I crediti deteriorati detenuti dalle banche europee sono aumentati dal valore di 514 mld di Euro registrato nel 2008 a 1187 mld di Euro registrato nel 201222. Nel 2012 i crediti deteriorati detenuti dalle banche italiane risultano essere pari a 287 mld di Euro, di cui 153 sono sofferenze, 90 incagli e 21 esposizioni ristrutturate23. La qualità del credito si è deteriorata in questo periodo per tutte le classi di asset, soprattutto per il Consumer Credit Business, il cui
gross NPL ratio ha superato l’8%24.
Dal 2007 al 2013 l’Italia ha perso 7 punti percentuali di PIL e la produzione industriale è calata del 25%25. Di pari passo i crediti deteriorati hanno aumentato la loro incidenza sul totale degli impieghi del sistema bancario dal 4.5% al 12.3%.
Tutti i crediti deteriorati nelle casse delle banche pesano sui loro bilanci e rappresentano ostacoli per quelle imprese che necessitano di crediti.
Le banche italiane hanno un valore di crediti verso la clientela piuttosto elevato, circa il 70% degli impieghi bancari, valore di molto superiore al valore medio delle banche europee, il 44% degli impieghi26.
Il segmento dei prestiti alle aziende, corporate, è quello per il quale le aspettative di crescita di NPL sono più elevate, anche perché le imprese occupano il 65% del portafoglio crediti delle banche, le famiglie il restante 35%.
22 PwC, “Europe’s non-performing loans now total more than €1,2 trillion”, Press Release PwC, 29 Ottobre 2013.
23 “Restaurare il credito deteriorato”, Il Sole 24 Ore, Novembre 2013. 24
PwC, “The Italian NPL market – A new beginning?”, Marzo 2013.
25 BANCA D’ITALIA, “La recente analisi dei prestiti deteriorati: principali caratteristiche e risultati”, 2013.
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È appurato che i prestiti alle imprese sono i più inclini ad entrare a far parte dei NPL considerando che negli ultimi anni i NPL del corporate sono cresciuti molto più di quelli del credito al consumo. Inoltre nel terzo trimestre del 2012 il net NPL ratio dei maggiori gruppi bancari si attesta sul 3.4% e il NPL
coverage ratio sul 50.8%27.
Uno degli strumenti che le banche devono attuare per poter mitigare tale fenomeno è dato dalla ristrutturazione volontaria dei debiti di quelle aziende che sono in crisi di liquidità, anche se alla base risultano essere sane.
L’andamento dell’economia italiana rimane ancora incerto, le difficoltà che il sistema economico italiano si trova ad affrontare sono principalmente:
• contrazione della produzione industriale come evidenziato dalla riduzione delle vendite e del volume di ordini;
• incremento del tasso di disoccupazione che sta raggiungendo il valore massimo degli ultimi 12 anni;
• calo dei consumi privati e degli investimenti.
La congiuntura macroeconomica ha avuto come conseguenza l’incremento dei crediti non performing.
L’incremento di NPL nel settore suggerirebbe un aumento dei disinvestimenti di questi asset.
Il consumatore italiano è storicamente meno incline ad indebitarsi in rapporto ad altri paesi, soprattutto UK e USA, e ha continuato a risparmiare durante la crisi.
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L’aumento della disoccupazione e/o dei tassi di interesse applicati ai mutui potrebbero tuttavia gravare sui consumatori privati, portando ad un aumento di default dei crediti.
L’andamento negativo della domanda aggregata incide in misura rilevante sulla struttura produttiva del nostro paese e in particolare sulle PMI, asse portante dell’economia italiana. In tale contesto, si creano forti tensioni nella gestione finanziaria delle imprese e si generano difficoltà per il rispetto delle scadenze di rimborso dei prestiti bancari e nell’accesso a nuove forme di finanziamento.
Gli accordi di ristrutturazione danno la possibilità alle imprese di superare le difficoltà e soprattutto di onorare il debito, ponendo in essere nuove condizioni.
Tale strumento è vantaggioso sia per le banche, le quali non registrano nuove perdite, che per le imprese le quali non risultano insolventi.
Una delle difficoltà principali nella gestione dei crediti deteriorati mediante la ristrutturazione sta nel fatto che spesso questi sono frammentati presso più banche. Per ovviare a tale problema risulta necessario il coordinamento tra queste banche, ovviamente maggiori sono le banche coinvolte, più complicata sarà la fase di coordinamento.
