La prima notizia di prestatori ebrei a Siena è del 1309, quando, come già ricordato, alcuni ebrei di origine romana commorantes in civitate Senarum, si prodigarono per stipulare una condotta con il Comune di San Gimignano, in guerra con quello di Volterra, al fine di instaurare un banco di prestito nella città.
La trattativa non andò però in porto, in quanto il Comune di San Gimignano optò per dei prestatori cristiani382.
380
Salvadori-Sacchetti, Presenze ebraiche nell’aretino, p. 31. 381
Salvadori-Sacchetti, Presenze ebraiche nell’aretino, p. 32. 382
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Per quanto manchino attestazioni di una presenza ebraica finalizzata al prestito a Siena e nel suo territorio, nella prima metà del XIV secolo, ciò non significa che il prestito sia ebraico che cristiano fosse assente383.
Già negli anni Quaranta del Trecento il Comune senese aveva manifestato un seria preoccupazione nei confronti dell’attività creditizia, all’epoca gestita da feneratori cristiani, i quali applicavano tassi d’interesse eccessivi, per cui i cittadini senesi si trovarono a essere «spolgiati et dinudati de beni propri essi loro devitori», mente i prestatori li fanno incarcerare oppure bandire dalla città e dal contado384.
La prima notizia di un banco feneratizio ebraico a Siena risale al 1355, anno della caduta del governo dei Nove, quando pervenne al nuovo governo dei Dodici la richiesta di Vitale di Daniele, in deroga ad alcune riformanze comunali, di poter prestare in città, portando con sé la sua famiglia385.
Il feneratore aveva precedentemente effettuato un prestito di 350 fiorini d’oro ai quattro provvisori della Biccherna, a un tasso particolarmente basso, il 5% annuo, e di questa somma chiedeva la restituzione nel caso le autorità comunali avessero risposto con un diniego alla sua richiesta386.
Anche in questo caso, la conditio sine qua non ci può essere la stipula di capitoli della condotta, è il versamento da parte del prestatore o di una compagnia bancaria di una somma di denaro a perdere nelle casse del comune presso il quale si voglia intraprendere l’attività finanziaria, una sorta di tassa preventiva concessa dal feneratore e in genere richiesta dalle autorità pubbliche per avviare le trattative.
Ma non c’è solo questo, anzi anche nel caso senese l’atteggiamento dei poteri pubblici nei confronti del prestito ebraico è favorevole poiché l’arrivo di feneratori ebrei sul mercato finanziario locale avrebbe sicuramente abbassato il costo del denaro387 e ciò avrebbe consentito l’accesso al prestito a chi si trovava
383
Boesch Gajano, Il Comune di Siena e il prestito, p. 180 384
ASSi, Consiglio Generale, 124, cc 48-50, 23 aprile 1339, cfr. Boesch Gajano, Il Comune di Siena e il prestito, p. 182, n. 14.
385
Salvadori, Breve storia degli ebrei toscani, p. 31. 386
Boesch Gajano, Il Comune di Siena e il prestito, p. 183. 387
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nella condizione di non poter pagare le imposte che col governo dei Dodici vennero inasprite388.
Dunque il nuovo governo dei Dodici ebbe un atteggiamento più favorevole alla introduzione del prestito ebraico in città, tanto che già nel 1358 il comune concesse l’autorizzazione all’esercizio del prestito a un altro ebreo feneratore, Consiglio di Dattaro di Consiglio, per una durata ventennale a condizioni vantaggiose per il prestatore, come sappiamo da una delibera del 1375, a seguito delle lamentale dello stesso feneratore, il quale chiedeva con insistenza il ripristino delle precedenti condizioni e immunità389.
In risposta alle lagnanze di Consiglio di Dattaro, le autorità comunali provvidero a una deroga agli statuti vigenti, motivata dalla scarsa liquidità persino per pagare gli stipendi agli ufficiali governativi, quali i rettori, i castellani e i custodi390.
Tre anni dopo fu annullata una multa di 1.000 fiorini inflitta a Consiglio a patto che egli concedesse un prestito al Comune391.
Numerose sono le testimonianze sulla presenza di feneratori ebrei a Siena e nel suo territorio negli anni seguenti; sembra anzi che la presenza del credito ebraico possa essere stata rilevante nel momento in cui la situazione finanziaria della Repubblica senese, già in crisi dalla metà del Trecento, si aggravava sempre di più anche in conseguenza delle dispendiose guerre contro Perugia e Firenze per il pagamento delle compagnie di ventura.
