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COMPLESSITA’ MISTERO

2.6 Il bambino e le preferenze ambiental

L’influenza delle caratteristiche ambientali sullo sviluppo mentale, affettivo e sociale del bambino rientra nel quadro teorico della psicologia moderna, ma per molti anni l’attenzione si concen- trò sulla componente sociale piuttosto che su quella fisica. Il ruolo delle stimolazioni sensoriali provenienti dall’ambiente fisico durante le prime esperienze di vita è entrato successivamente nell’ottica della ricerca, attraverso osservazioni sui comportamenti e sulle preferenze dei bambini in relazione a spazi interni ed esterni. Più recente è l’interesse per il legame che i bambini pos- sono intrecciare con l’ambiente.

Il concetto di “attaccamento” introdotto dallo psicologo e psicoanalista britannico J. Bowlby23

viene trasferito nell’ambito della psicologia ambientale. Tale pensiero riconduceva al tipo di le- game instaurato tra madre-figlio le differenze comportamentali dei bambini.

I prodromi della teoria dell’attaccamento di Bowlby vengono riscontrati nella teoria dello svilup- po affettivo elaborata dallo psicoanalista britannico D. Winnicott (1896-1971), la quale attribui- sce all’ambiente un ruolo centrale nello sviluppo delle prime relazioni oggettuali del bambino. L’autore riscontra una profonda analogia tra gli aspetti di sostegno fisico forniti dall’ambiente e quelli di protezione psicologica forniti dalla figura materna. Egli definisce l’assistere il bambino nei primi anni di vita come un fornirgli un ambiente favorevole per la salute mentale e per lo sviluppo affettivo e, in questo senso, parla proprio di madre-ambiente. Le buone cure materne corrispondono a un apporto ambientale adeguato. All’inizio del suo processo evolutivo il bam- bino è un abitante nel corpo della madre, poi nelle sue braccia e infine nella casa dei genitori. Lo sviluppo dell’individuo dalla dipendenza assoluta all’ indipendenza è sempre strettamente connesso al suo abitare in un ambiente . Ambiente umano e ambiente non umano mantengono una profonda analogia anche per la vita affettiva degli adulti, fino a dare vita a un attaccamen- to ai luoghi, che ha, nelle diverse fasi della vita, radici e modalità di espressione simili a quelle dell’attaccamento alle persone.

Fa ormai parte della ricerca empirica l’interesse per le condizioni che favoriscono un attaccamen- to positivo ai luoghi: che interesse hanno i bambini verso gli ambienti in cui vivono? Che fattori influenzano le loro interpretazioni dell’ambiente? i più piccoli concepiscono lo spazio, il tempo, e più in generale il mondo esterno, come profondamente intrecciati, “con-fusi” con la loro realtà emotiva interna. Questo perché, avendo una minore esperienza del mondo rispetto agli adul- 23 John Bowlby (1907–1990) è stato uno psicologo e psicoanalista britannico che ha elaborato la teoria dell’attaccamento, nella sua opera principale Attachment and loss (1969), interessandosi particolarmente agli aspetti che caratterizzano il legame madre-bambino e quelli legati alla realizzazione dei legami affettivi all’interno della famiglia.

ti, tendono a basarsi maggiormente sui fattori emozionale piuttosto che su quelli cognitivi. Le emozioni, come detto in precedenza, giocano un ruolo primario nella valutazione dell’ambiente. Possiamo supporre che i bambini più piccoli organizzino le emozioni suscitate dall’ambiente in semplici associazioni che vanno dal buono al cattivo, mentre i bambini più grandi siano in grado di attivare nodi emozionali più complessi, quali, ad esempio, “il luogo nel quale mi sento timido” oppure “il posto in cui mi sento a mio agio”.

