I MMAGINARI " JUGOSLAVI "
I.IV Lo jugoslavismo nella Jugoslavia monarchica
Il 1 dicembre 1918 venne proclamato lo Stato comune degli Slavi del Sud. Poche settimane prima, nei territori che avevano fatto parte dell'Impero Asburgico, era stato formato lo Stato degli Sloveni, Croati e Serbi. La nuova compagine statale si era quindi unita ai Regni di Serbia e Montenegro sotto la corona della dinastia dei Karađorđević. Per la prima volta si crearono le condizioni per inaugurare un periodo di promozione di una sistematica politica jugoslavista da parte di una struttura statale, attuata con i mezzi di nation-building a disposizione dello Stato moderno. Un "incerto nation building", è stato in realtà definito, per sottolineare una debolezza in qualche modo suggerita fin da subito la scelta del nome della nuova formazione statale: non Jugoslavia ma Regno dei Serbi, Croati e Sloveni (Kraljevina Srba, Hrvata i Slovenaca). Mantenendo, quindi, le specificità dei nomi "tribali"64. La creazione dell'entità politica unitaria non risolse infatti i problemi di definizione dello jugoslavismo e con il venire meno dell'entusiasmo del periodo bellico cominciarono a emergere divergenze che trovarono riscontro già nel corso dei lavori per la definizione della forma del nuovo Stato.
Nelle rispettive analisi molti studiosi hanno definito con nomi diversi le forme di jugoslavismo imposte dagli attori politici al potere nelle diverse fasi d'esistenza dello Stato monarchico. Una periodizzazione generalmente condivisa riconosce come principale spartiacque la dittatura imposta da Re Aleksandar Karađorđević nel 1929. Fino ad allora era preminente lo jugoslavismo di compromesso e sostanzialmente serbo-centrico del Partito radicale, che venne in seguito soppiantato da quello fortemente integralista-unitarista imposto dal sovrano. Dopo l'assassinio di Marsiglia nel 1934 il governo finì per virare verso uno jugoslavismo "realista", meno impegnato a forzare l'integrazione65. Fu quindi il periodo di potere assoluto di Re Aleksandar a rappresentare il periodo di nation-building più intenso, arrestato solo dal regicidio ad opera di un nazionalista macedone sostenuto dal movimento nazionalista croato degli ustascia. Negli anni della dittatura l'idea di troimeni narod venne di fatto accantonata, mentre venne radicalizzato e assolutizzato il concetto di narodno jedinstvo (unità nazionale). La politica nazionale di Re Aleksandar, volta a promuovere uno "spirito
64 Sul dibattito in Serbia relativamente alla denominazione del futuro Stato cfr. TRGOVČEVIĆ Ljubinka, Naučnici Srbije i stvaranje jugoslovenske države, cit., pp.280-282.
65 Per una condivisibile sistemazione vedi TROCH, Pieter, "Yugoslavism between the world wars: indecisive nation building", Nationalities Papers, vol.38, n.2, 2010, pp. 227-244.
nazionale jugoslavo" dall'alto, è stata più volte illustrata dalla storiografia a partire dal provvedimento più noto: la riforma geografico-amministrativa che divise il paese in provincie (banovine) volutamente irrispettose delle divisioni storiche ed etniche. L'intento perseguiva una radicale rottura con il passato che avrebbe sostenuto la cancellazione di tutte le differenze, superando ogni "politica tribale" e portando, secondo gli auspici del sovrano, allo "sviluppo delle caratteristiche della nostra razza nell'armonia interna e verso l'esterno rafforzerà l'unità e la forza di un popolo dall'unico sangue"66. Lo jugoslavismo integrale quindi "poteva essere sinceramente costruito solo sulle rovine della serbità, della croaticità e della slovenità"67 e per questo motivo non veniva risparmiata una decisa politica di repressione delle "differenze" non autorizzate68. In questa direzione andavano i nuovi programmi culturali ed il sistema educativo, sostenuti da una serie di leggi sistematiche promulgate nell'arco di pochi mesi.