La crisi finanziaria della Repubblica senese ebbe come conseguenza un continuo e rapido cambiamento della compagine governativa e istituzionale, con la caduta del governo dei Nove nel 1355, poi quella del governo dei Dodici nel 1368, ed infine quello dei Tredici nel 1369.
A questi sconvolgimenti politici si accompagnarono quasi sempre i tentativi di riforma dell’organizzazione delle finanze, prima con l’istituzione della
388
Boesch Gajano, Il Comune di Siena e il prestito, p. 184. 389
In particolare Consiglio di Dattaro chiedeva l’immunità dall’alliramento periodico (relativo al carico fiscale), dal pagamento gabella annua di 100 fiorini d’oro, da fideiussori a garanzia di non barattare i pegni e dal prestare servizio di guardia, cfr. Boesch Gajano, Il Comune di Siena e il prestito, pp. 184-185, p. 185 n.19.
390
Boesch Gajano, Il Comune di Siena e il prestito, p. 187. 391
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magistratura dei Regolatori, per il controllo di tutte le scritture contabili del comune, e poi la costituzione del Monte del debito pubblico nel 1369392.
Un’altra conseguenza della crisi finanziaria furono le rivolte sociali che nella seconda metà del Trecento caratterizzarono la storia politica e sociale di Siena, delle quali la più nota è stata la rivolta degli scardassieri della Compagnia del Bruco dell’estate del 1371, conclusasi con la repressione a opera del Consiglio dei Riformatori393.
Proprio in relazione alla fine del governo dei Riformatori nel 1384, la cronaca senese di Paolo di Tommaso Montauri narra che «Uno giudeo disse a’ Gentiliomini: gridate viva la pace e tutto el popolo terà con voi, e così fu, tanto che in breve tutti i Riformatori furono tosto rotti caciati dal Canpo»394, una dimostrazione della partecipazione diretta degli ebrei alla vita politica della città durante i rivolgimenti sociali, come attestato anche per l’esperienza di Cola di Rienzo a Roma395.
Nonostante il continuo aumento della presenza ebraica a Siena, il Comune mantenne un atteggiamento mutevole e contradditorio, causato da una parte dal bisogno di liquidità a tassi non proibitivi, dall’altra dal tentativo di non rafforzare eccessivamente la componente ebraica in città, in particolare nel cercare di non dipendere eccessivamente dalle attività creditizie ed economiche dei suddetti ebrei.
Nel 1384 vi fu un tentativo di imporre agli ebrei senesi di risiedere al di fuori delle strade del centro cittadino, garantendo la libertà di abitazione al di fuori di questa zona, tuttavia questo tentativo non ottenne i frutti sperati. Altri controlli e restrizioni furono emanati tra 1395 e 1398, attinenti in particolare l’attività creditizia, come la limitazione ad imporre un tasso d’interesse alto, la proibizione di contrarre debiti pubblici con gli ebrei.
392
Boesch Gajano, Il Comune di Siena e il prestito, pp. 185-186. 393
V. Rutenburg, Dvizneija v gorodach Italii. XIV-nacalo XV veka, Accademia delle scienze Urss, 1958, trad. italiana, Popolo e movimenti popolari nell’Italia del ‘300 e ‘400, Bologna, 1971, pp. 130-150.
394
Paolo di Tommaso Montauri, Cronaca senese, in Cronache senesi, a cura di A. Lisini e F. Giacometti, Rerum Italicarum Scriptores, tomo 15, parte 6 b, p. 710; Boesch Gajano,
Il Comune di Siena e il prestito, p. 187.
395
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Infine, per meglio salvaguardare gli interessi del Comune, venne creato un ufficio composto da quattro cittadini per ogni Monte, incaricato di risolvere ogni questione relativa al rapporto con gli ebrei prestatori396.
D’altra parte la fame di liquidità della società senese portò il Comune a stipulare nel 1387 una nuova condotta con una societas composta dallo stesso Consiglio di Dattaro, dai suoi fratelli Sabbato e Abramuccio, da Gaio di Angelo e da Salomone del fu Matassia di Sabbatuccio397.
Solo due dei capitoli della condotta sono noti: il primo era relativo al prestito di 800 fiorini che gli ebrei dovettero concedere al Comune per pagare la truppe mercenarie di Bernardo e di Everardo; il secondo invece era relativo alla cessazione o meglio al rinvio della riscossione della gabella del macello, che credo spettasse ai feneratori come saldo di un precedente prestito398.
