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Belgrado capitale: dal pašaluk ottomano allo Stato-nazione

I MMAGINARI " JUGOSLAVI "

II.III Belgrado capitale: dal pašaluk ottomano allo Stato-nazione

Belgrado ha interpretato un ruolo peculiare nella modernità balcanica, in buona parte per via delle repentine evoluzioni conosciute tra Diciannovesimo e Ventesimo secolo. Dagli anni dell'indipendenza del Principato serbo, raggiunta nel corso del XIX secolo, la città ha svolto il ruolo di capitale di sei formazioni statali: la Serbia monarchica, la Jugoslavia della dinastia dei Karađorđević, la Jugoslavia socialista di Tito, quindi la Repubblica federale di Jugoslavia guidata da Milošević, la confederazione di Serbia e Montenegro ed infine, a partire dal 2006, la Repubblica di Serbia. Il particolare caso belgradese può essere compreso nel suo significato più generale facendo riferimento alle osservazioni di Andreas Daum:

Le capitali non sono statiche nemmeno se i territori che esse rappresentano rimangono statici (e spesso questo non è il caso). Le capitali sono fenomeni transitori nella longue durée degli stati-nazione. Sono sempre limitate nel potere sia di rappresentare sia di influenzare i processi decisionali o le identità culturali nei rispettivi stati36.

Belgrado, nel suo ruolo di capitale, ha conosciuto una frequente ridefinizione del proprio territorio di riferimento e delle proprie funzioni rappresentative. Tali evoluzioni, spesso accompagnate da rivolgimenti politici, hanno determinato una repentina e talvolta radicale trasformazione dei significati simbolici ed iconografici della città. Analizzare queste fratture ed i conseguenti assestamenti può quindi risultare particolarmente significativo nello studio dei processi di nation-building che si sono susseguiti nell'area. In relazione al caso di studio di Belgrado, al ruolo della città nello Stato moderno di riferimento come capitale nazionale, alle iconografie e alle simbologie di cui la città si è fatta carico nel corso della sua storia, esiste tuttavia una bibliografia piuttosto limitata. È purtroppo necessario constatare che l'intera vicenda della città in età contemporanea può contare su un numero piuttosto ridotto di approfondimenti, che ne illuminano solo determinati passaggi e che solo in alcuni rari casi si concentrano sulla storia culturale37. Marco Dogo e Armando Pitassio hanno recentemente

36 DAUM Andreas, Capitals in Modern History, cit., p.8.

37 L'opera di riferimento per la storia generale di Belgrado rimane il datato lavoro in tre volumi curato da Vaso ČUBRILOVIĆ, Istorija Beograda, Belgrado, Srpska akademija nauka i umetnosti, Odeljenje istorijskih nauka, 1974. Esistono quindi studi meno datati su particolari periodi o specifiche tematiche, che rappresentano la bibliografia di questo capitolo, tra di essi forse il più significativo è STOJANOVIĆ Dubravka, Kaldrma i asfalt, urbanizacija i evropeizacija Beograda: 1890-1914, Belgrado, Udruženje za

attribuito tali mancanze, condivise da tutta la storiografia sul Sud-Est europeo in relazione alle capitali dell'area, a delle cause specifiche:

Se la questione del rapporto tra sviluppo urbano, "libertà nazionale" e modernizzazione nei Balcani è stata oggetto di limitato interesse storiografico, ciò è probabilmente dovuto alla persistenza di un'ottica di derivazione romantica, più attenta alle tematiche identitarie della "nazione rurale" che non ai progetti delle élite europeizzanti38.

Sulla base della letteratura disponibile è comunque possibile tracciare a grandi linee il percorso che portò una città ottomana a trasformarsi in capitale di uno stato-nazione moderno europeo. Nel contesto imperiale di cui fece parte per più di tre secoli Belgrado rappresentava infatti un centro di provincia, piuttosto periferico nella geografia del vasto impero della Sublime Porta. Ciò nonostante fu il primo centro urbano dell'area slavo-meridionale ad assumere un ruolo politico e simbolico di rilievo: prima come centro del Principato serbo e quindi, dal 1878, come capitale di uno dei primi stati-nazionali indipendenti dei Balcani.

