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Il consolidamento degli ideali jugoslavisti: tra modello integrale e modello organicointegrale e modello organico

I MMAGINARI " JUGOSLAVI "

I.III Il consolidamento degli ideali jugoslavisti: tra modello integrale e modello organicointegrale e modello organico

In più di un'occasione il noto modello di Miroslav Hroch relativo al risveglio nazionale delle "nazioni europee più piccole" è stato applicato al contesto dell'Europa Sud-orientale26. In primo luogo nell'analisi del percorso dei diversi movimenti nazionali, eventualmente riarticolando i passaggi individuati dallo storico ceco sulla base delle specificità dei diversi contesti locali27. Dennison Rusinow ha invece sperimentato l'applicazione del modello allo jugoslavismo, sostenendo come il periodo compreso tra la seconda metà dell'Ottocento e il primo Novecento possa essere considerato come il passaggio dalla fase A ad un'approssimazione della fase B28. La maturazione degli ideali jugoslavisti è infatti generalmente individuata nel corso della seconda metà del Diciannovesimo secolo, quando una proposta fino a quel momento rimasta soprattutto di carattere culturale cominciò ad assumere toni apertamente politici. Si tratta di un periodo che ha conosciuto un certo livello di approfondimento – anche da parte della storiografia di epoca socialista – grazie a cui è stato individuato un secondo momento di ripresa degli ideali jugoslavisti dopo l'esperienza illirica, rafforzatasi a partire dagli anni Sessanta del XIX secolo. Una fase di maturazione e definizione, quindi, in cui si cominciò a parlare apertamente di jugoslovjenstvo, jugoslavizam e perfino di una piuttosto vagamente definita Jugoslavija. Sarebbe stato tuttavia solo il primo conflitto mondiale, parecchio tempo dopo, a realizzare le condizioni necessarie per la nascita di uno Stato indipendente degli Slavi del Sud.

La mappatura dello sviluppo geografico dell'idea jugoslava ritrova, anche dopo l'esperienza illirica, il proprio baricentro all'interno dei territori slavo-meridionali controllati dalla Corona asburgica. Protagonisti principali dell'attivismo culturale e politico di questa fase sono generalmente riconosciuti due intellettuali cattolici: il vescovo della diocesi di Đakovo

26 Le fasi proposte da Hroch sinteticamente si articolano in: fase A) elaborazione di una coscienza e di una narrazione nazionale da parte di una ristretta cerchia di intellettuali; fase B) fase politica, attraverso la diffusione del discorso e del programma nazionale; fase C) conquista di un consenso di massa. Cfr. HROCH Miroslav, Social preconditions of national revival in Europe. A comparative analysis of the social composition of patriotic groups among the smaller European nations, Cambridge, Cambridge University Press, 1985.

27 Cfr. ad esempio GROSS Mirjana, O integraciji hrvatske nacije, in Id. (a cura di) Društveni razvoj u Hrvatskoj (od 16. stoljeca do početka 20. stoljeca), Zagabria, Liber, 1981, pp.175-190; BANAC Ivo, The national question in Yugoslavia, cit., pp.28-29; UZELAC Gordana, The development of the Croatian nation: an historical and sociological analysis, Lewinston, Edwin Mellen Press, 2006, pp.60-61.

Josip Juraj Strossmayer e Franjo Rački, prelato e storico. I due si impegnarono nella promozione della jugoslavità attraverso attività sia di carattere politico che di tipo culturale. Tale impegno portò alla fondazione nel 1866 di un'istituzione culturale che sarebbe rimasta al centro del panorama accademico fino a collasso della Jugoslavia negli anni Novanta del secolo successivo: l'Accademia Jugoslava di Arte e Scienza [Jugoslavenska akademija znanosti i umjetnosti]. Aperta ufficialmente nel 1866, guidata da Franjo Rački e dal filologo serbo Đuro Daničić, fu impegnata in progetti di promozione culturale jugoslava, a partire dalla stesura di un dizionario accademico della "lingua croata o serba". Nell'arena politica le idee jugoslaviste vennero invece promosse in particolare dalla Narodna stranka, erede della Ilirska narodna stranka, e guidata dal 1860 proprio da Jurj Strossmayer29.