Nuove condizione all’esercizio del prestito vennero emanate nel dicembre del 1393 dal Consiglio Generale che stabilì la liceità del prestito su pegno con un tasso di due soldi al fiorino e dietro pagamento di 100 lire l’anno al Comune, garantendo i prestatori dal pagamento di ulteriori balzelli, anche per garantire alle classi più disagiate l’accessibilità al prestito per pagare le tasse399
.
Oltre che da queste testimonianze di tipo normativo, la presenza feneratizia ebraica a Siena e nel suo contado, nell’ultimo scorcio del Trecento, può essere dedotta anche dalle imposizioni fiscali eccezionali del Comune, che pur essendo dirette a tutta la popolazione, colpivano in modo sperequato la comunità ebraica rispetto alla rimanente componente cristiana.
Nell’agosto del 1396 per esempio fu imposta una tassa straordinaria di 8.000 fiorini per «armare cento lance e prendere un capitano»,essa fu così ripartita: 4.000 fiorini alla città, 3.000 fiorini al contado, 1.000 fiorini agli ebrei (500 da pagare subito e 500 da pagare dopo sei mesi).
396
Boesch Gajano, Il Comune di Siena e il prestito, pp. 189-190. 397
Boesch Gajano, Il Comune di Siena e il prestito p. 188. 398
Boesch Gajano, Il Comune di Siena e il prestito, p.188, n. 26. 399
Tra le intenzioni delle autorità senesi c’era anche quella di far sì che «e giuderi non consumarranno questa città come anno facto che l’anno diserta e non cogliaranno al punto e’ povari e gl’altri che achattano avendoci più che prestino», cfr. ASSi, Consiglio
Generale, 197, c 86 v, 21 dicembre 1393; Boesch Gajano, Il Comune di Siena e il prestito, p.189.
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Tutte le somme erano iscritte nel libro del debito pubblico e dovevano essere restituite senza interessi, ma poco dopo le autorità corressero i conti alleggerendo molto l’aggravio fiscale o meglio il prestito forzoso della città (ridotto a 1.500 fiorini) e del contado (2.000 fiorini), mentre per gli ebrei esso rimase invariato, con l’unica novità che il prestito poteva essere erogato in tre rate invece che in due400 .
Oltre a questa tassazione straordinaria collettiva, gli ebrei a Siena erano sottoposti ad una tassazione straordinaria esclusiva, in quanto coloro che erano tenuti a versare il denaro erano probabilmente gli stessi feneratori con i quali le autorità pubbliche avevano stipulato i patti relativi al prestito.
Questi versamenti straordinari di somme anche consistenti erano garantiti, per la restituzione, oltre che dall’iscrizione nel libro del debito pubblico, anche dalla riscossione delle gabelle, con un tasso d’interesse di favore nei confronti del comune stesso.
Ad esempio, nel luglio del 1391 gli ebrei furono tenuti a pagare 2.000 fiorini da restituirsi a un tasso d’interesse non superiore al 10 % annuo con la riscossione della gabella del mosto, anche se successivamente, a causa della carestia e impossibilitato quindi ad imporre altri gravami fiscali alla città, il Comune sostituì questa gabella con un’altra, senza danno per il capitale né per gli interessi degli ebrei401.
Un mese dopo fu deliberata una seconda imposizione fiscale straordinaria di altri 2.000 fiorini, questa volta d’oro, in capo alla comunità ebraica, e il versamento sarebbe dovuto avvenire in meno di 25 giorni, a un tasso d’interesse dell’8% annuo402
.
Molte altre furono le imposizioni fiscali straordinarie imposte agli ebrei in quegli anni, vere e proprie attività estorsive, dato che spesso gli ebrei erano costretti a pagare poiché le autorità li minacciavano sia di espulsione dallo stato che di eliminazione delle garanzie personali: nel maggio 1395 fu imposta una tassa di 1.000 fiorini di cui 300 da versare entro otto giorni, pena la rottura dei
400
Boesch Gajano, Il Comune di Siena e il prestito, p. 191: oltre all’ammontare della somma il Comune decise di concedere una provvigione a chi era sottoposto al prestito forzoso, del 10% annuo, garantito dalla riscossione di alcune gabelle.