Fondata al centro delle vie di comunicazione della regione, alla confluenza dei grandi fiumi della Sava e del Danubio, Belgrado fu centro celtico e quindi romano, ma solo dopo la conquista da parte delle popolazioni slave, nel IX secolo, assunse il nome di Città Bianca (Beo-grad), probabilmente per via delle mura della sua fortezza. Il despota serbo Stefan Lazarević la elesse capitale del territorio sotto il proprio controllo negli anni Venti del XV secolo. Le distese che la circondano rappresentarono tuttavia per secoli la via d'ingresso da Oriente all'Europa cristiana e furono aspramente contese dai grandi imperi Asburgico e Ottomano. Dopo la conquista da parte del sultano nel 1521, Belgrado divenne una città della provincia imperiale, centro amministrativo, politico e commerciale del Sangiaccato di Smederevo (conosciuto anche come Pašaluk di Belgrado).

Città capitale nel senso moderno del termine, Belgrado, venne proclamata ufficialmente solo nel 1841, undici anni dopo il riconoscimento del Principato di Serbia, primo nucleo statale serbo all'interno dei confini dell'Impero Ottomano. A testimonianza della sopraccitata transitorietà del fenomeno "capitale" si regista, all'epoca della formazione dello stato-nazione serbo, nella prima metà del XIX secolo, una certa concorrenza per l'assunzione di tale ruolo

društvenu istoriju, 2009. Per una generale storia culturale di lungo periodo della città vedi NORRIS David A., Belgrade, a cultural history, Oxford, Oxford University Press, 2009. Si ricorda inoltre la il contributo più recente su Belgrado, ovvero la sezione speciale di Nationalities papers intitolata Belgrade and beyond: reading the Nation through Serbian Cityscapes, cit..

politico. Per motivi culturali o geopolitici anche le città di Novi Sad e Kragujevac furono delle serie candidate in determinati periodi. La posizione geopolitica di Belgrado all'epoca, adagiata sui due fiumi che rappresentavano il confine con l'Impero Asburgico, rappresentò il primo ostacolo al riconoscimento come centro del neonato Principato: si trattava infatti di una collocazione insolita e potenzialmente pericolosa per una capitale, ha osservato Milan Ristović39. Kragujevac venne non a caso inizialmente privilegiata, in virtù della propria posizione centrale rispetto a quello che all'epoca doveva essere il territorio statale di riferimento. Contestualmente, tuttavia, la città della Šumadija si trovava isolata dalle principali vie di comunicazione, mentre il fatto che la Porta mantenesse il centro del proprio potere locale a Belgrado, faceva in modo che anche le diplomazie occidentali, con cui lo Stato vassallo serbo cercava di stringere i primi rapporti, rimanessero nella città sul Danubio. Il principe Miloš di conseguenza, anche allo scopo di stabilizzare il proprio potere, finì per trasferire la corte a Belgrado40.

L'ascesa di Belgrado fu maggiormente messa in discussione dalla concorrenza di Novi Sad, principale centro urbano della Voivodina asburgica. Grazie allo sviluppo del commercio del grano, in città si affermò un primo nucleo di borghesia serba che si caratterizzò per una certa vitalità culturale. Nel contesto politico dell'Impero asburgico si crearono quindi le condizioni per la fondazione delle prime istituzioni culturali "nazionali", tanto che Novi Sad si guadagnò l'appellativo di "Atene serba". Inoltre, la città svolgeva un importante ruolo politico, offrendo un punto di riferimento per gli esponenti delle correnti liberal-nazionali serbe che contestavano il potere principesco in patria. Il confronto politico tra le due città sarebbe durato quantomeno fino agli anni Settanta del XIX secolo, a partire dai quali lo spostamento del baricentro verso Belgrado si consolidò definitivamente41. Nell'ambito del graduale processo di cessione del controllo del territorio serbo da parte del potere ottomano alle élites locali, le città e le rispettive fortezze militari furono gli ultimi luoghi abbandonati dalle guarnigioni del sultano. Ultimo presidio della Porta nel Principato rimase la cittadella fortificata di Kalemegdan, cuore storico di Belgrado le cui chiavi vennero simbolicamente consegnate dal Pascià al Principe Mihailo nel 1867.

