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Ripreso il viaggio dall’Osteria di Prima Porta, la Strada Postale, aggirato il colle su cui sorge la Villa di Livia, volge verso nord, ricalcando nella sostanza la Consolare, salendo man mano fino in Località Montebello, dove Thomas Ashby scoprì parte del basolato antico, ad ovest del primo nucleo del Cimitero Flaminio17. Prima però, al termine del breve rettilineo che si percorre nell’uscire dalla locanda, diverge sulla sinistra il diverticolo di origine etrusca ma lastricato in età romana che, superato il Fosso della Valchetta, nel tratto iniziale col nome di Via di Valle Muricana18, si dirige a «Scrofano. Comune […] distante 17 miglia da Roma, a sinistra della via Flaminia, sotto Monte Musino»19. A destra invece il tragitto sfiorava lo sprone tufaceo, leggermente in pendenza rispetto all’odierna Via della Villa di Livia che si attesta, perfettamente in piano, un poco più a valle20. Appena passata la curva, fino al secolo scorso si affacciava sul bordo della via il Casale della tenuta, di cui ora non resta che l’area di sedime21. Al civ. 162 la Strada Romana torna a coincidere con la citata Via della Villa di Livia per poi intersecare il tratto in variante alla Statale 3, già concluso nel 1961, all’incrocio col Viale di Monte Oliviero, il quale conduce al Castello Silj, residenza di campagna di gusto neogotico. Il nuovo viadotto invece, con due corsie per senso di marcia e lungo circa 2,50 km, si riallaccia all’itinerario papale 1,65 km più avanti, al termine settentrionale del cimitero, a ridosso del quale la strada vecchia corre con traiettoria perfettamente rettilinea, ma con moto quasi ondoso, alternando segmenti di opposta pendenza. Ciò che si sviluppa sul lato destro è a tutti gli effetti una moderna necropoli: inaugurata nel 1941, si estende per 137 ettari ed ospita un milione di sepolture22. «Non v’è ambizione, non v’è cupidigia - sembra commentare il padre Croiset (1716) quell’interminabile muro di cinta da cui svettano solo pioppi e pini marittimi - la quale non perda la sua forza, dacché si ravvisano dal letto della morte gli onori e la più pomposa fortuna. Ivi le dignità tanto eminenti, le distinzioni tanto lusinghiere, le prosperità tanto brillanti si smarriscono e perdono tutto il loro splendore. Se ne sente eziando tutta la vanità, se ne scopre tutta l’illusione e l’errore»23. Allontanandosi da qui, la strada si addentra nell’Agro Romano, pure alternando segmenti un poco in salita ad altri un poco in discesa. «Uscite da qualunque parte della grande città - sono le parole di Vittorio Bersezio (1872) - e dopo mezz’ora di corsa in carrozza, quando avrete superata la linea delle ville che formano come uno sparso e diradato sobborgo a Roma e i festoni di vigne che circondano le mura aureliane, voi vi

17 G. Messineo, La Via Flaminia: da Porta del Popolo a Malborghetto, Roma, Casa Editrice Quasar, 1991, pag. 251.

18 A. Carbonara e G. Messineo, Via Flaminia, Roma, Libreria dello Stato, 1993, pag. 48.

19 Moroni, Dizionario, cit., n. 58, pag. 127.

20 ASRM, Catasto Gregoriano, Agro Romano, mappa 54: “Tenuta di Malborghetto” (1819).

21 Messineo, La Via Flaminia, pp. 215; 221.

22 V. D’Amico, Prima Porta: Labaro - Grottarossa: Saxa Rubra, Roma, Arti Grafiche San Marcello, 2011, pp. 51; 78.

23 J. Croiset, Riflessioni cristiane sopra varj soggetti di morale, vol. II, Venezia, Presso Paolo Baglioni, 1716, pag. 71.

troverete in faccia al deserto. Questo deserto, seminato di rovine, chiamasi l’Agro romano e stendesi dalla Toscana alle provincie napolitane. Non si trovano fattorie disseminate in questa steppa, o se per caso si scopre qualche cosa che a ciò assomigli, si può essere sicuri che gli è qualche avanzo d’una fortezza del medio evo, con una specie di feritoie invece di finestre, con merli invece di tetto, con un’apparenza tra diffidente e minacciosa, ed abitato da poveri diavoli che in verità non avrebbero gran cosa da difendere dalla rapacità altrui»24. Intersecata poi la ferrovia su livelli sfalsati al km 16/I, si passa accanto al rudere curioso di un mausoleo, noto fin dal Rinascimento e detto di Centocelle per una popolare amplificazione del numero delle nicchie esterne, lasciate in vista dalla scomparsa del muro perimetrale; è infatti un sepolcro del tipo cilindrico su basamento quadrato25: «una gran mole sepolcrale rotonda, - registra il Nibby (1837) - che si direbbe aver servito di modello al mausoleo di Augusto, col quale si accorda per l’epoca, essendo di opera reticolata di tufa»26.

