• Non ci sono risultati.

“C’è una barriera tra la vita determinata dall’arte e dalla scienza e la vita regolata dalle leggi e dalle norme Questa divisione porta ad

Nel documento Ordinariness. Progetto e quotidiano (pagine 111-113)

un’immensa perdita di idee e di energie umane”

John Habraken e l’ “antropologia dello spazio”

Nel dibattito architettonico sviluppatosi dopo

la seconda guerra mondiale, John Habraken1

è una figura a sè. Partendo dal sistema di industrializzazione edilizia già profondamente radicato nella tradizione olandese delle case popolari, Habraken desiderava implementare l’adattabilità delle case all’imprevisto, prestando particolare attenzione alla specificità e alla

peculiarità della condizione umana2.

Per raggiungere questo scopo Habraken ha proposto un mutamento radicale nel pensiero architettonico, condizionato a metà degli anni 50 dalla crisi del CIAM e dalla fondazione del Team X. In particolare, egli si focalizzava sull’idea di architettura come fenomeno civile, un concetto fondato sull’importanza della partecipazione dei cittadini al processo di costruzione. In modo indiretto, a guidarlo verso questa prospettiva fu la cosiddetta scuola dello strutturalismo olandese, radicalmente concentrata sulla defi- nizione di un nuovo linguaggio architettonico alla ricerca di un “modulo” (l’unità minimale di spazio necessario da reiterare e raggruppare secondo un insieme di regole). Nonostante ciò, nell’ambito della discussione generale sullo strutturalismo riportata soprattutto sulla rivista

olandese di architettura «Forum»3, Habraken ha

sempre mantenuto una posizione molto perso- nale e autonoma.

John Habraken and the “Anthropology of Space”

John Habraken1 is a rather unique figure in post-war architectural debate. Starting out from the system of building industrialisation, already deeply rooted in the Dutch tradi- tion of (public) housing production, Habraken aimed at introducing an ability to adapt to the unexpected, while paying special attention to the specific and non-repeatable needs of the human condition2.

To reach this purpose Habraken proposed a radical shift in architectural thinking, undoubt- edly affected by the crisis of the CIAM and the founding of Team X, both of which occurred during the mid-1950s. Above all, he was strongly concerned with the idea of archi- tecture as a civil phenomenon, which should focus on the role of the citizen’s participation in the building process. Indirectly, he had been driven toward the perspective by the so-called school of Dutch Structuralism, aimed at radi- cally defining a new architectural language by searching for a “module”, the minimal unit provided with its own spatial meaning and to be repeated and grouped together according to a set of rules. All the same, within the general discussion of Structuralism, reflected primarily in the Dutch architectural journal

Forum3, Habraken always preserved a very

personal and divergent position.

1. John Habraken studied architecture at Delft University of Technology. In 1968 he was appointed professor at Eindhoven

University of Technology where he founded the Architecture Department. From 1965 to 1975 he was the director of the SAR (Stichting Architecten Research, Foundation of Architect’s Research) working to develop methods for designing and building adaptable housing. From 1975 to 1981 Habraken was the Head of the Architecture Department of the

Massachusetts Institute of Technology (MIT) in Cambridge, Massachusetts, USA.

1. John Habraken ha studiato Architettura presso la Delft University of Technology. Nel 1968 è stato nominato professore

alla Eindhoven University of Technology dove ha fondato il Dipartimento di Architettura. Dal 1965 al 1975 è stato direttore del SAR (Stichting Architecten Research - Fondazione per la Ricerca Architettonica) al fine di sviluppare metodologie progettuali e costruttive per l’edilizia abitativa adattabile. Dal 1975 al 1981 è stato Direttore del Dipartimento di Architettura del Massachusetts Institute of Technology (MIT) a Cambridge, Massachusetts, USA.

