa attraverso le ricche province settentrionali.

L’intervento pontificio sul Ponte Felice, vero cordone ombelicale dello Stato, va inserito dunque nel quadro degli interventi cinquecenteschi di ripristino e miglioramento della viabilità realizzati in occasione del Giubileo del 1575, di cui si accenna nel volume e che si protrassero poi nei secoli successivi. I lavori di Emanuela di Stefano menzionati nel volume hanno messo in evidenza l’importanza fino a fine Quattrocento del percorso passante per Camerino e San Severino, ma è bene tener presente che il santuario di Loreto esce definitivamente da uno scenario di devozione regionale/interregionale per assumere il ruolo geopolitico sopra ricordato appunto con il Cinquecento della Controriforma – si pensi alla Madonna

dei Pellegrini del Caravaggio – ed è appunto il percorso definito nel XVI secolo l’oggetto del presente lavoro.

Di questo itinerario abbiamo testimonianza nella cronaca di due pellegrinaggi della Confraternita della Santissima Trinità dei Pellegrini da Roma a Loreto, nel 1578 e nel 1602, sulla base di diari conservati nella Biblioteca Apostolica Vaticana3; tra il primo e il secondo viaggio vi è la costruzione del Ponte Felice: infatti nel primo viaggio si verifica una

1 ASRM, Collezione disegni e piante, I, 118/72: “Andamento del Tevere dal Ponte Felice al tempo delle corrosioni alla Memoria di Urbano VIII” (sec. XVII).

2 E. Martinori, Via Flaminia: studio storico-topografico, Roma, Tip. Regionale, 1929.

3 M. Pieroni Francini, Itinerari della pietà negli anni della Controriforma: pellegrini romani sulla strada di Loreto, in A. Monticone (a cura di), «Poveri in cammino: Mobilità e assistenza tra Umbria e Roma in età moderna», Milano, Franco Angeli, 1993, pp. 295-321.

incresciosa lite coi barcaioli per passare il Tevere al Borghetto che procura ai confratelli “non picciol pericolo e disturbo”. Inoltre, il carattere celebrativo dei pellegrinaggi ufficiali sopra menzionati ci mostra quanto, accanto a una viabilità materiale fatta di ponti e strade vi fosse un “cammino” spirituale e politico che legava al santuario di Loreto comunità dello Stato non strettamente legate a un itinerario diretto Roma-Loreto: nel 1578 i confratelli della SS. Trinità dei Pellegrini seguono all’andata il percorso Roma, Rignano Flaminio, Narni, Spoleto, Foligno, Camerino, Macerata, Loreto; poi al ritorno: Loreto, Osimo, Jesi, Fabriano, Assisi, Perugia, Todi, Orvieto, Viterbo, Monterosi, Roma. Nell’itinerario del 1602, al ritorno, i confratelli allungano il percorso fino a Città della Pieve anziché passare direttamente per Todi. Idealmente dunque molte città dello Stato si rapportano alla Santa Casa di Loreto, spesso erigendo chiese e cappelle che replicano localmente il percorso devozionale al Santuario Mariano vero e proprio.

Ora, il ruolo che Loreto assume nel contesto dello Stato Pontificio moderno non si esaurisce certo negli aspetti “materiali” di politica ed economia, ma presenta aspetti significativi dal punto di vista spirituale e ideologico. Basti pensare al ruolo del culto mariano nel cattolicesimo romano, e all’immagine tipicamente controriformistica della “Carità Romana”, in cui si riprende la leggenda di una pia fanciulla romana che per salvare dalla morte per fame un vecchio (il proprio padre, che però nella versione cattolica assurge a simbolo dei poveri più bisognosi) gli dona il suo latte materno; questo “eroismo della carità”4 è l’immagine della Chiesa della Riforma cattolica, l’utopia di una società costruita dalla comunità dei credenti secondo i principi della misericordia5. Mentre Lutero teorizza il rapporto diretto tra il credente e Dio, la Chiesa Cattolica accentua dunque il bisogno di una mediazione attraverso cui passi la misericordia divina, una mediazione che rende gli ultimi al pari degli altri nella fede, e questa grande mediatrice è senza dubbio la Madonna. Un bel libro di qualche anno fa parlava di “carità come metodo di governo” a proposito della politica sociale del papato di età moderna: questa politica fu sicuramente circoscritta alle realtà urbane e ebbe una influenza limitata sulla realtà economico-sociale, ma aveva dichiaratamente alla base uno dei principi fondanti delle società umane, la solidarietà.

La certosina ricostruzione dei percorsi lauretani realizzata da Alimenti ha però alla base un’altra utopia, che va oltre il lavoro di grande professionalità compiuto nel delineare contesti urbani e rurali attraversati dalla viabilità storica: la fiducia che questo lavoro possa essere di guida sia alle strutture istituzionali designate alla pianificazione del paesaggio e del territorio, sia ai singoli cittadini: tutto questo al fine di riscoprire, restaurare, progettare una viabilità “altra” rispetto alle cangianti esigenze della contemporaneità. Il senso di questi tentativi di “rallentare” il passo, di delineare una “mobilità dolce” hanno una forte valenza spirituale, poiché solo una percezione della durata, del percorso del tempo ci consente di cogliere la nostra esperienza umana, che velocità e ripetitività del vivere quotidiano nascondono. Accanto ai significati profondi del pellegrinaggio illustrati in questi volumi da personalità ben più esperte di me nella fede cattolica, ricordo che vi sono molti teorici laici del “cammino” come itinerario interiore, a partire da Chatwin: che dunque il lavoro compiuto dall’architetto Alimenti sia di buon auspicio perché tutti, abitanti delle regioni fra Roma e Loreto, visitatori italiani e stranieri, si possa ritrovare camminando un senso della nostra comune umanità.

4 L. Scaraffia, Quelle Marie troppo umane, in «L'Osservatore Romano», 19 giugno 2008.

5 Nella lettera apostolica sopra menzionata (Francesco, Misericordia et Misera, 2016, n. 8) Papa Francesco ha ricordato che la misericordia non è “una parentesi nella vita della Chiesa, ma costituisce la sua stessa esistenza”, e sottolineato la valenza della “misericordia come valore sociale” nel compito cristiano di “costruire una città affidabile”.