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La presenza ebraica in Toscana prima della diffusione del prestito

La presenza ebraica in Toscana nonostante la scarsità e la frammentarietà delle fonti è sicuramente nota a partire dall’Alto Medioevo313.

La prima testimonianza certa della presenza ebraica nell’area toscana risale all’anno 859, grazie ad una pergamena lucchese, precisamente una carta

livelli che fa riferimento ad una casa con terre annesse posta in loco Fabrica, nei

pressi della chiesa di Sant’Andrea, nel pievanato di Fabbrica di Cigoli, nella valle inferiore dell’Arno, chiesa sita precisamente nella località di Bacoli, tra Cigoli e San Miniato, oggi in provincia di Pisa314.

Il documento ci narra che un lucchese cristiano aveva acquistato (ex

comparatione) la casa posta a Fabrica di Cigoli con i suoi annessi da Donato ex genere Ebreorum, per cui si è certi di una presenza ebraica in una zona posta ad

una trentina di chilometri da Lucca, soprattutto nel periodo successivo al decreto di espulsione di tutti gli ebrei dal Regno Italico, promulgato dall’imperatore Ludovico II nell’anno 855, al momento della successione al padre Lotario315.

Una fonte narrativa ebraica del XIII secolo proveniente dalla Germania, ci informa che nel corso del X secolo si formò a Lucca una scuola rabbinica alla

313

Per un’ampia visione degli insediamenti ebraici tra Alto e Basso medioevo nell’Italia centro-settentrionale, rinvio al lavoro di A. Veronese, Note sugli insediamenti ebraici

delle regioni centro-settentrionali (con qualche osservazione su quelli ashkenaziti), in Studi di Storia degli Insediamenti in onore di Gabriella Garzella, a cura di E. Salvatori,

Pisa, 2014, pp. 253-267.

314 M. Luzzati, Fra accettazione e rifiuto: Lucca e gli Ebrei dal IX al XVI secolo, in

Quaderni Lucchesi di studi sul Medioevo e sul Rinascimento, anno II, N. 1, Gennaio-

Giugno 2001, p. 113. 315

Luzzati, Fra accettazione e rifiuto, p. 114. Luzzati parla anche di una precedente espulsione su suolo italico, decretata dal re longobardo Pertarito o Bertarito nel 661, anno in cui ascese al trono, ma ritengo che tale decreto, se veramente fosse stato emanato, non possa aver avuto la minima efficacia a causa della guerra civile scoppiata nel regno longobardo tra Pertarito e il fratello Godeperto proprio nell’anno 661 e conclusasi nel 662 con l’uccisione di Godeperto e la cacciata di Pertarito da parte del duca di Benevento Grimoaldo, nuovo re longobardo.

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quale diedero lustro Moshé ben Kalonymos, il figlio Kalonymos ben Moshè da Lucca e il nipote Meshullam da Lucca, detto il Grande, rabbini di fama, emigrati forse in Germania e autori di responsa (teshuvot), ossia pareri legali, citati e pubblicati da importanti autorità rabbiniche di area germanica e francese tra il XII e XIII secolo316.

Altrettanto importante è la documentazione notarile lucchese dei secoli X e XI che attesta contratti di livello e altri negozi giuridici tra ebrei lucchesi e autorità ecclesiastiche317, in particolare gli ebrei risultavano essere livellari dei vescovi di Lucca, ai quali erano presumibilmente legati, a dimostrazione di una presenza ebraica di lunga durata e declinata su tutto il territorio318.

Una testimonianza di tipo agiografico segnalata da Bernhard Blumenkranz, che attesta una nutrita presenza ebraica in Toscana, è un passo della

Vita sancti Symeonis monachi, scritta pochi anni dopo la morte del santo armeno,

avvenuta nei pressi di Mantova nel 1016.

Nel capitolo VIII intitolato: Qualiter sanctus Symeon in Lucana civitate

Iudeorum multitudinem ad Christum convenit, si narra un episodio avvenuto tra il

982 e il 987 nel quale Simeone, monaco eremita arrivato in Italia dall’Armenia, venne ospitato a Lucca nella casa di un ebreo e durante una riunione conviviale, il monaco cominciò a discutere di religione alla presenza di molti altri ebrei319.

