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4. Caso di studio

4.2. Bacini endoreici e loro idrologia

Prima di introdurre il tema dei bacini endoreici è necessario descrivere brevemente il fenomeno del carsismo, che caratterizza in modo prevalente il territorio pugliese.

Tale fenomeno è il risultato dell’insieme di vari processi di erosione e di asportazione della roccia tra i quali quello predominante è caratterizzato dalla dissoluzione in acqua. In condizioni morfo-climatiche adatte ci sono delle rocce che a contatto con l’acqua portano alla formazione del tipico assetto idrologico di tipo carsico. Tra

Tesi di laurea di Sara Brizzi

queste rocce vi sono le carbonatiche, le evaporitiche e le quarziti anche se il fenomeno carsico interessa principalmente le rocce carbonatiche. Quando il fenomeno carsico interessa altri tipi di roccia si parla infatti più correttamente di para e pseudo carsismo (Waele & Piccini, 2008).

La Puglia è tra le regioni d’Italia più importanti per quanto riguarda i fenomeni carsici, grazie alla presenza di rocce carbonatiche in affioramento su gran parte del territorio. Il fenomeno del carsismo in Puglia, sebbene sia molto più articolato e complesso può essere individuato in tre macroaree omogenee: il Gargano, l’altopiano delle Murge e il Salento (Parise, 2008).

Le zone caratterizzate da una forte componente carsica, in genere non sono favorevoli alla formazione di una rete idrografica ben definita, a causa della forte permeabilità per fratturazione e per carsismo delle rocce affioranti, nonché della debole pendenza che contrassegna questo tipo di ambiente. Alla caratterizzazione geologica e geomorfologica del territorio si aggiunge una componente climatica secca e calda definita semi- arida, con una media delle precipitazioni di circa 700 mm/anno che non favorisce la formazione di un reticolo idrografico superficiale inciso e ben organizzato.

È in questo contesto che si sviluppano i numerosi bacini endoreici delle aree carsiche della Puglia.

Essi si presentano come dei peculiari bacini idrografici, il cui deflusso superficiale non sfocia in mare aperto, come avviene per i bacini i esoreici, ma confluisce verso le pianure alluvionali interne.

Analisi di suscettività da alluvione in bacini endoreici:

un caso di studio sulla pianificazione di protezione civile in Puglia

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Figura 8 schema di funzionamento dei bacini endoreici

Di fatto le acque di ruscellamento dei reticoli endoreici, in genere di breve percorso, si infiltrano e defluiscono all’interno di sistemi di caverna sotterranea attraverso punti assorbenti presenti sul fondo di depressioni tettoniche e/o carsiche (Portaluri & Sansò, 2005).

In Figura 7 e Figura 8 è possibile osservare lo schema di funzionamento di un bacino esoreico ed endoreico, nel primo caso la sezione di chiusura è libera permettendo al deflusso di uscire mentre nel secondo lo spartiacque si presenta chiuso racchiudendo il recapito finale che è situato nel punto più depresso.

In un ambiente carsico si possono avere delle situazioni dal punto di vista idrologico differenti in funzione della geomorfologia del territorio, della litologia e del comportamento idraulico del terreno e della dinamica delle acque sotterranee.

Questi fattori caratterizzano fortemente la caratterizzazione dei bacini endoreici in Puglia.

Una prima distinzione è rappresentata dai bacini endoreici che terminano direttamente in un inghiottitoio carsico collegato all’acquifero sotterraneo e quelli che confluiscono in un’ampia area pianeggiante più depressa rispetto al piano campagna in cui il reticolo fluviale-carsico apporta le acque meteoriche, causando talvolta estesi allagamenti. In questo caso non essendoci un collegamento idraulico diretto con la falda acquifera la portata in eccesso da origine a dei laghi temporanei che a poco a poco si infiltrano e percolano attraverso lo strato di terreno mediamente permeabile raggiungendo la falda (Iacobellis & Castorani, 2014) .