2. His most prominent publications are John Habraken, De Dragers en de Mensen, Het einde van de massa Woningbouw, Scheltema

& Holkema N.V., Amsterdam, 1961; John Habraken with J.T. Boekholt, A.P. Thyssen, P.J.M. Dinjens, Denken in varianten, Alphen a/d Rijn, Samson 1974; John Habraken, The Structure of the Ordinary, Form and Control in the Built Environment, MIT Press, Cambridge, London 1998; Id., Palladio’s Children, edited by J. Teicher, Spon Press, London 2005.

2. Le sue pubblicazioni più importanti sono John Habraken, De Dragers en de Mensen, Het einde van de massa Woningbouw,

Scheltema e Holkema NV, Amsterdam 1961; John Habraken con JT Boekholt, A.P. Thyssen, P.J.M. Dinjens, Denken in

varianten, Alphen a/d Rijn, Samson 1974; John Habraken, The Structure of the Ordinary, Form and Control in the Built Environment, MIT Press, Cambridge, London 1998; Id., Palladio’s Children, pubblicato da J. Teicher, Spon Press, London 2005.

3. Forum 2/1962 responded to Habraken’s publication of De Dragers en de Mensen in 1961 and presented a variety of

approaches to user’s participation and transformation, including an article by Jacob Bakema about the urban and building fabric of the ancient city of Split in the former Yugoslavia.

3. «Forum» 2/1962 ha risposto alla pubblicazione di De Dragers en de Mensen di Habraken nel 1961 presentando una varietà

di approcci dell’utente alla partecipazione e alla trasformazione, incluso un articolo di Jacob Bakema sul tessuto urbano e sull’edilizia dell’antica città di Spalato in Jugoslavia.

TEAM X e Forum:

lo scontro tra forma ed uso

Come detto, nei Paesi Bassi le idee del Team X sono state sostenute da Forum, un gruppo di architetti che pubblicava una rivista dal mede-

simo nome4. I suoi membri erano Dick Apon, Jaap

Bakema, Gert Boon, Aldo van Eyck, Joop Hardy, Herman Hertzberger e Jurriaan Schrofer. Ogni numero conteneva riflessioni sull’architettura e sull’urbanistica, presentando anche gli studi e i progetti di membri del gruppo e di architetti affini ad esso. Forum ha inoltre offerto ai Paesi Bassi una panoramica sull’architettura internazionale e sugli incontri del Team X.

Nel primo numero pubblicato nel 1959, ecco cosa affermava Aldo van Eyck sulla vita quotidiana: “C’è una barriera tra la vita determinata dall’arte e dalla scienza e la vita regolata dalle leggi e dalle norme. Questa divisione porta ad un’immensa perdita di idee e di energie umane. Ci si deve chiedere perché le persone non siano più in grado di realizzare ciò che la propria natura dovrebbe permettere loro, al di là delle mutevoli circostanze: un ambiente nel quale possano riconoscersi e

sopravvivere, senza negare la propria identità”5.

In estrema sintesi, questo è stato il problema fondamentale della città come artefatto contrap- posta alla vita quotidiana dei suoi abitanti, un problema che Adolf Loos aveva già considerato ineluttabile. Allo stesso tempo, tutto ciò sinte- tizzava il programma di Forum, in base al quale il rapporto tra la vita quotidiana e l’architettura doveva essere riconcepito rifiutando il quadro esistente (testimoniato ad esempio dalla pubbli- cazione Voorschriften en Wenken del ministero olandese per la casa) e l’‘identità’ veniva generata progettando un ambiente al quale gli abitanti delle città si sarebbero legati con l’uso quotidiano. In questo programma, il concetto di ‘uso’ ha sosti- tuito quello molto più astratto di ‘funzione’ che il CIAM aveva messo in cattiva luce. Rispetto alle idee di Le Corbusier, l’ideale di Forum poteva essere considerato come un buon affare più ‘user-friendly’.

Herman Hertzberger espresse tutto questo in

Nel documento Ordinariness. Progetto e quotidiano (pagine 111-113)