39 RISTOVIĆ Milan, Belgrado, una capitale sul confine, in Città dei Balcani, città d'Europa, cit., pp. 89-90. 40 MITROVIĆ Bojan, Una polis nazionale? Il ruolo di Belgrado nella storia serba, in Città dei Balcani, città

d'Europa, cit., pp. 70-72.

41 Ibidem, pp.72-85. E' interessante notare come il confronto tra le due città si protragga in realtà fino ad oggi, assumendo forme differenti. Di recente è stato proposto il superamento di una visione del centro della Voivodina come "second city" dello Stato nazionale, sviluppando invece il concetto di "un-national capital" dei Balcani occidentale, ovvero come città promotrice di una propria identità culturale multipla, vedi JOVANOVIĆ WEISS Srđan, "National, un-national", Nationalities Papers, vol 41, 2013, n.1, pp. 90-108.

L'indipendenza del Principato Serbo venne riconosciuta dal trattato di Berlino nel 1878, tuttavia già a partire dagli anni Sessanta Belgrado intraprese un percorso di trasformazione che la portò ad abbandonare l'immagine orientale che l'aveva caratterizzata per secoli, allo scopo di assumere quella di una capitale di stato-nazione indipendente. La ricostruzione dell'affannato percorso di "modernizzazione" della città secondo i modelli europei nel corso della seconda metà del XIX secolo e della contestuale rielaborazione locale dei principi urbanistici occidentali, può contare oggi su alcuni nuovi contributi scientifici42. Particolare interesse ha suscitato ad esempio il lavoro del primo urbanista serbo, Emilijan Josimović, che stese e propose negli anni Sessanta un piano regolatore che mirava a trasformare Belgrado in una moderna capitale europea, ispirandosi direttamente ai piani contemporaneamente approntati per Vienna, Barcellona e per la Parigi haussmanniana, ma cercando di tenere conto anche delle specificità locali43. La misura in cui, tra i molteplici significati di tale modernizzazione, è possibile rilevare politiche di "nazionalizzazione" dello spazio urbano belgradese, ha ottenuto invece un primo ed importante livello di approfondimento soprattutto grazie al lavoro di Miroslav Timotijević. Lo studioso ha recentemente concentrato le proprie analisi sui caratteri di questa trasformazione, sui tempi e sui principali vettori del discorso nazionale serbo a Belgrado e sulle spinte che videro la città diventare gradualmente il centro della "serbità"44. La "nazionalizzazione" di Belgrado rappresentava un fenomeno strettamente correlato alla sua europeizzazione. La doppia necessità di definire un'identità nazionale e di entrare a fare parte della famiglia delle nazioni europee si rileva con immediatezza nella trasformazione dell'immagine urbana. In essa risiedeva il significato di una forzata "deottomanizzazione" delle strutture e dei significati dello spazio pubblico, in modo da produrre una rottura più possibilmente netta con il recente passato. La rimozione delle numerose moschee che caratterizzavano il panorama belgradese rappresentò uno dei passi più significativi per "cancellare le tracce della secolare presenza turca"45. Si trattò di un processo

42 In primo luogo il già citato STOJANOVIĆ Dubravka, Kaldrma i asfalt, cit..

43 BLAGOJEVIĆ Ljiljana, La regolazione urbana di Belgrado nel 1867, in Città dei Balcani, città d'Europa, cit., pp. 161-179. Sulle trasformazioni urbanistiche di Belgrado all'epoca vedi in italiano anche KURTOVIĆ-FOLIĆ Nadja, "Lo scontro fra due modelli. Belgrado nel XIX secolo tra Oriente e Occidente", Storia urbana", vol. 31, n.120-121, 2008, pp.127-148.