Seguono allora 340 m di strada rettilinea, la quale poi vira più marcatamente a settentrione, pure diritta, per altri 1,16 km. Al km 17/I la ferrovia si accosta alla carreggiata, dopo di che l’una corre affiancata all’altra sino al km 18/II, nei pressi del quale si stacca, sulla sinistra, una strada vicinale che scende alla pittoresca valle27 solcata dal Fosso di Pantanelle detto anche “della Torraccia”, a motivo di una massiccia torre quadrata eretta forse nel XII secolo, sul piccolo promontorio che domina il corso d’acqua28. Caratterizzata da fasce alternate di calcare bianche e scaglie di selce e tufo, faceva parte del più articolato insediamento fortificato di Pietra Pertusa, tra i più antichi della Campagna Romana, citato per la prima volta per gli avvenimenti della guerra greco-gotica nel VI secolo29. Un vero e proprio

castrum, con case e chiesa, è menzionato nel 1035 e nel 1072, finché nel 1278

fu acquistato dal Capitolo di San Pietro e nel 1468 già risulta ridotto a casale30. Il toponimo deriva invece dalla presenza di una galleria romana, localizzata nel costone tufaceo che cinge la valle, al di sotto della Statale 3, all’altezza del km 17/ VII. Il traforo consentiva il passaggio di un diverticolo lastricato che collegava la Flaminia a Veio e alle cave del Fosso della Torraccia31. «Di esso sono ancora visibili 145 piedi, - prosegue il professor Nibby - ed è largo circa 8 piedi e mezzo». L’autore, citando il Degli Effetti, accenna altresì, seppur fugacemente, ad una via traversa che «metteva in comunicazione la Tiberina colla Claudia e Cassia per

24 R. Clementi e C. Panepuccia, Castelnuovo di Porto: Città e territorio, Roma, Edizioni Kappa, 1990, pag. 131.

25 Messineo, La Via Flaminia, pag. 262.

26 A. Nibby, Analisi storico-topografica-antiquaria della carta de’ dintorni di Roma, vol. I, Roma, Tipografia delle Belle Arti, 1837, pag. 308.

27 ASRM, Catasto Alessandrino, mappa 433/26: “Casale di Pietra Pertusa” (1660).

28 ASRM, Catasto Gregoriano, Agro Romano, mappa 140: “Tenuta di Pietra Pertusa” (1819).

29 G.M. De Rossi, Torri e castelli medievali della Campagna Romana, Roma, De Luca Editore, 1969, pp. 104-105.

30 Carbonara e Messineo, Via Flaminia, cit., pag. 41.

mezzo di Veii», da identificarsi forse più correttamente con la così detta galleria etrusca, egualmente escavata nel tufo litoide; questa serviva inoltre le prossime cave del Fosso del Drago e di Grotta Oscura, permettendo altresì di raggiungere il Tevere32. Fino a pochi anni fa, malgrado se ne conoscesse l’esistenza, tuttavia se ne ignorava l’esatta collocazione33; solo recentemente l’archeologo Andrea Venier ne ha ritrovato l’ingresso nord-occidentale, all’altezza del km 18, passato il quale la Strada Postale si appresta ad un’ultima ascesa, fino all’Arco di Malborghetto34, detto a partire dal Seicento anche «il Borghettaccio»35, che Giuseppe Tomassetti (1913) spiega «per essere stato rifugio dei banditi nei tempi moderni»36.

Nel frattempo la via prosegue agevolmente, affiancata su ambo i lati dalla vegetazione, disposta quasi a marcare il bordo della carreggiata che, 900 m più avanti, vede riaccostarsi la ferrovia, che di nuovo l’accompagna; tant’è che dopo 135 m essa si frappone tra la Statale 3 e la mole possente del Casale di Malborghetto, che si affaccia maestoso dal muro di sostruzione eretto a riparo dei binari: «Osteria a destra della via flaminia circa 12 miglia lungi da Roma, che trae nome da un vicino castello diruto del secolo XIII, o XIV il quale […] fu bruciato dagli Orsini e da que’ di Scrofano dopo avervi combattuto tutto intiero un giorno, ai dieci dicembre 1485. La osteria è appoggiata ad un antico giano quadrifronte, forse in un quadrivio, che in quel luogo formava la via flaminia con una strada traversa»37. Il fabbricato, datato alla prima metà del IV secolo, è anticipato all’altezza del km 19/II da un tratto parzialmente conservato della strada antica, fiancheggiata da un muricciolo verso l’adiacente altura coronata di pini, sul lato destro della parallela di Via Barlassina. Fu in effetti innalzato all’incrocio della Consolare con uno dei percorsi che mettevano in comunicazione l’Agro Veiente con la Valle del Tevere attraversando le cave di tufo, secondo la convincente ipotesi di Fritz Töbelmann (1915), a ricordo della vittoria di Costantino su Massenzio nel 312. Esso sarebbe dunque sorto sul luogo dell’accampamento dell’imperatore, dove la notte precedente lo scontro questi ebbe la visione prodigiosa che determinò la sua vittoria e il trionfo del Cristianesimo. Nel Medioevo vennero chiusi i fornici dell’arco, trasformato in casale fortificato o torre, circondato da un borgo, denominato «Burgus S. Nicolai de Arcu Virginis»38. Nel 1481 Paolo II, proveniente da Monterosi mentre stava facendo ritorno a Roma, fu accolto a Malborghetto con tutti gli onori da Virginio Orsini; nell’anno successivo vi fu poi ospitata la legazione pontificia mossasi incontro al cardinale Giuliano della Rovere, reduce dalla Francia dove era stato inviato per conto del Papa39. Di proprietà del capitolo di San Pietro dal 1278, perduta la funzione difensiva dopo il drammatico fatto d’armi del 10 dicembre 1485, a partire dal 1495 il tenimentum Burghetti risulta