L'impegno del vescovo di Đakovo si tradusse soprattutto in attività di carattere diplomatico. Tuttavia una vera e propria prospettiva politica jugoslavista rimaneva, nella seconda metà dell'Ottocento, solo vagamente definita. Fu in questa fase che si registrarono i primi difficoltosi contatti di natura più strettamente politica tra gli Slavi del sud dell'Impero e la Serbia. È tuttora oggetto di dibattito storiografico (e politico) il reale interesse del neonato Principato serbo nei confronti dei progetti di carattere jugoslavista, in buona sostanza occasionale e superficiale. La Serbia aveva intrapreso il proprio percorso di affermazione come Stato nazionale attraverso una sempre maggiore emancipazione dal controllo della Porta che avrebbe portato al conseguimento della piena indipendenza nel 187830. Rispetto alle ambizioni statali serbe dell'epoca, ha rappresentato fonte di accese polemiche il celebre Nacertanije, redatto da Ilija Garašanin nel 1844. Si trattava di un documento incentrato sugli obiettivi della politica estera del Principato, caratterizzato da un irredentismo ed un espansionismo interessati soprattutto alla Bosnia e protratti verso la creazione di uno Stato che potesse comprendere anche i restanti territori dove viveva popolazione "serba". Tale progetto implicava tuttavia anche l'integrazione di altre popolazioni slavo-meridionali. Al di là delle polemiche politiche più recenti, come osservato da Holm Sundhaussen in realtà, "il concetto nazionale come quello statale, in Garašanin risultano imprecisi" ed è significativo come nel testo si faccia riferimento, ad esempio, ai "popoli serbi" ed all'unione con i "bosniaci

29 Sull'attività di Strossmayer e Rački esiste un'ampia bibliografia dall'impostazione molto variegata, a seconda dell'epoca e del contesto di produzione del lavoro. Punti di riferimento recenti possono essere GROSS Mirjana, Vijek i djelovanje Franje Račkoga, Zagabria, Novi liber, 2004; TOMLJANOVICH William Brooks, Biskup Josip Juraj Strossmayer: nacionalizam i moderni katolicizam u Hrvatskoj, Zagabria, Dom i svijet, 2001.

30 Sul percorso di liberazione nazionale serbo è oggi pubblicato in italiano PAVLOWITCH Stevan, Serbia. La storia al di là del nome, cit.. Particolarmente utile anche l'opera di sintesi, disponibile in lingua tedesca e serba, SUNDHAUSSEN Holm, Istorija Srbije, cit..

cattolici". L'impostazione (gran)serbista o jugoslavista, dipendeva da categorie nazionali che si mostravano definite in maniera ancora piuttosto debole31. Nei decenni successivi cominciò quindi gradualmente a maturare un'identificazione della Serbia come Piemonte dei Balcani, ma se il Principato dovesse incarnare quel ruolo solo per i serbi o per tutti gli Slavi del sud si chiarì definitivamente solo con l'ingresso nel nuovo secolo.

La seconda metà degli anni Sessanta fu segnata, quindi, da un allargamento dello spettro politico, determinato dai primi veri e propri contatti tra i vertici politici del principato di Serbia e i movimenti jugoslavisti attivi all'interno dell'Impero Austro-Ungarico, rispettivamente rappresentati dalle personalità di Garašanin e di Strossmayer. Andarono in questo periodo articolandosi diverse prospettive politiche per un'entità statuale per gli Slavi del sud: fosse essa un'unità autonoma all'interno della monarchia asburgica (il cosiddetto "trialismo") o uno Stato unitario indipendente federale. Recenti studi hanno evidenziato la versatilità e l'intercambiabilità delle opzioni politiche prese in considerazione dai diversi attori, sottolineando come la pragmatica politica imponesse mutamenti di prospettiva in relazione alle circostanze contingenti. Non mancarono nella seconda metà del XIX secolo crisi politiche internazionali che attraversarono la regione trasformando il quadro geopolitico: come la crisi bosniaca del 1875-1878, che aprì la questione del destino della ex-provincia ottomana, da assegnare all'Austria-Ungheria o alla Serbia32.