44 Tra i numerosi studi vedi TIMOTIJEVIĆ Miroslav, "Prestonička urbana memorija i fleksibilna nacionalna geografija - sađenje mladice Takovskog grma u Beogradskom Dvorskom parku", Nasleđe, n.10, 2009, pp.11-40; Id.,"Narodno pozorište u Beogradu. Hram patriotske religije", Nasleđe, n.6, 2005, pp.9-44; Id., "Mit o nacionalnom heroju spasitelju i podizanje spomenika knezu Mihailu Obrenoviću"; Nasleđe, n.4, 2002, pp.45-78; Id., "Memorijal oslobodiocima Beograda 1806.", Nasleđe, n.5, 2004, pp.9-34.

45 IGNJATOVIĆ Aleksandar, "Između žezla i ključa: nacionalni identitet i arhitektonsko nasleđe Beograda i Srbije u 19. i 20. veku", Nasledje, n.9, 2008, pp.51-54.

radicale che sul piano ideale non doveva prevedere compromessi ma che si realizzò inevitabilmente con una certa gradualità. Intanto la struttura demografica rimaneva relativamente composita da un punto di vista "etnico", ma priva della componente turca, che in virtù degli accordi con Istanbul emigrò definitivamente nel 186746.

Belgrado cominciò quindi ad assumere l'aspetto di una capitale nazionale. Già a partire dagli anni Quaranta del Diciannovesimo secolo, dopo essere divenuta capitale ufficiale del Principato, la struttura urbana "venne trasformata come parte integrante del processo di emancipazione nazionale, come specchio dell'identità della società, dello Stato, della cultura nazionale"47. Oltre alla serbizzazione della simbologia pubblica, in grande considerazione veniva tenuta anche l'affermazione dell'autorità e della legittimità della dinastia dominante48. Sono diversi gli indizi che indicano come all'epoca lo spazio pubblico belgradese iniziasse a predisporsi per adempiere a tali compiti rappresentativi. La costruzione degli spazi pubblici assunse un carattere sempre più monumentale, come testimoniato dall'architettura dei nuovi palazzi pubblici: il Kraljev dvor (Palazzo del re, 1881 -1884), il Ministartsvo pravde (Ministero della giustizia alle Terazije, 1882-1883), la Narodna banka (la Banca Nazionale,1888-1889), il Državni Savet (Il consiglio di Stato, 1889)49. Le strutture istituzionali necessarie alle funzioni di capitale "moderna" trovarono in quegli anni sistemazione in città, dando vita a quel sistema urbano fisico e semantico che sarebbe, con le notevoli variazioni successive, rimasto nel tempo "ossatura" della Belgrado capitale.

Particolarmente significativo può risultare l'esempio della costruzione della piazza principale di Belgrado, pianificata secondo i modelli europei e fino ad oggi uno dei maggiori centri della vita pubblica cittadina50. In un luogo carico di significati simbolici "nazionali", dove sorgeva una delle principali porte ottomane della città, distrutta degli insorti serbi durante le sollevazioni, vennero concentrati alcuni elementi urbani eccezionalmente rappresentativi.In primo luogo, nel 1869 fu inaugurato il Teatro Nazionale, un'istituzione che assunse un forte significato a sostegno della dinastia nazionale e destinata a divenire "tempio della religione patriottica". Il Teatro ospitava "rituali che intenzionalmente incarnavano le idee fondamentali dell'identità nazionale serba", come feste nazionali, drammi storici che

46 RISTOVIĆ Milan, Belgrado, una capitale sul confine, cit., pp.93-97. 47 IGNJATOVIĆ Aleksandar, "Između žezla i ključa", cit., p.53.