Spesso la situazione nazionale della Jugoslavia tra le due guerre è stata presentata evidenziando in particolare i diversi problemi di carattere "nazionale". Una lettura che ha messo alla luce la dialettica tra un unitarismo/centralismo egemonico della componente etnica maggioritaria nel paese, visto spesso come espressione del granserbismo, e il separatismo/autonomismo degli altri popoli jugoslavi, il nazionalismo croato (e in minor misura sloveno) che avrebbero minato fin dal principio il progetto di Stato comune69. Ciò ha alimentato animati dibattiti sia nella pubblicistica che nel mondo accademico per lungo tempo. Di recente alcuni studiosi hanno promosso un approccio più articolato alla questione, rifiutando di ridurre il quadro politico dell'epoca ad uno schema cosi semplicistico di contrapposizione tra gruppi nazionali omogenei e consolidati70. La questione nazionale era naturalmente intrecciata con i problemi relativi al sistema istituzionale, tuttavia sembra necessario superare la schematizzazione classica che vede i serbi compattamente centralisti e unitaristi e i croati altrettanto compattamente autonomisti e anti-unitaristi. La fede nella
66 Passaggio riportato in DIMIĆ Ljubodrag, Integralno jugoslovenstvo i kultura 1929-1931. godine, in FLECK Hans-Georg, GRAOVAC Igor (a cura di), Dijalog povjesničara – istoričara, libro III, Zagabria, Friedrich Neumann Stiftung, 2001, p.337. Sulla politica culturale tra le due guerre la monumentale opera di Dimić, DIMIĆ Ljubodrag Kulturna politika Kraljevine Jugoslavije: 1918-1941, 3 volumi, Belgrado, Stubovi kulture, 1997.
67 Ibidem, p.374.
68 Per un interessante approfondimento sugli aspetti più repressivi della politica jugoslavista cfr. NIELSEN Christian Axboe, "Policing Yugoslavism: Surveillance, Denunciations, and Ideology during King Aleksandar's Dictatorship, 1929-1934", East European Politics and Societies, vol.23,n.1, 2009.
69 Su tutti il noto ed influente lavoro di BANAC Ivo, The national question in Yugoslavia, cit..
70 Dejan Đokić con il suo Elusive Compromise: A History of Interwar Yugoslavia (Londra, Hurst, 2007) si è contrapposto alle note posizioni di Ivo Banac espresse nel noto The national question in Yugoslavia, cit., in particolare pp.406-407. Sulla questione vedi anche TROCH, Pieter, "Yugoslavism between the world wars: indecisive nation building", Nationalities Papers, vol.38, n.2, 2010, pp. 227-229.
nazione jugoslava non implicava obbligatoriamente il sostegno alla centralizzazione dello Stato ed in questo senso è stato ricordato che "non tutti gli unitaristi erano sempre centralisti e non tutti i centralisti erano (genuini) unitaristi"71. Gli esempi non mancano, a partire dall'autonomismo sostenuto da diversi partiti serbi nella seconda metà degli anni Trenta e dalla conseguente costituzione di un'opposizione serbo-croata al potere di Belgrado. Gli sloveni si collocarono in termini generali, ma non senza importanti eccezioni, su posizioni di opposizione alla forma integrale dello jugoslavismo, tuttavia né partiti né intellettuali di primo piano assunsero posizioni antijugoslave72. Recentemente è stata quindi dedicata maggiore attenzione alle variegate correnti politiche jugoslaviste nel paese, come nel caso del poco conosciuto Partito cattolico croato [Hrvatska pučka stranka], che passò già nel 1912 dal croatismo ad un deciso jugoslavismo a sostegno del narodno jedinstvo e di una riunificazione delle due chiese cristiane nel paese, pur respingendo il radicale centralismo politico della Monarchia73.