Gli anni tra il 1903 ed il 1905 sono considerati particolarmente significativi dal punto di vista della ripresa politica dello jugoslavismo: sia per via delle evoluzioni politiche nel contesto della monarchia austroungarica, sia per il nuovo corso politico affermatosi nel regno di Serbia. In un contesto imperiale sempre più segnato dal problema dei diritti politici delle diverse nazionalità sotto la corona asburgica, il 1905 vide la formazione di una coalizione di partiti serbi e croati (Hrvatsko-Srpska Koalicija) che sarebbe stata protagonista di primo piano del quadro politico locale fino allo scoppio della guerra. Da un punto di vista ufficiale sostenitrice della prospettiva trialista all'interno della monarchia, nel 1906 la coalizione riuscì ad ottenere e mantenere la maggioranza nel parlamento di Zagabria. In Serbia nel frattempo il colpo di Stato del 1903 che portò allo spodestamento della dinastia degli Obrenović in favore dei Karađorđević determinò il superamento della politica di prudenza e convivenza con

31 SUNDHAUSSEN Holm, Istorija Srbije, cit., p.129.

32 Cfr. ROHRBACHER J. Robert, "Bishop J. J. Strossmayer's Yugoslavism in the Light of the Eastern Crisis of 1875-1878", East European Quarterly, n.3, 2001, pp.343–372; GRIJAK Zoran, "Croatian-British Views of the Eastern Question. The Correspondence of William Ewart Gladstone and Josip Juraj Strossmayer (1876-1882)", Review of Croatian History, n.1,2009, pp.47-84; BOZHILOVA Rumiana, "Some Reflections: Why Did Franjo Rački Change His Attitude Towards Serbia in 1885", Balkan Studies, n.2, 2008, pp.83-102.

l'Impero che aveva contraddistinto gli ultimi anni del XIX secolo. Ciò impresse una svolta all'evoluzione politica del movimento jugoslavo, determinando un nuovo atteggiamento nei confronti delle "terre irredente", anche se è piuttosto controverso quali dovessero essere le reali direttive della pragmatica politica dei vertici di Belgrado33. Le nuove generazioni di intellettuali serbi del Regno mostravano sempre maggiore interesse all'ideale jugoslavo ed i contatti culturali aumentavano, in molti casi apertamente appoggiati dalla nuova casa regnante, come in occasione delle prime grandi mostre d'arte jugoslava34. Purtroppo, tuttavia, mentre il movimento culturale jugoslavista in ambito asburgico ha ottenuto la meritata attenzione da parte degli studiosi, sono ancora relativamente pochi i lavori che si sono occupati del ruolo di intellettuali serbi come Jovan Skerlić, Stevan Stojanović Mokranjac, Nadežda Petrović e Jovan Cvijić in relazione alla promozione dell'idea jugoslava35.

L'annessione della Bosnia nel 1908 e quindi le guerre balcaniche degli anni 1912-1913 funzionarono come potenti catalizzatori per il movimento politico jugoslavista, in particolare nei territori austroungarici. In Slovenia, ad esempio, entro il 1910 tutti e tre i principali partiti politici sloveni (clericali, liberali, socialdemocratici) avevano abbracciato posizioni filojugoslave, pur sostenendo soluzioni politiche di tipo diverso36. Negli stessi anni in Serbia, Stojan Novaković scriveva il suo testo visionario sullo Stato comune jugoslavo del futuro, nonostante l'indicazione del 2011 denotasse quanto la prospettiva reale fosse considerata distante nel tempo37. Furono soprattutto le organizzazioni giovanili dei territori asburgici ad abbracciare un nazionalismo jugoslavo particolarmente deciso, per quanto in molti casi ideologicamente confuso (un misto di populismo, socialismo, nazionalismo, anarchismo). Nella galassia composta da questi diversi gruppi, in molti casi organizzazioni a carattere studentesco, rientravano tra gli altri la Napredna omladina [Gioventù progressista] in Croazia, il gruppo sloveno Preporod [Rinascita], lo Slovenski Jug [Sud slavo] a Belgrado, e la Mlada Bosna [Giovane Bosnia] di Gavrilo Princip, che organizzò l'omicidio di Francesco Ferdinando a Sarajevo38.