48 TIMOTIJEVIĆ Miroslav, "Prestonička urbana memorija i fleksibilna nacionalna geografija", cit., p.11. 49 ROTER-BLAGOJEVIĆ Mirjana, RADIVOJEVIĆ Ana, "Les espaces publics et la vie publique à Belgrade au

XVIIIe et au XIXe siècle et leur transformation au XXe siècle", Études balkaniques, n.14, 2007, pp.23-24. 50 Cfr. LAVRENCE Christine, "The Serbian Bastille: Memory Agency and Monumental Public Space in

rievocavano le vicende "risorgimentali" ed i relativi eroi, palcoscenico per una pedagogia nazionale che esaltava il sacrificio collettivo e del singolo per la patria. Ma il teatro cittadino, significativamente, aveva anche la funzione di riprodurre nel cuore della capitale, attraverso le diverse rappresentazioni, l'autenticità di quel mondo rurale da cui traeva origine il sentimento nazionale51.Pochi anni dopo, in seguito alla morte del Principe Mihailo Obrenović, nel 1868, la Piazza del Teatro, come allora si chiamava, vide l'erezione di una statua equestre al principe defunto. L'opera è stata considerata da Timotijević il primo monumento figurativo nazionale in senso moderno della città, primo passo verso "l'interpretazione di Belgrado come pantheon rappresentativo all'aperto". L'opera commissionata allo scultore fiorentino Enrico Pazzi andava così a riprodurre nel centro della capitale l'eroicizzazione del Principe come monarca simbolo della nuova nazione europea52. Mentre il pantheon nazionale andava gradualmente definendosi, occupando diversi luoghi della capitale e fissandosi nella toponomastica cittadina53, si muovevano i primi passi per la costruzione di un adeguato sistema museale. Il processo venne inaugurato dall'apertura, nel 1844, del Museo nazionale serbo, promosso in particolare dal ministro Jovan Sterija Popović, che riproponeva, secondo l'uso dell'epoca, contenuti relativi all'arte, alla storia ed alla cultura della nazione. Da uno dei dipartimenti di tale istituzione venne quindi creato, ad inizio Novecento, un Museo Etnografico di Serbia. La tradizione militare del popolo serbo, fondamentale nella costruzione di un'identità nazionale forgiata nella lotta contro "il turco", venne quindi consegnata alla vecchia fortezza di Kalemegdan: nel luogo che per secoli aveva rappresentato il simbolo del potere militare e politico ottomano, venne fondato nel 1878, anno dell'indipendenza, il Museo Militare54.La mappatura spaziale dell'identità serba nella Belgrado dell'epoca risulta utile anche per far emergere interessanti aspetti problematici nelle dinamiche di costruzione stessa di quella identità. In particolare, si rilevano le implicazioni del violento confronto tra le due "dinastie nazionali" dei Karađorđević e degli Obrenović. La Belgrado-capitale nazionale degli uni era

51 TIMOTIJEVIĆ Miroslav, "Narodno pozorište u Beogradu", cit., pp.31-36.

52 TIMOTIJEVIĆ Miroslav, "Mit o nacionalnom heroju spasitelju i podizanje spomenika knezu Mihailu Obrenoviću", cit., p.63.

53 Sulla nazionalizzazione dei nomi di piazze e vie, cfr. STOJANOVIĆ Dubravka, Kaldrma i asfalt, cit., pp.76-82.

54 SIMIĆ Marina, "Displaying Nationality as Traditional Culture in the Belgrade Ethnographic Museum. Exploration of a museum modernity practice", Glasnik Etnografskog Instituta SANU, n.54, 2006, pp.305-318; MANOJLOVIĆ-PINTAR Olga, IGNJATOVIĆ Aleksandar, National Museums in Serbia: A Story of Intertwined Identities, in ARONSSON Peter, ELGENIUS Gabriella ( a cura di), Building National Museums in Europe, 1750-2010, Linköping, Linköping University Electronic Press, 2011, URL: <http://www.ep.liu.se/ecp_home/index.en.aspx?issue=064>, pp.788-789. Riguardo al Museo Militare è disponibile invece solo il meno brillante LAŽETIĆ Predrag, "Vojni muzej i Beogradska tvrđava", Vesnik, n. 34, 2007, pp.82-108.

in qualche modo diversa da quella degli altri e per questo motivo subiva, in occasione di ogni avvicendamento ai vertici del Regno, trasformazioni determinate dai diversi tentativi di associare alla relativa dinastia i "luoghi della memoria" del centro politico dello Stato, mentre quelli storicamente legati alla casa rivale finivano per essere assimilati o marginalizzati55.