Uno di essi in particolare si accanì nel negare che Cristo fosse nato da una vergine con foga tale da morire improvvisamente, cosicché il Iudeorum populus di Lucca, impressionato da questa punizione divina, su sollecitazione di Simeone, decise di convertirsi e ricevette il battesimo dalle mani del vescovo di Lucca.

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V. Colorni, Gli ebrei nei territori italiani a nord di Roma dal 568 agli inizi del secolo

XIII, in Gli ebrei nell’Alto Medioevo, I, settimane di studio del Centro Italiano di Studi

sull’Alto Medioevo, XXVI, 30 marzo-5 aprile 1978, Spoleto, pp. 254-255, 1980; Luzzati,

Fra accettazione e rifiuto, pp. 114-115; Todeschini, Gli ebrei nell’Italia medievale, p.33.

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Ad esempio in un documento dell’anno mille, l’arcivescovo di Lucca concede a livello a Calonymos di Jehuda e Samuele di Isacco, ex genere Ebreorum, per un certo canone annuo, un terreno di proprietà della Chiesa lucchese, sito in Sorbanello; in un altro documento del 1003 il beneficiario di un terreno ecclesiastico è l’ebreo Salomone di Bonfilio, cfr. Colorni, Gli ebrei nei territori italiani, pp. 256-257; R.G. Salvadori, Breve

storia degli ebrei toscani, Firenze, 1995, p. 11.

318 Luzzati, Fra accettazione e rifiuto, p. 114.

319 P. Golinelli, La Vita di san Simeone monaco, in Studi Medievali, terza serie, XX

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Ora anche se la conversione di massa degli ebrei in un dato paese è un topos agiografico comune nella letteratura cristiana, il fatto che l’agiografo di un santo venuto dall’Oriente, che percorse tutta l’Italia, la Francia e l’Inghilterra, abbia voluto collocare l’episodio proprio a Lucca, sta a significare, come dice anche Luzzati, che all’epoca la città toscana era nota come sede di una importante colonia ebraica320.

Alla metà del XII secolo la presenza ebraica a Pisa e a Lucca è attestata grazie alla testimonianza dell’Itinerarium di Beniamino di Tudela, il quale soggiornò nel corso del suo viaggio nelle due città, nelle quali riscontrò una significativa presenza ebraica, seppur demograficamente limitata rispetto a quella di Roma, del Mezzogiorno e della Sicilia.

Beniamino incontrò a Pisa una comunità composta da 20 famiglie321; mentre a Lucca la comunità era composta da 40 famiglie322.

A Pisa la presenza ebraica è documentata nel XII secolo anche dalla prima legislazione comunale del 1161, la quale contemplava la presenza degli ebrei oltre che dei musulmani in questi termini: era vietato il matrimonio tra ebrei e cristiani; non era ammessa la testimonianza di ebrei in una causa tra cristiani ed ebrei; non era lecito per un ebreo ereditare da un cristiano, infine gli ebrei erano tenuti a prestare giuramento con una formula particolare, il cui testo viene riportato per esteso dalle norme statutarie323.

Tra XII e XIII secolo a Pisa, grazie all’espansione commerciale e militare della città, erano presenti ebrei provenienti da paesi musulmani, come attestato da due lettere scritte in arabo tra 1223 e 1229 e indirizzate al Podestà di Pisa Ubaldo Visconti.

320 Luzzati, Fra accettazione e rifiuto, pp. 115-116.

321

«Pisa è una citta molto grande, con circa diecimila case turrite per combattere in tempo di guerra. Tutti gli abitanti sono potenti, non hanno né re né principe che li governi, ma solo dei magistrati nominati da loro. In città ci sono venti ebrei, con a capo rav. Moshe, rav. Hajim e rav. Josef. La città non ha mura e dista sei miglia dal mare, il fiume che l’attraversa serve per fare entrare e uscire le navi», cfr. Benjamin da Tudela, Libro di

Viaggi, p.44.