32 Nibby, Analisi, cit., pag. 307.

33 Messineo, La Via Flaminia, pag. 267.

34 ASRM, Catasto Alessandrino, mappa 433/16: “Casale di Malborghetto” (1660).

35 A. Martinelli, Stato del Ponte Felice, Roma, Per Nicolò Angelo Tinassi, 1682, pag. 2.

36 G. Tomassetti, La Campagna Romana antica, medievale e moderna, vol. III, Roma, Ermanno Loescher & Co., 1913, pag. 262.

37 Nibby, Analisi, cit., pag. 306.

38 Messineo, La Via Flaminia, pp. 269; 275; 283.

dato in affitto; anzi nel 1504 tale Rentius Mussus di Castelnuovo fu il primo di una lunga serie di affittuari della taberna, istallata forse fin da allora nell’arco romano40, ovvero «l’hosteria detta il Borghetto», come riferisce Famiano Nardini (1665) in

Roma antica41. Nel 1744 furono completati i lavori per l’adattamento del casale a

Mezza Posta42 fra Prima Porta e Castelnuovo di Porto43, concordati due anni prima fra il Generale delle Poste Pontificie e il Capitolo Vaticano44. Accadeva infatti che nel lungo tragitto dall’una all’altra stazione, distanti tra loro 12 miglia, spesse volte i cavalli si affaticassero, rallentando così il veloce passo da Posta, ritardando inoltre la spedizione; e non di rado quando i postiglioni tentavano di forzare la mano, sollecitati dai passeggeri più molesti, le bestie finivano per stramazzare a terra esanimi. Si rese pertanto necessario «fare da fondam.ti una stalla a volta […] con suo fienile su ad uso di Cascina p. servizio della med.a, […] a linea retta dell’antica fabbrica della descritta Osteria nella sud.a Strada Romana, con prolungamento del lato verso Castel Nuovo, […] longa di vano palmi cento, e larga palmi 35, conché nella larghezza della stessa stalla si habbia a […] riporre Calessi […]. Fu anche […] resoluto e stabilito di fare una Chiesola per comodo anche della stessa Posta da situarsi similmente a linea della fabbrica antica dall’altro lato verso Prima Porta»45. A dire il vero, il corpo di fabbrica della stalla con la rimessa non esiste più, crollato già nel secolo scorso; si mantiene invece la cappella dei Santi Nicola e Bernardino, ricostruita però più recentemente in posizione arretrata rispetto al fronte stradale, finchè nel 1947 non venne nuovamente ampliata verso occidente da Bernardino Sili. Fatto sta che nel 1835 la Mezza Posta non era più in funzione46. Alle spalle dell’Arco, in luogo delle fortificazioni medievali ora vi è un piccolo parco, denso di antiche memorie; testimoni del passato, restano alcuni tratti del muro di cinta del Borghetto che fu, e la porta meridionale, ridotta a rudere47.

40 G. Messineo (a cura di), Malborghetto, Roma, De Luca Edizioni d’Arte, 1898, pp. 9; 12.

41 F. Nardini, Roma antica, Roma, Per il Falco, 1665, pag. 29.

42 Messineo (a cura di), Malborghetto, cit., pag. 18.

43 Biblioteca Apostolica Vaticana (BAV), Arch. Cap. S. Pietro, arm. 98, vol. IV, f. 305, 38: “Pianta della Mezza Posta situata nella tenta di Malborghetto” (1742).

44 Messineo (a cura di), Malborghetto, cit., pag. 18.

45 BAV, Arch. Cap. S. Pietro, capsula XXXVII, fasc. 145.

46 Messineo (a cura di), Malborghetto, cit., pp. 18; 30.

3.c Da Malborghetto a Castelnuovo di Porto