Negli accordi di ristrutturazione sono previste le vendite di asset, rinvio di rimborso, dilazionamento di crediti e modifiche di tassi d’interesse: tali accordi escludono la copertura di comportamenti fraudolenti e potrebbero invece includere clausole di cambiamenti della direzione finanziaria.
Il principale ostacolo al perfezionamento di transazioni relative a portafogli di NPL è costituito dalla differenza nelle aspettative di prezzo tra venditori ed acquirenti: per questa stessa ragione la cessione di tale tipologia di
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Spesso capita che le banche costituiscano apposite società alle quali poi trasferiscono la gestione di tutti quei crediti deteriorati. La finalità sta nel fatto che tali società gestiscono quei portafogli conferiti dalle banche le quali poi ne divengono socie nella stessa misura in cui hanno apportato quei crediti, capitalizzando parzialmente i crediti.
La costituzione di tale società permette il raggiungimento di tre obiettivi:
• concentrazione della gestione dell’insieme di banche coinvolte in una singola posizione, gestendo quindi la fase di coordinamento tra gli istituti finanziari coinvolti.
• semplificazione dei processi deliberativi, in pratica vengono assegnate alle società coinvolte poteri di straordinaria amministrazione.
• collocazione frazionata di pacchetti di credito a terzi e cartolarizzazione.
Grazie a queste operazioni si rallenta la generazione di nuovi crediti deteriorati e soprattutto si alleggeriscono i bilanci delle banche liberando in questo modo nuove risorse per la ripresa del credito alle imprese, rendendo più semplici le relazioni tra banca ed impresa.
I soggetti principali interessati ad investire nel mercato dei NPL sono società di private equity statunitensi e sovereign wealth funds, oltre ad altre piccole società di private equity. Il loro interesse è focalizzato molto sul mercato europeo di NPL garantiti da immobili commerciali, concentrandosi sui mercati tedesco, italiano, inglese, irlandese e spagnolo28.
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La progressiva affermazione presso gli operatori specializzati di pratiche gestionali più efficaci, maggiormente specialistiche e proattive, consente alle banche di ricorrere a competenze ed operatività specializzate anche per la propria gestione interna grazie a meccanismi di partnership.
Per una gestione ottimale dei NPL servono interventi organizzativi per ricuperare efficienza e massimizzare i risultati: gestire i non performing loans per gruppi omogenei, ossia adattare gli schemi divisionali e gli impianti organizzativi in modo tale da differenziare strategie e processi per aggregati omogenei di posizioni. Ad esempio la differenziazione tradizionale corporate/retail può essere ulteriormente raffinata sulla base di attributi quali il rischio di fallimento della controparte e ancora per procedure giudiziali, per fasce dimensionali, ovvero per forme tecniche.
Incentivare le risorse umane nel migliorare le perfomance nella gestione dei non performing loans è un’attività centrata su elevate competenze e comportamenti professionali e, al tempo stesso, con risultati facilmente misurabili. Miglioramenti possono essere raggiunti indirizzando i comportamenti dei gestori: ad esempio, l’accelerazione dei tempi di ricupero può essere ricercata mediante una pesatura in funzione del tempo dei ricuperi riconosciuti ai gestori ai fini dell’MBO, Management By Objectives. Sono però necessari strumenti adeguati per misurare le performance e la parametrizzazione della scala degli obiettivi e dei correlati incentivi.
Migliorare l’efficacia mediante l’adozione di schemi operativi e contrattuali più vicini alle logiche di servicing operativo che al tradizionale mandato, con l’assegnazione agli studi professionali maggiormente articolati e dotati organizzativamente di responsabilità anche di gestione amministrativa della pratica e mediante il riconoscimento di remunerazioni legate alle
performance, success fee, si possono raggiungere importanti benefici.
Implementare basi informative adeguate, il settore dei non performing
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lineari. Si pensi, ad esempio, alla mappatura delle garanzie ricevute, al trattamento degli incassi, alla difforme e discontinua modalità di avanzamento delle procedure esecutive, nonché alla gestione di una pluralità di interlocutori esterni ed interni eterogenei da mettere a fattor comune. Il ricorso a piattaforme applicative best in class diventa quindi un fattore abilitante per l’area dei non
performing loans dove si premiano la qualità e la completezza delle basi
informative.
Disporre tempestivamente di una valorizzazione attendibile della posizione, il gestore muove le sue iniziative partendo dalle informazioni contabili. Una migliore accountability permette di gestire dinamicamente una valorizzazione attendibile delle posizioni. Disporre di un valore attendibile non significa soltanto conoscere il valore contabile, quello aderente alle accounting
policy, ma anche il valore gestionale, quello formulato dal gestore, e/o da
modellistiche di sistema, che esprime il potenziale di ricupero della posizione, e quello di mercato, cioè il ragionevole prezzo riconosciuto da un eventuale compratore.
