BAD BANK
4.3 Le bad banks in Italia.
L’Italia ritrova nel passato casi di costituzione bad bank così come nel presente.
Verso la fine degli anni ’90 vi è il primo esempio di bad bank italiana: il Banco di Napoli si trova in un momento di difficoltà che si conclude con l’acquisto dell’istituto da parte della cordata composta dalla Banca Nazionale del Lavoro e dall'Istituto Nazionale delle Assicurazioni. Dopo due anni di gestione caratterizzata da risultati operativi inferiori alle aspettative la banca è stata ceduta al gruppo Sanpaolo Imi, che ne ha acquistato la proprietà, mutandone la denominazione in Sanpaolo Banco di Napoli S.p.A. Per il ricupero dei crediti in sofferenza è stata creata una bad bank, la quale è riuscita a rientrare di quasi tutte le esposizioni che precedentemente avevano sancito la fine di una delle più antiche banche d’Italia106.
Anche negli ultimi tempi in Italia si valuta la possibilità di istituire una
bad bank per aiutare il sistema bancario italiano107.
I crediti deteriorati aumentano sempre di più e quindi il governatore della Banca d’Italia Visco I., inizia a considerare l’idea che scaricare le sofferenze bancarie in un apposito contenitore può risultare efficiente per il mercato finanziario italiano.
In pratica si vuole istituire una banca che non svaluti completamente i crediti deteriorati con l’aiuto dello Stato, facendo sì che quest’ultimo diventi titolare del credito. Sarebbe poi lo Stato a rifarsi sul credito dando ovviamente più tempo ai debitori per assolvere ai propri obblighi.
106 BORSA ITALIANA, “Cos’è una Bad bank?”, 20 Marzo 2009.
107 DEL CORNO M., “Bad bank, ecco cos’è la discarica dei crediti malati che piace a Bankitalia”, Il Fatto Quotidiano, Febbraio 2014.
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È importante capire se questo metodo giovi più al sistema finanziario oppure allo Stato. Considerando che lo Stato italiano si trova già in un forte stato di deficit, se non riuscisse a ricuperare i crediti deteriorati inciderebbe sull’economia. Un’altra caratteristica dei crediti delle banche sta nell’incertezza dell’ammontare dei crediti di dubbia esigibilità e di quali crediti la banca debba disfarsi per ritornare ad una sana operatività.
Gli aspetti positivi che possono derivare da un’operazione di bad bank vanno a favore di privati ed imprese in quanto le ripercussioni della crisi si attenuano e la ripresa è più rapida.
I debitori dei crediti deteriorati ceduti alle bad bank andrebbero incontro a degli aspetti positivi ed altri negativi.
In merito ai vantaggi essi potrebbero avere delle dilazioni maggiori nei pagamenti. Lo svantaggio principale sta nel momento in cui i debitori continuano ad essere insolventi, infatti il ricupero crediti a quel punto potrebbe essere pressante e pericoloso per i creditori.
Allo stato attuale sia Intesa San Paolo che Unicredit stanno valutando la possibilità di creare insieme una struttura privata atta ad accogliere i crediti di dubbia esigibilità, affidandone la gestione al fondo specializzato KKR.
Tale intervento non vede la partecipazione statale, ma serve solo per alleggerire i bilanci bancari108.
Intesa Sanpaolo, nell’ambito di un nuovo piano industriale, ha deciso di creare una business unit interna per gestire il proprio portafoglio di NPL, compito che finora era stato svolto da Italfondiario. Anche Mediobanca, in collaborazione con Creval, stanno ponendo le basi per la creazione di una bad bank rivolta alle
108 DEL CORNO M., “Bad bank, ecco cos’è la discarica dei crediti malati che piace a Bankitalia”, Il Fatto Quotidiano, Febbraio 2014.
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banche di media dimensione109. Le trattative tra i due soggetti prevedono una cessione di crediti in sofferenza per un ammontare di 40 mln di Euro.
A Dicembre del 2013 UniCredit Credit Management Bank del gruppo UniCredit ha ceduto due ampi portafoglio di NPL mediante cessione pro soluto: il primo al fondo Cerberus, per un controvalore nominale di 950 mln di Euro di crediti non garantiti ed il secondo di circa 700 mln di Euro ad un fondo gestito da
Europae Anacap Financial Partner110. Nonostante la cessione l’UniCredit Credit
Management Bank mantiene il ruolo di servicer nella gestione del portafoglio111.
Intesa Sanpaolo, UniCredit ed il private equity americano KKR stanno progettando una vera e propria bad bank di NPL col compito di raccogliere i crediti deteriorati di Unicredit, -3,2%, e di Intesa Sanpaolo, -2,1%112. Dopo un’accelerazione iniziale il piano è al momento in fase di stallo, anche per la difficoltà di individuare la migliore struttura di una o più società veicolo comuni113.