In un quadro rispetto al quale appare assodato che la gran parte delle élites culturali si considerassero "nazionalmente" jugoslave e che l'appartenenza serba, croata o slovena mantenesse un significato importante ma "tribale"74, il problema fondamentale era quindi rappresentato dalle difficoltà di realizzare un'idea condivisa di "Jugoslavia", che ricomponesse le diverse declinazioni dello jugoslavismo e i suoi mutamenti. Nel corso degli anni della Jugoslavia monarchica si manifestarono diverse visioni ed interpretazioni di quelle che dovevano essere l'unità e la combinazione degli elementi comuni e delle differenze. La relativamente breve e molto travagliata vicenda della Jugoslavia monarchica ed il fallito tentativo di nation-building del periodo in questione hanno fortunatamente ricevuto una certa attenzione sia da parte della storiografia internazionale che da parte di quelle post-jugoslave. Negli ultimi anni quindi, analisi di carattere culturalista hanno permesso di ricostruire buona parte delle strutture rappresentative dello jugoslavismo dell'epoca, partendo da dispositivi come i giornali, i libri di testo per le scuole, la letteratura e la musica, la cultura visuale e l'architettura pubblica75.
71 ĐOKIĆ Dejan, (Dis)integrating Yugoslavia, cit., p.138. 72 VELIKONJA Mitja, Slovenia's Yugoslav Century, cit., p.89.
73 MATIJEVIĆ, Zlatko, Politika katoličkog jugoslavenstva (1912.-1929.), in FLECK Hans-Georg, GRAOVAC Igor (a cura di), Dijalog povjesničara – istoričara, libro I, Zagabria, Friedrich Neumann Stiftung, 2000. 74 WACHTEL B. Andrew, Making a nation, breaking a nation, cit., p. 69, 77; CIPEK Tihomir, The Croats and
Yugoslavism cit., pp. 75-76.
75 Cfr. ad esempio TROCH Peter, "Between Yugoslavism and Serbianism. Reshaping collective identity in Serbian textbooks between the world wars", History of Education, vol.41, n.2, 2012; IGNJATOVIĆ Aleksandar, Jugoslovenstvo u arhitekturi, cit.; ATANASOVSKI Srđan,"The ideology of yugoslav nationalism and and primordial modernism in interwar music", Muzikologija, n.11, 2011; WACHTEL B. Andrew, Making
Nella compresenza di diverse interpretazioni dello jugoslavismo culturale il modello che sembra aver nettamente prevalso sugli altri è quello "sintetico". Andrew Wachtel ha sottolineato, come la creazione di un'identità nazionale jugoslava non implicasse da un punto di vista culturale la serbizzazione del paese. Nonostante la supremazia politica serba, "la teorizzazione culturale era dominata da figure che si sforzavano di costruire una nazione jugoslava multiculturale, la cui cultura avrebbe sintetizzato gli elementi migliori delle tribù jugoslave"76. Il risultato di questa sintesi, opportunamente codificata, avrebbe dovuto rappresentare la cultura unica dalla Nazione jugoslava, escludendo i particolarismi "tribali" rimasti al di fuori di essa. Rimaneva oggetto di dibattito fino a che punto il sopraccitato processo dovesse risultare spontaneo o venire forzato. Tutto ciò era in molti casi legittimato, ha rilevato Aleksandar Ignjatović nelle sue indagini sulla rappresentazione visuale della jugoslavità, da una radicale visione primordialista dell'unità slavo-meridionale. Si tratta solo dell'ulteriore prova della diffusione di un discorso identitario che insisteva sull'esistenza di una nazione jugoslava come comunità primordiale, autentica e genuina, sul fatto che le differenze al suo interno fossero solo superficiali e che rappresentassero una corruzione del nucleo originario dovuta alle negative influenze straniere. Una nazione che aveva ormai intrapreso un cammino di rigenerazione77.
Al di là della retorica primordialista, rimaneva da un punto di vista pratico la necessità di raggiungere una sintesi culturale che dalla combinazione delle evidenti differenze sostanziasse la nazione jugoslava. Recentemente l'impostazione sintetica è stata meglio focalizzata nel suo rapporto con le diverse tradizioni locali, attraverso l'analisi dei libri di testo scolastici. Pieter Troch ha superato, per alcuni aspetti, il lavoro pionieristico in materia di Charles Jelacich che riscontrava nei manuali dell'epoca esclusivamente le impostazioni identitarie serba, croata o slovena, non rilevando sostanziali tracce di jugoslavismo. Troch ha invece ricostruito il tentativo di promuovere una cultura jugoslava in termini più decisi negli anni Trenta, registrando "una più equa selezione di risorse simboliche legate alle diverse tradizioni (storiche, linguistiche, religiose e geografiche) che erano riconosciute come facenti a nation, breaking a nation, cit.; LAJBENŠPERGER Nenad "Srpstvo, jugoslovenstvo i lokalpatriotizam prilikom podizanja spomen-kosturnica na Mačkovom kamenu i u Krupnju", Spomen mesta - istorija - sećanja: primljeno na V sednici Odeljenja društvenih nauka SANU, 2009, pp.191-199; PETROVIĆ Ljubomir, "U potrazi za izmišljenom stvarnošću: Jugoslovenski identitet u časopisu Jugosloven 1931–1932", Istorija 20. veka, n.1, 2007, pp.37-57.