401
Boesch Gajano, Il Comune di Siena e il prestito, p. 192. 402
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patti; nel maggio 1397 venne imposta una somma di 500 fiorini; nel gennaio 1398 un prestito di altri 500 fiorini e ancora nell’ottobre del 1401, altri 1.000 fiorini, con un tasso d’interesse dell’8%, da scomputarsi dai 25 fiorini che gli ebrei erano tenuti a pagare al Comune ogni bimestre403.
Vi è poi un’altra questione da affrontare: la presenza di ebrei feneratori
commorantes in Siena che prestavano in altre piazze toscane, spesso in città non
lontane dal dominio senese.
Abbiamo visto precedentemente che proprio negli anni in cui gli ebrei senesi erano sottoposti a continue richieste di prestito forzoso da parte del Comune senese, ebrei di origine romana, ma residenti a Siena, aprivano banchi in città sottomesse al dominio fiorentino come San Gimignano (1392), dove prestavano Gaio e Angelo di Abramo de Urbe, e Arezzo (1399), dove maestro Gaio di Angelo era a capo di una compagnia di feneratori.
Quest’ultimo infatti può essere considerato la figura di maggior prestigio tra i feneratori ebrei di Siena, tanto da assolvere anche ad alcune funzioni politiche e diplomatiche.
Infatti, nel gennaio 1402 venne ricevuto dal duca di Milano Gian Galeazzo Visconti un oratore inviato dello stesso Gaio di Angelo e dai suoi soci, al fine di ottenere un prestito dallo stesso Visconti.
La missione diplomatica e finanziaria fu pagata dal Comune di Siena («orato ire debeat et redire sine sumptibus et expensis dicti Gai et sociorum suorum»)404.
Il fatto che ebrei senesi prestino in altre piazze toscane, fa emergere, secondo quanto suggerito da Sofia Boesch Gajano, una doppia strategia: da una parte gli ebrei, con la presenza in altre città di loro banchi di prestito, si assicuravano un aumento di capitale; dall’altra Siena, si garantiva un incremento di una cospicua fonte di denaro liquido e forse anche un’utilizzazione non esclusivamente finanziaria della presenza ebraica in altri comuni405.
403
Boesch Gajano, Il Comune di Siena e il prestito, pp. 192-193. 404
Boesch Gajano, Il Comune di Siena e il prestito, p. 194. 405
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Nel primo decennio del XV secolo la presenza ebraica a Siena sembrava continuare a ruotare intorno a Gaio di Angelo, il quale continuava ad avere la funzione di prestatore pubblico e prestatore nei confronti del Comune.
Tuttavia a partire dal 1408 si registra un’inversione di tendenza da parte delle autorità comunali nei confronti dei prestatori ebrei, dato che si cercò di effettuare un preciso controllo sul prestito: un controllo specifico, per quanto concerneva l’attività di prestito su pegno, esercitato dalla magistratura dei Regolatori e un controllo più generale, nella misura in cui i prestatori erano considerati alla stregua degli altri cittadini, esercitato dalla Biccherna.
Gaio, in quanto prestatore, effettuava dei versamenti bimestrali all’ufficio dei Regolatori, ma proprio nel 1408 venne formata una commissione di cittadini incaricata di trattare con lo Gaio per la restituzione di una somma da lui richiesta406.
Nel 1412 avvenne una svolta nei rapporti tra Comune di Siena e gli ebrei feneratori: con gli Statuti promulgati il 20 marzo di quell’anno si stabilì di nominare una commissione composta da tre uomini, uno per ogni Monte in cui era suddivisa la città, per integrare l’attività dei Regolatori per quanto concerne i rapporti con gli ebrei, in particolare per sorvegliare che i prestatori non contravvenissero ai capitoli della condotta.
In seconda battuta si stabilì che la stessa condotta, la cui scadenza era il 31 ottobre del 1420, non dovesse essere rinnovata e che a partire da quella data nessun ebreo potesse più esercitare il prestito nel territorio della Repubblica di Siena, pena una multa di 10.000 fiorini d’oro e che fino ad allora il tasso di interesse dovesse essere di due soldi al fiorino.
Gli Statuti prevedevano inoltre la possibilità da parte di prestatori sia cristiani che ebrei di tenere un banco fuori dalla città di Siena nei luoghi dove non prestavano gli ebrei407.