Disporre di un adeguato set informativo permette la corretta identificazione del valore soglia di transazione e pertanto il gestore è in grado di ottimizzare le sue scelte e di massimizzare il valore ricuperabile.
Si deve intervenire con forza ed unitarietà di intenti nelle diverse strutture delle banche non sempre coordinate fra loro, ma anzi spesso caratterizzate da differenti vocazioni e priorità. In sintesi gli ambiti di intervento sono sostanzialmente tre:
• costruire unità organizzative specificatamente dedicate alla rinegoziazione, tipicamente all’interno delle funzioni di business;
• impostare processi industriali di tipo push, ossia individuazione delle posizioni, contatto, istruttoria e proposta proattiva al cliente;
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• impostare griglie e strategie decisionali di prodotto predefinite sugli assi di rafforzamento della forma tecnica/acquisizione garanzia ed allungamento scadenze/riduzioni rate.
La gestione dei non performing loans come corporate academy, il comparto dei NPL può fornire un contributo all’organizzazione del sistema facendo leva sul combinato di competenze creditizie, finanziarie, legali e commerciali, che la sua gestione richiede.
Va perseguito un maggiore investimento in know how e capitale professionale, per abilitare la gestione dei NPL come scuola o laboratorio di competenze bancarie da mettere a disposizione delle funzioni di business, ad esempio mediante specifici percorsi di formazione professionale e job rotation. In questo modo si è in grado di dare impulso e qualità alla rinnovata vocazione delle banche all’attività di banca tradizionale ed alla missione del fare buon credito al sistema.
Implementare i modelli di rating delle esposizioni irregolari, intervenire più efficacemente nel momento più delicato della malattia, la fase in cui si manifestano i primi segnali di irregolarità nell’andamento del rapporto creditizio, rappresenta lo sforzo maggiore da richiedere alle banche. Per svolgere al meglio questo compito le banche devono affinare gli attuali modelli di rating.
Vi sono quattro fondamentali ipotesi interpretative circa la natura dei non
performing loans ed il comportamento del management:
• bad management assume che siano le inefficienze gestionali della banca a
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riflette in una scadente attività di screening e di monitoring della clientela con evidenti ripercussioni sul livello generale dei NPL29;
• bad luck assume che siano conseguenze esogene rispetto alle scelte del management e dipendano da shock di tipo macroeconomico o comunque
riconducibili a caratteristiche ambientali. Rispetto all’ipotesi precedente il nesso è chiaramente invertito, prima si verifica lo shock che fa aumentare i crediti deteriorati e successivamente si osserva come l’aumentata problematicità degli impieghi si ripercuote sull’efficienza degli intermediari. Si ha quindi che un contesto ambientale problematico fa peggiorare la qualità degli impieghi, il conseguente aumento dei NPL comporta per la banca un aggravio di costi connessi alla gestione dei crediti, i maggiori costi per unità di prodotto si riflettono in un peggioramento della performance;
• skimping behaviour differisce rispetto alle prime due ipotesi in quanto si
assume che il segno della relazione tra le variabili sia positivo anziché negativo ovvero che ad un aumento dell’efficienza faccia seguito un aumento dei crediti deteriorati. Si ipotizza che i manager scelgano un obiettivo di minimizzazione dei costi di breve periodo a scapito della qualità dell’attivo nel lungo periodo, riducendo le spese di screening e di
monitoring, conseguendo un miglioramento dell’efficienza di costo, ma
anche un aumento dei crediti deteriorati man mano che i crediti concessi in passato cominciano a manifestare i primi elementi di problematicità;
• moral hazard se si parte dall’assunto per cui i manager di banche
sottocapitalizzate sono meno avversi al rischio, allora si suggerisce l’esistenza di un legame di causalità tra capitale proprio e livello delle sofferenze: bassi livelli di capitale implicano maggior assunzione di rischi
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Questa è sostanzialmente l’ipotesi endogena dei crediti deteriorati in quanto si ritiene che siano il frutto di precise ed errate scelte manageriali.
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e questi si riflettono nel tempo in una maggior variabilità della qualità dell’output.
A seconda che prevalga l’una o l’altra sicuramente le ipotesi che rispecchiano maggiormente la situazione attuale restano sempre il fattore ambientale ed il cattivo management.