76 WACHTEL B. Andrew, Making a nation, breaking a nation, cit., p.73. Vedi l'intero paragrafo.
77 IGNJATOVIĆ Aleksandar, Jugoslovenstvo u arhitekturi: 1904-1941, cit., pp.43-306. Per una spiegazione chiara delle teorie primordialiste vedi SMITH Anthony, La nazione. Storia di un'idea, Soveria Mannelli, Rubbettino, 2007 [ed. originale: The Nation in History, Historiographical Debates about Ethnicity and Nationalism, Oxford, Polity Press, 2000].
parte della nazione jugoslava" ed un tentativo di metterle in relazione diretta tra di loro78. I riferimenti e la simbologia dei livelli identitari "tribali" (sloveno, croato, serbo) permanevano incorporati in quella generale, subendo un allargamento semantico dei relativi significati particolari. Nel complesso dell'unità nazionale jugoslava, rileva sempre Troch, la tradizione politico-simbolica serba otteneva comunque uno spazio relativo maggiore79.
A testimonianza della presenza nel paese di diversi discorsi identitari "jugoslavi", si registravano tuttavia posizioni che insistevano comunque sulla necessità di mantenere le specificità tribali/nazionali. In seguito alla disillusione politica, alle difficoltà ed alle tensioni sempre più frequenti, si diffuse maggiormente la convinzione che sarebbe stato il tempo a portare all'integrazione, ma anche l'idea che fosse sufficiente la cooperazione o addirittura la tolleranza tra le diverse culture nel paese80. A questo riferimento è interessante osservare, ad esempio, come a Belgrado verso la fine degli anni Trenta fossero attivi due soggetti culturali paralleli che rispecchiavano tali divergenze. Da una parte vi era lo Jugoslovenski Kulturni Klub [Club culturale jugoslavo] che spingeva per uno sviluppo culturale comune, attraverso una collaborazione tra intellettuali jugoslavi di varia provenienza, che favorisse la sintesi:
Serbi, croati e sloveni sono figli dello stesso sangue, già definitosi nella terra d'origine slava e rafforzatosi nei Balcani dopo numerose migrazioni, hanno un'unica e comune cultura (jugo)slava, che hanno portato dalla terre di provenienza e che nel corso dei secoli successivi, permeandosi reciprocamente, hanno ulteriormente costruito, di conseguenza anche in futuro essa deve svilupparsi come un'unità unica81.
La capitale ospitava contemporaneamente anche un Srpski Kulturni Klub [Club culturale serbo], il cui obiettivo era il rafforzamento dello "spirito nazionale serbo", sostenendo che le tre culture diverse jugoslave (serba, croata, slovena) dovessero svilupparsi autonomamente, all'interno di un contesto comune82. Una visione di jugoslavismo minimale-organico che trovava certamente d'accordo altri circoli circoli culturali croati e sloveni.
Può essere interessante ricordare come negli anni tra le due guerre, in linea con le
78 TROCH Peter,"Between Yugoslavism and Serbianism", cit., p.19.
79 Ibidem, p.19. Vedi anche LAJBENŠPERGER Nenad, "Srpstvo, jugoslovenstvo i lokalpatriotizam", cit. e ATANASOVSKI Srđan, "The ideology of Yugoslav nationalism and primordial modernism in interwar music", cit..