In questo frangente dunque sembra che la politica del Comune senese si sia trovata a una svolta, in particolare si cercava da una parte di liberalizzare
406
Boesch Gajano, Il Comune di Siena e il prestito, pp. 195-196. 407
«Che sia licito e possa ciascuno cristiano et giudeio tenere presto pubblicamente con tenda fuori della città di Siena e fuori de’ luoghi ne’ quali prestavano nel contado di Siena e’ detti giudei», cfr. ASSi, Statuti, 39, cc. 27-28, 20 marzo 1412; Boesch Gajano, Il
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l’attività del prestito rendendola lecita sia a cristiani che agli ebrei, dall’altra sembra che il Comune cercasse di spezzare il monopolio dei feneratori ebrei coi quali aveva stipulato la condotta del 1408.
In quegli anni il Comune senese aveva ancora bisogno del prestito ebraico per sopperire ai propri bisogni e nel maggio 1414 è registrato un prestito di 1.000 fiorini, pagato in due rate dall’hebreus de Senis, Gaio di Angelo408.
Nel 1420, poco prima della scadenza della condotta, il Consiglio Generale decise che gli ebrei non potevano più prestare in tutto il territorio dello Repubblica di Siena e contemporaneamente che fossero resi loro i debiti con un interesse del 10%, in modo che gli ebrei «non si possino lagnare d’esserli facto torto»409.
Tutto questo altro non era che il preludio del tentativo del Comune senese di istituire egli stesso un organo responsabile del prestito, poiché nella medesima delibera del Consiglio Generale era prevista l’elezione di un organo composto da tre uomini, uno per ogni Monte, in carica per un anno, che gestisse il prestito sia in città che nel contado.
I tre cittadini responsabili del prestito “statale” dovevano render conto del loro operato alla magistratura dei Regolatori e avrebbero avuto in gestione per le operazioni finanziarie un capitale iniziale di 5.000 fiorini e se questo non fosse stato sufficiente avrebbero potuto ottenere denaro a un tasso d’interesse del 10%.
Per il prestito su pegno l’interesse veniva fissato a sedici denari al fiorino al mese, cioè al 19% annuo, e questo interesse veniva calcolato giorno per giorno, mese per mese.
I pegni frutto di illecito dovevano essere restituiti, facendo pagare la somma versata senza gli interessi, mentre i pegni ordinari potevano essere venduti dopo quindici mesi; nel caso di eccedenza nella vendita, rispetto al capitale e all’interesse, questa doveva essere versata al proprietario del pegno410
.
Questa era l’attività di prestito organizzata e gestita dai poteri pubblici, tuttavia già pochi giorni dopo l’avvio dell’attività vi fu la richiesta di aprire un banco da parte di due prestatori cristiani, Zeno di Chiarasco da Soncino e Ranieri
408
Boesch Gajano, Il Comune di Siena e il prestito, p. 197. 409
ASSi, Consiglio Generale, 209, cc 44v-45v, 7 giugno 1420. 410
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Toscano da Milano, i quali inoltrarono alle autorità senesi le loro condizioni per stipulare una condotta: esenzione dalle tasse per loro, i loro familiari e i dipendenti del banco; libertà di esercitare il prestito in una o più case della città e del suo distretto; effettuare prestito sia su pegno che ipoteca; porre un interesse di quattro denari per lira al mese, contando giorno per giorno e mese per mese; restituzione dei pegni frutto di illecito solo dopo avere ricevuto sia il capitale che l’interesse; conservazione dei pegni per 15 mesi prima della vendita all’asta; proibizione del prestito agli ebrei; pagamento di una tassa di 200 lire annue per tutta la durata della condotta; divieto del prestito durante le festività cristiane411.
Non sappiamo se i due prestatori cristiani abbiano ottenuto il permesso di aprire un banco, tuttavia questo interessamento da parte dei due banchieri sta a indicare che il prestito gestito dallo stato non doveva aver funzionato per il meglio sin dal suo esordio.
Mi preme di sottolineare che tra le condizioni poste dai feneratori cristiani c’era quella di vietare il prestito agli ebrei, dunque a questa data la concorrenza tra prestatori cristiani e ebrei doveva essere ancora forte, seppur con un netto vantaggio di questi ultimi, i quali potevano sempre applicare condizioni e tassi d’interesse migliori e più vantaggiose rispetto ai cristiani.
A causa della persistente crisi finanziaria il Comune senese si vide costretto a rivolgersi nuovamente agli ebrei: nel 1437 chiese a Isacco di Consiglio un prestito di 500 fiorini per il pagamento dei soldati mercenari, dando come