Nel primo caso invece si ha che il deflusso superficiale viene convogliato da una rete di deflusso che termina nelle are più depresse dei bacini in “pozzi assorbenti” naturali che si aprono in superficie per il fenomeno carsico e che svolgono il ruolo di “inghiottitoti carsici”.

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In questa tipologia di bacini nel caso in cui il substrato carsico si presenta coperto da uno strato di terreno, più o meno profondo, che risulta poco permeabile e talvolta praticamente impermeabile il deflusso superficiale viene convogliato dalla rete di deflusso fino all’inghiottitoio che permette di drenare l’acqua attraverso lo strato impermeabile mettendo in comunicazione la superficie con la falda acquifera sotterranea.

Tuttavia gli inghiottitoi carsici possiedono una capacità di scarico limitata che oltre a dipendere dalle dimensioni e dalla manutenzione degli stessi, che risulta in tal senso molto importante, può dipendere talvolta anche dalle oscillazioni del livello della falda sotterranea e quando il livello della falda si alza la capacità di scarico si riduce fortemente per saturazione idraulica.

Se si considera poi una condizione umida del terreno dovuta alla presenza dello strato impermeabile, antecedente a un evento pluviometrico intenso è possibile che il picco di portata della rete fluviale-carsica ecceda la capacità di scarico e di assorbimento degli inghiottitoi carsici causando la formazione di consistenti volumi di acqua che vengono riversati nelle pianure alluvionali circostanti, causando alluvioni anche molto pericolose.

Nel caso in cui invece vi è l’assenza dello strato di terreno impermeabile, sebbene si instauri lo stesso processo, si ha un’elevata capacità di infiltrazione del terreno che riduce fortemente la pericolosità degli eventi alluvionali (Iacobellis & Castorani, 2014).

È molto frequente poi in ambiente carsico, che tra le peculiarità, si distingue da qualsiasi altro ambiente naturale, per avere un limitatissimo deflusso superficiale e una sottilissima definizione dello spartiacque (Delle Rose. & Parise, 2009), che i bacini endoreici adiacenti si mettano in comunicazione tra di loro, producendo un modello di flusso connesso. Infatti, soprattutto durante un evento di pioggia critico, accade che una volta superata la soglia del troppo-pieno di un primo bacino l’acqua scorra nella direzione preferenziale utilizzando il punto più basso dello spartiacque, in comune, come una sorta di diga, confluendo da bacino a bacino come avviene in un sistema a “serbatoi multipli”, tale meccanismo viene rappresentato in Figura 9.

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Questa situazione può diventare molto pericolosa perché superfici estese anche centinaia di km possono diventare contribuenti al deflusso superficiale, che si propaga in cascata verso le terre a quota più bassa. In questa configurazione risulta difficile, definire a priori l’area drenata, perché essa in genere non è costante, ma varia durante tutta la durata dell’evento. Un primo importante requisito, in un approccio idrologico ai bacini endoreici, è quello di definire quale siano tutti i sottobacini, che sottendono a un’area di recapito finale, che potenzialmente possano contribuire al deflusso, verificando quali siano le soglie degli spartiacque e quando vengono raggiunte le condizioni di troppo pieno di ogni singolo bacino. Da un punto di vista progettuale, dunque si ha in genere che l’area totale contribuente al deflusso varia in funzione del periodo di ritorno (Iacobellis & Castorani, 2014).

In tal senso si possono distinguere i bacini endoreici, critici dal punto di vista delle precipitazioni che si comportano in maniera indipendente per periodi di ritorno bassi e le macroaree endoreiche come quella del Salento che per periodi di ritorno molto alti può accadere che tutta l’area contribuisca al deflusso superficiale. Tale situazione estrema difficilmente è stata raggiunta, se non durante il famoso evento alluvionale del 1957 in cui il Salento si ritrovò sott’acqua (Iacobellis & Castorani, 2014).

