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«Una balconata che si allunga fra la Via Cassia e la Flaminia all’altezza della Valle di Baccano è lo stretto pianoro, - scrive Pacifico Chiricozzi (1980) - che inizia con Monte Razzano (mt. 435) e seguita fra piccoli scoscesi dirupi di fronte al Soratte per gettarsi quasi a picco sulla vallata del Tevere verso Ponzano. […] Al centro di questa splendida balconata, con veduta a Nord dei Cimini boscosi e a Sud di fronte ai monti Sabini, Tiburtini e ai colli Albani, c’è l’antico Castello di Magliano Romano»1. Il piccolo nucleo storico è come arroccato su un rilievo a controllo del Fosso delle Valli e della Valle Nocchia. Presenta due soli assi viari interni: rispettivamente, Via del Duomo e Via Oscura, sulle quali si affacciano allineate le case a schiera. Alle due estremità, in posizione polare si ergono la chiesa di San Giovanni Battista, a nord, del XIV secolo, ed il fortilizio di origine medievale a mezzogiorno, ancorché trasformato nel tardo Cinquecento, dalla mole tozza e dall’aspetto ancora ruvido. Al di fuori della cinta muraria si scorge la chiesa di Santa Maria Assunta, anch’essa di impianto medievale, che anima il borgo a sud del castello2. La storia di questo paese, come del resto attesta il nome, mantenuto fino al 1907, di Magliano Pecorareccio, è fin dalle sue origini essenzialmente legato alla pastorizia e al fenomeno della transumanza tra la sponda del Tirreno e gli Appennini, in quanto centro stanziale atto a rifornire cibi e ricambio di mezzi di trasporto. Il suo territorio fece parte dell’Ager Faliscus, che si estendeva dal mare alla Valle del Tevere e a nord fino ai Cimini, ma con infiltrazioni fino al Lago di Bolsena. La potente città di Veio poi lo incorporò nella sua area di influenza fino a Sutri e a Nepi. Con la conquista romana, tra i secoli IV a.C. e V d.C. quest’area non risulta abitata, se non da presenze sporadiche. Al 761 risale forse la prima menzione di Mallianus Casalis, dunque non ancora castrum, nel Regesto di Farfa del monaco Gregorio da Catino. Del resto, ancora la nota bolla di Gregorio VII, data il 14 marzo 1081, con cui il Pontefice conferma possedimenti, privilegi e diritti dei Benedettini di San Paolo fuori le mura, fa riferimento alla chiesa di San Giovanni «in fundo

qui vocatur Maliano», da identificarsi quest’ultima, ragionevolmente, con l’attuale

tempio di Santa Maria Assunta o dell’Ospedale. Un vero e proprio insediamento dovette in realtà costituirsi nella prima metà del XII secolo sul colle detto il Casale, dove ancora si apprezzano i ruderi di costruzioni murarie e quelli della chiesa di Sant’Arcangelo, in parte ricavata nella cavità della rupe tufacea, entro una valletta così come le vicine grotte di Santa Vittorina e di Sant’Anna. Subì la distruzione da parte dei ghibellini Viterbesi nel 1241, in lotta contro Roma e il cardinale Raniero

1 P. Chiricozzi, Magliano Romano, Roma, Tipografia PUG, 1980, pag. 5.

Capocci, che ne segnò il progressivo abbandono ed il ripopolamento del nucleo primitivo sul colle del vecchio San Giovanni; il titolo fu dunque trasferito alla nuova costruzione, innalzata sull’altura appena più a settentrione dove si erano estesi i fabbricati nel corso del Trecento. Il caseggiato nel frattempo costituitosi fu quindi sbarrato e difeso da una rocca in muratura, ma non divenne mai totalmente indipendente, se non nel 1958 quando è stato costituito in Comune. Fu a lungo feudo degli Anguilara, e per breve tempo degli Orsini, finché nel 1590 passò ai Cesi e nel 1659 ai Borromeo. Nel 1661 lo comprò il cardinale Flavio Chigi e nel 1663 venne eretto a Marchesato. In ultimo divenne proprietà degli Arnaldi, tuttora proprietari della castello. «Tutto il lungo periodo che va dal 1661 ad oggi non ha fatti degni di rilievo». Legato sempre al vicino Comune di Campagnano di Roma, seguì le vicende dello Stato Pontificio fino al 1870 e poi quelle dello Stato Italiano, e ha fatto sempre parte della Provincia di Roma. Patrono del Comune è San Giovanni Battista, e compatrona Santa Pudenziana vergine3.