322

«A Lucca si trovano quaranta ebrei. La città è grande, ed a capo degli ebrei sono rav. David, rav. Semuel e rav. Ja’aqob», cfr. Benjamin da Tudela, Libro di viaggi, p.44. 323

M. Luzzati, Ebrei ed ebraismo a Pisa, un millennio di ininterrotta presenza, Pisa, 2005, pp. 5-6; Salvadori, Breve storia degli ebrei in Toscana, p. 12.

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Nella prima due notabili tunisini, Bec e Bei, raccomandavano al Podestà un ebreo tunisino di nome Bonault, che si era recato a Pisa per una causaz.

Nella seconda il tunisino Omar ibn Ali Bakr es-Sabouni invitava il Podestà a interessarsi dei crediti che Omar Abi-al Gialid, ebreo tunisino, vantava a Pisa nei confronti dell’ebreo Abidsin e di suo genero Beitoura, il quale si era convertito al cristianesimo324.

In un atto notarile del 1225 c’è il nome di un certo Biadinus iudeus, creditore, insieme ad altri, di Caro da Cornazzano, da poco defunto.

Come ho detto in precedenza l’appellativo iudeus, isolato dal contesto di un documento, non significa che colui che lo portava fosse effettivamente ebreo; può rimandare a un’origine ebraica oppure essere un soprannome. In ogni caso la sua diffusione può autorizzare a pensare che ci fosse una presenza di un non irrilevante insediamento ebraico all’interno del quale non pochi dovevano essere i casi di conversione al cristianesimo325.

Altre prove della stabile presenza ebraica a Pisa nel XIII secolo sono 20 epigrafi in caratteri ebraici (due datate rispettivamente al 1274 e al 1275) e un provvedimento delle autorità del Comune di Pisa di fine Duecento che imponeva agli ebrei di risiedere in un unico luogo della città326, il cosiddetto chiasso degli ebrei327.

Nel corso del Trecento la presenza degli ebrei a Pisa fu sicuramente modesta e non vi erano discriminazioni, dato che gli ebrei continuarono ad accedere alla proprietà immobiliare urbana e rurale.

324

Salvadori, Breve storia degli ebrei in Toscana, pp. 7-8. 325

Del resto è noto che l’appellativo iudeus caratterizzò un ramo della nobile famiglia dei Visconti di Pisa, cfr. Luzzati, Ebrei ed ebraismo a Pisa, p.8; Luzzati, L’insediamento

ebraico a Pisa, in La casa dell’ebreo, pp. 24-25.

326

Questa norma, diffusasi anche in altre città, fu probabilmente frutto dell’ideologia prodotta dall’applicazione delle decisioni del IV Concilio lateranense (1215), che sancì un atteggiamento più severo nei confronti della componente ebraica nelle società cristiane.

327

Gli ebrei non avrebbero più potuto «habitare in aliqua parte vel loco pisane civitatis nisi in loco et classo Iudeorum, ubi soliti sunt morari, vel in aliquo alio loco, ubi dicti iudei concordaverint. Ita quod dicti iudei morentur in una contrata tantum et non in diversis contratis», in Luzzati, Ebrei ed ebraismo, p. 9; Luzzati, L’insediamento ebraico a

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Ad esempio è ricordata nella zona di Uliveto Terme, tra 1312 e 1338, una terra iudeorum appartenente a Muczetinus iudeus e ai suoi eredi, probabilmente convertiti al cristianesimo328.

Nel 1391 è menzionato un casalinum judeorum, originariamente un appezzamento di terra utilizzato come cimitero, detto poi nel corso del Quattrocento, «il giardino dei giudei»329.

Ma il documento che attesta una presenza ebraica a Pisa non collegato all’esercizio del prestito è quello datato giugno 1353, col quale il Comune di Pisa emise un bando per invitare gli ebrei a stabilirsi in città con le loro famiglie330.

Quasi certamente, come ha sostenuto Michele Luzzati, le autorità cittadine non pensavano ad attrarre prestatori, ma piuttosto mercanti ebrei di altre terre (come aveva fatto anni prima Roberto d’Angiò con gli ebrei delle Baleari), che fossero in grado di contribuire a rilanciare la declinanti fortune commerciali di Pisa331.