Il paesaggio urbano belgradese avrebbe dovuto dotarsi anche di un imponente simbolo religioso. All'epoca, le capitali europee erano nella maggior parte dei casi riconoscibili per la presenza di una chiesa di grandi dimensioni ereditata dal passato o costruita nel corso dell'Ottocento. Come osservato da Bojan Aleksov, questo tipo di "monumenti nazionali ed i connessi eventi commemorativi divennero uno stabile fattore di rafforzamento della fedeltà alle istituzioni esistenti e allo stato"56.L'ortodossia serba svolgeva un ruolo di primo piano nella costruzione nazionale serba, per questo la consacrazione dello stretto legame religioso con l'identità nazionale secolare era necessaria nello spazio pubblico della capitale. La seconda metà dell'Ottocento vide quindi la realizzazione dei primi progetti di costruzione sulla collina di Vračar di una grande chiesa "dedicata alla memoria del più grande santo, illuminista e unificatore serbo", San Sava, nel luogo dove si credeva che tre secoli prima fossero stati bruciati i suoi resti. Dopo la raccolta dei primi fondi, i lavori presero il via nel 1904, nell'ambito dei festeggiamenti per il centenario dello scoppio della Prima rivolta serba contro i turchi.

Il tempio di San Sava (Hram Svetog Save) si avvia solo oggi, dopo diversi decenni di lentezze e interruzioni dei lavori dovute a motivi economici e politici, ad essere completato. Per lungo tempo è rimasto in qualche modo a rappresentare l'incompletezza della capitale nel suo percorso di incarnazione dello spirito nazionale serbo. In generale, le sommarie indicazioni qui presentate permettono di ricostruire le prime ma significative tappe di tale percorso di assunzione delle funzioni di capitale moderna da parte di Belgrado. Sulla base delle riflessioni disponibili è possibile valutare come Belgrado iniziasse ad interpretare il ruolo di capitale nazionale, seguendo modelli che si erano ormai pienamente affermati in Europa. La struttura urbanistica della città si ancorò all'asse centrale che dalla vecchia fortezza di Kalemegdan – dove trovarono posto i monumenti al leader militare Karađorđe ed al padre intellettuale della patria Dositej Obradović57 – attraverso la via principale intitolata al

55 TIMOTIJEVIĆ Miroslav, "Prestonička urbana memorija i fleksibilna nacionalna geografija" cit.; Id., "Memorijal oslobodiocima Beograda 1806.", cit.; BANUŠIĆ Danijela, "Podizanje spomenika pobede na Terazijama", Nasleđe, n.9, 2008, pp.193-210.

56 ALEKSOV Bojan, "Nationalism in construction. The memorial church of St.Sava on Vračar hill in Belgrade", Balkanologie, vol.7, n.2, 2003, p.55.

principe Mihailo e la "piazza" delle Terazije, portava fino alla grande piazza Slavija, nei pressi della quale avrebbe dovuto sorgere il nuovo tempio a San Sava. Questa "colonna vertebrale" della città divenne naturalmente il centro della politica iconografica e simbolica, una sorta di nucleo "allungato" della città, dove si strutturava gran parte del supporto visivo per il potere politico delle due dinastie. Tuttavia, nonostante la chiara direzione intrapresa, il processo rimaneva all'alba dello scoppio della Grande Guerra ancora sostanzialmente incompleto. Se diversi progetti erano stati ideati e realizzati, molti altri erano rimasti sulla carta. Le difficoltà