33 Cfr. ad esempio MACKENZIE David, "Serbia as Piedmont", cit., pp.163-182.

34 Cfr. VUČETIĆ Radina, "Jugoslavenstvo u umjetnosti i kulturi – od zavodljivog mita do okrutne realnosti (Jugoslavenske izložbe 1904.-1940.)", Časopis za suvremenu povijest, n. 3, 2009, pp. 699-712.

35 Tra le eccezioni: TRGOVČEVIĆ Ljubinka Naučnici Srbije i stvaranje jugoslovenske države: 1914-1920, Belgrado, Narodna knjiga, Srpska književna zadruga, 1986; MILOJKOVIC-ĐURIĆ Jelena, "The Roles of Jovan Skerlic, Steven Mokranjac, and Paja Jovanovic in Serbian Cultural History, 1900-1914", Slavic Review, vol. 47, n. 4, 1988, pp. 687-701.

36 ROGEL Carole, The slovenes and yugoslavism, cit., p.23, 75.

37 Cfr. ALEKSOV Bojan, "One hundred years of Yugoslavia: the vision of Stojan Novaković revisited", Nationalities Papers, vol.39, n.6, 2011, pp.997-1010.

Rappresentando l'Austria-Ungheria il maggiore ostacolo alla realizzazione di uno Stato jugoslavo, furono la guerra e la presa coscienza dell'irreversibilità della crisi dell'Impero a rendere concreta la possibilità che si arrivasse alla fondazione di un'entità statale comune indipendente. Se certamente la creazione della Jugoslavia non avrebbe potuto avere luogo senza l'avvallo delle grandi potenze a Versailles, ciò non significa, come si è spesso sostenuto, che si trattasse di uno Stato costruito a tavolino a Parigi. Oggi si tende al contrario a riconsiderare le circostanze che videro i rappresentanti delle forze vincitrici messi di fatto di fronte ad un fait encompì39. Si trattava infatti di un'opzione forse priva di alternative per Slovenia e Croazia, territorialmente molto vulnerabili al di fuori dalla Monarchia asburgica. Inoltre è stato dimostrato il livello di consenso tra le élites alla creazione di uno Stato comune, testimoniato anche dall'attività di lobbying del Comitato jugoslavo, formato da intellettuali jugoslavi emigrati dall'Austria-Ungheria e guidato da Ante Trumbić. Le ultime fasi della guerra videro un certo fermento jugoslavista, anche nei territori della Monarchia, a Zagabria e tra gli sloveni40. Era tuttavia anche all'epoca evidente la variabilità interpretativa della prospettiva politica jugoslava, riscontrabile in diverse dichiarazioni ufficiali e accentuata dalla rapida evoluzione delle prospettive concrete41. Da una parte, sulla base del "principio di nazionalità" veniva rivendicato uno "stato indipendente e democratico" all'interno della monarchia asburgica, così come sintetizzato nella cosiddetta Dichiarazione di maggio del 1917. Si trattava della soluzione sostenuta dal "Club jugoslavo", che riuniva al parlamento di Vienna i rappresentanti dei partiti serbi, croati e sloveni42. Il Comitato jugoslavo guidato da Ante Trumbić spingeva invece per il riconoscimento di "una nazione con diritto all'autodeterminazione"43 e pochi mesi dopo, nel luglio 1917, firmava con il Regno di Serbia, rappresentato da Nikola Pašić, la Dichiarazione di Corfù, che pose le prime approssimative fondamenta per il nuovo Stato comune.

sognata, cit., pp. 160-170.

39 ĐOKIĆ Dejan, "Nationalism, Myth and Reinterpretation of History: The Neglected Case of Interwar Yugoslavia", European History Quarterly, vol.42, n.1, 2012, p.75.

40 WACHTEL B. Andrew, Making a nation, breaking a nation, cit., pp.64-65; VELIKONJA Mitja, Slovenia's Yugoslav Century, ĐOKIĆ Dejan, Yugoslavism, cit., p.87.