Morlupo

«Dopo il 30° km dalla statale Flaminia - sono le parole di Sergio Mariani (1980) - un bivio provinciale raggiunge Morlupo in ripida discesa. Ampie piazze consentono un comodo parcheggio e rinomati ristoranti permettono lauti banchetti a prezzi modici. Sulla facciata del palazzo comunale domina lo stemma ovale, […] raffigurante un mordace lupo sabino che sgozza il gallo. […] Lo stemma di Morlupo, nome dall’etimologia oscura, racchiude le origini leggendarie del paese». Esso fu certamente un villaggio capenate e nei dirupi che circondano l’abitato sono nascosti colombari etruschi, come a Coccione, Monte Vario e Acqua Calda. Secondo la più antica ed erudita tradizione locale, nel 390- 389 a.C. i Morlupesi presero parte alla cacciata dei Galli da Roma, combattendo a fianco del condottiero Furio Camillo, fatto che spiegherebbe il significato profondo dell’arma comunale; del resto l’insegna del lupo era in qualche modo già propria degli Irpi del Soratte, loro progenitori. Detta arma apparve nel periodo feudale, ad indicare la «Communitas Castri Morlupi». Da secoli luogo di transito e di sosta, lungo l’attuale bivio per Morlupo sulla Flaminia fu attiva la stazione «ad Vicesimum», presso Monte la Guardia, per il ristoro dei viandanti e il cambio dei cavalli. Rimasta in uso fino all’XI secolo, fu poi trasformata in osteria, dotata di forno, stalle e orti. Nel 1900 erano ancora visibili i ruderi del castello che vi insisteva, distrutto nel 1433 da Niccolò Fortebraccio. Al Muraccio poi, nel 1864, furono scoperte le catacombe dette dei Santi Martiri, riferibili alla fine del III secolo, epoca a partire dalla quale la popolazione locale abbracciò il Cristianesimo. Si contano infine cinque cripte con loculi in località Monti Fornelli, che pure attestano la presenza di famiglie cristiane, ma che sono ormai devastate da tempo. «Caduto l’Impero Romano, - prosegue il Mariani - Morlupo subì le invasioni delle orde vandaliche. Nel secolo VI le condizioni delle campagne si aggravarono.

La consolare Flaminia divenne quasi impraticabile, la piccola proprietà scomparve e i campi senza le mani dell’uomo si ridussero in boscaglie. Le stragi di Totila, Vitige, Teja, Belisario e Narsete, accompagnate da pestilenze e carestie, avevano paurosamente ridotta la popolazione contadina, i cui animi costernati e spaventati guardavano alla Chiesa come all’unica ancora di salvezza. […] Soltanto la saggia azione dei Papi Zaccaria e Adriano I valse a riaccendere gli animi di speranza e permise il risanamento dei danni arrecati, il risveglio e la ripresa delle campagne sconnesse da decenni d’abbandono con le istituzioni su larga scala delle “domus-

cultae”, più a sfondo sociale che religioso». Erano queste cioè vere e proprie colonie

agricole, atte ad incrementare il rendimento delle terre, ad occupare i braccianti e ad assicurare pane e derrate alla città di Roma. Tale organizzazione scomparve verso il IX secolo, così che alcuni centri andarono in enfiteusi alla nobiltà romana, altri in commenda ai monasteri4. L’insediamento medievale è infatti documentato a partire dall’893, quando il duca Giovanni di Leone fondò la chiesa di San Giovanni Battista, quasi embrione del successivo incastellamento, dovuto in realtà ai monaci di San Paolo, cui appartenne dalla seconda metà dell’XI secolo, insieme ai castelli di Fiano, Leprignano, Civitucola, Vacchereccia, Civitella San Paolo, Formello, Galeria, Cesano, Sutri e, dopo il 1130, Campagnano, Riano e Castelnuovo. Il

