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L’itinerario papale avanza allora nuovamente inclinato a nord-ovest, con un rettilineo di 470 m, per la gran parte di buona salita, dapprima affiancato dall’edilizia contemporanea, mentre man mano che si addentra in località San Pellegrino, cui resta intitolata una via e dove nel secolo scorso si notarono i resti di una villa romana, vede raddolcire la pendenza ed aprirsi all’intorno un piacevole panorama collinare, quindi descrive un’ampia curva a sinistra presso Valle Cerqua, al termine della quale ha inizio la Via Campagnese, di nuovo a sinistra, nell’area del Muraccio. A circa due terzi della curva intanto, al km 31/III, si diparte sul lato destro una strada vicinale nominata Via dei Martiri, a memoria della Catacomba ad Vicesimum, scavata nella piccola collina a diritta della carreggiata e formata da sette gallerie comunicanti tra loro, con loculi a più ripiani. L’ingresso guarda a occidente ed è formato da un arco in muratura, quasi nascosto da cespugli e rovi. A nord continua invece la sua marcia la Strada Flaminia, diretta al Trullo, frazione di poche case che deve il nome ad un rudere romano che sembra essere stato un sepolcro. Costruzione in opera reticolata, mista a mattoni e pezzi di marmo, è localizzato al km 32/IX, appena al di là della strada ferrata che in quest’ambito si mantiene in stretta adiacenza alla Statale 3, dopo essersene distanziata per 300 m, appena passata la stazione di Magliano Romano al km 32/I. Del resto, come rammenta il Mariani, «dal Muraccio cominciavano a fare la loro apparizione le tombe, che fiancheggiavano la Flaminia verso Roma; secoli addietro, una di esse tratteneva ancora il passante con l’invito: “Chiunque tu sia, o viaggiatore che percorri la via Flaminia, sta’ attento a non trascurare questo nobile monumento”. Il monumento in parola potrebbe riferirsi al Trullo»16. Così mentre la strada, alternando tratti in salita a tratti in discesa, degrada progressivamente verso l’attigua Valle Spadana, si passa il confine di «Rignano. Comune della diocesi di Civita Castellana. Trovasi a destra della via Flaminia. Da una carta del 1116 e citata da Nibby si dice Castrum Riniani»17. Il km 33 inaugura allora un piacevole tratto di strada, che più decisamente incede verso tramontana, schiudendo sulla sinistra, oltre la ferrovia, suggestivi scorci sulla valle, talvolta schermata dalle alberature che frastagliate si susseguono ai bordi della carreggiata, come quinte vivaci. Si scende così per 1,50 km fin a Case Morolo18.

Svetta dalla vegetazione a destra della Flaminia l’augusto casale che, omonimo, fu eretto nel Seicento su edifici antichi, mostrando ora le sue robuste pareti coperte

15 Clementi et al. (a cura di), Architettura, cit., pag. 95.

16 Mariani, Morlupo, cit., pp. 44-46; 64.

17 G. Moroni, Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica, n. 58, Venezia, Dalla Tipografia Emiliana, 1852, pag. 126.

di intonaco rosso-bruno consunto dal tempo19. «Fu scritto, - rammenta Antonio Coppi (1838) - che Augusto dopo la battaglia navale di Azzio abbia distribuito a’ suoi soldati terreni in queste parti, e che nella colonia ergesse in monumento una colonna rostrata. […] Interessa però al mio scopo il riferire, che quivi, nei tempi di mezzo, fu un castello […]. Ne visitai bensì le rovine nel dì 16 febbraio 1815, e vidi ch’era costrutto sopra una rupe isolata che s’innalza in mezzo ad un’amena valle. […] All’oriente della rupe sgorga copiosa fonte di acqua limpidissima. Al mezzo giorno scorre un ruscello perenne che somministra l’acqua ad un vicino molino. Un colle alquanto più elevato lo difende dai malsani venti meridionali. Da tuttociò pertanto sembra potersi con fondamento dedurre, che un tal sito era adattissimo ad una popolazione: e se fu abbandonato, la colpa non fu del clima, ma dell’uomo»20. Il diruto castello, oggi noto come Torre Busson, si trova a 3,50 km in linea d’aria da qui, verso maestrale, posto sullo sperone roccioso alla confluenza dei Fossi di Valle Castagna e di Monte Casale, lungo il tracciato, forse romano e certamente medievale, con cui Stabia attualmente Faleria, si allacciava alla Via Flaminia, costeggiando il Monte Castagna. Il Castrum Morori o Morolum è ricordato a partire dal XIII secolo. Passò poi ai Savelli e, ridotto a casale, dal 1449 fu dei Tasca, quindi andò ai Muti nel 1573 e agli Scapucci nel 1591, finché nel 1611 lo acquistò Marcantonio Borghese. Dell’insediamento più antico resta la torre quadrata del XIV secolo, in blocchi di tufo. Essa è circondata da un palazzo rinascimentale del quale si conservano sul lato orientale le pareti esterne e parte di una grande sala con camino e finestre rettangolari. Nel 1958 furono scoperti anche i resti di una chiesa, forse la cella S. Stephani citata nel diploma dato da Ottone III nel 996, che indica una località Mauroro come proprietà del Monastero dei Santi Alessio e Bonifacio, e menzionata ancora nel 1252 come bisognosa di restauri, «subtus castrum quod

vocatur Morolum». L’itinerario certo incede sereno attraverso la Campagna Romana,

