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Il mercato italiano, a differenza di quello europeo, caratterizza il suo processo produttivo per la presenza di piccole e medie imprese, le quali rappresentano circa il 98% dell’intera produzione e che producono il 60% del valore aggiunto dell’intero paese.

Rispetto agli altri Paesi dell’Unione Europea, il tessuto imprenditoriale italiano è composto da piccole e medie imprese le quali rappresentano la struttura portante del sistema produttivo ed occupazionale30.

Essendo l’Italia storicamente un paese nel quale il sistema finanziario è bancocentrico, ossia orientato alle banche piuttosto che al mercato, si deve considerare che svolge un ruolo cruciale la particolare struttura delle imprese presentando queste principali questioni:

• la struttura familiare della proprietà, con conseguente desiderio da parte dell’imprenditore di non condividere con altri soci il governo aziendale ed i frutti economici che ne derivano;

30 MERLO M., “Il nuovo rapporto banca-impresa. Guida pratica per imprenditori, dirigenti aziendali e

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• la proprietà ed il controllo molto spesso coincidenti;

l’elevato livello di leva finanziaria, leverage, e la concentrazione del debito sul breve termine, incentivati dall’alto livello di tassazione sui redditi d’impresa, che determina un costo dopo le imposte del capitale di debito estremamente competitivo rispetto al capitale di rischio;

• la vicinanza geografica dell’impresa alla banca, con rapporti gestiti prevalentemente in filiale.

Questi aspetti mettono in evidenza su quale profonda commistione tra banche e imprese nel sistema finanziario italiano il risparmio giunga alle imprese mediante il sistema bancario e le altre istituzioni finanziarie.

Le piccole dimensioni delle aziende italiane sono dovute alle continue crisi che nel tempo hanno portato al ridimensionamento delle imprese. Le crisi che hanno interessato le imprese italiane sono riconducibili a due fattori fondamentali:

• bassa competitività dei prodotti nazionali sui mercati internazionali;

• bassa crescita della produttività.

L’ex governatore della Banca d’Italia in più di una circostanza ha sostenuto che il nanismo dell’impresa Italiana e la frammentazione della struttura produttiva limita l’aumento della produttività, l’attività di ricerca, lo sviluppo di prodotti innovativi e tecnologicamente avanzati e la conquista di nuovi mercati31.

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Le modalità di finanziamento per le piccole e medie imprese hanno due caratteristiche di fondo:

• autofinanziamento;

• credito bancario di breve periodo.

Il credito bancario è fondamentale per il sostegno delle piccole e medie imprese che per tale motivo sono maggiormente esposte alle oscillazioni del ciclo economico.

I finanziamenti a breve termine per le PMI denotano come la loro finanza si caratterizzi per il ruolo limitato delle banche e soprattutto non assicuri la continuità nel tempo del sostegno finanziario alla gestione ordinaria delle imprese.

Una delle motivazioni principali che porta le banche a relazionarsi con le imprese è dettata dalla necessità di superare quelle che sono le asimmetrie informative che caratterizzano il mercato.

I soggetti che gestiscono le imprese hanno un vantaggio informativo rispetto alla redditività dei progetti che intendono farsi finanziare dalle banche. Tale vantaggio genera all’esterno un elevato costo della moneta e per questo motivo i prenditori di fondi preferiscono fare ricorso a fondi interni. Da questo si capisce che le banche sfruttano il proprio vantaggio paragonato nelle attività di monitoraggio e screening delegato delle controparti finanziate mediante profili di

relationship lending32.

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Relationship lending è una forma di intermediazione bancaria in cui la banca fa credito ad un cliente in

base a dei precedenti rapporti di prestito. La banca in questo ha il tutte le informazioni riservate. Questo vantaggio informativo esclusivo permette un maggior rendimento all’investimento. In tale relazione tra banca e cliente si superano le asimmetrie informative che si riscontrano nei mercati finanziari

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Tale modello prevede tutte quelle attività che svolge l’intermediario bancario nel momento in cui fa la raccolta di informazioni; la scarsa trasparenza nei rapporti tra i manager e proprietari d’azienda e finanziatori viene fortemente superata dalla produzione di informazioni dalle banche.

Per usare bene questo strumento di relationship banking33, le banche devono rispettare due condizioni:

• disporre di tutte le informazioni qualitative e quantitative del progetto, necessarie per valutare in anticipo il rischio di credito; in questo modo essa riduce la selezione avversa del mercato;

• disporre di tutte quelle informazioni per evitare comportamenti di

moral hazard, in modo da prevenirne il rischio.

Se non si verificano queste condizioni il rapporto banca impresa si configura per una scarsissima informazione. Il ruolo delle informazioni per la banca è fondamentale in quanto le permette di effettuare il giusto monitoraggio e quindi di prendere le giuste decisioni.