castrum Morilupo è infatti menzionato nelle bolle di Gregorio VII del 1074 e del

1081, recanti la confirmatio bonorum a favore del monastero. Nel 1293 passò quindi agli Orsini ai quali rimase sino al XVII secolo, pur con alterne vicende, quando nel 1613 fu acquistato da Scipione Borghese5. Rimase dunque sotto la giurisdizione del Papa Re fino alla presa di Roma. Nel 1870 la nuova giunta provvisoria, presieduta da Marco Narducci, adottò l’odierno stemma comunale, recuperando l’antico, ma con l’aggiunta della corona ducale e del motto latino “Martii rapaces lupi”, ripreso dalla XXI Legione Marzia Rapace, i cui veterani ebbero una colonia in località Monte la Guardia6.

L’agglomerato più antico del paese, detto Mazzocca, insiste sulla parte estrema del promontorio, a sud; era cinto dalle mura, delle quali rimangono poche tracce databili al XIII secolo. All’inizio del borgo si innalza la mole del castello, che sorge sul luogo della primitiva rocca edificata dai monaci nell’XI secolo e ristrutturata dagli Orsini nel Duecento; atterrata insieme al paese nel 1425 da Martino V nell’ambito delle lotte con i Colonna, venne ricostruita in forma di palazzo signorile da Antimo Orsini nel 1598. È affiancato dalla Torre Rotonda, a levante, facente parte della vecchia cinta muraria, ma trasformata anch’essa alla fine del Cinquecento insieme all’adiacente Porta Romana, principale ingresso da nord. Per essa si accede all’ampia corte trapezioidale, sulla quale si affacciano gli edifici più rappresentativi. In primo luogo il tempio di San Giovanni, a sud-est, ricostruito

ad imis da Francesco Caminati e Marcantonio di Michele, tra il 1579 e il 1593. Nel 4 S. Mariani, Morlupo: Notizie storiche e documenti, Palermo, Ila Palma, 1980, pp. 13; 23; 29; 42-44; 64; 69; 73-76.

5 R. Clementi et al. (a cura di), Architettura in Provincia: Morlupo. Un centro storico nella Campagna Romana, Roma, Le Rughe, 1988, pp. 21; 23; 30; 60; 62.

1611 venne eretto il campanile e nel 1624 la sagrestia. Presso il cantone di sud- ovest si trova invece la chiesa di Santa Caterina, consacrata nel 1632, con l’annesso monastero fondato nel 1620 con breve apostolico di Paolo V Borghese7. A nord del castello si sviluppa invece il caseggiato sorto in epoca moderna, con case a schiera disposte lungo Via Garibaldi, che conduce ai lavatoi, e lungo Corso Umberto I, ovvero la via per Roma. All’incrocio delle due strade prende forma la Piazza delle Carrette, così detta a motivo dell’abbeveratoio per il bestiame costruitovi nel 1620 da Marcantonio Borghese. Si trova nei pressi la trecentesca chiesa di Santa Maria Assunta, che funge da elemento polarizzante. All’incrocio con la Provinciale 17/a, dunque strategicamente collocata tra la strada per l’Urbe e quella per Capena, si erge la palazzina che, edificata agli inizi del XVII secolo per opera dei Mattei, divenne nel 1694 residenza extra moenia dei Borghese, dei quali tuttora porta il nome. Non lontana è la chiesa di San Rocco con l’annesso Ospedale, dei confratelli del Crocifisso e certamente funzionante fino alla metà del Settecento. Scendendo verso la Flaminia, si scorge sulla destra il tempietto di San Sebastiano, rinascimentale anch’esso, fabbrica sobria e dalle linee essenziali, ed ancora la chiesetta di San Michele Arcangelo, più prossima alla Statale 3, citata in alcuni atti notarili del XVII secolo e dal 1917 inglobata nel convento delle Domenicane. Patrona del Comune è Santa Maria Assunta8.