Nella valutazione degli ambienti la preferenza accordata a certe tipologie di spazi è risultata essere profondamente legata all’età. Già in livelli abbastanza precoci di età (12-36 mesi) sono identificabili precise preferenze spaziali. Dopo una fase caratterizzata dal gioco individuale o con l adulto in spazi molto delimitati e circoscritti ( spazi chiusi, angoli, oppure ambienti stretti, che indicano il bisogno di intimità e riservatezza) (Figura 7.1), si passa a una fase di transizione in cui, grazie ad abilità motorie superiori, i bambini si azzardano a muoversi in spazi più ampi e quando tornano in spazi limitati tendono a condividerli con altri bambini (Figura 7.2).

La fase successiva corrispondente al terzo anno di età, è caratterizzata dallo spazio totale, cioè dall’uso di tutto lo spazio a disposizione. È curioso che proprio nell’età in cui la maggior autono- mia psicologica e motoria permette un’esplorazione a uso esteso dell’ambiente, resti la neces- sità di cercare particolari nicchie dello spazio, come angoli, casette di tela, spazi nascosti, in cui restare soli, esclusi dalle aree di socializzazione forzata (Figura 7.3).

Lo spazio personale non sembra avere solo una funzione nella regolazione dei rapporti interper- sonali, ma anche dei rapporti tra ambito psicologico interno e ambito psicologico esterno. L’ac- cesso al proprio spazio interno, ai propri pensieri, sembra essere possibile solo in alcune partico- lari condizioni ambientali. La spinta verso un centro familiare è bilanciata, in condizione ottimale, da una spinta verso l’esterno, verso le attrazioni del mondo. La coordinazione tra queste due spinte ha successo tanto più alta è la qualità delle relazioni e il senso di identità degli individui. “Nello specifico gli spazi che si prendono cura del bambino devono offrire anche l’opportunità di poter passare dalla sfera sociale-collettiva a quella privata-individuale, nella quale è possibile scegliere di restare da soli, con le proprie emozioni. Diventano così indispensabili i luoghi tana, i nascondigli, i luoghi appartati e tranquilli che, con la loro magia, sollecitano l’immaginario in- fantile; luoghi che sanno accoglierlo nella molteplicità dei suoi bisogni, coniugando l’esigenza di sicurezza, di affettività e di cura con il desiderio di esplorazione e di conoscenza, e il sentimento di intimità con il piacere di stare insieme agli altri.”24

In età scolare e pre-adoloscenziale, l’attaccamento riguarda una successione di luoghi che espandono via via lo spazio di vita. Nell’età in cui si costruisce una propria identità e una repu- 24 Bavarelli F., Articolo Abitare a occhi aperti, in “Spazi per crescere: dialoghi tra architettura e pedagogia”, Ravenna, 2009.

tazione sociale, i luoghi sono apprezzati anche per le possibilità che offrono di esibire le proprie capacità (forza, destrezza, conoscenza) ai compagni e quindi permettono giochi di gruppo. Se- condo alcuni psicologi i ragazzi tra 6 e 12 anni sono geneticamente predisposti alla esplorazione e al legame con la natura in quanto la nostra specie Homo acquisiva le abilità e le capacità di percezione necessarie alla sopravvivenza proprio in questa fase della vita (Figura 7.4). Nell’ado- lescenza ricompare il bisogno di ambienti che circoscrivano un spazio confidenziale, privato, che delimiti l’intimità delle relazioni(Figura 7.5). Si riformano i gruppi misti sgretolatisi nella preado- lescenza e riappare un radicamento nei luoghi vicini, però si osserva sia apprezzamento per gli spazi privati della casa sia attrazione verso luoghi nuovi.

Il bisogno di privacy caratterizza non solo l’adolescenza ma tutti i periodi dello sviluppo: un’inti- mità indisturbata caratterizza i nascondigli e i luoghi che ci si costruisce per isolarsi dalle tensioni interpersonali ed essere quieti. C’è un momento in cui i genitori capiscono che i bambini hanno un profondo bisogno di una propria stanza. Tuttavia, già in precedenti età i bambini manifestano il desiderio di creare luoghi separati per se e i propri amici, luoghi dove l’intrusione di un adulto è vista come una profanazione25.

25 Canter D., The Psychology of Place, Architectural Press, New York, 1977.

Criticità dell’ambiente ospedaliero: indagine