Conseguenza del comportamento idrologico dei bacini endoreici, in termini di risposta alle precipitazioni, è la differente pericolosità idraulica connessa, che si differenzia in genere da quella dei bacini esoreici.

Solitamente infatti, durante un evento alluvionale, gli elementi critici per l’incolumità delle persone e dei beni, sono il livello dell’acqua e la velocità del flusso che definisce la forza di trasporto. In un ambiente carsico, contrassegnato dalla presenza di numerosi pozzi assorbenti, che possono raccogliere anche ingenti volumi d’acqua, e da modeste pendenze che caratterizzano tutto il territorio, il rischio dovuto alla forza di trasporto diventa meno importante. Risulta invece molto rilevante il volume che può essere immagazzinato nei recapiti finali dei bacini endoreici quali sono gli inghiottitoi carsici o le aree geomorfologicamente depresse. L’analisi idrologica andrebbe dunque realizzata tenendo conto del rischio connesso all’altezza dell’acqua piuttosto che alla sua velocità. In questo senso, volendo implementare un modello idrologico, l’evento critico di pioggia va ricercato considerando la durata critica di un evento di precipitazione, ovvero la durata che massimizza il volume di deflusso raccolto nelle pianure soggette ad inondazione, tenendo conto dell’effettivo bacino contribuente. Nei modelli idrologici tradizionali, che tipicamente si riferiscono ai bacini esoreici, il fattore critico è di norma considerato il picco di portata. Per i bacini endoreici, invece, il fattore più critico è rappresentato dal volume massimo di pioggia, ovvero l’integrale dell’idrogramma di piena.

Un’altra considerazione da porsi riguarda il modello di infiltrazione che meglio si adatta a delle aree peculiari come quelle carsiche e semi-aride della Puglia centro-meridionale. Tipicamente nei modelli idrologici tradizionali viene utilizzato il metodo del Curve Number del Soil Conservation Service (SCS-CN). (SCS, 1972),

Tesi di laurea di Sara Brizzi (1) 𝑄 𝑃 − 𝐼𝑎 =𝐹 𝑆 E sull’equazione di continuità: (2) 𝐹 = 𝑃 − 𝐼𝑎− 𝑄

Dove Q rappresenta il deflusso superficiale, P la precipitazione totale, 𝐼𝑎 rappresenta le perdite iniziali per

intercettazione e infiltrazione, F rappresenta l’infiltrazione e S la massima ritenzione idrica del suolo. Risolvendo l’equazione (1) si ha che per 𝑆 = 𝐹,

ovvero quando si è in condizione di saturazione, 𝑄 = 𝑃 − 𝐼𝑎 e dunque si suppone che durante l’evento di

precipitazione il tasso di infiltrazione tenda sempre asintoticamente a zero. Supporre questo tipo di comportamento in un ambiente carsico non è sempre corretto, poiché in queste aree, ove il processo di infiltrazione gioca un ruolo fondamentale, sebbene si possa raggiungere una situazione di saturazione degli inghiottitoi carsici il tasso di assorbimento seppur può diventare prossimo allo zero non è mai del tutto nullo. Nel lavoro di (Iacobellis & Castorani, 2014) viene proposta una metodologia razionale molto interessante, di modellazione idrologica dei bacini endoreici, in cui il framework del modello idrologico tradizionale è stato riadattato per poterlo applicare ai bacini endoreici.

Il metodo che viene trattato in tale lavoro si basa sulla ricerca della durata critica dell’evento di pioggia massimizzando il volume e non la portata e utilizzando per il calcolo del tasso di infiltrazione il metodo di Horton in cui il tasso di infiltrazione asintoticamente può essere anche molto elevato rispettando più correttamente il comportamento del terreno in un ambiente carsico e permettendo di trovare un volume massimo che con il metodo SCS-CN non veniva raggiunto (Iacobellis & Castorani, 2014).

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4.3. Classificazione delle forme carsiche chiamate