41 PAVLOWITCH St. Kosta, The First World War and the Unification of Yugoslavia, in ĐOKIĆ Dejan, Yugoslavism, cit., pp.27-41.

42 Il testo rivendicava: "sulla base del principio di nazionalità e dei diritti storici dello Stato croato, l'unificazione di tutti quei territori della Monarchia abitati da Croati, Sloveni e Serbi in uno Stato indipendente e democratico, libero dalla dominazione di qualunque nazione straniera, sotto lo scettro della dinastia d'Asburgo e di Lorena ", riportato in Ibidem, p.32.

43 ROBINSON Connie, Yugoslavism in the Early Twentieth Century: The Politics of the Yugoslav Committee, in ĐOKIĆ Dejan, KER-LINDSAY James (a cura di), New Perspectives on Yugoslavia. Key Issues and Controversies, New York, Routledge, 2010, p.16.

Immaginare l'unità culturale e politica della "nazione jugoslava" implicava una complessa negoziazione e definizione di significati condivisi. Nel corso del pluridecennale sviluppo politico dell'idea jugoslava anche la connessa rappresentazione culturale finì per assumere molteplici fisionomie, diversificate anche a seconda del contesto temporale o geografico di produzione. È tuttavia possibile riscontrare alcune articolazioni morfologiche ricorrenti nel tempo, che vanno in qualche modo a definire gli ampli confini della rappresentazione culturale ed identitaria jugoslava. Contestualmente si rende necessario rintracciare i nodi più problematici e controversi della costruzione di tali immagini in senso sia diacronico che sincronico.

Rispetto all'evoluzione dell'idea jugoslava vengono generalmente ricordati due modelli principali: lo jugoslavismo integrale e lo jugoslavismo cosiddetto "organico", "minimale" o "anti-integrale"44. Il primo sottintendeva una visione integralista e nazionale dell'identità jugoslava: nell'arco di un periodo più o meno lungo gli jugoslavi avrebbero dovuto quindi costruire e rafforzare un'unica cultura nazionale; il secondo prevedeva che determinati particolarismi – intesi come nazionali o tribali – venissero preservati nel contesto unitario jugoslavo. Naturalmente le declinazioni dell'idea jugoslava che sfuggono o attraversano tali categorie non mancano. Una schematizzazione di questo tipo permette però di inquadrare, in termini generici, l'intera esperienza culturale jugoslava. Nonostante generalmente lo jugoslavismo organico venga associato al periodo titino e quello integralista all'età monarchica, è stato evidenziato come in realtà, il confronto tra le due versioni abbia avuto origine prima della stessa fondazione del paese, nei decenni di maturazione e diffusione dell'idea jugoslava45. Purtroppo la storiografia si è solo limitatamente impegnata a cercare di ricostruire le immagini rappresentative della comunità jugoslava, mentre molta più attenzione è stata dedicata alla dimensione politica dello jugoslavismo. Tuttavia, almeno in parte, la presenza di tali variegati immaginari jugoslavi è stata rilevata nel contesto dell'epoca, in constante confronto, sovrapposizione o convivenza con le dimensioni identitarie che si sarebbero affermate come nazionali, ma anche con quelle, più spesso dimenticate, di carattere locale o regionale46.

Inizialmente suggerita dal Movimento illirico, l'idea che gli Slavi del Sud costituissero un

44 Il valore della svolta negli studi che ha portato all'approfondimento delle diverse strutture e morfologie dello jugoslavismo è stata introdotta nel dibattito scientifico italiano da Egidio IVETIĆ in "Lo Jugoslavismo nell’esperienza delle due Jugoslavie", cit..