Il bando non produsse i risultati sperati, fatta eccezione per l’arrivo di qualche medico e di una famiglia di mercanti provenzali, tanto che a partire dall’ultimo quindicennio del Trecento, l’arrivo massiccio di prestatori ebrei di origine romana, condusse a caratterizzare il nucleo ebraico pisano come imperniato prevalentemente sull’attività di credito332

.

A Siena il primo documento che attesti con certezza la presenza ebraica non legata all’attività di prestito è del 1302, quando viene registrato il pagamento a un «giudeo barattiere» alle dipendenze del Comune di Siena incaricato di frustare i ladri per le strade cittadine333.

328

Luzzati, L’insediamento ebraico a Pisa, pp. 513-517; Luzzati, Ebrei ed ebraismo, p.12.

329

Luzzati, Ebrei ed ebraismo, p. 12. 330

M. Luzzati, Le attività economiche ebraiche nell’area mediterranea e il caso pisano, in Il ruolo economico delle minoranze in Europa. Secc. XIII-XVIII, Atti della Trentunesima Settiamana di Studi (Firenze, 19-23 aprile 1999), a cura di S. Cavaciocchi, Firenze, 2000, pp. 297-302.

331

M. Luzzati, Caratteri dell’insediamento ebraico medievale, in Gli Ebrei a Pisa (secoli

IX-XX), Atti del Convegno internazionale, Pisa 3-4 ottobre 1994, a cura di M. Luzzati,

Pisa, 1998, p. 3. 332

Luzzati, Ebrei ed ebraismo, p. 13. 333

P. Turrini, La Comunità ebraica di Siena. I documenti dell’Archivio di Stato dal

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Un secondo documento datato 1318 parla di una sovvenzione del Comune di Siena nei confronti di Giovanni di Vitale da Roma, un ebreo convertito334.

Ancora più labili sono gli indizi riguardo a un insediamento ebraico a Firenze o nel suo territorio prima dell’espansione dei banchi feneratizi.

Sono state avanzate ipotesi secondo cui vi era una presenza ebraica già dall’Alto Medioevo, tuttavia i primi indizi, per quanto molto deboli e isolati riguardano la presenza in Inghilterra nel 1286 di un certo Eleazaro da Firenze, e a Treviso nel 1323 di un Mayr da Firenze335.

Nell’ultimo decennio del Trecento e nei primi due del Quattrocento può forse essere ipotizzata una presenza ebraica a Firenze costituita esclusivamente da medici e traduttori, poiché due provvisioni del 1404 e del 1406, confermate dagli Statuti del 1415, proibivano ogni tipo di operazione di prestito agli ebrei, mentre troviamo in quegli stessi anni iscritti all’Arte dei Medici e degli Speziali alcuni medici ebrei: maestro Salomone Aviçori di Arles (iscritto nel 1422), maestro Leone di Abramo (iscritto nel 1412), maestro Diamante di Anori (iscritto dopo il 1408).

Sono attestati inoltre ebrei ai quali ci si rivolgeva per la traduzione dall’arabo in latino336

.

Inoltre a Firenze nel 1428 si tenne il terzo congresso di notabili ebrei, dopo quelli di Bologna e Forlì, come ricordato nelle pagine precedenti.

Incerte sono le notizie di una presenza ebraica nel territorio aretino slegata dall’attività di prestito. Alcuni indizi posso essere ricavati sulla base di toponimi ebraici quali “Castel Giudeo” e “Aia dei Giudei”, rintracciabili nell’Alta Valtiberina, non lontano da Cortona337.

Un ulteriore elemento è il nome di Donato olim Salamonis olim iudeo presente in un documento giudiziario aretino del 1348, nel quale compare egli

334

S. Boesch Gajano, Il Comune di Siena e il prestito ebraico nei secoli XIV e XV: fonti e

problemi, in Aspetti e problemi della presenza ebraica nell’Italia centro-settentrionale,

Roma, 1983, p. 181. 335

Salvadori, Breve storia degli ebrei toscani, p.13. 336

Cassuto, Storia degli ebrei a Firenze, pp. 15-16 ; Salvadori, Breve storia degli ebrei

toscani, pp. 27-28.