sempre ribattuto dalla ferrovia, eccezione fatta per una breve divaricazione tra il km 35/I e il km 35/V, accanto alla vecchia Stazione di Morolo. Da ora e fino al km 36/II, superato il bivio per Monte Cerasa che si apre a sinistra oltre il passaggio a livello, il basolato della Consolare risulta conservato integro sul margine destro della via moderna, che nel frattempo traccia un’elegante curva che volge a diritta, dalla quale al km 37, in località Monte Francese, esso si biforca e passa a sinistra della Statale 3, per 600 m. La strada segue poi un andamento quasi a serpentina, inclinata a nord- est fino al km 38, dove già si scorgono le prime lottizzazioni del tessuto urbano d’espansione. Da qui per ancora 600 m, il lastricato romano riappare a destra della carreggiata, sulla quale affacciano le abitazioni alle porte del capoluogo21. Annota in proposito Leonardo Donato, ambasciatore straordinario della Repubblica Veneta in viaggio da Venezia a Roma nel 1592, provenendo da Borghetto: «Alli 19

19 Marcorelli, Rignano Flaminio, cit., pag. 90.

20 A. Coppi, Dei castelli di Scorano, Morolo, Martignano, Stracciacappe e Polline o S. Caterina, in «Dissertazioni della Pontificia Accademia di Archeologia», n. 8, Roma, Dalla Tipografia della R. C. A., 1838, pp. 67-68.

21 Marcorelli, Rignano Flaminio, cit., pp. 18; 91. ASRM, Catasto Gregoriano, Delegazione di Viterbo, mappa 212: “Rignano - Vallelunga” (1819).

di giugno, […] da Rignano venimmo la sera a cena a Castelnuovo, viaggio buono e facile di miglia otto in circa per paese di collina tutta coltivata e fertile, nel quale si camina in buona parte sopra l’antiquissima via Flaminia lastricata di grandi pietre vive, ottimamente insieme commesse, di larghezza di due passa e mezzo in circa, che tuttavia in questa parte è così buona e bella come se fosse fabbricata recentemente. Era la detta strada dal tempo tutta quasi sotterrata, ma in tempo di papa Gregorio decimoterzo fu fatta dagli abitanti delli castelli vicini scoprire, siccome da memorie poste sopra alcune case si legge»22. Avanza allora la via diritta per 300 m, poi vira lievemente a sinistra fino al bivio con Via Alfieri, che si imbocca 125 m più avanti a man destra, quindi prosegue per ancora 240 m, passando così alle spalle della moderna chiesa di San Giuseppe. Qui l’itinerario si sdoppia: la Statale 3 continua a mancina, appropinquandosi svelta verso la Sede Municipale, mentre lascia a ponente i Giardini pubblici, per svoltare subito appresso verso nord, correndo all’esterno del caseggiato. Al contrario la Flaminia vecchia, ora Via San Rocco23, discende verso il Borgo Nuovo; i due lembi di muricciolo in pietra che passati 255 m cingono sui lati la via segnano la posizione del vecchio Ponte della Campana. Dopo appena 35 m, al bivio con Via degli Orti, la strada prende il nome di Elena Baccelli, che inizia in curva, rivolta a scirocco. Il curioso fabbricato che si mostra di sguincio al viaggiatore che viene da Roma, e che fu osteria24, può forse identificarsi con l’Antica Posta citata da John Murray (1864), insieme al Moretto25. Risulta fosse dotata di una cappella per i servizi religiosi, di cui ora non si ravvisano tracce, evidentemente occultata da trasformazioni operate in tempi più recenti26. Il borgo, commentano i Sodali di Velletri giunti a Rignano il 6 maggio 1711, «è assai vago»27. Il 13 giugno 1782, racconta monsignor Giuseppe Dini (1782), prefetto delle Cerimonie Pontificie, fu la volta di Pio VI che, arrivando da Civita Castellana «si trovò nel mezzo della strada un grande, e nobile Arco fatti ivi eriggere dalla Signora Duchessa Padrona del Luogo, che ivi si era portata con il di lei figlio per umiliare i suoi ossequj alla Santità Sua, che l’accolse con somma gentilezza»28. Il viaggio nella Campagna Romana, in tempo d’estate, è in effetti tutt’altro che agevole: «In Rignano ci fermammo per lasciar correre le ore dell’intollerabile calore del sole - confessa a ragione il Donato - e per dar tempo ai carriaggi e alle robbe nostre di passare innanzi»29.

22 L. Donato, Viaggio da Venezia a Roma di Leonardo Donato, Venezia, Tip. Antonelli Editrice, 1866, pp. 17-18.

23 Marcorelli, Rignano Flaminio, cit., pag. 18.

24 ASRM, Collezioni di disegni e piante, coll. I, cart. 76, f. 175, sub. 1, n. 1 (1844).

25 A Handbook for Travellers in Central Italy, Londra, John Murray, 6a edizione, 1864,

pag. 426. ASRM, Catasto Gregoriano, Delegazione di Viterbo, mappa 211: “Rignano città” (1819).

26 ASRM, Collezioni di disegni e piante, coll. I, cart. 76, f. 175, sub. 1, n. 1 (1844).

27 F. Grimaldi (a cura di), Un pellegrinaggio alla Santa Casa di Loreto nell’aprile-maggio 1711, Recanati, Chiesa San Filippo Neri, 1999, pag. 18.

28 G. Dini, Diario pieno e distinto del viaggio fatto a Vienna dal Sommo Pontefice Pio Papa Sesto, Roma, Nella Stamperia della Reverenda Camera Apostolica, 1782, pag. 70.

3.e Da Rignano Flaminio a Civita Castellana