La tipologia di informazioni raccolte deve avere un carattere maggiormente qualitativo e difficilmente quantificabile. Le informazioni quantitative, infatti, si possono facilmente estrapolare dai libri contabili e sono tipiche del transactions banking; nel relationship banking è invece importante conoscere il profilo e le capacità dell’imprenditore.

In Italia il rapporto banca impresa ha da sempre assunto connotazioni ben differenti rispetto a ciò che accadeva nel resto dell’Europa. Fondamentale ruolo,

permettendo un’allocazione efficiente delle risorse del sistema finanziario. I vantaggi del debitore sono le basse variazioni dei tassi.

33 PAZZETTI R., “Le strategie competitive nel corporate banking. Implicazioni gestionali e modelli

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infatti, per le banche non è dettato dalla dimensione aziendale piuttosto che dalla localizzazione, bensì dai rapporti che nel tempo l’imprenditore ha instaurato con i soggetti prestatori di fondi. Questo ha portato spesso a non effettuare giuste analisi finanziarie, anche perché il ruolo centrale nel rapporto è sempre stato rivestito dal patrimonio personale dello stesso imprenditore, il quale, lo concede a garanzia.

Per questo motivo il rapporto banca PMI si è sempre manifestato per avere una scarsa capacità di analizzare, sia prima che dopo, la redditività di un determinato progetto, annullando quello che è il sistema bancario.

Le banche italiane, quindi, hanno spesso rinunciato ad effettuare degli investimenti o a concedere fondi a determinate realtà per la scarsa capacità di portare avanti valutazioni analitiche delle proprie controparti.

La tendenza al pluriaffidamento aumenta al crescere della dimensione dell’impresa, e conseguentemente al diminuire delle dimensioni aziendali si riduce il numero di banche con cui gli imprenditori interagiscono, aumentando così la possibilità che la banca di riferimento sia un intermediario locale; le piccole imprese hanno dunque maggiori possibilità di non disperdere i rapporti finanziari con il sistema bancario.

Quanto appena detto fa emergere il problema che in Italia la banca sembra troppo piccola rispetto all’impresa che affida e per questo l’impresa è costretta a ricorrere a più banche.

L’effetto positivo più evidente del pluriaffidamento svolto sulla gestione degli intermediari è la spinta alla diversificazione del portafoglio prestiti e quindi alla riduzione del rischio di credito. In effetti, suddividendo quest’ultimo fra più banche in ragione alla quota parte dei finanziamenti che ciascuno concede si crea una vera e propria collettivizzazione del rischio e soprattutto si evita di incorrere in perdite rilevanti nel caso di difficoltà dell’impresa affidata.

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Tuttavia il ricorso alla pratica dei fidi multipli presenta anche degli aspetti negativi da non sottovalutare, soprattutto quando le banche non sono in grado di svolgere un ruolo di interlocutori efficienti nei confronti delle aziende.

In Italia il rapporto impresa banca non si è semplificato mediante l’abbattimento delle asimmetrie informative, bensì per volontà delle imprese di mantenere per se tutte le informazioni.

Per far sì che il rapporto tra banca ed impresa sia funzionante è fondamentale che le banche dispongano di tutte quelle informazioni che le permettono di attuare il giusto monitoraggio; tali informazioni devono essere di natura:

• quantitativa di bilancio: informazioni economico-finanziarie, le quali possono permettere una giusta valutazione. Gli strumenti usati per lo svolgimento di tale analisi possono essere: business plan o analisi degli investimenti;

• qualitative: tali informazioni fanno riferimento alle strategie che i

manager intendono attuare.

Questa analisi da parte delle banche rende possibile la misurazione del grado di solvibilità del cliente e di conseguenza la stipula di contratti con le controparti capaci di imporre una disciplina di debito adeguata, prevedendo le adeguate condizioni contrattuali.

Lo svantaggio però di tale sistema è che le imprese italiane sono restie a condividere il controllo aziendale anche perché spesso sono imprese a conduzione familiare, nelle quali il proprietario è colui che prende tutte le decisioni e le diverse direzioni aziendali fanno capo solo a lui.

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Le imprese italiane raramente si sono aperte ai mercati perché il principale timore sta nella possibilità della perdita del controllo. Si è arrivati quindi ad una sorta di compromesso in cui le banche, pur avendo una ridotta capacità di ottenere informazioni complete, riescono mediante monitoraggi, a fare in modo che gli imprenditori minimizzassero l’uso di capitale proprio, mediante l’adozione di un modello proprietario chiuso, il quale elude la fase di condivisione di controllo delle imprese con gli altri stakeholders. Ne risulta sicuramente un rapporto molto debole e scarno di fiducia.

In Italia la conseguenza di questo rapporto così debole e labile ha fatto sì che il mercato generasse imprese sempre più piccole e soprattutto molto suscettibili dell’andamento del mercato, spesso sottocapitalizzate e con un margine di credito a lungo termine molto ridotto.

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CAPITOLO II