337

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come teste in una causa civile338; è da notare che Donato è descritto come olim

iudeo cioè è un convertito alla religione cristiana.

Altri nomi di ebrei o meglio di convertiti sono rintracciabili nella documentazione tardo trecentesca, come Laurentino, il cui nome compare nelle deliberazioni del consiglio cittadino, e Filippo, già Elia di Manuele di Deodato giudeo, che compare come teste in una causa civile, nei protocolli dell’archivio della famiglia Albergotti339.

Nella seconda metà del Trecento era sicuramente presente una comunità ebraica a Cortona, in territorio aretino, in quanto a essa si rivolse tra 1371 e 1372 la vicina comunità ebraica di Perugia per avere informazioni dalla comunità di Avignone riguardo al cardinale Filippo di Cabassoles (1305-1372), patriarca di Gerusalemme, nominato da papa Gregorio XI vicario pontificio in Umbria, Toscana e Romagna340.

Un discorso a parte va fatto per il castello di Poppi, paese oggi in provincia di Arezzo, e sino al 1440/41 dominio dei conti Guidi di Battifolle.

Qui compare nell’Estimo del 1384 il nome di un ebreo residente a Poppi, Manuele di maestro Mosè da Castiglione Aretino, il quale risulta essere proprietario di beni fondiari ed inoltre è considerato un terrazzano341. Qualche anno dopo, nel febbraio del 1393, lo stesso Manuele di maestro Mosè presentò all’ufficiale del conte Roberto Novello Guidi una denuncia contro un abitante di Poppi, Jacopo di Fortino, per ingiuria e minacce che costui avrebbe rivolto contro un altro ebreo di Poppi, Salomone e indirettamente contro tutti gli ebrei342.

Per concludere possiamo dire che la presenza ebraica in Toscana prima dell’età del prestito è circoscritta alle città di Pisa e Lucca in prima battuta e poi di

338

F. Tricomi, Gli ebrei ad Arezzo nel Quattrocento: storia economica e sociale, Tesi di dottorato, Scuola di ricerca “R. Francovich”: storia e archeologia del medioevo, istituzioni ed archivi, XX ciclo. Università degli studi di Siena, a.a. 2009-2010, p. 25. 339

Ibidem, pp. 25-26. 340

Toaff, Gli ebrei di Perugia, p.25; Salvadori-Sacchetti, Presenze ebraiche nell’aretino, p.22.

341

M. Bicchierai, Ai confini della Repubblica di Firenze, Poppi dalla Signoria dei conti

Guidi al Vicariato del Casentino, Firenze, 2005, pp. 135-136. Da notare che Manuele è

figlio di maestro Mosè da Castiglione Aretino, quindi si può dedurre che anche a Castiglione Aretino, poi Fiorentino, ci fosse già una presenza ebraica non documentata, prima dell’inizio, un trentennio dopo, dell’attività del prestito.

342

Jacopo di Fortino di Poppi si era rivolto contro l’ebreo Salomone dicendogli: «Va’ che sia morto a ghiado tu e chi te tiene qui, che io non vengo anco essare a ucidrane parecchi de’ giudei», AVP, 2975, c. 6r; Bicchierai, Ai confini della Repubblica, p.136, n. 290.

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Arezzo e di Siena in seconda battuta, mentre per quanto riguarda gli altri centri toscani le notizie sono scarse o del tutto assenti.

Per quanto attiene alle attività economiche degli ebrei, dalla poca documentazione disponibile possiamo dedurre che essi si dedicarono alla produzione e al commercio di prodotti della terra e alla mercatura (quest’ultima soprattutto a Pisa) e forse alla medicina, mentre mancano elementi che possano suggerire una qualche specializzazione lavorativa degli ebrei toscani paragonabile a quella dei loro correligionari del Meridione d’Italia o della Sicilia.

4.2. La diffusione dei banchi feneratizi nel territorio aretino tra il XIV e il XV