Gli sforzi delle banche italiane, nonostante il peggioramento della qualità del credito, stanno dando i loro frutti, infatti tra la fine del 2012 e del 2013 si è registrato un aumento del tasso di copertura dei crediti deteriorati che è passato dal 38.3% al 39.9% confermando che è stata intrapresa la strada giusta114.
109 “Creval, trattative per cessione Npl, studia bad bank con Mediobanca-AD”, 4 Marzo 2014. 110
FERRANDO M., “Bad bank, Come si stanno muovendo le banche italiane”, Il Sole 24 Ore, Dicembre 2013.
111 “UniCredit Credit Management Bank cede 700 mln npl a Anacap”, Reuters, 3 Febbraio 2014.
112 FERRADINI S., “Unicredit/Intesa Sanpaolo: si allungano i tempi per bad bank con Kkr”, La Stampa Economia, 3 Marzo 2014.
113 FESTA C., “Tempi lunghi per la bad bank di Kkr-Intesa Sanpaolo-Unicredit”, Il Sole 24 Ore, 1 Marzo 2014.
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CONCLUSIONI
Questa tesi ha avuto come obiettivo quello di analizzare le varie possibili soluzioni al problema dei non performing loans per le banche, considerando tra queste la cessione dei prestiti, la securitisation e la bad bank.
Come sostenevano gli economisti classici le fasi dell’economia non si possono ostacolare e, per quanto si cerchi di apportare dei rimedi, il ciclo continua il suo corso.
La tesi nello specifico analizza il sistema bancario e da quest’analisi è emerso che le banche si trovano a dover fronteggiare problematiche che derivano dalla subprime mortgage financial crisis e della sovereign debt crisis. Le conseguenze di queste crisi hanno evidenziato la presenza di elementi di debolezza nei bilanci bancari, i non performing loans, una minaccia per la solvibilità delle banche, le quali però hanno la possibilità di scegliere tra vari strumenti e varie strategie per risolvere il problema.
In questo contesto un approccio strategico alla gestione dei crediti problematici, mediante operazioni di cessione, di securitisation e di costituzioni di bad bank, è una scelta fondamentale per ripristinare la fiducia dei mercati e creare valore per gli azionisti.
Il sistema bancario rappresenta il reale motore dell’economia in Italia, per questo è estremamente importante che le banche riescano a pulire i propri bilanci dai NPL per continuare ad elargire credito alle imprese.
Affinché le banche escano dallo stato di stagnazione in cui si trovano sono stati analizzati gli strumenti che, se adottati con un’ottica di lungo periodo e non di profitto nel breve, possono sbloccare il settore bancario e delle imprese.
I bilanci delle banche italiane sono condizionati dall’ingombrante presenza di crediti deteriorati e dalle presunte perdite su crediti ad esse collegate.
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Il sistema bancario ha la possibilità di esternalizzare la gestione dei crediti
non performing affidandola a servicer esterni alla propria organizzazione, oppure
dotandosi di strutture ad hoc a cui delegare l’intera fase della gestione: società autonome sul piano operativo ed orientate al raggiungimento di obiettivi di efficienza economica, non alla mera amministrazione di un contenzioso.
Di particolare utilità è il ricorso a queste società specializzate in quanto permette di realizzare maggiori ricuperi.
Esistono soluzioni come lo strumento della cartolarizzazione, detta
securitisation, oppure il soggetto economico bad bank. Questi strumenti non
devono essere visti nell’ottica di opportunità di profitto per il settore bancario, bensì nell’ottica di andare a sanare le conseguenze negative derivate da un’ottica di mero profitto.
Il nuovo business dei NPL, sviluppatosi inizialmente negli Stati Uniti, ha trovato in Italia ampie possibilità di crescita negli ultimi anni, facendo del nostro mercato uno degli attori più importanti sullo scenario europeo.
Si posiziona infatti, nelle più recenti graduatorie, al secondo posto dopo il mercato tedesco sia in termini di volumi che di numero di operazioni.
Nell’insieme la ripresa appare ancora debole perciò tutti gli sforzi devono essere indirizzati a sollevare la domanda favorendo, in una visione condivisa di più chiare prospettive future, la creazione di nuove opportunità di lavoro, l’accumulazione di capitale, un’innovazione volta a ottenere guadagni di produttività da trasferire sui redditi.
Giunti alla conclusione di questo percorso si può affermare che gli strumenti analizzati per la gestione dei crediti non performing, pur non potendo essere enfatizzati al punto da esser considerati come la soluzione ottimale di tutti i problemi connessi ad un tema così complesso, rappresentano la strada da percorrere per dare sicurezza al sistema bancario ed alle imprese.
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