45 RUSINOW Dennison, The yugoslav idea before Yugoslavia, cit., pp.25-26.

46 Una certa attenzione è stata di recente giustamente rivolta alla concezione regionale ed ai regionalismi in epoca ottocentesca cfr. PETRUNGARO Stefano, "Il Nation-building in Croazia. Gli studi recenti", cit..

unico narod (popolo o nazione) trovò una sistemazione ideologica nel contesto culturale romantico ottocentesco. Il modello era sostanzialmente quello di una comunità naturale, linguistica e di sangue, strettamente legata ad un territorio specifico e con un passato glorioso da riscattare. Si faceva riferimento soprattutto ad una convergenza "serbo-croata", due popoli che Rački considerava un'unica nazione separata dalla storia. Va tuttavia tenuto conto del fatto che all'epoca in tali categorie rientravano generalmente anche popolazioni che oggi si identificano come montenegrini, bosgnacchi e macedoni. Sulla base di un'unificazione tra le maggiori popolazioni slavo-meridionali, risultava quindi naturale pensare che anche sloveni e bulgari si sarebbero associati47. Questi ultimi mantennero tuttavia una posizione maggiormente defilata, benché considerati parte della famiglia slavo-meridionale già dai tempi dell'illirismo. Fin dalla seconda metà dell'Ottocento entrarono periodicamente in contrasto con i serbi per via della contesa relativa ai territori della Macedonia slava. Le Guerre balcaniche finirono quindi per sancire la rottura, nel momento in cui il progetto d'unificazione si avvicinava al compimento48. Coerentemente con tale impostazione ideologica, manteneva un ruolo di primo piano nel processo sincretico la standardizzazione linguistica comune: promossa ai tempi del movimento illirico e dell'accordo del 1850 e proseguita con il lavoro dell'Accademia jugoslava. Il progetto, che evidentemente non aveva dato i risultati sperati, venne ulteriormente rilanciato ad inizio XX secolo. Si cercò di raggiungere una nuova forma di convergenza basata sulla proposta di Jovan Skerlić, che prevedeva la formalizzazione di una lingua comune basata sull'alfabeto latino (utilizzato da croati e sloveni), ma scritta nella variante ekavi dello štokavi (utilizzata dalle popolazioni serbe del regno di Serbia). Le differenze religiose erano invece considerate spesso secondarie, fu soprattutto il vescovo Strossmayer a distinguersi per l'impegno a favore di una unificazione delle chiese cattolica e ortodossa nella regione, prospettiva che, oltre ai significati spirituali, rappresentava una condizione preliminare per la successiva unità politico-culturale49.

Mentre la convinzione di costituire un'unica nazione godeva di un certo riscontro a livello trasversale, il problema primario rimaneva la codificazione di una più ampia cultura comune per gli jugoslavi. Tra le diverse possibilità riscontrate nell'esperienza dei processi di

47 GROSS Mirjana, Vijek i djelovanje Franje Račkoga, Zagreb, Novi Liber, 2004, p.489.; CIPEK Tihomir, The Croats and Yugoslavism, cit.,p.73.

48 L'ipotesi politica federativa sopravvisse invece negli ambienti politici di sinistra sia jugoslavi che bulgari. L'ultimo tentativo in questo senso venne promosso da Tito e Dimitrov prima della rottura tra la Jugoslavia e il Cominform nel 1948.

49 SLIŠKOVIĆ Slavko, Katolicizam u službi nacije, in DABROWSKA-PARTYKA Maria e CZERWINSKI Maciej (a cura di), Josip Juraj Strossmayer. Hrvatska. Ekumenizam. Europa., Krakow, Scriptum, 2007, pp. 37-59.

unificazione nazionale, due hanno trovato possibilità di attuazione nel contesto slavo meridionale: l'assunzione di una delle culture slavo-meridonali come punto di riferimento o la costruzione di una nuova cultura collettiva sincretica che combinasse elementi provenienti dalle diverse tradizioni. Se il movimento illirico, anche in Croazia, aveva attinto soprattutto ad un certo patrimonio "etnico" serbo, in seguito le cose si definirono diversamente. Sulla base dei propri studi Andrew Wacthel ha osservato:

Il nuovo jugoslavismo abbracciato dalla generazione post-1903 di serbi, croati e sloveni differiva dal precedente nel fatto che era molto più devoto alla sintesi multiculturale che alla serbizzazione. C'era una generale volontà di permettere alla Serbia di giocare il ruolo di Piemonte politicamente, ma solo alla condizione di non richiedere quel ruolo nella sfera culturale50.

L'idea che si affermò e che divenne dottrina ufficiale della coalizione serbo-croata, fu quella del Troimeni narod, che vedeva serbi, croati e sloveni rappresentare un'unica nazione