80 WACHTEL B. Andrew, Making a nation, breaking a nation, cit., pp.81-82.
81 BOŽIĆ Sofija, "Časopis Krug (1938) o jugoslovenstvu i srpsko-hrvatskim temama", Tokovi istorije, n.3, 2009, p.10.
evoluzioni che contraddistinsero molti nazionalismi europei nel periodo intrabellico, anche il nazionalismo jugoslavo conobbe evoluzioni radicali, ispirate direttamente al modello fascista italiano e accompagnate dall'assimilazione di elementi ideologici apertamente razziali. Tra il 1921 e il 1929, ad esempio, fu attiva, l'ORJUNA, Organizacija Jugoslavenskih Nacionalista, ovvero l'organizzazione dei nazionalisti jugoslavi. Si tratta di un'esperienza politica ripresa in considerazione di recente dagli studiosi, dopo essere stata quasi completamente dimenticata dalla storiografia di stampo socialista83. In una sua recente analisi Stevo Đurašković, pur concludendo che il movimento non andò oltre una connotazione protofascista – non prevedendo quell'elemento rivoluzionario sovvertitore dell'ordine costituito, codificato come "palingenesi" da Roger Griffin – ne ha riportato in luce gli elementi di ultranazionalismo jugoslavo84. Organizzazione sviluppatasi in Dalmazia ed etnicamente mista, anche se a maggioranza croata, si contraddistinse tra l'altro per l'impegno, a volte perfino tradotto in azioni violento, contro i vari partiti e le organizzazioni di tipo "tribale" [tra le quali altre organizzazioni protofasciste di orientamento però serbo o croato] e le organizzazioni delle minoranze nazionali. L'ideologia del gruppo contestava le divisioni "inventate" all'interno di una nazione jugoslava già esistente. Per questo motivo era ostile soprattutto ai movimenti croati particolaristi ma anche ai radicali serbi, per la loro visione gran-serba del Regno dei Serbi, Croati e Sloveni85.
È materia di discussione quanto l'affermazione di un'identità jugoslava avesse o meno reali possibilità di successo tra le due guerre. Non si può non concordare con i molti influenti storici che fanno notare quanto le identità nazionali specifiche fossero già in una fase avanzata di maturazione negli anni in cui una visione jugoslava concorrente venne promossa con intensità86. Tuttavia sarebbe superficiale considerare tali processi culturali necessariamente "conclusi", vista la fisiologica dinamicità delle identificazioni collettive. Non sono mancati infatti storici che hanno sottolineato come in realtà il discorso jugoslavista avesse le proprie possibilità di presa e come le identità particolari non fossero necessariamente in contrasto con
83 I contributi più recenti sul tema: ĐORĐEVIĆ Mladen, "Organizacija jugoslovenskih nacionalista (ORJUNA). Istorijat – ideologija – uticaji", Nova srpska politička misao, vol.12, n.1-4, 2005; ĐURAŠKOVIĆ Stevo, "Ideologija Organizacije jugoslavenskih nacionalista", cit.; BAKIĆ Jovo "Fašizam u Jugoslaviji (1918 – 1941)", Nova srpska politička misao, vol.11, n.1-4, 2004, pp.21-45.
84 ĐURAŠKOVIĆ Stevo, "Ideologija Organizacije jugoslavenskih nacionalista", cit..
85 Ibidem, cit., p.238. Il principale erede dell'ORJUNA fu lo Jugoslovenski narodni pokret – ZBOR [Movimento nazionale jugoslavo], gruppo d'ispirazione fascista, fondato nel 1935 a Lubiana dal serbo Dimitrije Ljotic, in cui rientrarono fazioni di estrema destra serbe e slovene. Partendo da posizioni jugoslaviste integraliste, finì per abbracciare il nazionalismo serbo, vedi BAKIĆ Jovo, "Fašizam u Jugoslaviji (1918 – 1941)", Nova srpska politička misao, n.14, 2004, p.39.
una più ampia identità nazionale jugoslava, così come identità regionali e locali molto forti permangono in altri stati-nazione europei87. Particolarmente significativo, e forse non sufficientemente tenuto in considerazione, rimane il numero delle formazioni politiche che nel corso dei decenni abbracciarono e codificarono l'idea jugoslava, combinando lo jugoslavismo con ideologie politiche molto diverse, trasversalmente all'intero arco politico, a partire dall'estrema destra dell'ORJUNA fino all'estrema sinistra del Partito comunista, come si vedrà nel prossimo paragrafo.